Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 22176 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 22176 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/08/2025
ORDINANZA
Sul ricorso n. 11275/2024 R.G.
proposto da
COGNOME NOME , rappresentato e difeso dall’a vv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in atti;
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE in persona del
Curatore pro tempore ;
intimato
avverso l ‘ordinanza n. 7625/2024 di questa Corte di cassazione, pubblicata il 21/03/2024;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
COGNOME NOME impugnava per cassazione il provvedimento del Tribunale di Roma n. cron. 2505/2021, che aveva respinto l ‘opposizione allo stato passivo del Fallimento di RAGIONE_SOCIALE da lui proposta, riferita alla negata insinuazione al passivo del credito privilegiato di € 60.290,00, vantato in qualità di professionista incaricato dalla
società, prima del fallimento, per l o svolgimento dell’attività di revisione contabile delle poste dei conti patrimoniali ed economici della società fallita, occorrenti per la redazione dei bilanci 2012, 2013 e 2014.
Questa Corte, con ordinanza n. 7625/2024, pubblicata il 21/03/2024, dichiarava improcedibile il ricorso, rilevando quanto segue: «il ricorrente, pur dando atto della data di pubblicazione del decreto impugnato (11/6/2021), prodotto in copia autentica dal difensore, e che lo stesso gli è stato comunicato in data 2/7/2021, non ha, tuttavia, provveduto al deposito della copia autenticata (dal difensore medesimo), cioè con attestazione di conformità, della relata di tale comunicazione della cancelleria (da cui decorre il termine di trenta giorni previsto dall’art. 99, ult. comma, l.fall., per la proposizione del ricorso per cassazione avverso il decreto pronunciato, a norma della predetta norma, dal tribunale); risulta depositata mera istanza di trasmissione del fascicolo ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 369 c.p.c. senza, però, che dal fascicolo emerga la comunicazione del decreto, né, del resto, tale comunicazione è stata allegata dal Fallimento resistente, rimasto intimato; – la notifica del ricorso, infine, è stata eseguita (mercoledì) 14/7/2021, ben oltre il termine di trenta giorni dal deposito del decreto in data 11/6/2021 e scaduto lunedì 12/7/2021».
Avverso tale pronuncia, il COGNOME ha proposto ricorso per revocazione ex art. 391 bis c.p.c., affidato a due motivi, riproponendo i due motivi di censura originariamente formulati, ai fini del giudizio rescissorio.
L’intimat o non si è difeso con controricorso.
Con atto del 25/10/2024 il difensore del ricorrente ha depositato rinuncia al mandato professionale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di impugnazione è richiesta la revocazione dell’ordinanza impugnata ex art. 391 bis c.p.c., in riferimento al dedotto errore di fatto, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., consistito nel ritenere che il
ricorrente non avesse dato prova della data di comunicazione del decreto di rigetto dell’opposizione allo stato passivo .
Con il secondo motivo di impugnazione è chiesta la revocazione dell’ordinanza impugnata ex art. 391 bis c.p.c., in riferimento all’errore di fatto, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., consistito nel ritenere che la data di pubblicazione del decreto di rigetto dell’opposizione allo stato passivo fosse l’11/ 06/2021.
In base al criterio della ragione più liquida, occorre esaminare il secondo motivo di ricorso per revocazione, che si rivela fondato.
2.1. Com’è noto, l’ errore di fatto previsto dall’art. 395, n. 4, c.p.c., idoneo a costituire motivo di revocazione, consiste in una falsa percezione della realtà o in una svista materiale che abbia portato ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso, oppure l’inesistenza di un fatto positivamente accertato dagli atti o documenti di causa, purché non cada su un punto controverso e non attenga ad un’errata valutazione delle risultanze processuali (Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 2236 del 26/01/2022).
2.2. Nel caso di specie si verifica tale evenienza, tenuto conto che da un semplice esame del provvedimento del Tribunale impugnato per cassazione, prodotto nel giudizio definito con l’ordinanza impugnata, si evince che alla data dell’11/06/2021 si è svolta la camera di consiglio del Tribunale , che ha deciso sull’opposizione, ma il provvedimento è stato depositato il 01/07/2021.
Si tratta di una svista che ha comportato l’ esito negativo della ‘ prova di resistenza ‘ in ordine alla tempestività del ricorso per cassazione, poiché -a prescindere dalla data di comunicazione del provvedimento -, considerando la data di deposito dello stesso, e cioè il 01/07/2021 (e non l’11/06/2021) , l’impugnazione per cassazione, effettuata il 14/07/20 21 risulta tempestiva.
Passando alla fase rescissoria, occorre esaminare i motivi di ricorso per cassazione originariamente formulati nel procedimento n. 18877/ 2021 R.G.
Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione dell’art. 2704 c.c., con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per avere il Tribunale ritenuto che, difettando la data certa del conferimento dell’incarico, mancava la prova del diritto invocato, mentre invece avrebbe dovuto considerare che tale prova, ancorché l’atto fosse privo di data certa, poteva essere data con ogni mezzo istruttorio ed anche per presunzioni.
Secondo il ricorrente, alla luce di tale principio, la prova che il conferimento dell’incarico era antecedente al fallimento poteva essere desunta dalla duplice circostanza della nomina del COGNOME quale Amministratore Giudiziario, per effetto del decreto del G.I.P. del 22/09/2014 e della nomina del nuovo Amministratore, NOME COGNOME a seguito dell’Assemblea del 20/10/2014. La lettera d’incarico del 27/10/2014 si collocava immediatamente dopo la nomina del nuovo Amministratore, e comunque prima del fallimento, essendo l’attività di revisione, oggetto dell’incarico, finalizzata a consegnare al Curatore i documenti ed i libri contabili regolarizzati con i relativi bilanci ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 89 L.F. Infatti, era proprio grazie all’attività di revisione dei dati contabili mancanti che l’Amministratore aveva potuto redigere i bilanci per le tre annualità 2012-20132014, formalmente approvati dall’ Assemblea il 09/03/ 2015, con l’intervento del ricorrente, quale Amministratore Giudiziario delle intere quote sociali, dopo avere ricevuto la preventiva autorizzazione all’approvazione da parte del G.I.P. all’esito del sequestro preventivo ex art. 238 L.F.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., per omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, avendo il Tribunale escluso che fosse provata la prestazione, senza esaminare e valutare la circostanza che, nell’ambito
della procedura cautelare ex art. 321 c.p.p., il dott. COGNOME quale Amministratore G iudiziario, aveva ottenuto dal G.I.P. l’autorizzazione a convocare l’Assemblea della Società per deliberare la nomina di un nuovo Amministratore, al fine di svolgere tutte le attività finalizzate ad una corretta rappresentazione della società fallenda dinanzi al Giudice Fallimentare e per poter integrare e completare la documentazione contabile da consegnare, poi, al Curatore. La prova dell’espletamento dell’attività profe ssionale da parte del COGNOME, concernente l’attività di revisione contabile delle poste dei conti patrimoniali ed economici risultanti dalle situazioni contabili di chiusura, occorrenti per la stesura dei bilanci 2012-20132014 -una volta inquadrata tale attività, non nell’ambito dei compiti dell’Amministratore giudiziario, bensì in quelli specifici dell’esperto commercialista -era desumibile dalla relazione del 05/03/2015, con la quale il professionista incaricato, dava atto di avere eseguito l’incarico formale ricevuto, mettendo infatti l’Amministratore nella condizione di poter redigere i bilanci degli anni 2012-20132014, formalmente approvati dall’Assemblea del 09/03/2015, una volta ottenuta la preventiva autorizzazione del G.I.P.
5. Nel provvedimento impugnato si legge quanto segue: «Orbene, nel caso di specie, non è stato né allegato né documentato un fatto da cui desumere con certezza l’anteriorità del conferimento dell’incarico e dello svolgimento dell’attività professionale a lla data del fallimento. L’opponente ha infatti richiamato due atti aventi data certa anteriore al fallimento -l ‘ autorizzazione del GIP alla nomina di un nuovo amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE di fiducia dell ‘ammini strazione giudiziaria, datato 16.10.2024, e il verbale dell’assemblea dei soci, all ‘ esito della quale è stato designato il nuovo amministratore unico della società, NOME COGNOME datato 20.10.2014 ma, come correttamente rilevato dalla curatela opposta, tali atti sono logicamente e cronologicamente anteriori all’ attribuzione dell ‘ incarico professionale, sicché da essi non può desumersi con certezza l’ anteriorità al fal limento dell’atto di conferimento
dell ‘ incarico. Né tanto meno può desumersi con certezza tale dato dal deposito nel registro delle imprese dei bilanci di esercizio 2012, 2013 e 2014, intervenuto tra il 16 e il 17 marzo 2015, successivamente quindi alla dichiarazione di fallimento della società, risalente al 21.01.2015 (cfr. visura storico camerale allegata dalla curatela opposta). La lettera di conferimento dell ‘ incarico professionale, posta dal COGNOME a fondamento della sua pretesa creditoria, non ha dunque data certa anteriore al fallimento della RAGIONE_SOCIALE e non è opponibile alla massa dei creditori, al pari dello svolgimento dell ‘ attività professionale, che anzi pare essersi completato (con il deposito nel registro delle imprese dei bilanci di esercizio) in epoca successiva alla dichiarazione di fallimento. Lo svolgimento di tale attività, che avrebbe fatto sorgere il credito azionato non è peraltro stato minimamente documentato dall ‘o pponente, a ciò onerato. Nessun riscontro documentale di tale attività è stato fornito né il COGNOME ha articolato altri mezzi di prova. Ricorre anzi sul punto prima ancora che un ‘ assoluta carenza probatoria un insuperabile difetto allegativo, non essendosi l ‘ opponente curato di descrivere nel ricorso quali atti avrebbe compiuto in esecuzione del l’ incarico ricevuto. Eppure, come è noto, il professionista che vanti crediti nei confronti della società fallita deve fornire prova non solo del conferimento dell ‘ incarico in data antecedente alla dichiarazione di fallimento ma anche dell ‘effettiva esecuzione dell ‘ incarico e del l’ effettivo svolgimento delle prestazioni affidategli, che devono esaurirsi in data antecedente alla dichiarazione di fallimento.»
In sintesi, il Tribunale ha dapprima ritenuto che non vi fosse certezza del l’a n teriorità del conferimento dell’incarico prima del fallimento (p. 6-7 del provvedimento del Tribunale impugnato) e, poi, ha affermato che non vi era prova che l’incarico fosse eseguito e portato a termine prima di tale data, aggiungendo che, anzi, delle prestazioni asseritamente eseguite non vi era neppure specifica allegazione (p. 7-8 del provvedimento del Tribunale impugnato).
Il primo motivo d ell’originario ricorso per cassazione ha attinto la prima delle statuizioni appena richiamate, mentre il secondo motivo di ricorso ha interessato le ulteriori statuizioni del Tribunale.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
Il ricorrente ha dedotto un vizio di violazione di legge ma, nell’illustrare il motivo, ha criticato la valutazione in fatto operata dal giudice di merito, così proponendo al giudice di legittimità di effettuare una inammissibile diversa valutazione delle medesime risultanze di causa esaminate dal Tribunale.
Anche il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
8.1. Com ‘è noto , la nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c. consente l’impugnazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. «per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti» .
La norma si riferisce al mancato esame di un fatto decisivo, che è stato oggetto di discussione tra le parti, da intendersi come un vero e proprio fatto storico, come un accadimento naturalistico (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014; Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 2268 del 26/01/2022; Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 22397 del 06/09/2019; Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 24035 del 03/10/2018; v. anche Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 13024 del 26/04/2022).
Può trattarsi di un fatto principale ex art. 2697 c.c. (un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) o anche di un fatto secondario (un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purché sia controverso e decisivo (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 17761 del 08/09/ 2016), nel senso che il mancato esame, evincibile dal tenore della motivazione, vizia la decisione perché ha determinato l’esito del giudizio .
8.2. Nel caso di specie, come sopra evidenziato, con la decisione impugnata il Tribunale ha ritenuto l’assenza di specifica allegazione e prova delle prestazioni asseritamente eseguite per il titolo dedotto in giudizio e del loro completamento prima della dichiarazione di fallimento.
La parte ha rappresentato alcune circostanze che, a suo parere, avrebbero dovuto condurre a ritenere spettanti gli importi richiesti, ma non ha argomentato in ordine alla loro decisività in rapporto al tenore della statuizione impugnata, e cioè in ordine alla specificazione e alla dimostrazione della concreta attività eseguita prima della dichiarazione di fallimento.
In conclusione, in accoglimento del ricorso per revocazione, deve essere revocata l ‘ordinanza n. 7625/2024 di questa Corte di cassazione, pubblicata il 21/03/2024, e, decidendo sul l’originario ricorso per cassazione n. 18877/2021 R.G., promosso contro il provvedimento del Tribunale di Roma n. cronol. 2505/2021, tale ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Nessuna statuizione sulle spese deve essere adottata, essendo il Fallimento rimasto intimato sia nel procedimento n. 18877/2021 R.G. sia nel presente procedimento.
L a revoca dell’ordinanza n. 7625/2024 di questa Corte comporta la revoca anche della statuizione ivi assunta ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228.
Considerato pertanto che, in questa sede, all’esito del giudizio rescissorio, il ricorso originario è dichiarato inammissibile, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello versato per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13 d.P.R. cit., ove dovuto.
P.Q.M. La Corte
accoglie il ricorso per revocazione, revoca l ‘ordinanza della Corte di cassazione n. 7625/2024, pubblicata il 21/03/2024, e, decidendo sul ricorso per cassazione n. 18877/2021 R.G. avverso il provvedimento del Tribunale di Roma n. cronol. 2505/2021, lo dichiara inammissibile.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile