Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 24696 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 24696 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 2604-2025 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 23039/2024 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di ROMA, depositata il 22/08/2024 R.G.N. 13707/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/07/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
R.G.N. 2604/2025
COGNOME
Rep.
Ud. 11/07/2025
CC
RILEVATO CHE
NOME COGNOME impugna per revocazione la sentenza di questa Corte n. 23039/2024 che lo ha condannato al pagamento delle spese di lite nonostante la dichiarazione ex art. 152 disp. att. cod. proc. civ.
Propone un unico motivo, cui resiste INPS con controricorso, affermando che la dichiarazione invocata è generica e non soddisfa i requisiti richiesti dall’art. 152 disp. att. cod. proc. civ. Chiamata la causa all’adunanza camerale dell’11 luglio 2025, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (art.380 bis 1, secondo comma, cod. proc. civ.).
CONSIDERATO CHE
Il ricorrente lamenta errore revocatorio ai sensi dell’art. 391 bis cod. proc. civ. in relazione all’art. 152 disp. att. cod. proc. civ. Come ancora di recente ribadito da Cass. n. 12506/2024, «questa Corte ha ripetutamente affermato che l’errore di fatto previsto dall’art. 395 n. 4 cod. proc. civ. idoneo a costituire motivo di revocazione si configura come una falsa percezione della realtà, una svista obiettivamente e immediatamente rilevabile, la quale abbia portato ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso dagli atti e documenti, ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo che dagli atti o documenti stessi risulti positivamente accertato, e pertanto consiste in un errore meramente percettivo che in nessun modo coinvolge l’attività valutativa del giudice di situazioni processuali esattamente percepite nella loro oggettività. L’errore deve, pertanto, apparire di assoluta immediatezza e di semplice e concreta rilevabilità, senza che la
sua constatazione necessiti di argomentazioni induttive o di indagini ermeneutiche. Esso non può consistere in un preteso inesatto apprezzamento delle risultanze processuali, vertendosi, in tal caso, nell’ipotesi dell’errore di giudizio, denunciabile con ricorso per cassazione, entro i limiti di cui all’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ.. L’errore revocatorio presuppone il contrasto fra due diverse rappresentazioni dello stesso fatto, delle quali una emerge dalla sentenza, l’altra dagli atti e documenti processuali, sempreché la realtà desumibile dalla sentenza sia frutto di supposizione e non di giudizio sul piano logico giuridico, ossia di una viziata valutazione delle prove o delle allegazioni delle parti, essendo esclusa dall’area degli errori revocatori la sindacabilità di errori di giudizio formatisi sulla base di una valutazione (cfr., tra le altre, Cass. n. 16439 del 2021, n. 22171 del 2010, n. 8180 del 2009, n. 14267 del 2007, n. 4015 del 2006, n.3652 del 2006)».
Con specifico riferimento alla revocazione delle sentenze della Corte di cassazione, l’errore rilevante ai sensi dell’art. 395 n. 4 cod. proc. civ., secondo le acquisizioni della giurisprudenza di questa Corte da ultimo ricordate da Cass., Sez. Un., n.20013/2024, «a) consiste nell’erronea percezione dei fatti di causa che abbia indotto la supposizione della esistenza o della inesistenza di un fatto, la cui verità è incontestabilmente esclusa o accertata dagli atti di causa, sempre che il fatto oggetto dell’asserito errore non abbia costituito terreno di discussione tra le parti; b) non può concernere l’attività interpretativa e valutativa; c) deve possedere i caratteri della evidenza assoluta e della immediata rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti di causa, senza necessità di argomentazioni induttive o di particolari indagini ermeneutiche; d) deve essere essenziale e decisivo, nel senso che tra la
percezione erronea e la decisione revocanda deve esistere un nesso causale tale da affermare con certezza che, ove l’errore fosse mancato, la pronuncia avrebbe avuto un contenuto diverso; e) deve riguardare solo gli atti interni al giudizio di cassazione ed incidere unicamente sulla pronuncia della Corte, poiché l’errore che inficia il contenuto della decisione impugnata in cassazione deve essere fatto valere con le impugnazioni esperibili contro la decisione stessa» (Cass., Sez. Un., n. 20013/2024 e giurisprudenza ivi citata).
Tanto premesso, il motivo è ammissibile, come ex multis Cass. 5416/2022, e il Collegio lo ritiene fondato.
La sentenza impugnata per revocazione, quanto al regolamento delle spese di lite, è evidentemente fondata su un presupposto di fatto erroneo, ossia sull’avere ritenuto non operanti le condizioni previste dall’art. 152 disp. att. cod. proc. civ. per l’esonero del pagamento delle spese processuali.
Infatti, nelle conclusioni dell’originario ricorso di legittimità si legge quanto segue: ‘nella denegata ipotesi di rigetto della domanda, parte ricorrente ha sottoscritto dichiarazione di esenzione dal pagamento delle pese processuali, ai sensi dell’art. 152 disp. att. cod. proc. civ. nel ricorso di primo grado, confermata anche in questa sede in calce al ricorso, antistante al mandato, da ritenersi parte integrante delle conclusioni, impegnandosi a comunicare le eventuali variazioni di reddito intervenute nel corso del giudizio’.
Ed alla pagina successiva, prima del mandato al difensore, era inserita dichiarazione sottoscritta dalla parte personalmente, ed autenticata, intestata ‘dichiarazione di responsabilità ai sensi dell’art. 152 disp. att. cod. proc. civ.’, in cui si legge che ‘il sottoscritto ricorrente come sopra identificato dichiara sotto la propria responsabilità di trovarsi nella condizione reddituale di
cui all’art. 152 disp. att. cpc per cui in caso di rigetto della domanda di cui all’atto materialmente congiunto alla presente dichiarazione e da intendersi come parte integrante delle conclusioni, si chiede la non condanna alle spese processuali impegnandosi a comunicare eventuali variazioni di reddito in coso di causa’.
Tale dichiarazione possedeva tutti i requisiti richiesti, e le condizioni minime formali per fruire dell’esonero sono per giurisprudenza di legittimità uniforme riconosciute anche nell’ipotesi in cui dei contenuti venga dato conto nell’atto introduttivo del giudizio, ancorché la dichiarazione sottoscritta dalla parte personalmente sia materialmente redatta su foglio separato ed essa sia espressamente richiamata nel ricorso introduttivo del giudizio e ritualmente prodotta con il medesimo (Cass. n. 16616/2018), di tal chè la sentenza della Corte fiorentina aveva dichiarato irripetibili le spese ex art. 152 disp. att. cod. proc. civ.
Trattasi di un mero errore di percezione su una circostanza di fatto che emergeva con evidenza e non vi è dubbio che detto errore sia stato decisivo in relazione al regolamento delle spese di lite e che il fatto non costituì un punto controverso.
La sentenza impugnata, dunque, deve essere revocata quanto al regolamento delle spese di lite che, in sede rescissoria, devono essere dichiarate non dovute ex art. 152 disp. att. cod. proc. civ.
Le spese del giudizio di revocazione, liquidate come da dispositivo, vanno poste a carico dell’INPS, giacchè l’Istituto ha resistito all’accoglimento del ricorso.
PQM
La Corte accoglie il ricorso per revocazione e, revocata la sentenza n. 23039/2024 in ordine alle statuizioni sulle spese e decidendo in sede rescissoria sul ricorso n. rg. 13707/2019, limitatamente a tale capo, dichiara che nulla è dovuto da NOME COGNOME per spese processuali.
Condanna INPS al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in € 1800,00 per compensi, € 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali ed accessori di legge, con distrazione.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale dell’11 luglio 2025.