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Errore di fatto in Cassazione: ordinanza revocata

La Corte di Cassazione revoca una propria ordinanza a causa di un errore di fatto. Inizialmente, aveva dichiarato un ricorso improcedibile per il presunto mancato deposito della relata di notifica della sentenza impugnata. Il ricorrente ha però dimostrato, tramite una copia conforme rilasciata dalla stessa cancelleria della Corte, che il documento era stato regolarmente depositato. La Corte, riconosciuto l’errore, ha revocato la precedente decisione e ha riesaminato il ricorso nel merito, rigettandolo.

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Errore di Fatto in Cassazione: Quando la Suprema Corte Annulla Sé Stessa

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un’affascinante lezione sulla fallibilità del processo giudiziario e sugli strumenti a disposizione per correggerla. Il caso in esame dimostra come un errore di fatto, ovvero una svista percettiva da parte del giudice, possa portare alla revoca di una decisione anche del più alto organo della giurisdizione. La vicenda, che nasce da un’azione revocatoria fallimentare, si trasforma in un emblematico caso di procedura civile, evidenziando l’importanza cruciale della prova documentale e della meticolosità nel deposito degli atti.

I Fatti del Caso: Dall’Azione Revocatoria all’Errore di Procedura

La controversia originaria vedeva il curatore di una società fallita agire in revocatoria contro la vendita dell’unico immobile della società, effettuata a favore del figlio dell’amministratrice unica. La Corte d’Appello aveva rigettato la domanda, non ritenendo provato l’intento fraudolento delle parti. Contro questa decisione, il curatore fallimentare proponeva ricorso per Cassazione.

Tuttavia, la Suprema Corte, con una prima ordinanza, dichiarava il ricorso improcedibile. Il motivo? Il presunto mancato deposito, nei termini di legge, della relazione di notificazione della sentenza d’appello impugnata, un adempimento richiesto a pena di improcedibilità. Sembrava la fine del percorso giudiziario.

L’Errore di Fatto: La Prova Nascosta nel Fascicolo

Il curatore non si è arreso e ha proposto ricorso per revocazione contro l’ordinanza della Cassazione, sostenendo che la Corte fosse incorsa in un palese errore di fatto. Questo specifico vizio, previsto dall’art. 395, n. 4, c.p.c., si verifica quando il giudice fonda la sua decisione sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa (o viceversa) dai documenti di causa.

Per dimostrare l’errore, il legale del fallimento ha compiuto un passo decisivo: ha richiesto e ottenuto dalla cancelleria della stessa Corte di Cassazione una copia conforme e certificata del proprio fascicolo di parte, depositato all’inizio del giudizio. Tale copia documentava in modo inoppugnabile che la relata di notifica, ritenuta mancante, era in realtà presente e regolarmente allegata sin dall’origine. La prova dell’errore proveniva, dunque, dagli stessi archivi della Corte.

La Decisione della Corte: Revoca e Nuovo Giudizio

Di fronte a tale evidenza, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso per revocazione. Il procedimento si è svolto in due fasi distinte:

1. Fase Rescindente: La Corte ha riconosciuto il proprio errore di fatto. Ha ammesso che la sua precedente convinzione circa l’assenza del documento era contraddetta dalla produzione documentale. Di conseguenza, ha annullato (revocato) la precedente ordinanza di improcedibilità.
2. Fase Rescissoria: Annullata la decisione viziata, la Corte è passata a riesaminare nel merito l’originario ricorso per cassazione, come se l’errore non fosse mai avvenuto.

L’Esito Finale del Ricorso Originario

Nonostante la vittoria nella fase rescindente, il curatore fallimentare non ha ottenuto l’accoglimento del ricorso nel merito. La Corte, nel riesaminare i tre motivi originari, li ha ritenuti inammissibili o infondati. Ha stabilito che le censure sollevate non denunciavano reali violazioni di legge, ma miravano a ottenere una nuova e diversa valutazione delle prove, attività preclusa nel giudizio di legittimità. La decisione della Corte d’Appello è stata quindi confermata.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte è duplice. Per quanto riguarda la revocazione, i giudici hanno dato pieno valore alla copia certificata prodotta dal ricorrente. Hanno affermato che tale documentazione, rilasciata dalla stessa cancelleria, attestava in modo inequivocabile il regolare deposito dell’atto che si assumeva carente. La svista precedente è stata quindi qualificata come un mero errore percettivo, non una valutazione giuridica, e come tale emendabile con lo strumento della revocazione.

Per quanto riguarda il rigetto del ricorso nel merito, la Corte ha ribadito i limiti del proprio sindacato. Ha chiarito che le doglianze del ricorrente, pur presentate come violazioni di legge, sollecitavano in realtà un riesame dei fatti e delle prove (come la valutazione della congruità del prezzo o l’attendibilità dei rapporti tra le parti). Tale attività è di esclusiva competenza dei giudici di merito e non può essere riconsiderata in sede di legittimità, a meno di vizi logici o giuridici macroscopici che, nel caso di specie, non sono stati ravvisati.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre importanti spunti di riflessione. In primo luogo, sottolinea l’importanza fondamentale della precisione e della prova documentale nei procedimenti giudiziari. Un atto depositato ma non visto può decidere le sorti di un processo. In secondo luogo, conferma la validità del rimedio della revocazione per errore di fatto anche contro le decisioni della Suprema Corte, a garanzia del diritto a una decisione giusta, basata su una corretta percezione degli atti di causa. Infine, ci ricorda una dura verità processuale: vincere una battaglia procedurale non significa automaticamente vincere la guerra nel merito. La correzione dell’errore ha riaperto il giudizio, ma l’esito finale è stato comunque sfavorevole per il ricorrente, poiché i suoi motivi di ricorso sono stati ritenuti infondati.

Cosa si intende per ‘errore di fatto’ che può portare alla revoca di una decisione della Cassazione?
Per errore di fatto si intende una errata percezione dei fatti di causa da parte del giudice, fondata sugli atti del processo, che lo induce a supporre l’esistenza di un fatto la cui verità è positivamente esclusa, o viceversa. Nel caso specifico, l’errore è consistito nel ritenere non depositata la relata di notifica, quando invece essa era presente nel fascicolo di parte.

Come ha fatto la parte ricorrente a dimostrare l’errore della Corte?
La parte ricorrente ha richiesto e ottenuto dalla stessa cancelleria della Corte di Cassazione una copia conforme e certificata del fascicolo di parte originariamente depositato. Questa copia documentale, munita di timbri ufficiali, attestava in modo inconfutabile la presenza della relata di notifica sin dall’inizio, fornendo la prova decisiva dell’errore percettivo dei giudici.

Revocare la prima ordinanza per errore di fatto ha significato accogliere il ricorso nel merito?
No. La revoca dell’ordinanza ha solo corretto l’errore procedurale (fase rescindente), permettendo alla Corte di esaminare il ricorso originario. Nella successiva fase di merito (fase rescissoria), la Corte ha riesaminato i motivi del ricorso e li ha giudicati inammissibili e infondati, rigettando quindi l’impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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