Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 26239 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 26239 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso 15059-2022 proposto da:
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Centrale dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME, NOME COGNOME;
– resistente con mandato –
avverso l’ordinanza n. 38236/2021 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di ROMA, depositata il 03/12/2021 R.G.N. 17631/2020;
Oggetto
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 10/07/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/07/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
Fatti di causa
La Corte di Cassazione sesta Sez. Civile Lav., con ordinanza n. 38236/2021, depositata il 3.12.2021, respingeva il ricorso per cassazione spiegato da RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 3155/2019 che aveva dichiarato parzialmente cessata la materia del contendere in relazione all’importo dell’avviso di addebito (emesso nei confronti di RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE a titolo di contributi e sanzioni per il periodo aprile 2009dicembre 2012 in riferimento ai rapporti di lavoro subordinati, formalmente qualificati dalla società come contratto a progetto o contratti di associazione in partecipazione) oggetto del provvedimento di sgravio allegato dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE il 4/6/2019 e, previa conferma nel resto della gravata sentenza, ha compensato per metà spese del doppio grado di giudizio ed ha condannato la società appellante al pagamento della residua parte.
La Corte di cassazione ha ricordato che i giudici di appello avevano dato atto che la società, dopo la determinazione dell’importo dovuto da parte dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, a seguito della compensazione, aveva rinunciato ai motivi di gravame diversi da quello afferente alla compensazione stessa ed avevano ritenuto non possibile una pronuncia di annullamento dell’avviso di addebito a fronte di una iscrizione a ruolo, come accertato in prime cure, perfettamente legittima ed hanno quindi rideterminato il credito dell’RAGIONE_SOCIALE in euro 403.386,86.
La Corte di cassazione ha respinto perciò i motivi di ricorso proposti da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per non avere la Corte di merito annullato l’avviso di addebito, una volta operata la compensazione da parte dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE duplicando in sostanza i titoli esecutivi, uno di matrice amministrativa e l’altro giudiziale.
La Corte di cassazione ha ricordato che nella fattispecie in esame la Corte territoriale aveva applicato i consolidati principi in materia di crediti iscritti a ruolo secondo cui anche qualora il ricorso sia accolto solo parzialmente gli avvisi impugnati perdono la loro efficacia di atti impositivi ed il contribuente è tenuto ad ottemperare alla sentenza che li sostituisce, sicché, fino alla nuova liquidazione del tributo effettuata in seguito alla pronuncia giudiziaria, l’obbligazione tributaria, ma anche previdenziale, non è esigibile. Ciò aveva fatto in sostanza la Corte territoriale allorché, da un lato, non ha ritenuto di annullare l’originario avviso di pagamento e, dall’altro, dando atto del provvedimento di sgravio parziale adottato dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE nel corso del giudizio di appello, aveva rideterminato il nuovo credito nella misura di euro 403.386,86: importo costituente l’effettiva obbligazione tributaria dovuta dal contribuente ed esigibile dall’amministrazione.
La Corte di cassazione aveva anche rigettato il terzo motivo relativo al vizio di motivazione osservando che non era incorsa in tale vizio la Corte di merito nella statuita conferma, nel resto, della sentenza di primo grado, in quanto risultava specificato che vi era stata rinuncia dell’appellante ai motivi di gravame diversi da quelli afferenti alla compensazione disposta dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE. Contro tale pronuncia la società RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per revocazione deducendo a fondamento dell’impugnazione un unico motivo articolato sub lettere A, B, C, D, E, F.
L’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE non ha svolto attività difensiva. La ricorrente ha depositato memoria con la quale ha chiesto la rimessione alla pubblica udienza. Il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell’art. 380bis1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
Ragioni della decisione
1.Con l’unico articolato motivo di ricorso la ricorrente ha sostenuto le seguenti ragioni di impugnativa:
L’ordinanza citata n. 38236/2021, depositata il 3.12.2021 era l’effetto di un errore di fatto ai sensi dell’articolo 395 numero 4 c.p.c. per avere avuto la Corte l’erronea percezione ed aver supposto come fatto esistente quello costituito da una pronuncia giudiziale di annullamento parziale, la cui verità risultava incontrovertibilmente esclusa ed alla quale si sarebbe conformata l’amministrazione finanziaria nella liquidazione del tributo.
L’errore consisteva nel fatto che la Corte territoriale non aveva mai emesso alcuna decisione di annullamento dell’avviso impugnato pur riconoscendo lo sgravio parziale in conseguenza del pagamento delle ingenti somme versate nella gestione separata e pur riformando parzialmente la sentenza di primo grado in virtù dello sgravio parziale.
In buona sostanza anche la Cassazione supponendo l’esistenza di una sentenza definitiva sulla scorta della quale la Corte avrebbe ridotto il credito, riteneva vera quando era invece incontestabilmente esclusa, la circostanza che l’amministrazione per effetto del giudicato avesse rideterminato il debito, scambiando questo fatto giuridico mai avvenuto con lo sgravio parziale, che è un’altra cosa e sul quale non si era formato giudicato.
Sebbene il giudice relatore predicasse la fondatezza dei tre motivi di ricorso nella sua proposta occorreva tener presente se fosse possibile la decisione del ricorso presso la sesta sezione mentre il ricorso andava trasmesso alla sezione ordinaria.
Quanto alla affermazione secondo cui non vi era alcun vizio di carenza di motivazione andava tenuto conto che nel ricorso era stato sostenuto che nel corso dell’udienza l’appellante insisteva per l’annullamento. La compensazione se accolta
avrebbe comportato l’annullamento dell’avviso di addebito. In buona sostanza l’avviso di addebito e la conseguente iscrizione a ruolo erano da considerarsi illegittimi fin dall’origine.
La decisione della Corte di cassazione si fondava esclusivamente sulla supposta esistenza della rinuncia quando invece risultava dallo stesso tenore letterale del documento versato e testuale dalla stessa sentenza d’appello che, la ricorrente aveva insistito per l’annullamento dell’avviso sic et simpliciter, come affermava il collegio. La Corte di cassazione aveva omesso di esaminare il motivo del ricorso in cui si denunciava tanto la formazione del giudicato non dichiarato dalla stessa Corte d’appello quanto l’evidente contrasto.
La Corte di cassazione nell’ordinanza impugnata aveva affermato al punto n.10 che le spese del presente giudizio in considerazione dell’attività interpretativa e di precisazione resasi necessaria in relazione alla gravata decisione, dovevano essere compensate; così rendendo evidente come la decisione sia stato oggetto di attenta riflessione.
L’evidente nesso di causalità tra i motivi sopraindicati avevano indotto la Corte a giudicare; in mancanza dell’errore la decisione impugnata sarebbe stata con certezza in tutto o in parte di segno opposto.
2.- Tanto premesso, va rilevata l’inammissibilità del ricorso sotto distinti profili.
In primo luogo per la tardività del ricorso che risulta proposto il 16.6.2022, oltre il termine di sei mesi dalla pubblicazione dell’ordinanza di questa Corte di cassazione avvenuta il 3.12.2021.
In secondo luogo, perché la Corte di Cassazione, nell’interpretare il contenuto della sentenza della Corte di appello, non ha commesso alcun errore di fatto, avendo avuto la perfetta percezione di quanto avesse disposto la Corte di
appello tanto da averne dato una corretta e reale rappresentazione ed interpretazione all’interno dell’ordinanza impugnata, laddove ha ricordato che ‘in sostanza la Corte territoriale ha applicato tali principi perché, da un lato, non ha ritenuto di annullare l’originario avviso di pagamento e, dall’altro, dando atto del provvedimento di sgravio parziale adottato dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE nel corso del giudizio di appello, aveva rideterminato il nuovo credito nella misura di euro 403.386,86: importo costituente l’effettiva obbligazione tributaria dovuta dal contribuente ed esigibile dall’amministrazione’.
3.- In effetti il dispositivo finale della sentenza di appello è di parziale cessazione della materia del contendere in relazione all’importo dell’avviso di addebito oggetto del provvedimento di sgravio allegato telematicamente dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE il 4.6.2019. Il che equivale a dire che il provvedimento impugnato era stato riformato in parte qua, come chiedeva la ricorrente; tanto che nessuno avrebbe potuto chiedere alla ricorrente di pagare di più, oltre alla cifra indicata dalla Corte di appello.
4.- La Corte non ha quindi sbagliato, né tanto meno commesso errore di fatto alcuno. Essa ha giudicato sostanzialmente equivalente la rideterminazione giudiziale con cessazione della materia del contendere ad un annullamento parziale dell’avviso di addebito. Si tratta di un’interpretazione giuridica della statuizione emessa dalla Corte d’appello, non certo di errore di fatto.
5.- In ogni caso non esiste alcun interesse a pronunciare la revocazione della ordinanza della cassazione (con successiva statuizione di annullamento della sentenza della Corte di appello) essendo stato il debito della società ricorrente fissato nella misura indicata, che sarebbe quella risultante dallo stesso annullamento; né potrebbe l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE pretendere, in alcun modo,
una somma differente da quella che è stata fissata dai giudici nella sentenza.
6.- Per il resto la ricorrente si limita a considerazioni e censure ultronee (come ad es. omissione di pronuncia, vizi di motivazione, coerenza di procedura adottata dalla Corte di cassazione) che non hanno alcun rilievo né attinenza rispetto alla revocazione invocata in giudizio.
7.- Si ricorda a tale proposito che in tema di revocazione delle sentenze della Corte di cassazione l’errore revocatorio è configurabile, secondo le Sez. unite (ordinanza n. 26022 del 30/10/2008), solo nelle ipotesi in cui la Corte sia giudice del fatto e si individua nell’errore meramente percettivo, risultante in modo incontrovertibile dagli atti e tale da aver indotto il giudice a fondare la valutazione della situazione processuale sulla supposta inesistenza (od esistenza) di un fatto, positivamente acquisito (od escluso) nella realtà del processo, che, ove invece esattamente percepito, avrebbe determinato una diversa valutazione della situazione processuale, e non anche nella pretesa errata valutazione di fatti esattamente rappresentati.
8.- Ne consegue che non risulta viziata da errore revocatorio la sentenza della Corte di Cassazione nella quale il collegio abbia rigettato un ricorso avendo considerato una pronuncia di cessazione della materia il contendere equivalente ad un annullamento parziale di un avviso di addebito esattamente rideterminando la residua somma dovuta dall’opponente; vertendosi, in tali casi, su questioni giuridiche relative alla identificazione del contenuto di un provvedimento giudiziale, con conseguente inammissibilità del ricorso per revocazione.
9.- Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile; nulla per le spese perché l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE è rimasto intimato e non ha svolto attività difensive.
10. Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso. Nulla per le spese. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio 10.7.2024