Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 29297 Anno 2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al N. 17701/2023 R.G. proposto da:
COGNOME , elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentato e difeso da sé stesso ex art. 86 c.p.c., domicilio digitale EMAIL
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME RAGIONE_SOCIALE
-intimate – avverso l ‘ordinanza N. 13958/2023 emessa dalla Corte di cassazione, depositata in data 22.5.2023;
udita la relazione della causa svolta nella adunanza camerale del 24.9.2024 dal Consigliere relatore dr. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Nel 2019 NOME COGNOME convenne dinanzi al Giudice di pace di Treviglio NOME COGNOME e la mutua assicuratrice Reale Mutua RAGIONE_SOCIALE, chiedendone la condanna in solido al risarcimento dei danni patiti in conseguenza di un sinistro stradale avvenuto il 21.8.2018. Con sentenza del 27 giugno 2019 n. 106, il Giudice di pace di Treviglio rigettò la domanda; la sentenza fu appellata dal COGNOME e il Tribunale di Bergamo, con sentenza 11 novembre 2020 n. 1584, rigettò il gravame. La sentenza d’appello venne impugnata per cassazione da NOME COGNOME con ricorso fondato su due motivi, illustrato da memoria e iscritto al N. 14196/21 R.G. Le intimate non svolsero difese. Con ordinanza n. 13958/2023 del 22.5.2023, questa Corte di cassazione dichiarò il ricorso inammissibile, per non aver il ricorrente dimostrato di aver notificato il ricorso alle controparti, rimaste intimate.
Avverso detta ordinanza, NOME COGNOME propone ricorso per revocazione ex art. 391bis c.p.c., fondato su un unico motivo. Le intimate non hanno svolto difese. Il ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 Con l’unico motivo il ricorrente lamenta l’errore di fatto ex art. 395, n. 4, c.p.c., in cui la Corte di cassazione sarebbe incorsa con l’impugnata ordinanza. Espone infatti che, dopo aver notificato il ricorso per cassazione in data 11.05.2021 all’avv. NOME COGNOME quale difensore domiciliatario della Reale Mutua Assicurazioni ed in data 14.05.2021 a NOME COGNOME esso ricorrente provvide all’iscrizione a ruolo in via
telematica del ricorso per cassazione in data 31.05.2021. In particolare, prosegue il COGNOME, il ricorso venne iscritto mediante l’invio al sistema di n. 2 buste generate automaticamente dal portale PCT, la prima di n. 10 allegati comprensivi del ricorso per cassazione trasmessa alle ore 18:42 e la seconda di n. 8 allegati comprensivi del ricorso per cassazione tr asmessa alle ore 18:51, contenenti tra i vari allegati i file ‘Ricorso per cassazione notificato alla signora COGNOME‘ e ‘Ricorso per cassazione notificato alla avv. COGNOME entrambi con le attestazioni di conformità del procuratore speciale, come risultante dalla schermata della consolle del PCT del suo difensore. La ricezione da parte del sistema delle due buste in parola -prosegue il ricorrente – è evidenziata dalla certificazione delle pec di ricevuta di accettazione e consegna nonché di accettazione (c.d. ‘scarico’) da parte della Cancelleria della Suprema Corte, sia dell’invio delle ore 18:42, che dell’invio delle ore 18:51, entrambe in formato cartaceo ed informatico. Pertanto, risulterebbe documentalmente provato che il ricorrente aveva provveduto a trasmettere alla Corte di cassazione, al momento della iscrizione a ruolo, la prova della notifica del ricorso alle controparti. Il ricorso è stato infatti iscritto a ruolo a fronte della trasmissione delle due buste suddette, sicché non vi è ragione di dubitare che le conclusioni cui è giunta la Suprema Corte nell’ordinanza impugnata siano frutto di una mera ‘svista’.
2.1 -Va anzitutto affermata l’ammissibilità del ricorso, stante l ‘esatta prospettazione di errore revocatorio, ex art. 395, n. 4, c.p.c.
2.2 -Con specifico riferimento alle sentenze (o ordinanze) della Suprema Corte, di cui si chiede la revocazione ex art. 391bis c.p.c., sono ampiamente ricevute le affermazioni secondo cui l’errore rilevante ai sensi dell’art. 395 , n. 4, c.p.c.: a) consiste nell’erronea percezione dei fatti di causa che abbia indotto la supposizione della esistenza o della inesistenza di un fatto, la cui verità è incontestabilmente esclusa o accertata dagli atti di causa, sempre che il fatto oggetto dell’asserito errore non abbia costituito terreno di discussione tra le parti; b) non può concernere l’attività interpretativa e valutativa; c) deve possedere i caratteri della evidenza assoluta e della immediata rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti di causa, senza necessità di argomentazioni induttive o di particolari indagini ermeneutiche; d) deve essere essenziale e decisivo, nel senso che tra la percezione erronea e la decisione revocanda deve esistere un nesso causale tale da affermare con certezza che, ove l’errore fosse mancato, la pronuncia avrebbe avuto un contenuto diverso; e) deve riguardare solo gli atti interni al giudizio di cassazione e incidere unicamente sulla pronuncia della Corte, poiché l’errore che inficia il contenuto della decisione impugnata in cassazione deve essere fatto valere con le impugnazioni esperibili contro la decisione stessa (v. Cass. n. 12283/2004; Cass. n. 3652/2006; Cass. n. 10637/2007; Cass. n. 5075/2008; Cass. n. 22171/2010; Cass. n. 27094/2011; Cass. n. 4456/2015; Cass. n. 24355/2018; Cass. n. 26643/2018; Cass. n. 4678/2022; Cass., Sez. Un., n. 20013/2024).
Nella selezione degli atti interni al giudizio di legittimità, quanto alla mancata considerazione di un documento da parte della RAGIONE_SOCIALE, benché inserito nel fascicolo, è anche consolidato l’orientamento secondo cui ‘ L’affermazione contenuta nella sentenza circa l’inesistenza, nei fascicoli processuali (d’ufficio o di parte), di un documento che, invece, risulti esservi incontestabilmente inserito, non si concreta in un errore di giudizio, bensì in una mera svista di carattere materiale, costituente errore di fatto e, quindi, motivo di revocazione a norma dell’art. 395, n. 4, c.p.c., e non di ricorso per cassazione ‘ (Cass. n. 9628/1994; Cass. n. 3074/1998; Cass. n. 11196/2007; Cass. n. 19174/2016; Cass. n. 1562/2021). Sotto diverso, ma connesso profilo, è stato infine affermato che ‘ In caso di revocazione proposta avverso la sentenza con cui la Suprema Corte abbia dichiarato improcedibile un ricorso per carenza della copia notificata della sentenza impugnata, la prova della sua presenza nel fascicolo di parte può essere fornita dimostrando l’espressa menzione dell’atto nel ricorso originario notificato alla controparte, ovvero sulla base di altri elementi, a condizione che essi non rientrino nella disponibilità materiale della parte che avrebbe interesse a fornire tale dimostrazione e, dunque, diversi dall’indice a suo tempo vistato dalla cancelleria e poi ritirato dalla parte ‘ (Cass. 10517/2015) ; e ancora che ‘ In caso di revocazione proposta avverso la sentenza con cui la Suprema Corte abbia dichiarato improcedibile un ricorso per mancata attestazione di conformità all’originale digitale della copia analogica del ricorso notificato per via telematica, ai fini della prova della sua presenza nel
fascicolo di parte occorre verificare: a) se nella nota di deposito e iscrizione a ruolo del ricorso per cassazione fosse indicato, tra gli atti prodotti, il ricorso con la specificazione che si trattava di copia analogica dell’atto notificato telematicamente e che la produzione comprendeva anche relata, messaggi p.e.c. e attestazione di conformità; b) che, ove tale verifica abbia esito positivo, detta nota non risulti ritirata dalla parte e poi ridepositata; c) se, in difetto dell’una o dell’altra di tali condizioni, del successivo deposito sino all’udienza di discussione o all’adunanza in camera di consiglio risulti traccia alcuna in una qualche ulteriore nota di deposito o nel verbale di adunanza ‘ (Cass. n. 20345/2023).
2.3 -Inoltre, questa Corte ha anche affrontato il caso inerente al l’assenza di un atto nel fascicolo d’ufficio, perché -seppur tempestivamente e regolarmente depositato -inserito in altro fascicolo per un ‘disguido di cancelleria’ . In proposito, superando il contrario precedente di Cass. n. 27508/2017, la successiva Cass. n. 29634/2019 ha così statuito: ‘ In tema di revocazione, ai fini della configurabilità dell’errore di fatto di cui all’art. 395, n. 4, c.p.c. tra gli “atti e documenti della causa” dai quali l’errore stesso deve risultare, vanno compresi -in attuazione dei principi del giusto processo e di effettività della difesa -gli atti e i documenti attinenti alla causa e ritualmente depositati dalla parte interessata, pur se, per mero disguido della cancelleria non imputabile alla parte stessa, essi siano stati inseriti in diverso fascicolo d’ufficio. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto affetta da errore revocatorio la pronuncia della Corte di cassazione la quale abbia dichiarato
improcedibile un ricorso non presente in atti, allorché risulti che lo stesso fosse stato ritualmente depositato ma, a causa di un disguido di cancelleria, introdotto in un fascicolo d’ufficio non pertinente) ‘ (conf. Cass. n. 9786/2023).
Nell’affermare il suddetto principio, questa Corte dopo aver evidenziato che, nella specie, nessun rimprovero poteva essere mosso all’operato del ricorrente, che aveva regolarmente depositato il ricorso per cassazione nel termine di legge -ha pure condivisibilmente sottolineato che la norma dettata dall’art. 395, n. 4, c.p.c., laddove si attribuisce rilevanza, ai fini della revocazione, all’errore di fatto ‘ risultante dagli atti o documenti della causa ‘, de ve essere letta secondo una interpretazione costituzionalmente orientata, alla luce dei fondamentali principi sanciti dagli artt. 24 e 111 Cost., nonché dall’art. 6 CEDU, secondo cui ‘ Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile … ‘, inerenti, in definitiva, il ‘giusto processo’ e l’effettività della tutela giurisdizionale.
Si è infatti rilevato che la parte non può che fondatamente confidare nel fatto che la propria attività processuale, ove dispiegata nel rispetto dei canoni normativi, sia idonea a produrre gli effetti che devono derivarne ( id est , per stare a quanto qui interessa, la tempestiva produzione di un atto o documento nelle forme previste implica che legittimamente la parte
che vi ha provveduto possa confidare che di tale produzione il giudice terrà conto, già a prescindere dall’esito della afferente valutazione).
2.4 -Ritiene la Corte che il superiore insegnamento -dettato in ambiente ‘analogico’ o tradizionale possa senz’altro replicarsi anche in relazione alle vicende del processo civile telematico di legittimità, là dove il ricorrente in revocazione alleghi e dimostri di aver regolarmente depositato nel fascicolo telematico un atto o un documento, rilevante ai fini della decisione, tuttavia non visibile o fruibile dal Collegio decidente al momento della statuizione dell’ordinanza (o sentenza) .
Può quindi concludersi nel senso che, nell’espressione ‘atto o documento di causa’, per quel che qui interessa, va ricompreso non solo ciò che il giudice rinvenga materialmente nel fascicolo d’ufficio, ma anche ciò che avrebbe dovuto esservi rinvenuto (per aver la parte diligentemente assolto il proprio onere di produzione), ma che invece, per fatto accidentale, non imputabile alla parte , non lo è stato. In tal guisa, l’errore di percezione del giudice non riguarda solo ciò che egli rinvenga, o non rinvenga , in senso fenomenico, nel fascicolo d’ufficio all’atto della decisione, ma si estende anche a quell’atto o documento (attinente alla causa) che, benché regolarmente prodotto dalla parte, non sia stato però dal giudice stesso apprezzato per causa ascrivibi le all’ufficio giudiziario nel suo complesso, latamente inteso, e comunque per fatto non imputabile alla parte stessa.
Del resto, è chiaramente inconcepibile addossare il disguido di cancelleria (quand’anche sub specie di disguido informatico) a ll’utente che, pur
anelando giustizia, vede negarsela per un fatto assolutamente a lui non ascrivibile, né direttamente, né indirettamente.
3.1 -Ciò posto, la proposta revocazione è fondata e va accolta.
Va anzitutto rilevato, in punto di fatto, che NOME COGNOME ha effettivamente depositato il ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Bergamo dell’11.11.2020, iscritto al N. 141 96/2021 R.G., con gli allegati prima indicati (tra cui le copie notificate del ricorso nei confronti di Reale Mutua Assicurazione e NOME COGNOME), nella data del 31.5.2021 , nel termine previsto dall’art. 369, comma 1, c.p.c. Ciò si evince, inconfutabilmente, dalla attestazione della Cancelleria Centrale Civile di questa Corte, inviata via e-mail alla Cancelleria di questa Sezione in data 23.9.2024 su richiesta di chiarimenti avanzata con decreto del Presidente di questo Collegio giudicante; in detta e-mail si attesta che ‘ il deposito complementare del ricorso in oggetto (effettuato in data 31/05/2021), contenente i file ‘ Ricorso per cassazione notificato alla avv. COGNOME e ‘ Ricorso per cassazione notificato alla signora COGNOME , risultava bloccato nel sistema per un errore informatico. Il suddetto deposito complementare veniva sbloccato dai referenti del PCT in data 28/03/2023 a seguito di segnalazione del funzionario pubblicatore. Per mera svista di cancelleria, il deposito così sbloccato non veniva accetta . L’accettazione è avvenuta in data odierna sotto il N.R.G. 14196/2021 ‘ .
Quanto precede è del tutto coerente con l’allegazione di parte ricorrente, secondo cui, in relazione al deposito effettuato (in due frangenti) nella
data del 31.5.2021, egli aveva ricevuto la c.d. ‘ quarta pec ‘ (all. 3 e 4 del ricorso), benché poi la Cancelleria non avesse sbloccato il deposito stesso. È per questa ragione, dunque, che il Collegio giudicante, con l’impugnata ordinanza, ha preso atto dell’assenza tout court , nel fascicolo di parte ricorrente, della mancanza di prova della notifica del ricorso, e ha definito in rito il giudizio di legittimità.
Risulta quindi in tutta evidenza che l’errore di percezione ( ut supra definito) di quel Collegio circa l’assenza del la prova della notifica, attività invece regolarmente espletata dal Falcone e tempestivamente dimostrata, è eziologicamente e univocamente collegato alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, statuizione che, senza quell’errore, non avrebbe potuto adottarsi.
L’ordinanza impugnata è quindi revocata, potendo al riguardo formularsi il seguente principio di diritto: ‘ In tema di revocazione, ai fini della configurabilità dell’errore di fatto di cui all’art. 395, n. 4, c.p.c., tra gli ‘atti o documenti della causa’, dai quali l’errore stesso deve risultare, vanno compresi -in attuazione dei principi del giusto processo e di effettività della difesa – gli atti e i documenti attinenti alla causa e ritualmente depositati dalla parte interessata, pur se, per mero disguido informatico non imputabile alla parte stessa, essi non risultino visibili nel fascicolo telematico. Ne deriva che è affetta da errore revocatorio la pronuncia della Corte di cassazione con la quale si dichiari inammissibile un ricorso per cassazione per mancanza di prova della sua notifica, allorché risulti che la relativa documentazione era stata ritualmente
depositata ma, a causa di un disguido di cancelleria, non imputabile alla parte, non resa visibile ‘ .
4.1 -Passando al rescissorio, ex art. 402 c.p.c., va dunque esaminato il ricorso originariamente proposto da NOME COGNOME avverso la decisione d’appello .
Il Tribunale di Bergamo, con sentenza dell’11.11.2020, rigettò il gravame del COGNOME avverso la prima decisione, con cui le domande attoree erano state respinte. Osservò il giudice d’appello che correttamente il primo giudice aveva ritenuto l’esclusiva responsabilità del COGNOME nel sinistro occorso in data 21.8.2018, giacché -a prescindere dalla irregolarità del parcheggio della vettura della Ferrari -lo stesso COGNOME aveva tenuto una condotta imprudente allorché, col proprio mezzo, aveva superato la linea di mezzeria del INDIRIZZO, in Treviglio, onde superare l’ostacolo costituito da detta vettura, per poi sterzare subitaneamente verso la propria destra al fine di evitare un impatto frontale con altro veicolo che sopraggiungeva in senso opposto, così collidendo con la stessa vettura della Ferrari. Ciò tanto più che tra quest’ultima e la linea di mezzeria vi era uno spazio di m. 2,15, sufficiente a consentire il passaggio della vettura del INDIRIZZO, senza invadere la corsia opposta; pertanto, stante l’esclusiva responsabilità ascrivibile al COGNOME, risultava anche superata la presunzione di pari responsabilità ex art. 2054, comma 2, c.c.
4.2 -Con il primo motivo, il COGNOME ha censurato detta sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 157 C.d.s., là dove al comma 4 è stabilito che ‘ nelle strade urbane a senso unico di marcia la sosta è
consentita anche lungo il margine sinistro della carreggiata, purché rimanga spazio sufficiente al transito almeno di una fila di veicoli e comunque non inferiore a 3 m di larghezza ‘. Il ricorrente si duole dell’affermazione del Tribunale per cui era possibile superare l’ostacolo costituito dalla vettura malamente parcheggiata dalla Ferrari senza oltrepassare la linea di mezzeria, senza considerare che in realtà non vi era spazio sufficiente neppure per una vettura di dimensioni più ridotte rispetto alla propria, residuando uno spazio di appena 2,25 m., inferiore alla larghezza di legge.
4.3 -Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la erronea e falsa applicazione dell’art. 2054 c.c., per aver il Tribunale ritenuto applicabile il primo comma di detta disposizione (che prevede che il conducente del veicolo ‘ è obbligato a risarcire il danno prodotto a persone o cose dalla circolazione del veicolo, se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno ‘), anziché la presunzione di pari responsabilità di cui al comma 2 della disposizione stessa , riferibile anche all’ipotesi di scontro tra veicoli di cui uno in sosta.
5.1 -Il primo motivo è inammissibile.
Invero, anzitutto il ricorrente invoca una norma non pertinente (art. 157, comma 4, C.d.s.), rispetto alla fattispecie, che concerne un incidente pacificamente avvenuto in una strada a doppio senso di circolazione (il Falcone ha dovuto ‘stringere’ improvvisamente sulla sua destra per evitare l’impatto con un veicolo che proveniva in senso opposto , così collidendo con la vettura della Ferrari, parcheggiata in modo sporgente):
la disposizione invocata, infatti, non impone una indefettibile larghezza di 3 m. per qualsiasi via urbana aperta al traffico veicolare, ma riguarda specificamente le strade urbane a senso unico (e la connessa possibilità di parcheggiare, alle condizioni indicate, sul lato sinistro della carreggiata). Da tanto discende che il motivo si palesa -già per questa sola ragione -fuori centro, non potendo dalla suddetta disposizione ricavarsi le conseguenze anelate dall’odierno ricorrente.
Inoltre, il mezzo è inammissibile anche perché non si censura adeguatamente e specificamente l’affermazione del giudice d’appello per cui la manovra posta in essere dal Falcone s’è rivelata imprudente. Invero -a parte la effettiva opinabilità sul piano logico del ragionamento, operato dal Tribunale orobico, per cui uno spazio di 2,25 m. sarebbe sufficiente a consentire senz’altro il regolare transito di un veicolo avente una larghezza di 2,15 m. -il ricorrente si è soffermato principalmente sulla natura ‘necessitata’ del superamento della linea di mezzeria, senza però chiarire il perché tale superamento non poteva rivelarsi di per sé imprudente, rispetto alle condizioni esistenti al momento dell’impatto. In tal guisa, il mezzo si rivela dunque aspecifico e pertanto inammissibile.
6.1 -Infine, il secondo motivo è del pari inammissibile.
La presunzione di pari responsabilità ex art. 2054, comma 2, c.c., non può infatti operare allorché risulti dimostrata la responsabilità esclusiva di uno dei due conducenti nella causazione dell’evento , il che è quanto accertato dal giudice del merito.
Con la censura in esame, il ricorrente non si confronta adeguatamente con la motivazione adottata dal Tribunale sul punto, donde l’inammissibilità del mezzo.
7.1 -In definitiva, quanto al giudizio rescissorio, il ricorso è inammissibile, seppur per ragione diversa rispetto a quella ritenuta con l’ordinanza revocata . Nulla va disposto sulle spese di lite, le intimate non avendo svolto difese.
In relazione alla data di proposizione del ricorso (successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n.115 (nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228).
P. Q. M.
la Corte accoglie il ricorso per revocazione, revoca l’ordinanza impugnata e, decidendo sul ricorso per cassazione iscritto al n. 14196/2021 R.G., lo dichiara inammissibile.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n.115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente al competente ufficio di merito, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile,