Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 16357 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 16357 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/06/2025
REVOCAZIONE
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25510/2024 R.G. proposto da: rappresentata e difesa dall’avvocato
NOMECOGNOME NOME COGNOME e dall’ avvocato NOME COGNOME
– Ricorrente –
Contro
COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall ‘ avvocato NOME COGNOME.
– Controricorrente –
E contro
NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
Controricorrente –
Avverso la sentenza della Suprema Corte di Cassazione n. 13661/2024 depositata il 16/05/2024. Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 12 giugno 2025.
Rilevato che:
Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. del 1°/10/2012 NOME COGNOME ha domandato al Tribunale di Bari di condannare NOME COGNOME e NOME COGNOME a consegnarle un assegno di euro 10.000 e al risarcimento del danno, assumendo, da un lato, di avere venduto alla COGNOME, con atto di compravendita ai rogiti della notaia COGNOME del 21/01/2011, un immobile posto in Torre a Mari (Bari), con incarico conferito dalle parti alla notaia, a margine del rogito, di trattenere in deposito fiduciario un assegno di euro 10.000 e di consegnarlo alla venditrice al momento della regolarizzazione catastale del ‘ torrino ‘ soprastante l’appartamento oggetto della vendita ; dall’altro, che pur avendo adempiuto all’obbligazione prevista dalla scrittura a latere del rogito, l’assegno non le era stato consegnato.
Il Tribunale, disposta la separazione dei giudizi, con ordinanze del 20/06/2013 e del 21/08/2015, ha respinto le domande proposte dalla ricorrente rispettivamente nei confronti della notaia e della compratrice, a causa dell’assenza di un valido titolo di proprietà del lastrico solare soprastante il ‘ torrino ‘ di cui alla scrittura privata a latere del rogito del 21/01/2011.
La Corte d’appello di Bari, con sentenza n. 1836 del 2018, riuniti i gravami, ha respinto gli appelli proposti dall ‘attrice ;
la Corte di cassazione, con sentenza n. 13661 del 2024 (e non n. ‘1091/2024’ , come erroneamente indicato in ricorso), in accoglimento del ricorso proposto da NOME COGNOME ha cassato con rinvio la sentenza impugnata;
NOME COGNOME ha proposto ricorso per la revocazione della sentenza della Corte di cassazione n. 13661/2024 del 16/05/2024, sulla base di due motivi.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno resistito con distinti controricorsi.
In prossimità dell’udienza , NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno depositato memorie.
Considerato che:
il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi degli artt. 391 bis, 395 n. 4 c.p.c., che la sentenza di cui è chiesta la revoca, per una mera svista, avrebbe affermato un fatto che, in realtà, è incontrovertibilmente escluso dagli atti di causa, ossia che la compravendita del 21/01/2011 includesse il lastrico solare soprastante i l ‘torrino’, il che, ad avviso della ricorrente, avrebbe indotto la Corte a supporre erroneamente che (v. pag. 5 della sentenza) ‘ la proprietà del bene compravenduto era già stata trasferita dai paciscenti e che, quindi, nessuna incertezza residuava, sul punto, tra i medesimi’ , inducendola a giudicare non coerente con il criterio letterale , quale canone primario d’interpretazione del contratti, il testo della scrittura a latere prescelta dalla Corte di Bari, nel senso che essa sottintendesse anche ‘ la risoluzione delle supposte problematiche residue circa la proprietà del torrino e del soprastante lastrico ‘ .
La ricorrente rimarca che, al contrario, il lastrico solare non era stato oggetto della compravendita, tant ‘ è vero che né era menzionato nel rogito né era rappresentato nell ‘allegata planimetria, e conclude che la SRAGIONE_SOCIALE avrebbe deciso diversamente la causa se avesse esattamente individuato l’oggetto della compravendita;
il secondo motivo denuncia l’errore di fatto della sentenza revocanda, sempre a causa de ll’erronea interpretazione degli atti, sia nella parte in cui esclude che i contraenti avessero pattuito, nel rogito, la riduzione del prezzo di vendita da euro 300.000 a euro 290.000, sia lì dove afferma che soltanto nella scrittura privata a
latere del rogito era stato previsto un assegno di euro 10.000, da lasciare in deposito fiduciario alla notaia rogante, e da consegnare alla venditrice o da restituire all ‘acquirente al verificarsi o meno della ‘sistemazione catastale’ , per trarne la conclusione, altrettanto fallace, circa la non corretta interpretazione del contratto di compravendita da parte del giudice d’appello ;
i due motivi, da esaminare congiuntamente per connessione, sono inammissibili;
i vizi lamentati non sono configurabili come errore di fatto revocatorio secondo la costante accezione della giurisprudenza di legittimità.
L ‘ errore di fatto riparabile, ai sensi dell ‘ art. 395 n. 4 c.p.c., attraverso il rimedio della revocazione, deve consistere in una mera svista di carattere materiale, che abbia indotto il giudice a supporre l ‘ esistenza di un fatto la cui verità è esclusa in modo incontrovertibile, oppure a considerare inesistente un fatto positivamente accertato in un modo parimenti indiscutibile. Pertanto, non può ritenersi errore di fatto quello che si sostanzia in una erronea interpretazione di un contratto, dovuto a deficiente o incongruo esame del suo contenuto e conseguentemente in una erronea qualificazione giuridica del medesimo, risolvendosi tale giudizio in un vizio del procedimento esegetico che non dà luogo a denuncia per revocazione (Cass. nn. 8241/1990, 2514/2011).
Recentemente, le Sezioni Unite della Corte (Ordinanza n. 20013 del 19/07/2024, Rv. 671759 – 01) hanno enunciato il principio che, in tema di revocazione delle pronunce della Corte di cassazione, l ‘ errore rilevante ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c.: a) consiste nell ‘ erronea percezione dei fatti di causa che abbia indotto la supposizione dell ‘ esistenza o dell ‘ inesistenza di un fatto, la cui verità è incontestabilmente esclusa o accertata dagli atti di causa (sempre che
il fatto oggetto dell ‘ asserito errore non abbia costituito terreno di discussione delle parti); b) non può concernere l ‘ attività interpretativa e valutativa; c) deve possedere i caratteri dell ‘ evidenza assoluta e dell ‘ immediata rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti di causa; d) deve essere essenziale e decisivo; e) deve riguardare solo gli atti interni al giudizio di cassazione e incidere unicamente sulla pronuncia della Corte.
Nel la fattispecie all’attenzione del Collegio, l e censure si appuntano contro l’esegesi del rogito e della scritt ura privata a latere datati 21/01/2011 operata dalla S.C. sia in relazione all’individuazione dei beni oggetto di trasferimento (e alla questione se la vendita includesse o meno il lastrico solare), sia in relazione al corrispettivo pattuito (euro 300.000 o euro 290.000) e all’incidenza che, rispetto al suo ammontare, avrebbe avuto la regolarizzazione d ell’intestazione catastale , alla quale si era obbligata la venditrice, e per la quale le parti avevano consegnato alla notaia rogante, in deposito fiduciario, un assegno di euro 10.000.
In sostanza, non si fa valere un errore di percezione, ma si contesta un’attività valutativa che, se fosse davvero carente, integrerebbe un errore di giudizio e non un errore di fatto deducibile come vizio revocatorio (Cass. n. 25200/2023).
il ricorso, pertanto, è inammissibile e le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, sono a carico della ricorrente;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in favore di NOME COGNOME in euro 3.500,00, oltre alle spese generali e agli accessori di legge, con distrazione in favore del difensore, antistatario, e in favore di NOME COGNOME in euro 2.500,00, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115/2002, dichiara che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione