Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25551 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 25551 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 17/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 1021 – 2022 proposto da:
E.R.R.I.P.A. ENTE REGIONALE PER LA RICERCA, L’ISTRUZIONE PROFESSIONALE E L’ASSISTENZA, CENTRO RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME giusta procura in calce al ricorso, con indicazione degli indirizzi pec;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE – ASSOCIAZIONI RAGIONE_SOCIALE -SEDE PROVINCIALE DI PALERMO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME
rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME giusta procura allegata al controricorso, con indicazione degli indirizzi pec;
– controricorrente –
e contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimato – per la revocazione dell’ORDINANZA n. 27099/2021 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, pubblicata il 6/10/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
18/9/2024 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
C on l’ordinanza n. 27099/2021 qui impugnata, questa Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto da E.RAGIONE_SOCIALE, ente Regionale per la ricerca, l’istruzione professionale e l’assistenza, Centro Studi NOME COGNOME avverso la sentenza n. 1148/2016 con cui la Corte d’appello di Palermo ha rigettato il suo appello avverso la sentenza del 26/10/2009 del Tribunale di Palermo; con quella sentenza, il Tribunale aveva accolto la domanda del Patronato RAGIONE_SOCIALE di nullità della donazione disposta da RAGIONE_SOCIALE, sede provinciale di Palermo, in favore di RAGIONE_SOCIALEA., della piena proprietà di alcuni immobili siti in Palermo, perché il donante non era proprietario dei beni donati.
1.1. In particolare, questa Corte ha dichiarato inammissibile ex art. 348 ter, ultimo comma, cod. proc. civ., il primo motivo, con cui E.R.R.I.P.A. aveva lamentato che la Corte d’appello , confermando erroneamente l’interesse ad agire del Patronato RAGIONE_SOCIALE, avesse omesso di considerare che la modifica dello statuto delle A.C.L.I. che aveva previsto il passaggio dei beni dalle associazioni provinciali a quella nazionale risale al 2004 ed era perciò successiva sia alla
donazione in contestazione, che all’inizio della causa di merito; all’inammissibilità per «doppia conforme», questa Corte ha aggiunto che l’interesse a proporre il motivo era precluso perché la domanda era stata accolta -e sul punto non vi era stata impugnazione -anche per l’intervenuta adesione alla domanda di RAGIONE_SOCIALE, dopo il suo commissariamento.
Quindi, questa Corte ha altresì dichiarato inammissibile il secondo motivo con cui E.RAGIONE_SOCIALE aveva denunciato la violazione e falsa applicazione degli artt. 100 cod. proc. civ. e 23 e 1421 cod. civ., perché la Corte di Appello avrebbe dovuto considerare che, ai sensi dell’art. 23 cod. civ., l’azione avrebbe potuto essere esercitata soltanto da un organo dell’associazione, da un associato o dal P.M. e, dunque, non dal Patronato RAGIONE_SOCIALE che dal canto suo, non aveva dimostrato un titolo di acquisto della proprietà dei beni oggetto della donazione, né aveva dedotto di averli usucapiti; ha ritenuto pure inammissibile il terzo motivo, con cui E.R.R.I.P.A. ha prospettato la violazione e falsa applicazione degli artt. 100 e 115 cod. proc. civ. perché, in assenza di collegamento tra il Patronato A.C.L.I. e le articolazioni territoriali, mancherebbe in capo alla prima l’interesse concreto ad agire. Trattando congiuntamente le due censure, questa Corte ha evidenziato ancora una volta che la A.C.L.I. della Provincia di Palermo, dopo il commissariamento, si era «costituita nel giudizio di merito (precisamente, in data 23.1.2007) aderendo alla domanda svolta dal Patronato RAGIONE_SOCIALE», sicché non rilevava la questione della carenza di interesse ad agire in capo al Patronato.
Avverso questa ordinanza E.R.R.I.P.A. ha proposto ricorso per revocazione, affidato a quattro motivi, a cui A.RAGIONE_SOCIALE, sede provinciale di Palermo ha resistito con controricorso. Il Patronato RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese.
In data 25/3/2023 il Consigliere delegato ha proposto la definizione con procedura accelerata ex art. 380 bis cod. proc. civ. per inammissibilità del ricorso, rilevando che le censure mirano a denunciare quello che in ipotesi costituirebbe un errore di diritto e non un mero errore percettivo e che la sussistenza di un giudicato asseritamente difforme non costituisce ipotesi rilevante per la revocazione.
RAGIONE_SOCIALE ha chiesto la decisione del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, E.RRAGIONE_SOCIALE ha sostenuto che l’ordinanza impugnata sarebbe viziata da un errore di fatto per non avere questa Corte considerato che lo statuto – che prevede la possibilità del passaggio dei beni dalle A.C.L.I. provinciali a quelle nazionali è di due anni successivo all’atto impugnato e di un anno dall’inizio del contenzioso, risalendo, la modifica al 2004, mentre gli atti impugnati sono del 2002 e il contenzioso è iniziato nel 2003; il principio della «doppia conforme» sarebbe inoltre stato applicato nell’erroneo presupposto che Tribunale e Corte d’appello abbiano valutato il medesimo documento -il nuovo statuto A.C.L.I. – mentre in realtà non si erano mai pronunciati sul punto.
1.1. Come rilevato nella proposta di definizione accelerata, il motivo è evidentemente inammissibile in quanto prospetta un errore di interpretazione e valutazione sia dello Statuto che della motivazione delle due sentenze di primo e secondo grado.
Sul punto, questa Corte ha proprio precisato che non è idonea ad integrare errore revocatorio, rilevante ai sensi ed agli effetti di cui agli artt. 391 bis e 395, n. 4) cod. proc. civ., la valutazione, ancorché errata, del contenuto degli atti di parte e della motivazione della sentenza impugnata, trattandosi di vizio costituente errore di giudizio e non di fatto (Cass. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 10184 del 27/04/2018).
Con il secondo motivo, la ricorrente ha prospettato la violazione ed errata applicazione degli artt. 100 cod. proc. civ., 1421 e 23 cod. civ. in relazione all’errata percezione che Patronato RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE nazionali siano lo stesso soggetto.
2.1. Anche questo motivo è inammissibile in quanto censura non un errore di fatto, ma un errore di giudizio, conseguente ancora una volta ad una asserita erronea interpretazione delle norme statutarie.
Non sono, infatti, suscettibili di revocazione le sentenze della Corte di Cassazione per le quali si deduca come errore di fatto un errore che attiene alla valutazione di atti sottoposti al controllo della Corte stessa e che, come tali, essa avrebbe dovuto necessariamente percepire nel loro significato e nella loro consistenza, poiché un tale errore può risolversi al più in un inesatto apprezzamento delle risultanze processuali, in ogni caso qualificabile come errore di giudizio (Cass. Sez. 1 – , Ordinanza n. 5326 del 21/02/2023).
Con il terzo motivo, è denunciato un preteso errore di fatto per omessa valutazione della memoria di replica del 7 maggio 2021 in ordine alla carenza di legittimazione attiva del Patronato e delle A.C.L.I. della Provincia di Palermo.
3.1. Il motivo è ugualmente inammissibile, perché, come già chiarito da questa Corte, in tema di revocazione delle pronunzie della Corte di cassazione, l’omesso esame di una memoria depositata ex art. 380 bis cod. proc. civ. può costituire errore di fatto, rilevante ai sensi dell’art. 391 bis cod. proc. civ., soltanto quando la parte ricorrente dimostri, oltre alla mancata considerazione dello scritto difensivo, anche la decisività di quest’ultimo ai fini dell’adozione di una statuizione diversa, nel senso che occorre che nella decisione impugnata emerga un’insanabile illogicità o incongruenza con un elemento di fatto evidenziato nella memoria, in ipotesi per neutralizzare un rilievo imprevedibilmente sollevato dal giudice con la relazione preliminare
ovvero dedotto in controricorso (Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 22561 del 07/11/2016): nella specie, invece, quel che si prospetta come erroneamente non valutata è, come già sostenuto con le precedenti censure, l’erroneità dell’attività di interpretazione che è in sé attività di giudizio -delle norme statutarie.
Infine, con il quarto motivo, E.RRAGIONE_SOCIALE. denuncia la violazione di un precedente giudicato, chiedendo altresì di sollevare questione di costituzionalità dell’art. 395 n. 5 cod. proc. civ. per violazione degli artt. 3, 24, 97 e 111 della Costituzione, ove non si ritenga ammissibile un’interpretazione costituzionalmente orientata di questa norma e non si ritenga configurabile, in tale ipotesi, un errore revocatorio.
4.1. Il motivo è inammissibile. Come rimarcato nella proposta di definizione accelerata, questa Corte ha già chiarito che (Cass., Sez. U., n. 10867/2008) avverso le sentenze di mera legittimità della Corte di cassazione non è ammissibile l’impugnazione per revocazione per contrasto di giudicati, ai sensi dell’art. 395, n. 5, cod. proc. civ. perché tale ipotesi non è espressamente contemplata nella disciplina anteriore al d.lgs. n. 40 del 2006 (applicabile nella specie), né in quella successiva (artt. 391 bis e 391 ter cod. proc. civ.), secondo una scelta discrezionale del legislatore, non in contrasto con alcun principio e norma costituzionale: il diritto di difesa e altri diritti costituzionalmente garantiti non risultano, invero, violati dalla disciplina delle condizioni e dei limiti entro i quali può essere fatto valere il giudicato, la cui stabilità rappresenta un valore costituzionale condivisibile anche alla luce della circostanza che l’ammissibilità di tale impugnazione sarebbe logicamente e giuridicamente incompatibile con la natura delle sentenze di mera legittimità, che danno luogo soltanto al giudicato in senso formale e non a quello sostanziale (cfr. Corte Costituzionale 24/02/2006 n. 77).
5. Il ricorso deve, perciò, essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna di E.R.R.I.P.A. al rimborso delle spese processuali in favore di RAGIONE_SOCIALE, sede provinciale di Palermo, liquidate in dispositivo in relazione al valore. Non vi è luogo a statuizione delle spese in favore del Patronato RAGIONE_SOCIALE perché non ha svolto difese.
Poiché il ricorso è deciso in conformità alla proposta formulata ex art. 380 bis cod. proc. civ., in applicazione, secondo la previsione del comma terzo dello stesso art. 380 bis cod. proc. civ., del terzo e del quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ., la ricorrente deve essere condannata al pagamento, in favore della controricorrente, di una somma equitativamente determinata nella misura di cui in dispositivo, nonché al pagamento di un’ulteriore somma, pure equitativamente determinata, a favore della Cassa delle ammende.
Come evidenziato da Cass., Sez. U., 27-9-2023 n. 27433 e Cass., Sez. U., 13-102023 n. 28540, l’art. 380 bis comma III cod. proc. civ., richiamando, per i casi di conformità tra proposta e decisione finale, l’art. 96 , comma III e IV cod. proc. civ., codifica, attraverso una valutazione legale tipica compiuta dal legislatore, un’ipotesi di abuso del processo, giacché non attenersi alla delibazione del proponente che trovi conferma nella decisione finale lascia presumere una responsabilità aggravata.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna E.R.R.I.P.A. al pagamento, in favore di A.C.L.I., sede provinciale di Palermo, delle
spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge;
condanna E.R.R.I.P.A., ex art. 96 comma III cod. proc. civ., al pagamento di Euro 5.600,00 in favore di A.RAGIONE_SOCIALE., sede provinciale di Palermo e, ex art. 96 comma IV cod. proc. civ., di ulteriori Euro 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte suprema di Cassazione del 18 settembre 2024.
La Presidente NOME COGNOME