Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 5574 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 5574 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/03/2024
cassazione ex art.391- bis cod. proc. civ.
NOME COGNOME NOME
COGNOME NOME COGNOME
Presidente
Consigliere
NOME COGNOME
NOME. Consigliere
Ud. 16/01/2024 CC Cron. R.G.N. 05931/2023
SALVATORE COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 05931/2023 R.G., proposto da
NOME COGNOME ; rappresentato e difeso dall ‘AVV_NOTAIO ( ), in virtù di procura in calce al ricorso;
-ricorrente-
nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore ;
-intimata- per la revocazione dell ‘ ordinanza n.34199/2022 della CORTE SUPREMA di CASSAZIONE, depositata il 21 novembre 2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16
gennaio 2024 dal Consigliere relatore, NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Questa Corte, con ordinanza 21 novembre 2022, n. 34199, ha dichiarato inammissibile, per tardività, il ricorso proposto da NOME COGNOME ed NOME COGNOME nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Ancona 18 marzo 2016, n. 349, con cui era stata confermata la decisione del Tribunale di Macerata n.823 del 2009, di rigetto della domanda di riscatto di un terreno agricolo, originariamente proposta da NOME COGNOME e da NOME COGNOME, padre di NOME (cui quest’ultimo era succeduto) , nei confronti della RAGIONE_SOCIALE (acquirente del terreno), cui era succeduta la RAGIONE_SOCIALE.
La declaratoria di inammissibilità, per tardività, è stata fondata sul rilievo del decorso del termine ‘lungo’ di un anno, ex art.327 cod. proc. civ., nella formulazione applicabile ratione temporis (aumentato di 31 giorni in ragione della sospensione dei termini per il periodo feriale), tra il deposito della sentenza d’appello (18 marzo 2016) e la presentazione per la notifica del ricorso per cassazione (19 febbraio 2018).
Per la revocazione dell ‘ ordinanza n. 34199/2022 di questa Corte ricorre NOME COGNOME, sulla base di un unico, articolato motivo. Non svolge difese l’intimata RAGIONE_SOCIALE .
In seguito all’abrogazione del disposto di cui all’art.391 -bis , quarto comma, cod. proc. civ. -ed avuto riguardo alla nuova formulazione dell’art. 375 cod. proc. civ. (che prevede la pubblica udienza nei casi di revocazione di cui all’art. 391 -quater cod. proc. civ., ma non anche nei casi di cui al precedente art. 391bis ) -la trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale.
Il Procuratore Generale non ha depositato conclusioni scritte.
La parte ricorrente ha depositato breve memoria, con cui ha dichiarato di ‘riportarsi’ in toto a quanto esposto nell’atto introduttivo e alle conclusioni con esso rassegnate, « con ogni eventuale correlato e conseguente provvedimento ».
RAGIONI DELLA DECISIONE
Sussiste, in via preliminare, il dubbio circa la rituale notifica del ricorso a NOME COGNOME, la quale, sebbene sia l’ originaria ricorrente del giudizio a quo , unitamente ad NOME COGNOME (figlio ed erede di NOME COGNOME, parte originaria, deceduta nelle more dei gradi di merito), non figura neppure quale parte intimata nell’intestazione dell’odierno ricorso per revocazione, che risulta proposto esclusivamente nei confronti della RAGIONE_SOCIALE
Peraltro, la circostanza che il ricorso stesso debba essere dichiarato inammissibile, come si sta per vedere, esclude la necessità di ordinare che si proceda al rinnovo dell’atto.
Il rispetto del diritto fondamentale alla ragionevole durata del processo impone, infatti, al giudice di evitare e impedire il compimento di attività processuali non giustificate dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio e dalla necessità di assicurare, ai soggetti nella cui sfera giuridica il provvedimento finale è destinato a produrre i suoi effetti, le effettive garanzie di difesa e di partecipazione al processo in condizioni di reciproca parità.
Ne consegue che, in ipotesi di ricorso per cassazione inammissibile o infondato, risulta superfluo, quand’anche ne sussistano i presupposti, disporre la fissazione di un termine per l’integrazione del contraddittorio ovvero per la rinnovazione di una notifica nulla o inesistente, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti ( ex
multis , Cass., Sez. Un., 22/03/2010, n. 6826; Cass. 17/06/2013, n. 15106; Cass. 21/05/2018, n. 12515; Cass. 15/05/2020, n. 8980).
Con l’ unico motivo di revocazione, NOME COGNOME assume che l ‘ordinanza impugnata sarebbe affetta da errore di fatto, ai sensi degli artt.391bis e 395 n.4 cod. proc. civ..
L’errore sarebbe consistito nel l’ omettere di considerare che il giudizio di legittimità introdotto con il ricorso per cassazione dichiarato inammissibile coinvolgeva soggetti (parti e difensori) aventi la residenza, la sede o lo studio professionale in uno dei Comuni indicati nell’ Allegato 1 ( Elenco dei Comuni colpiti dal sisma del 24 agosto 2016 ) o nell’ Allegato 2 ( Elenco dei Comuni colpiti dal sisma del 26 e del 30 ottobre 2016 ) al decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189.
Questo decreto-legge, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229 ed integrato dal decreto-legge n.8 del 2017 (convertito dalla legge n.45 del 2017), recante ‘ Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 2016 ‘, prevede, tra l’altro, che: a) per i soggetti che alla data del 24 agosto 2016 erano residenti, avevano sede operativa o esercitavano la propria attività lavorativa, produttiva o di funzione nei Comuni di cui all ‘ Allegato 1 , il decorso dei termini perentori, legali e convenzionali, sostanziali e processuali, comportanti prescrizioni e decadenze da qualsiasi diritto, azione ed eccezione, nonché dei termini per gli adempimenti contrattuali, è sospeso dal 24 agosto 2016 fino al 31 maggio 2017 e riprende a decorrere dalla fine del periodo di sospensione (art.49, comma 4, primo periodo); b) le disposizioni di cui ai commi 3, 4, 5 e 7 si applicano, per gli eventi sismici del 26 e del 30 ottobre 2016, a decorrere dalla data dei predetti eventi e sino al 31 luglio 2017, anche in relazione ai Comuni di cui all ‘ Allegato 2 (art.49, comma 9ter , primo periodo).
Il ricorrente osserva che, se la Corte di cassazione, nell’ordinanza revocanda, avesse considerato che il ricorso ‘interessava’ soggetti
aventi la residenza, la sede o lo studio professionale in Comuni della Regione Marche (Pollenza, San Ginesio, Sarnano) colpiti dai sismi del 2016 ( recte : se avesse preso atto che le parti ricorrenti avevano la residenza nel Comune di Pollenza e che il loro difensore aveva lo RAGIONE_SOCIALE professionale nel Comune di San Ginesio, comuni rispettivamente compresi nel secondo e nel primo allegato al decreto-legge n. 189 del 2016), ne avrebbe escluso la tardività, in applicazione della disciplina contenuta nell’art. 49 d i questo decreto-legge; sostiene che, invece, omettendo di considerare la predetta circostanza (e, conseguentemente, di applicare la predetta normativa) la Corte di legittimità avrebbe commesso un errore di fatto, legittimante il rimedio della revocazione.
Il ricorso è inammissibile.
3.1. Ai fini della revocazione della sentenza per errore di fatto, ai sensi dell’art.395, n.4, cod. proc. civ., occorre che si integrino i seguenti presupposti:
l’errore (c.d. di percezione) non deve consistere in un errore di giudizio ma in un errore di fatto (svista percettiva immediatamente percettibile) che abbia indotto, anche implicitamente, il giudice a supporre l’esistenza o l’inesistenza di un fatto che risulti incontestabilmente escluso o accertato alla stregua degli atti di causa e che non abbia formato oggetto di discussione nel processo; esso postula l’esistenza di un contrasto risultante con immediatezza ed obiettività senza bisogno di particolari indagini ermeneutiche o argomentazioni induttive -tra due rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una dalla sentenza impugnata e l’altra dagli atti processuali (Cass, Sez. Un., 27/11/2019, n. 31032; Cass. 11/01/2018, n. 442; Cass. 29/10/2010, n. 22171);
l’errore deve essere essenziale e decisivo, nel senso che, in mancanza di esso, la decisione sarebbe stata di segno opposto a quella
in concreto adottata (Cass. 10/06/2021, n. 16439; Cass. 29/03/2016, n. 6038; Cass. 14/11/2014, n. 24334);
c) in particolare, l’errore di fatto idoneo a legittimare la revocazione della sentenza di cassazione, ex artt. 391bis e 395, n. 4 cod. proc. civ., deve riguardare gli atti interni al giudizio di legittimità, che la Corte può esaminare direttamente, con propria indagine di fatto, nell’ambito dei motivi di ricorso e delle questioni rilevabili d’ufficio, e deve avere carattere autonomo, nel senso di incidere esclusivamente sulla sentenza di legittimità; diversamente, ove l’errore sia stato causa determinante della sentenza di merito, in relazione ad atti o documenti che sono stati o avrebbero dovuto essere esaminati in quella sede, il vizio della sentenza deve essere fatto valere con gli ordinari mezzi di impugnazione (Cass. 22/10/2018, n. 26643; Cass.18/02/2014, n. 3820).
3.2. Ciò posto in generale, con il ricorso per revocazione in esame, il ricorrente allega la sussistenza di un errore di fatto nell’omessa applicazione, da parte della Corte di cassazione, della disciplina sulla sospensione dei termini processuali posta dai commi 4 e 9ter dell’art.49 del d ecreto-legge n. 189 del 2016.
È del tutto evidente, tuttavia, che, a prescindere dalla natura di tale errore (se si tratti, cioè, di errore di fatto o di errore di diritto; di errore di giudizio o di errore di percezione), esso, consistendo nell’omessa applicazione di una disciplina ad una specifica fattispecie, in tanto sarebbe stato configurabile, in quanto la parte che invocava l’ applicazione della disciplina avesse dedotto la sussistenza della fattispecie.
In altre parole, un consimile errore, quale che ne fosse la natura, sarebbe stato ipotizzabile -in thesi -soltanto se nel ricorso per cassazione sanzionato con la declaratoria di inammissibilità per tardività fosse stato specificamente dedotto che, al tempo del sisma del 26 agosto 2016 , il difensore dei ricorrenti aveva lo RAGIONE_SOCIALE nel
Comune di San Ginesio, mentre le parti, al tempo del sisma del 26 e del 30 ottobre 2016 , avevano la residenza nel Comune di Pollenza.
Dinanzi a una siffatta, specifica deduzione, il Collegio avrebbe dovuto prendere atto che si integravano le fattispecie, rispettivamente, previste dall’art. 49, comma 4 (per il difensore) , e 49, comma 9ter (per le parti ricorrenti), e avrebbe quindi dovuto trarne le conseguenze in ordine all’ applicazione della relativa disciplina sulla sospensione del decorso dei termini processuali.
Peraltro , nessuna deduzione in tal senso è rinvenibile nell’ originario ricorso per cassazione, nella cui intestazione (oltre che nella procura allegata allo stesso) si dà atto soltanto che, al momento della proposizione del ricorso (19 febbraio 2018) , i ricorrenti NOME COGNOME ed NOME COGNOME erano residenti a Pollenza, mentre il loro difensore, AVV_NOTAIO, aveva lo RAGIONE_SOCIALE a San Ginesio; nulla invece si dice circa la residenza delle prime e l ‘indirizzo dello studio professionale del secondo al tempo dei sismi, rispettivamente, dell’ottobre e dell’ agosto 2016.
Tale omissione, del resto, trova conferma nell’odierno ricorso per revocazione, ove si ammette che nessuna deduzione era stata svolta sul punto negli atti del giudizio a quo .
In difetto della deduzione delle circostanze di fatto relative alla residenza delle parti e alla sede dello studio professionale del difensore nelle date in cui si erano verificati gli eventi sismici, nessun errore omissivo è imputabile -neppure in thesi -al Collegio che ha provveduto sul ricorso, non potendosi evidentemente rimproverare al giudice l’omessa applicazione di una disciplina processuale in mancanza degli elementi (che la parte interessata aveva l’onere di allegare) per reputare integrata la relativa fattispecie.
Al d i là dell’esposta assorbente ragione di inammissibilità, va poi osservato che, quand’ anche lo si fosse potuto delibare nel merito, il ricorso per revocazione sarebbe stato anche infondato.
4.1. Al riguardo -escluso il cumulo della sospensione dei termini processuali (dal 24 agosto 2016 al 31 maggio 2017), prevista dal comma 4 dell’art. 49 del decreto -legge n. 189/2016, con quella (dal 26 e 30 ottobre 2016 al 31 luglio 2017), prevista dal comma 9ter dello stesso art.49, può rilevarsi che l’operatività della prima disposizione, in luogo della seconda, avrebbe trovato il suo presupposto nel tempestivo conferimento dell’incarico professionale al difensore, ovverosia nella circostanza che le parti avessero conferito tale incarico prima della scadenza dei termini ordinari per proporre il ricorso; in mancanza di tale presupposto avrebbe trovato applicazione la seconda disposizione (art.49, comma 9ter ), che avrebbe consentito alle stesse parti di beneficiare della sospensione del termine per il conferimento dell’incarico.
Nella fattispecie, mentre -come si è sopra osservato -nulla era stato dedotto sui presupposti applicativi delle due norme nell’originario ricorso per cassazione, invece nell’ odierno ricorso per revocazione, si invoca indistintamente sia l’operatività dell’art.49, comma 4 (teoricamente applicabile al difensore, essendo compreso, nell’ Allegato 1 al decreto-legge n. 189 del 2016, il Comune di San Ginesio, ove quegli avrebbe avuto lo RAGIONE_SOCIALE professionale) ; sia l’operatività dell’art.49, comma 9 -ter (teoricamente applicabile alle parti, essendo compreso nell’ Allegato 2 al medesimo decreto-legge il Comune di Pollenza, ove esse avrebbero avuto la residenza).
4.2. Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente per revocazione, deve tuttavia escludersi che, tenendo conto del periodo di sospensione previsto dall’ art. 49, comma 4, del decreto-legge n. 189 del 2016, il ricorso per cassazione, presentato per la notifica in data 19 febbraio 2018, fosse tempestivo.
In applicazione di questa disposizione, infatti, avuto riguardo alla data della pubblicazione della sentenza di merito impugnata (18 marzo 2016), il termine di cui all’art.327 cod. proc. civ., nella formulazione
applicabile ratione temporis , sarebbe rimasto sospeso dal 1° settembre 2016 al 31 maggio 2017 (9 mesi); la ripresa del corso del termine, dal 1° giugno 2017, avrebbe avuto luogo per un anno, sottratto il periodo (di 135 giorni) dal 18 marzo 2016 al 31 luglio 2016 (13 giorni di marzo; 30 giorni di aprile; 31 giorni di maggio; 30 giorni di giugno; 31 giorni di luglio); sarebbero dunque residuati, al 31 maggio 2017, 230 giorni, che sarebbero divenuti 261 con la sospensione feriale del 2017; il termine sarebbe quindi scaduto il 16 febbraio 2018 (venerdì), tre giorni prima della data di presentazione per la notifica del ricorso per cassazione (19 febbraio 2018), il quale, pertanto, avrebbe dovuto reputarsi tardivo.
La declaratoria di inammissibilità per tardività, emessa con l’ordinanza revocanda , avrebbe quindi dovuto comunque ritenersi corretta.
In definitiva, il ricorso per revocazione proposto da NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di revocazione, sta nte l’ indefensio della società intimata.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione