Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 12618 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 12618 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16371/2024 R.G. proposto da :
COGNOME elettivamente domiciliato in PORTO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in FERMO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
avverso ORDINANZA di CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE ROMA n. 64/2024 depositata il 02/01/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Ritenuto che:
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 64/2024 in data 2.1.2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE, quale amministratore unico delle Società RAGIONE_SOCIALE e ‘RAGIONE_SOCIALE, nei confronti del Fallimento della società di fatto composta dai soci ‘RAGIONE_SOCIALE‘, ‘RAGIONE_SOCIALE‘, RAGIONE_SOCIALE‘, COGNOME Ida, COGNOME, RAGIONE_SOCIALE in liquidazione’ e ‘RAGIONE_SOCIALE, in persona del Curatore, alla sentenza della Corte di Appello di Ancona 259/2021 del 5.3.2021.
Con tale sentenza, la stessa Corte di Appello rigettava il reclamo proposto da COGNOME Guglielmo, nella citata qualifica, alla sentenza del Tribunale di Fermo del 18.2.2020, che aveva esteso il fallimento della ‘RAGIONE_SOCIALE agli altri soci di fatto sopra indicati.
La Corte di Cassazione, nell’ordinanza sopra indicata, aveva pregiudizialmente dichiarato inammissibile per difetto di specificità l’eccezione formulata dal ricorrente nella memoria di cui all’art. 380 bis .1 c.p.c. concernente la nullità della predetta sentenza dichiarativa del fallimento in estensione ‘per difetto di assistenza tecnica del Curatore nell’istanza per estensione del fallimento’
poiché presentata personalmente dal curatore stesso in assenza quindi di una originaria procura alle liti.
Rilevava infatti che il ricorrente, a fondamento di tale eccezione, aveva trascritto nella citata memoria non l’atto introduttivo del giudizio prefallimentare, ma l’istanza del Curatore al Giudice Delegato con il quale era stata chiesta l’autorizzazione a proporre il ricorso per l’estensione del fallimento.
Riteneva detta dell’eccezione inammissibile per la carenza di specificità poiché non era stata data puntuale indicazione del fatto processuale (istanza di fallimento proposta senza l’assistenza del difensore) alla base dell’errore.
Avverso tale ordinanza NOME COGNOME ha proposto il ricorso per la revocazione ai sensi degli artt. 391 bis e 395 1° comma n. 4, c.p.c. sulla base di un unico articolato motivo
Si è costituito con controricorso il Fallimento della Società RAGIONE_SOCIALE
Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative in vista dell’udienza camerale.
Il Procuratore Generale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Considerato che:
Con un unico motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli art. 391 bis c.p.c., art. 395, n. 4, c.p.c. – art. 147, comma 4, artt. 15, 18 e 22 L. Fall art. 82 e 86 c.p.c. in relazione all’art. 360 c. 1 n. 4 c.p.c. -nullità della sentenza dichiarativa di fallimento in estensione .
Si sostiene che la Suprema Corte, nell’ordinanza ora impugnata, sia incorsa in un errore di fatto nella parte in cui ha ritenuto che nella
memoria ex art 380 bis c.p.c. sia stato trascritto non l’atto introduttivo del giudizio prefallimentare per l’accertamento della società di fatto, ma l’istanza del Curatore al Giudice Delegato con la quale ha chiesto l’autorizzazione a proporre il ricorso per l’estensione del fallimento.
L’errore di fatto che consisterebbe nella supposta esistenza di un atto introduttivo del giudizio prefallimentare mentre non esisterebbe un atto introduttivo di tale giudizio diverso dall’istanza che il ricorrente ha trascritto nella citata memoria. Quindi, sussisterebbe soltanto l’istanza del Curatore al Giudice Delegato per l’autorizzazione a proporre il ricorso per l’estensione del fallimento.
Tale errore, secondo il ricorrente, assume carattere decisivo poiché in questo caso il ricorso per la dichiarazione del fallimento in estensione sarebbe stato proposto senza l’assistenza di un avvocato impedendo così l’instaurazione di un valido rapporto processuale. Da tale carenza conseguirebbe allora la nullità della sentenza dichiarativa del fallimento in estensione emessa dal Tribunale di Fermo in data 18.2.2020, la quale concernerebbe un rapporto sostanziale plurilaterale caratterizzato, sul piano processuale, dal litisconsorzio necessario in causa inscindibile.
Il ricorso è inammissibile.
Giova ricordare che l’errore di fatto, che legittima l’impugnazione per revocazione ex art. 395 cod. proc. civ. consiste in una falsa percezione della realtà, in un errore, cioè, obiettivamente e immediatamente rilevabile, tale da aver indotto il giudice ad affermare l’esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso dagli atti o dai documenti di causa, ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo positivamente accertato in essi (sempre che tale
fatto non abbia costituito un punto controverso sul quale sia intervenuta adeguata pronuncia). L’errore deve, pertanto, apparire di assoluta immediatezza e di semplice e concreta rilevabilità, senza che la sua constatazione necessiti di argomentazioni induttive o di indagini ermeneutiche, e non può consistere, per converso, in un preteso, inesatto apprezzamento delle risultanze processuali, vertendosi, in tal caso, nella ipotesi dell’errore di giudizio, denunciabile con ricorso per cassazione, entro i limiti di cui all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ. (Cass., Sez. III, 18 settembre 2008, n. 23856; Cass., Sez. I, 9 maggio 2007, n. 10637; Cass., Sez. III, 20 febbraio 2006, n. 3652).
L’impugnazione per revocazione delle sentenze della Corte di cassazione è ammessa nell’ipotesi di errore compiuto nella lettura degli atti interni al giudizio di legittimità, errore che presuppone l’esistenza di divergenti rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una dalla sentenza e l’altra dagli atti e documenti di causa; pertanto, è esperibile, ai sensi degli artt. 391-bis e 395, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la revocazione per l’errore di fatto in cui sia incorso il giudice di legittimità che non abbia deciso su uno o più motivi di ricorso, ma deve escludersi il vizio revocatorio tutte volte che la pronunzia sul motivo sia effettivamente intervenuta, anche se con motivazione che non abbia preso specificamente in esame alcune delle argomentazioni svolte come motivi di censura del punto, perché in tal caso è dedotto non già un errore di fatto (quale svista percettiva immediatamente percepibile), bensì un’errata considerazione e interpretazione dell’oggetto di ricorso e, quindi, un errore di giudizio (Cass., Sez. Un., 27 novembre 2019, n. 31032).
Le Sezioni Unite hanno più di recente precisato, sempre in tema di revocazione delle pronunce di questa Corte, che l’errore rilevante ai sensi dell’art. 395, n. 4, cod. proc. civ.: a) consiste nell’erronea percezione dei fatti di causa che abbia indotto la supposizione dell’esistenza o dell’inesistenza di un fatto, la cui verità è incontestabilmente esclusa o accertata dagli atti di causa (sempre che il fatto oggetto dell’asserito errore non abbia costituito terreno di discussione delle parti); b) non può concernere l’attività interpretativa e valutativa; c) deve possedere i caratteri dell’evidenza assoluta e dell’immediata rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti di causa; d) deve essere essenziale e decisivo; e) deve riguardare solo gli atti interni al giudizio di cassazione e incidere unicamente sulla pronuncia della Corte (Cass., Sez. U., 20013/2024).
Si deve ribadire che l’errore revocatorio, previsto dall’art. 395, n. 4, cod. proc. civ.:- non può quindi riguardare la violazione o falsa applicazione di norme giuridiche;- deve consistere in un errore di percezione, del fatto, in una svista di carattere materiale; – deve avere rilevanza decisiva;non deve cadere su di un punto controverso sul quale la Corte si sia pronunciata;- deve rivestire i caratteri dell’assoluta evidenza e della rilevabilità sulla scorta del mero raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti o documenti del giudizio, senza che si debba, perciò, ricorrere all’utilizzazione di argomentazioni induttive o a particolari indagini che impongano una ricostruzione interpretativa degli atti medesimi.
Occorre ricordare, allora, che, come si è già detto in precedenza, in tema di revocazione delle decisioni della Corte di cassazione, la configurabilità dell’errore revocatorio presuppone, non un qualsiasi errore di fatto, ma un errore di fatto (riguardante gli atti
interni al giudizio di legittimità. Cfr. Cass., SU, n. 20013 del 2024) che si risolva in un’erronea percezione dei fatti di causa, non ricorrendo, dunque, vizio revocatorio, quando la decisione della Corte sia conseguenza di una pretesa errata valutazione o interpretazione di documenti e risultanze processuali e non nella relativa inesatta percezione (cfr., ex aliis, Cass., SU, n. 13181 del 2013; Cass. n. 22171 del 2010; Cass. n. 16447 del 2009; Cass. n. 26022 del 2008. In senso sostanzialmente conforme, si vedano anche le più recenti Cass. n. 20635 del 2017, Cass. n. 16138 del 2019, Cass. n. 3544 del 2022, Cass. n. 735 del 2023 e Cass., SU, n. 20013 del 2024).
Ciò posto nel caso di specie la censura veicolata dal ricorrente non denuncia una svista obiettivamente ed immediatamente percepibile, commessa dalla Corte regolatrice, bensì contesta, il giudizio espresso in relazione alla genericità dell’eccezione ritenuta tale in quanto carente della puntuale indicazione del fatto processuale (istanza di fallimento proposta senza l’assistenza del difensore) alla base dell’errore pur denunciato.
Il motivo della revocazione in esame si risolve pertanto in una critica sulla valutazione del principio dell’autosufficienza dell’eccezione di nullità in relazione al criterio di specificità previsto dall’art. 366 c.p.c.
Alla stregua delle considerazioni sopra esposte il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di legittimità in favore del Fallimento, spese che si liquidano in complessivi €
4000,00 oltre € 200,00 per esborsi ed accessori di legge ed al 15% per spese generali.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma 2.04.2025