Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 339 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 339 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5836/2023 R.G. proposto da : COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME
-controricorrente-
nonchè contro
COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME NOME (PSCGPP66S21G393K)
-controricorrente-
Ricorso per revocazione della ORDINANZA della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE ROMA n. 37265/2022 depositata il 20/12/2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
I fratelli COGNOME NOME e COGNOME NOME sono entrambi eredi della madre. COGNOME NOME ha convenuto in giudizio la Emil Banca, e non anche il fratello, deducendo che la madre, unitamente ad essa attrice ed al fratello, era titolare di un conto titoli presso la banca e che l’istituto di credito, nonostante la sua diffida, ne aveva disposto come se il conto fosse intestato solo alla madre ed al fratello, versando quindi a quest’ultimo il 50% della somma. Ha chiesto quindi il rimborso delle somme illegittimamente versate al fratello; la banca costituendosi ha chiamato in garanzia quest’ultimo. Il Tribunale ha respinto la domanda della COGNOME la quale ha proposto appello, accolto dalla Corte distrettuale. Il fratello ha proposto ricorso per cassazione e tra gli altri motivi di ricorso lamentava che fosse stato esteso nei suoi confronti l’effetto della ammissione fatta dalla banca, nella comparsa di costituzione e risposta, sulla circostanza che il conto era effettivamente intestato a tre persone e cioè la madre e i due figli (e di conseguenza sarebbe spettato a ciascuno loro il 50% delle somme complessive e non il 75% al fratello e il 25% dalla sorella sul presupposto che a quest’ultima toccasse solo la metà della quota della madre), circostanza che egli aveva sempre contestato.
La Corte di Cassazione, con la ordinanza oggi oggetto di revocazione, ha dichiarato inammissibile il terzo motivo di ricorso, ritenendo che sulla cointestazione a tre persone si fosse formato il giudicato già in primo grado atteso che « sul punto risulta incontestabile che il tribunale aveva statuito che il dossier
titoli era da considerarsi cointestato in modo paritario tra i due eredi (cfr. pag. 5 della sentenza qui impugnata) avendo in realtà il giudice di prima istanza rigettato la domanda sotto il diverso profilo della mancata prova da parte dell’attrice del nesso eziologico tra la condotta di inadempimento contrattuale della banca e il danno lamentato» in quanto non era stata data prova che la COGNOME avesse diffidato la banca dal fare atti di disposizione sul conto titoli. Così si legge nella motivazione: «le statuizioni negative già contenute nella sentenza di primo grado, quanto alla cointestazione del dossier titoli e alla responsabilità contrattuale della banca, avrebbero dovuto essere oggetto di appello incidentale, seppure condizionato, da parte dell’odierno ricorrente, con la conseguenza che le predette statuizioni devono ormai ritenersi coperte dal velo del giudicato interno» (doc. 5, pag. 8).
COGNOME NOME ha quindi proposto ricorso per revocazione ai sensi dell’art 391 -bis c.p.c. assumendo che la Corte di Cassazione è incorsa in un errore di fatto. Emil Banca e COGNOME NOME hanno svolto difese con rispettivi controricorsi.
Il ricorrente, che ha eccepito la tardività del controricorso della sorella, ed Emil Banca hanno depositato memoria.
DIRITTO
1.- Il ricorrente deduce la sussistenza di un errore di fatto ex art 395 c n. 4 c.p.c. perché dalla lettura delle pagg. 5 e 6 della sentenza d’appello, espressamente citate nella ordinanza impugnata, e che trascrive in ricorso, emerge che è stata confusa la parte espositiva del motivo di censura (cioè la illustrazione delle tesi sostenute dall’appellante) con la vera e propria statuizione che invece nulla dice circa l’intestazione del dossier.
Osserva che né a pag. 5 né a pag. 6 della sentenza d’appello è contenuta una statuizione circa l’intestazione paritaria del dossier,
né, nel giudizio d’appello, l’appellata Emil Banca aveva sostenuto la tesi dell’avvenuta formazione del giudicato interno. Osserva che non è rinvenibile in alcuna parte né della sentenza di primo grado né della sentenza d’appello una statuizione che abbia accertato l’intestazione paritaria del dossier e non esiste quindi in atti una sola statuizione che necessitasse la proposizione dell’appello incidentale, sicché ha errato la Corte di Cassazione a ritenere che sul punto si fosse formato il giudicato e il suo terzo motivo di ricorso era ammissibile e va in questa sede esaminato.
Il ricorrente eccepisce inoltre che il controricorso della sorella è tardivo in quanto si applica la disciplina transitoria della riforma Cartabia (art. 35 comma 5 del decreto legislativo n. 149 del 2022) e quindi l’attuale art. 370 c.p.c.; poiché il ricorso per cassazione è stato notificato il 10 marzo 2023 e la controricorrente avrebbe dovuto depositare il controricorso entro 40 giorni dalla notificazione del ricorso; invece la sorella ha inutilmente notificato il controricorso in data 19 aprile 23 e successivamente lo ha depositato 9 maggio 2023 a termini ormai scaduti.
2.L’eccezione di tardività del controricorso di COGNOME NOME è fondata, posto che il ricorso per cassazione è stato notificato il 10 marzo 2023 e l’attuale art. 370 c.p.c., riformato con effetto a decorrere dal primo gennaio 2023 e che si applica ai giudizi introdotti con ricorso notificato a decorrere da tale data (art. 35 comma 5 D.lgs. 149/2022), impone il deposito del controricorso entro 40 giorni dalla notificazione del ricorso. Il controricorso della COGNOME è stato depositato soltanto in data 9 maggio 2023, e dunque tardivamente, senza che possa più attribuirsi valore ai fini della tempestività alla precedente notifica dell’atto alla controparte. Di conseguenza COGNOME NOME deve considerarsi parte non costituita.
3.- Nel merito, il ricorso è inammissibile.
In primo luogo, si deve osservare che la sentenza di primo grado, prodotta dallo stesso ricorrente e trascritta dalla banca nel suo controricorso è chiarissima; in questa sentenza alla pagina 5 vi è scritto « nel merito si osserva che la banca ha confermato l’assunto posto dall’attrice alla base della pretesa e cioè che la stessa risultava cointestataria assieme al fratello e alla madre al momento della morte di quest’ultima il dossier titoli ». Di seguito il Tribunale, ritenuta superflua l’ammissione delle prove, si concentra sul rilievo che non era dato sapere se i cointestatari potessero operare anche disgiuntamente e che non vi fosse prova che la COGNOME avesse diffidato la banca dal liquidare le somme al fratello. L’accertamento che il conto era intestato a tre persone era quindi già contenuto nella sentenza di primo grado, che ha respinto la domanda della COGNOME, rivolta solo alla banca e non anche al fratello, per altre ragioni. Pertanto, non può tacciarsi di errore l’ordinanza di questa Corte nella parte in cui è scritto che «il tribunale aveva statuito che il dossier titoli era da considerarsi cointestato in modo paritario tra i due eredi» rafforzando questa affermazione con il rilievo « avendo il giudice di prima istanza rigettato la domanda sotto il diverso profilo della mancata prova da parte della attrice del nesso eziologico » e cioè il difetto di prova sulla condotta negligente della banca (la quale in ipotesi di conto cointestato ma con facoltà di operazioni disgiunte ben potrebbe liquidare a uno solo dei titolari). Da qui logicamente discende la affermazione che la statuizione di primo grado avrebbe dovuto essere oggetto d’appello; vale a dire che (l’ipotetico) errore di ritenere estensibile all’odierno ricorrente gli effetti di una ammissione fatta dalla banca sulla cointestazione del conto, è questione che andava proposta al giudice d’appello, in mancanza formandosi il giudicato.
3.1.- Del resto, in linea generale, il ricorrente non contesta che le statuizioni della sentenza di primo grado andassero impugnate in appello; contesta piuttosto che la sentenza di primo grado contenesse quella statuizione ritenuta dal giudice di legittimità, facendo riferimento alle pagine 5 e 6 della sentenza d’appello effettivamente richiamata dal giudice di legittimità con le parole ‘ cfr. pag. 5 della sentenza qui impugnata ‘. E’ tuttavia verosimile -come deduce la banca -che nella ordinanza della Corte di Cassazione vi sia un refuso, laddove fa riferimento alla pagina 5 della sentenza impugnata cioè alla sentenza della Corte d’appello, mentre invece intendeva fare riferimento alla pagina 5 della sentenza del Tribunale, stante il chiaro contenuto di quest’ultima, rispondente al concetto espresso nella ordinanza oggi oggetto si ricorso per revocazione.
4.- In ogni caso deve osservarsi che il Collegio decidente ha tratto il suo convincimento sulla formazione di un giudicato interno -come si evince dalla lettura della ordinanza de quo – non dalla mera constatazione che il giudice di primo grado aveva espressamente affermato in sentenza la cointestazione del dossier, ma da una lettura complessiva degli atti del giudizio, dalla valutazione delle ragioni della decisione di primo grado e dalle ragioni della riforma operata in appello. Deve qui ricordarsi che il giudicato copre il dedotto e il deducibile in relazione al medesimo oggetto e, pertanto, non soltanto le ragioni giuridiche e di fatto esercitate in giudizio ma anche tutte le possibili questioni, proponibili in via di azione o eccezione, che, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici, essenziali e necessari, della pronuncia (Cass. 4 marzo 2020 n. 6091; Cass. n. 1259 del 11/01/2024). Individuare la portata e la estensione del giudicato interno o esterno è una operazione di giudizio e non il
mero rilievo di un fatto e di conseguenza la relativa statuizione non è impugnabile con la revocazione ex art 395 n. 4 c.p.c.
Ne consegue la dichiarazione di inammissibilità del ricorso; le spese vanno liquidate, come da dispositivo, solo in favore della parte tempestivamente costituita; nulla sulle spese invece per quanto riguarda COGNOME NOME non regolarmente costituita.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente Emil Banca Credito Cooperativo, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, euro 200,00 per spese non documentabili oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 04/12/2024.