Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 27346 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 27346 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 13/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso 3964-2019 proposto da:
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente principale –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
ricorrente incidentale -nonché contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE;
ricorrente principale – controricorrente incidentale –
Oggetto
Contributi
R.G.N.3964/2019
COGNOME.
Rep.
Ud 08/07/2025
CC
avverso la sentenza n. 6511/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 29/10/2015 R.G.N. 4229/2013; avverso la sentenza n. 5788/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 28/11/2018 R.G.N. 354/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/07/2025 dalla AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE:
La Corte di appello di Napoli, con la pronuncia n. 6511 del 2015, in sede di rinvio da Cass. n. 8866 del 2013, accoglieva parzialmente l’appello proposto da RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza n. 335 del 2004 del Tribunale di Avellino e, per l’effetto, revocato il decreto ingiuntivo n. 3026 del 1997, dichiarava tenuta la società appellante al pagamento, in favore dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE , della somma di euro 192.024,00, con relativa condanna.
1.1. Richiamato in premessa il comando giudiziario, la Corte di appello osservava come, in virtù dello stesso, dovesse accertarsi il diritto della parte appellante allo sgravio decennale di cui all’art. 14 della legge n. 183 del 1976, per tutti i lavoratori assunti fino a novembre 1991.
1.2. Al riguardo, osservava come entrambe le parti si fossero riportate ai nuovi accertamenti eseguiti dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e in particolare alla nota della RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE Entrate del 9 febbraio 2011 e alla successiva nota n. 334 del 30 maggio 2012 del Direttore RAGIONE_SOCIALE della RAGIONE_SOCIALE.
1.3. Esaminati detti documenti, la Corte territoriale riteneva che gli accertamenti, ai quali entrambe le parti facevano riferimento, integrassero quanto già accertato con il verbale ispettivo del 1995, determinando un debito contributivo della società inferiore rispetto a quello in precedenza stabilito:
la somma dovuta dalla società andava pertanto rideterminata, in relazione al periodo 1° settembre 1990/ 31 dicembre 1994, in quella indicata nella parte dispositiva, con condanna della società al relativo pagamento. L’ importo, poi, era da maggiorare delle somme aggiuntive, da quantificarsi al momento del saldo contributivo adottando il criterio riduzionistico riconosciuto con la determina 334 del 2012.
Avverso la pronuncia 6511 del 2015, la società presentava ricorso per revocazione, con istanza di sospensione dei termini per proporre ricorso per cassazione.
2.1. La Corte di appello di Napoli, con la pronuncia n. 5788 del 2018, ha dichiarato inammissibile il ricorso per revocazione.
2.2. Per quanto rileva in questa sede, la Corte territoriale ha escluso che le deduzioni sviluppate dalla parte appellante integrassero errori riconducibili al paradigma normativo di cui all’art.395 n. 4 c.p.c.
2.3. I n particolare, non lo era l’errore con cui la parte imputava alla sentenza n. 6511 cit. l’erronea valutazione di un giudicato: tale questione, infatti, presupponeva la valutazione di una serie di profili giuridici relativi alla rappresentanza processuale, alla sussistenza della capacità processuale e quindi all’idoneità dell’appello proposto avverso la sentenza del Tribunale di Avellino n. 225 del 2004 con la quale era stato definito il ricorso di opposizione ad ordinanza ingiunzione. Neppure configurava errore revocatorio la statuizione contenuta nella sentenza n. 6511 cit. circa la acquiescenza della parte appellante al ricalcolo dei contributi come effettuato nella nota della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE Entrate del 9 febbraio 2011 e nella successiva determinazione dirigenziale n. 334 del 30 maggio 2012 della RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE; per la Corte di
merito, la parte ricorrente, piuttosto che illustrare un errore di fatto, proponeva una interpretazione della propria condotta processuale diversa da quella ricostruita nella pronuncia revocanda sulla scorta di una valutazione effettuata ai sensi dell’art. 116 c.p.c.
2.4. Per i giudici territoriali sussisteva, comunque, un secondo profilo di inammissibilità: non risultava né dedotta né provata la decisività dell’errore ipotizzato; dalla soluzione della controversia nel senso prospettato, non derivava un diverso e più favorevole calcolo dell’importo dovuto.
Ha chiesto la cassazione «delle sentenze della Corte di appello di Napoli n. 6511/2015, pubblicata il 29.10.2015, e n. 5788/2018, pubblicata il 28.11.2018» la società RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, con sei motivi, successivamente illustrati con memoria. Ha resistito l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE con controricorso, contenente ricorso incidentale con un motivo. A sua volta, la società ha depositato controricorso.
Dopo un infruttuoso rinvio, congiuntamente richiesto, per consentire la definizione bonaria della controversia, la causa è stata decisa all’odierna adunanza camerale.
CONSIDERATO CHE:
Vanno esaminati i motivi del ricorso principale.
5.1. Con il primo motivo -ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c. – è dedotta la nullità della sentenza per violazione dell’art. 384 c.p.c. e inosservanza del comando giudiziale stabilito dalla Corte di Cassazione: il giudice del rinvio avrebbe dovuto esaminare gli atti, i documenti e le deduzioni di causa al fine di accertare se residuava o meno il debito contributivo della società RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE nei confronti dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE ed in quale misura.
5.2. Con il secondo motivo ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c.- è dedotto l’omesso esame di un fatto decisivo per il
giudizio che è stato oggetto di discussione le parti . L’omissione è riferita alla mancata accettazione, da parte della società, del nuovo debito contributivo quantificato dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE.
5.3. Con il terzo motivo ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. – è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1988 e 2730 c.c . nonché dell’art. 229 c.p.c. nonché la nullità della sentenza per error in procedendo in relazione alla violazione dell’art. 115 c.p.c.: il giudice territoriale avrebbe erroneamente intravisto la concretizzazione di un atto qualificabile quale riconoscimento di debito o confessione, in tal modo ponendo a fondamento della decisione prove non acquisite in giudizio.
5.4. Con il quarto motivo -ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c. -è dedotto l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio. L ‘omissione è riferita alla dedotta nullità del verbale NUMERO_DOCUMENTO.
5.5. Con il quinto motivo -ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. -è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2907 e 2909 c.c. e degli artt. 75, 100, 324 e 433 c.p.c. nonché -ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c. -error in procedendo per violazione dell’art. 112 c.p.c.
Erroneamente la sentenza impugnata avrebbe ritenuto di non pronunciarsi sull’ordinanza ingiunzione n. 724/B ritenendo non ritualmente impugnata la pronuncia del Tribunale al riguardo, con passaggio in giudicato della relativa statuizione.
I cinque motivi indicati afferiscono alla pronuncia n. 6511 del 2015 e sono, nel complesso, da disattendere.
6.1. È infondato il primo motivo; non c’è violazione del comando giudiziale. La Corte di merito non si è sottratta all’accertamento demandato; ha, tuttavia, ritenuto di quantificare il debito, per effetto degli sgravi riconosciuti, nei termini in cui, in via di autotutela, già aveva provv eduto l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE.
6.2. Il secondo ed il quarto motivo, proposti in termini di errori di fatto, sono inammissibili perché non illustrano vizi riconducibili al paradigma normativo evocato. Il quarto motivo, relativo alla nullità del verbale ispettivo, lo è anche per difetto di autosufficienza. In ogni caso, «i fatti» denunciati come omessi sono stati valutati dalla Corte territoriale, sia pure con esiti diversi da quelli auspicati.
6.3. Quanto al terzo motivo, la Corte territoriale non si è affatto espressa in termini di riconoscimento del debito o di confessione. Ha piuttosto valutato la condotta processuale dell’appellante ed ha ritenuto che le parti concordassero in ordine all’entità d elle somme ancora dovute: il relativo giudizio non è specificamente censurato in questa sede.
6.4. Il quinto motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza. La Corte di appello, in sede di rinvio, ha affermato il passaggio in giudicato della decisione di primo grado quanto al debito di cui all’ordinanza ingiunzione n. 724/B del 17.9.1997. Ciò perché ha ritenuto che la relativa statuizione non fosse stata impugnata dalla parte a tanto legittimata (nello specifico, da NOME COGNOME in qualità di legale rappresentante). Come già in sintesi sopra esposto, la ricorrente ha censurato la statuizione, assumendo la ritualità dell’impugnazione da parte del legale rappresentante pro tempore (soggetto non più coincidente, al momento dell’appello, con il predetto NOME COGNOME).
Osserva, tuttavia, il Collegio che la deduzione, meramente allegata, non è supportata dalla trascrizione degli atti necessari ( ex plurimis , Cass. n. 21346 del 2024).
Con il sesto motivo è, invece, censurata la sentenza n. 5788 del 2018 che ha pronunciato sul ricorso per revocazione. Si deduce la violazione dell’art. 395 , n.4, c.p.c.
7.1. Il motivo è infondato.
Correttamente la Corte di appello di Napoli ha escluso la sussistenza dei presupposti di un vizio revocatorio in considerazione del fatto che le censure della società non avevano ad oggetto un errore di fatto ma miravano, da un lato, ad una diversa interpretazione della condotta processuale tenuta dalla società, dall’altro, alla correttezza del giudizio di intervenuto giudicato.
Resta da valutare il motivo del ricorso incidentale avverso la pronuncia n.6511 del 2015, con cui l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE deduce la violazione dell’art. 132 n. 4 e dell’156 c.p.c. per contrasto tra dispositivo e motivazione.
8.1. La Corte di appello, nella parte motiva, ha dichiarato la società RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE «tenuta al pagamento in favore dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE della somma di euro 192.024,00 a titolo di contributi relativi al periodo » e condannato la stessa «al pagamento in favore dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE della somma predetta (oltre somme aggiuntive da quantificarsi al momento del saldo contributivo adottando il calcolo riduzionistico riconosciuto con la determina 334/12)». In parte dispositiva, ha dichiarato tenuta la società appellante al pagamento in favore dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE «della somma di euro 192.024,00» senza ulteriori precisazioni.
8.2. Per l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, l’omissione nella parte dispositiva dell’indicazione delle somme aggiuntive e delle modalità del relativo calcolo integrerebbe un contrasto insanabile, come, nei fatti, ritenuto dalla Corte di appello che ha rigettato l’istanza di correzione di errore materiale.
Il motivo è infondato.
9.1. La nullità della sentenza postula un contrasto insanabile tra dispositivo e motivazione. Detto contrasto va escluso quando «sussista una parziale coerenza
tra dispositivo e motivazione, divergenti solo da un punto di vista quantitativo, e la seconda inoltre sia ancorata ad un elemento obiettivo che inequivocabilmente la sostenga (sì da potersi escludere l’ipotesi di un ripensamento del giudice)» (Cass. n. 23157 del 2024).
9.2. Nella specie, motivazione e dispositivo sono coerenti. Nella parte dispositiva difetta l’indicazione d elle somme accessorie che, tuttavia, conseguono per legge al mancato o ritardato pagamento dei contributi stessi.
9.3. In definitiva, la statuizione ulteriore, contenuta in una parte della sentenza e non nell’altra, non rend e incomprensibile il comando giudiziario chiaramente esteso anche al pagamento delle componenti accessorie del credito principale; la precisazione, nella motivazione del provvedimento, è solo finalizzata a rendere più agevole l’esecuzione del titolo .
Conclusivamente vanno respinti entrambi i ricorsi.
11.
La reciproca soccombenza giustifica la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.
Sussistono, invece, i presupposti processuali per il versamento del doppio contributo, ove dovuto, da parte di entrambi i ricorrenti.
PQM
La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale.
Compensa le spese del giudizio di legittimità.
Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater , D.P.R. n. 115/2002 pari a quello previsto per il ricorso principale e per quello incidentale a norma dell’art. 13, co. 1 bis, D.P.R. cit., se dovuti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del l’8 luglio 2025.
La Presidente NOME COGNOME
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