Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 29 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 29 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/01/2024
ORDINANZA
OGGETTO: revocazione ordinanza della Corte di Cassazione
R.G. 10261/2023
sul ricorso n. 10261/2023 R.G. proposto da:
C.C. 28-11-2023
NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOMENOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME COGNOME NOME
NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOMENOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME DI NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME COGNOME NOME NOMECOGNOME COGNOME NOME, LIBERATI COGNOME, NOME, MOSCA NOME, CITZIA NOME,
SORICONE CONCETTA NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME COGNOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliati in Roma presso di lui, nel suo studio in INDIRIZZO
ricorrenti
contro
MINISTERO DELL’ ECONOMIA E DELLE FINANZE, c.f. NUMERO_DOCUMENTO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma nei suoi uffici in INDIRIZZO controricorrente
avverso l’ordinanza della Corte Suprema di Cassazione n. 35777/2022 depositata il 06-12-2022
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 2811-2023 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Con ordinanza n. 35777 depositata il 6-12-2022 la Corte suprema di cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto da centosettanta ricorrenti avverso il decreto cron.73/2021 della corte d’appello di Perugia, che aveva rigettato la loro domanda volta a ottenere equo indennizzo per la durata non ragionevole di processo amministrativo in materia di pubblico impiego (corresponsione
maggiorazione retribuzione individuale di anzianità) instaurato avanti il TAR Lazio , per il periodo decorrente dall’inizio della causa nel settembre 2000. Con un primo decreto della Corte d’appello di Perugia i ricorsi riuniti, depositati a giugno e luglio 2012, erano stati dichiarati improponibili per la mancanza di prova del deposito delle istanze di prelievo; quel decreto era stato cassato con rinvio con ordinanza n. 21959/2019 della Corte suprema di cassazione e la C orte d’appello di Perugia in sede di rinvio con il decreto cron. 73/2019 aveva rigettato le domande per assenza di patema d’animo, perché la questione posta dai ricorrenti aveva trovato soluzione appena tre mesi dopo l’introduzione del giudizio con l’intervento del legislatore.
L’ordinanza n. 35777/2022 della Cassazione qui impugnata, per quanto interessa, ha statuito: « Con il primo motivo i ricorrenti lamentano ‘per quanto attiene la sola posizione di tutti i centotrentatre istanti indicati con i nn. da 38 a 170, il vizio di motivazione per difetto assoluto per avere in sede di riassunzione limitato la richiesta di equa riparazione al solo periodo intercorso tra l’avvio del processo amministrativo presupposto (settembre 2000) e il primo mese (giugno 2012)’.
Con il secondo motivo viene denunciata ‘per quanto riguarda la posizione di tutti i 170 soggetti istanti la violazione e/o falsa applicazione di legge -art. 2 legge n. 89/2001’ per avere la Corte di merito escluso il patema d’animo dei ricorrenti nel giudizio presupposto seppu re quest’ultimo definito da pronuncia di compensazione integrale delle spese tra le parti, come avvenuto nella fattispecie.
I motivi sono inammissibili sotto plurimi profili e con essi il ricorso. Dalla lettura del decreto impugnato la questione circa la diversità di posizione dei ricorrenti non risulta sollevata dinanzi il collegio della Corte d’appello, né in sede di rinvio né in quella precedente e, dunque , si tratta di una questione nuova. Peraltro, anche gli stessi ricorrenti
non indicano di averla sollevata nel corso del giudizio, né lo dimostrano, in ossequio al principio di autosufficienza, di averla sottoposta al giudice di merito (ex plurimis, Cass. 18 ottobre 2013 n. 23675).
Sotto altro profilo le censure difettano di specificità, in quanto si limitano a trascrivere la norma di legge, senza neanche spiegare in qual misura tale norma torni immediatamente applicabile al caso di lite e non implichi indagini ed accertamenti di fatto non effettuati dal giudice di merito ».
2.I centosettanta originari ricorrenti in epigrafe elencati hanno proposto ricorso per revocazione avverso l’ordinanza, sulla base di due motivi.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha resistito con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e a ll’esito della camera di consiglio del 28-11-2023 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I ricorrenti sostengono che l’ordinanza impugnata sia affetta da evidenti errori di fatto, con riguardo a entrambi i motivi di ricorso per cassazione sui quali si è pronunciata.
1.1.Con riguardo al primo motivo, i ricorrenti evidenziano che essi avevano censurato il difetto assoluto di motivazione del decreto della Corte d’appello di Perugia, che non aveva affatto tenuto conto del dato che la sentenza n. 7380/2013 del TAR Lazio aveva definito il giudizio solo per trentasette ricorrenti; evidenziano che la relativa questione, a differenza di quanto ritenuto dall’ordinanza impugnata, non era nuova, in quanto era stata sollevata in sede di rinvio e proprio in base a quel dato gli altri centotrentatre ricorrenti avevano limitato la richiesta di indennizzo al mese di giugno 2012 nel quale avevano proposto la domanda di equo indennizzo, mentre per i trentasette ricorrenti
avevano chiesto l’indennizzo fino al luglio 2013, data di deposito della sentenza TAR Lazio. Evidenziano che, se l’ordinanza impugnata avesse preso in considerazione tale circostanza, avrebbe preso atto che il decreto della Corte perugina era del tutto privo di motivazione laddove aveva esteso il contenuto della sentenza del TAR Lazio a tutti i ricorrenti.
1.2.Con riguardo al secondo motivo, i ricorrenti lamentano che l’ordinanza non abbia considerato che la censura relativa alla compensazione delle spese di lite nel giudizio presupposto rappresentava solo uno dei due profili nei quali si articolava il motivo; evidenziano che con il secondo profilo essi avevano evidenziato che la stessa sentenza n. 7380/2013 del TAR Lazio aveva considerato che la decisione con la quale il giudice amministrativo si era definitivamente pronunciato in senso sfavorevole alla tesi dei ricorrenti era la sentenza n. 911/2007 del Consiglio di Stato, e perciò sentenza intervenuta quando erano trascorsi oltre sei anni dall’introduzione del giudizio amministrativo. Lamentano che l’esame di questo profilo sia stato omesso e sostengono che , se si fosse avveduta dell’esistenza di questo secondo profilo del secondo motivo di ricorso, l’ordinanza impugnata avrebbe dovuto prendere atto del fatto che solo nel febbraio 2007 si era consolidata una giurisprudenza sfavorevole ai ricorrenti, in relazione al giudizio amministrativo presupposto, e quindi avrebbe dovuto ritenere una protrazione irragionevole del giudizio amministrativo di oltre tre anni, rispetto agli ordinari tre anni di durata previsti per un solo grado.
2.Il ricorso è inammissibile.
E’ acquisito il principio secondo il quale l’errore di fatto rilevante ai fini della revocazione della sentenza, compresa quella della Corte di cassazione, presuppone l’esistenza di un contrasto tra due rappresentazioni dello stesso oggetto, risultanti una dalla sentenza
impugnata e l’al tra dagli atti processuali; il detto errore deve a)consistere in un errore di percezione o in una mera svista materiale che abbia indotto, anche implicitamente, il giudice a supporre l’esistenza o l’inesistenza di un fatto che risulti incontestabilmente escluso o accertato alla stregua degli atti di causa, sempre che il fatto stesso non abbia costituito oggetto di un punto controverso sul quale il giudice si sia pronunciato, b)risultare con immediatezza e obiettività senza bisogno di particolari indagini ermeneutiche o argomentazioni induttive; c)essere essenziale e decisivo, nel senso che, in sua assenza, la decisione sarebbe stata diversa (Cass. Sez. 6-2 10-6-2021 n. 16439 Rv. 661483-01, per tutte). L’errore di fatto si configura ove la decisione sia fondata sull’affermazione dell’esistenza o inesistenza di un fatto che la realtà processuale induce a escludere o affermare, ma non anche quando la decisione della Corte sia conseguenza di una pretesa errata valutazione o interpretazione delle risultanze processuali, essendo esclusa dall’area degli errori revocatori la sindacabilità di errori di giudizio formatisi sulla base di una valutazione (Cass. Sez. 3 29-3-2022 n.10040 Rv. 664401-02). Inoltre, i l requisito della decisività dell’errore non sussiste quando l’impugnato provvedimento trovi fondamento anche in ulteriori e autonome rationes decidendi, rispetto alle quali non sia contestato alcun errore percettivo (Cass. Sez. 3 14-2-2022 n. 4678 Rv. 664195-01). Del resto, è inammissibile il ricorso per revocazione che, dietro la parvenza dell’allegazione di un errore di fatt o, censuri l’interpretazione che il provvedimento impugnato, sulla scorta di una esatta percezione dei fatti, abbia dato del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, corollario di quello di specificità sancito dall’art. 366 co.1 n. 6 cod. pro c. civ. (Cass. Sez. L 12-10-2022 n. 29750 Rv. 665931-01).
Nella fattispecie, anche a ritenere l’esistenza dei due errori lamentati dai ricorrenti, riferiti al fatto di avere ritenuto nuove
deduzioni che invece erano state svolte nel giudizio di merito e al fatto di non avere esaminato un profilo del secondo motivo di ricorso, rimane insuperabile il dato che l’ordinanza impugnata ha giudicato i motivi di ricorso proposti mancanti di specificità. Testualmente nell’ordinanza impugnata il giudizio è stato svolto con riguardo al fatto che la parte si era limitata ‘a trascrivere la norma di legge, senza neanche spiegare in qual misura tale norma torni immediatamente applicabile al caso di lite e non implichi indagini ed accertamenti di fatto non effettuati dal giudice di merito’ ; si è trattato di giudizio evidentemente formulato con riguardo a tutte le censure proposte nel ricorso e che non è stato in alcun modo inficiato o anche solo attinto dagli errori lamentati, perché svolto con riferimento alle modalità con le quali era stato redatto il ricorso e concretatosi nell’applicazione -spettante alla Cortedel principio di specificità del ricorso posto dall’art. 366 co. 1 n. 6 cod. proc. civ.
La ratio decidendi di inammissibilità del ricorso per carenza di specificità è in sé sufficiente a sostenere la dichiarazione di inammissibilità del ricorso eseguita dall’ordinanza impugnata ; ne consegue che gli errori lamentati -ove mai esistenti- non sono decisivi e per questo sono privi del requisito necessario a integrare errori revocatori, con conseguente assorbimento di ogni ulteriore questione.
3.In applicazione del principio della soccombenza, i ricorrenti in solido devono essere condannati alla rifusione a favore del Ministero controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, in dispositivo liquidate.
Essendo il procedimento esente dal pagamento del contributo unificato, si omette la pronuncia ex art. 13 co.1-1quater d.P.R. 30-52002 n. 115 (Cass. Sez. U 20-2-2020 n. 4315 Rv. 657198-06).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna i ricorrenti alla rifusione a favore del Ministero controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione