Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 35317 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 35317 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5492/2024 R.G. proposto da : COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME COGNOME COGNOME elettivamente domiciliati in BUSTO ARSIZIO VIC. COGNOME INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende
-ricorrenti- contro
IMPRESA F.LLI DI DIO NOMERAGIONE_SOCIALE, DI NOME COGNOME, DI DIO NOME, DI DIO NOME, DI DIO NOME, DI DIO NOME, DI DIO NOME
-intimati-
avverso SENTENZA di CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE n. 22100/2023 depositata il 24/07/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Premesso che:
1.NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono per la revocazione della sentenza n.22100/2023 con cui questa Corte ha rigettato l’impugnazione di essi ricorrenti contro la sentenza della Corte di Appello di Milano n. 127 del 2018, emessa in sede di rinvio in causa concernente, per quanto ancora interessa, le domande ex art. 2932 c.c., proposte da ciascuno di essi ricorrenti contro la snc RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE, NOME, NOME e C., relativamente ad immobili per cui erano stati stipulati preliminari di compravendita. A tali domande era stato opposto dalla snc l’inadempimento agli obblighi di versare le somme relative al pagamento dell’intero prezzo del costo di assegnazione delle aree comunali su cui gli immobili insistevano, il mancato accollo del mutuo acceso sugli immobili e il mancato pagamento degli interessi di preammortamento sul mutuo stesso. Il Tribunale rigettò le domande degli attori, per non avere essi corrisposto il prezzo. Proposto appello da parte degli attori, con sentenza n. 824 del 2008, la Corte di appello di Milano rigettò l’ impugnazione. In particolare, ritenne infondata la domanda degli attori di esecuzione specifica del contratto preliminare in ragione del fatto che essi si erano resi inadempienti agli obblighi di accollarsi il mutuo acceso sugli immobili e di pagare gli interessi di preammortamento sul mutuo stesso. Con sentenza n. 3028 del 2015, la Corte di Cassazione, in accoglimento del ricorso proposto dagli attori, cassò con rinvio questa decisione. La Corte affermò che, in relazione all’obbligo di accollo del mutuo da parte dei promissari acquirenti, la Corte distrettuale non aveva chiarito le ragioni per cui tale obbligo avrebbe dovuto essere assolto prima
della stipula del definitivo, in contrasto con lo stesso passo della decisione secondo cui l’accollo del mutuo doveva avvenire contestualmente al rogito notarile; in ordine all’unico inadempimento dei promissari acquirenti che emergeva dalla sentenza, relativo al mancato pagamento degli interessi di preammortamento del mutuo fino alla data del suo frazionamento, che si afferma avrebbe dovuto essere assolto antecedentemente alla stipula del contratto definitivo, la Corte distrettuale aveva omesso ogni esame sulla sua gravità, cioè sulla sua incidenza sul sinallagma contrattuale, e di operare una valutazione complessiva e comparativa del comportamento delle parti e dei rispettivi inadempimenti; la Corte di appello aveva omesso di pronunciarsi sulla domanda relativa ai denunziati vizi degli immobili, che il Tribunale aveva respinto per ritenuta prescrizione della relativa eccezione, ma che era stata riproposta in appello, e che avrebbe dovuto essere esaminata. La Corte di Appello di Milano, con la ricordata sentenza n. 127 del 2018, decise il giudizio di rinvio affermando che la domanda volta ad accertare l’inesistenza dell’obbligo dei promissari acquirenti di versare gli interessi di preammortamento del mutuo difettava di interesse, atteso che l’Impresa Di Dio non aveva riproposto tale pretesa nel giudizio di appello; che la domanda di trasferimento della proprietà degli immobili ai sensi dell’art. 2932 cod. civ. era infondata, non avendo gli esponenti fornito prova dei pagamenti effettuati né precisato l’importo riconosciuto come ancora dovuto e dovendo condividersi sul punto le considerazioni svolte dal giudice di primo grado, secondo cui le parti attrici avevano smesso di pagare le rate di mutuo scadute e secondo cui il prezzo delle tre unità abitative non poteva ritenersi pacifico neppure sulla base dei preliminari, tenuto conto che non era stata acquisita alcuna certezza sulle somme pagate per il mutuo acceso dall’Impresa COGNOME e, dunque, sulla ripartizione dello stesso tra i diversi attori. La Corte di Cassazione,
con la sentenza n.22100/2023, ora impugnata, ha, a sua volta, affermato che contro la statuizione del giudice del rinvio ‘il ricorso non formula critiche decisive, limitando la confutazione al rilievo che i promissari acquirenti avevano versato il dovuto e che rimaneva a loro carico solo il mutuo da frazionare senza però indicare gli elementi di prova dei versamenti che avrebbero eseguito e che la Corte di appello ha ritenuto non dimostrati’. La Corte di Cassazione ha poi affermato che ‘la ragione in forza della quale la Corte distrettuale ha rigettato la domanda di trasferimento è argomentata in forza di valutazioni di fatto, come tali soggette alla competenza esclusiva del giudice di merito e non sindacabili in sede di legittimità. In particolare integrano apprezzamenti di fatto i rilievi che le parti istanti non abbiano dato prova dei pagamento effettuati né previsto l’importo residuo da loro ancora dovuto e che vi fosse incertezza sulle somme pagate per il mutuo acceso dall’impresa COGNOME che avrebbe dovuto essere ripartito tra i diversi acquirenti in relazione all’immobile da loro rispettivamente compromesso’. La Corte di Cassazione ha affermato, da ultimo, che ‘il ricorso contesta tale capo della sentenza con il secondo motivo, sotto il profilo dell’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360 n.5 cod. proc. civ., costituito dalla deduzione degli esponenti di avere pagato le somme previste nei preliminari. Trattasi all’evidenza di circostanza non decisiva in quanto non smentisce né inficia in alcun modo la conclusione accolta dalla sentenza impugnata secondo cui gli attori non avevano fornito prova di tali pagamenti né precisato, in relazione alla parte del prezzo da corrispondere mediante accollo del mutuo, le rate pagate e quindi il suo importo residuo’;
i soci della snc (cancellata dal registro delle imprese in corso di causa), indicati in RAGIONE_SOCIALE, sono rimasti intimati;
3.i ricorrenti hanno depositato memoria; considerato che:
1.il primo motivo di revocazione è così rubricato: ‘in merito alla determinazione del prezzo degli immobili’. Sotto questa rubrica i ricorrenti espongono di avere sottoposto alla Corte di Cassazione l’errore in cui era incorso il giudice del rinvio laddove, a motivo del rigetto della domanda, aveva ritenuto che essi ricorrenti non avessero precisato né provato le somme pagate in esecuzione dei preliminari né indicato le somme riconosciute come ancora da pagare, laddove invece le une e le altre somme erano sempre state quantificate e non erano mai state contestate. Sostengono i ricorrenti che la Corte di Cassazione sia incorsa in errore revocatorio ai sensi dell’art. 395, comma primo, n.4 c.p.c. laddove ‘ha ritenuto di concordare con la statuizione della Corte di Appello in sede di rinvio … e ciò in quanto non vi è alcuna incertezza sugli importi dovuti nonché su quelli corrisposti e da corrispondere’. I ricorrenti, a sostegno della deduzioni per cui la Corte di Appello avrebbe commesso l’errore che sarebbe stato poi ‘confermato’ dalla Corte di Cassazione, richiamano atti del processo a partire da quelli di primo grado e l’intero compendio documentale.
2.La censura è inammissibile per diverse e concorrenti ragioni.
2.1. I ricorrenti ritengono sia viziata da errore revocatorio l’affermazione circa la assenza di certezza sugli importi corrisposti e da corrispondere, che i ricorrenti deducono essere stata fatta già dai giudici del rinvio e non esclusivamente dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 22100/2023.
Da qui la prima delle ragioni di inammissibilità della censura in esame alla luce del principio per cui l’errore di fatto idoneo a legittimare la revocazione della sentenza di cassazione, ex artt. 391-bis e 395, n. 4 c.p.c., deve avere carattere autonomo, nel senso di incidere esclusivamente sulla sentenza di legittimità mentre, ove l’errore sia stato causa determinante della sentenza di merito, il vizio della sentenza deve essere fatto valere con gli ordinari mezzi di impugnazione.
I ricorrenti, quindi, poiché sostengono che l’errore revocatorio era già presente nella sentenza di merito emessa dal giudice del rinvio, avrebbe dovuto proporre ricorso per revocazione contro la sentenza di rinvio e non contro la sentenza di cassazione che, a loro dire, avrebbe ‘confermato’ l’errore.
Il principio sopra ricordato è stato espresso, proprio con riferimento ad un giudizio di rinvio, da questa Corte con la pronuncia n. 2463/2008: ‘I vizi revocatori non possono essere denunciati nel giudizio di cassazione né, tantomeno, in quello di rinvio, che è un giudizio chiuso, limitato al solo riesame dei punti che la sentenza di appello non aveva esaminato o che la Corte di cassazione abbia indicato come meritevoli di nuova considerazione; ne consegue che l’errore di fatto o il dolo della parte, asseritamente tali da viziare la sentenza pronunciata dal giudice di rinvio, potranno essere fatti valere, sussistendone i presupposti, solo con lo strumento della revocazione avverso quest’ultima sentenza’. Si vedano, altresì, Cass. n.26643/2018: ‘L’errore di fatto idoneo a legittimare la revocazione della sentenza di cassazione, ex artt. 391-bis e 395, n. 4 c.p.c., deve riguardare gli atti interni al giudizio di legittimità, che la SRAGIONE_SOCIALE. può esaminare direttamente, con propria indagine di fatto, nell’ambito dei motivi di ricorso e delle questioni rilevabili d’ufficio, e deve avere carattere autonomo, nel senso di incidere esclusivamente sulla sentenza di legittimità; diversamente, ove l’errore sia stato causa determinante della sentenza di merito, in relazione ad atti o documenti che sono stati o avrebbero dovuto essere esaminati in quella sede, il vizio della sentenza deve essere fatto valere con gli ordinari mezzi di impugnazione’; Cass. 3820/2014: ‘L’errore di fatto che può legittimare la revocazione di una sentenza della Corte di cassazione deve riguardare gli atti “interni” al giudizio di legittimità, ossia quelli che la Corte esamina direttamente nell’ambito dei motivi di ricorso e delle questioni rilevabili di ufficio, e deve avere quindi carattere autonomo, nel
senso di incidere direttamente ed esclusivamente sulla sentenza medesima. Ne consegue che, ove il dedotto errore di fatto sia stato causa determinante della sentenza pronunciata in grado di appello o in unico grado, in relazione ad atti o documenti esaminati dal giudice di merito, o che quest’ultimo avrebbe dovuto esaminare, la parte danneggiata è tenuta a proporre impugnazione, ex artt. 394, primo comma, n. 4, e 398, cod. proc. civ., contro la decisione di merito, non essendole consentito addurre tale errore in un momento successivo’; Cass. SU n.20013 del 19/07/2024: ‘In tema di revocazione delle pronunce della Corte di cassazione, l’errore rilevante ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c.: a) consiste nell’erronea percezione dei fatti di causa che abbia indotto la supposizione dell’esistenza o dell’inesistenza di un fatto, la cui verità è incontestabilmente esclusa o accertata dagli atti di causa (sempre che il fatto oggetto dell’asserito errore non abbia costituito terreno di discussione delle parti); b) non può concernere l’attività interpretativa e valutativa; c) deve possedere i caratteri dell’evidenza assoluta e dell’immediata rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti di causa; d) deve essere essenziale e decisivo; e) deve riguardare solo gli atti interni al giudizio di cassazione e incidere unicamente sulla pronuncia della Corte’).
2.2 La Corte di Cassazione, con la sentenza impugnata, non ha ‘concordato’ con la sentenza di appello in ordine ad una valutazione di merito. Ha, in coerenza con la propria natura di giudice di legittimità, affermato -come si è già evidenziato soprache contro la statuizione d’appello ‘il ricorso non formula critiche decisive, limitando la confutazione al rilievo che i promissari acquirenti avevano versato il dovuto e che rimaneva a loro carico solo il mutuo da frazionare senza però indicare gli elementi di prova dei versamenti che avrebbero eseguito e che la Corte di appello ha ritenuto non dimostrati’; che ‘la ragione in forza della
quale la Corte distrettuale ha rigettato la domanda di trasferimento è argomentata in forza di … apprezzamenti di fatto’ insindacabili in sede di legittimità tra cui, in particolare quelli ‘che le parti istanti non abbiano dato prova dei pagamenti effettuati né previsto l’importo residuo da loro ancora dovuto e che vi fosse incertezza sulle somme pagate per il mutuo acceso dall’impresa COGNOME che avrebbe dovuto essere ripartito tra i diversi acquirenti in relazione all’immobile da loro rispettivamente compromesso’; la Corte di Cassazione ha valutato come ‘all’evidenza non decisiva’, ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 n.5 cod. proc. civ., la circostanza dedotta ‘dagli esponenti di avere pagato le somme previste nei preliminari … in quanto non smentisce né inficia in alcun modo la conclusione accolta dalla sentenza impugnata secondo cui gli attori non avevano fornito prova di tali pagamenti né precisato, in relazione alla parte del prezzo da corrispondere mediante accollo del mutuo, le rate pagate e quindi il suo importo residuo’.
La Corte ha compiuto una valutazione sull’ammissibilità del motivo. La valutazione della Corte non può essere oggetto di revocazione. E questa è la seconda ragione di inammissibilità della censura in esame.
2.3. La censura è inammissibile anche sotto un ulteriore profilo: perché si riduce ad un tentativo di ottenere, in sede di revocazione, un riesame del merito, sostitutivo dell’accertamento della Corte di Appello di Milano. Tale tentativo è già stato dichiarato inammissibile dalla sentenza della Corte di cassazione ora impugnata;
il secondo motivo di ricorso è così rubricato: ‘in merito alla inesistenza del mutuo a carico dei promissari acquirenti ed all’omesso pagamento di asserite rate scadute da parte degli stessi’.
Sotto questa rubrica i ricorrenti sostengono che la Corte di Cassazione ha errato nel riportare un passo della sentenza
d’appello in cui era scritto che i promissari acquirenti avevano ‘omesso’ il pagamento delle rate di mutuo scadute come se vi fosse stato scritto che i promissari acquirenti avevano ‘smesso’ di pagare le rate del mutuo; insistono sul fatto che la Corte di Cassazione avrebbe errato nel confermare la decisione d’appello dato che dagli atti del processo, a partire da quelli di primo grado e dall’intero compendio documentale, emergerebbe che non vi è alcuna incertezza sugli importi dovuti nonché su quelli corrisposti e da corrispondere e che il mutuo, per cui era previsto l’accollo solo in sede di stipula del definitivo, non era mai stato neppure acceso dalla snc Di Dio;
il motivo è inammissibile.
4.1. Quanto all’asserito errore tra la parola ‘omesso’ e la parola ‘smesso’ nelle espressioni ‘omesso di pagare’ e ‘smesso di pagare’, non ricorrono gli estremi dell’errore revocatorio.
E’ già stata richiamata la statuizione delle Sezioni Unite (sentenza 20013/2024, per cui ‘In tema di revocazione delle pronunce della Corte di cassazione, l’errore rilevante ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c.: a) consiste nell’erronea percezione dei fatti di causa che abbia indotto la supposizione dell’esistenza o dell’inesistenza di un fatto, la cui verità è incontestabilmente esclusa o accertata dagli atti di causa (sempre che il fatto oggetto dell’asserito errore non abbia costituito terreno di discussione delle parti); b) non può concernere l’attività interpretativa e valutativa; c) deve possedere i caratteri dell’evidenza assoluta e dell’immediata rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti di causa; d) deve essere essenziale e decisivo; e) deve riguardare solo gli atti interni al giudizio di cassazione e incidere unicamente sulla pronuncia della Corte’.
Nel caso di specie neppure è dedotto -e non si vede come avrebbe potuto essere dedotto- che il denunciato errore della Corte di Cassazione, consistito nell’avere riportato il passo della sentenza di
appello secondo cui ‘le parti attrici avevano omesso di pagare le rate di mutuo’ (v. ricorso pagina 32) come se vi fosse stato scritto ‘le parti attrici avevano omesso di pagare le rate di mutuo’, sia stato, in sé e per sé, un errore decisivo a fronte dell’insieme delle affermazioni della Corte già riportate sopra, al punto 2.2.
4.2. Quanto poi alle ulteriori prospettazioni valgono le osservazioni coincidenti con quelle di cui ai punti 2.1., 2.2., 2.3.;
per sola completezza si dà conto del fatto che, a pagina 35 del ricorso, vengono svolte, sotto la rubrica ‘Sui lamentati vizi e difetti degli immobili’, considerazioni di merito sulla esistenza di vizi negli immobili oggetto dei preliminari. La sentenza impugnata non contiene alcuna statuizione al riguardo talché dette considerazioni sono in questa sede ultronee;
in conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;
non vi è luogo a pronuncia sulle spese dato che gli ex soci della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE sono rimasti intimati;
PQM
la Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma 21 novembre 2024.