Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 17035 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 17035 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25067/2024 R.G. proposto da :
COGNOME rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, NOME COGNOME (CODICE_FISCALE e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE giusta procura speciale in calce al ricorso
– ricorrente
–
contro
RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione
– intimato
–
avverso l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 10189/2024 depositata il 16/4/2024;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/5/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ha impugnato per revocazione, ex artt. 391bis e 395, n. 4, cod. proc. civ., l’ordinanza di questa Corte n. 10189/2024, pubblicata il 16 aprile 2024 ed emessa all’esito del procedimento iscritto al n. 24855/2020 R.G., concernente il ricorso proposto dal medesimo COGNOME contro il fallimento di RAGIONE_SOCIALE in
liquidazione per la cassazione della sentenza non definitiva n. 2844/2019 della Corte di appello di Catania, depositata il 23 dicembre 2019.
Il fallimento di RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese in questa sede.
Parte ricorrente ha depositato memoria ex art. 380bis. 1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
L’odierno ricorrente sostiene che l’ordinanza impugnata debba essere revocata, ai sensi dell’art. 395, n. 4, cod. proc. civ. , poiché è l’effetto di un errore di fatto, risultante dai documenti di causa, che ha riguardato una circostanza che non ha costituito un punto controverso sul quale la statuizione ha pronunciato.
Questa circostanza di fatto è costituita dalla consegna a una persona riconducibile al COGNOME, presso il suo indirizzo olandese, del plico contenente l’atto di citazione in primo grado; l’ordinanza impugnata -in tesi – ha considerato avvenuta questa consegna per il fatto che sulla cartolina che accompagnava il plico era stata apposta la sottoscrizione di un soggetto che vi aveva provveduto in vece dell’odierno ricorrente.
In realtà la firma apposta sulla cartolina di ricevimento della raccomandata che accompagnava l’atto non era di una persona abilitata, per conto del COGNOME, a ricevere gli atti a lui recapitati, ma di colui al quale il plico e la cartolina erano stati restituiti (e più precisamente del portiere dello stabile ove si trovava lo studio del difensore del fallimento) a seguito della ‘ non richiesta ‘ del destinatario.
Questa circostanza poteva essere ricavata dalla data manoscritta (5.11.13) che accompagnava la firma, risalente al momento il cui plico e cartolina erano rientrati in Italia; ciò, peraltro, era stato confermato dalla curatela nella comparsa conclusionale depositata nel prosieguo del giudizio d’appello dopo la sentenza non definitiva.
3. L’ordinanza impugnata registra (alle pagg. 9 e 10, § 4.5) che la Corte d’appello aveva « ritenuto che la notifica dell’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado, in quanto eseguita ‘a mezzo posta’ nel luogo in cui il destinatario aveva in quel momento ancora la residenza AIRE, doveva ritenersi, alla luce del reg. CE n. 1393/2007, giuridicamente corretta posto che: l’agente notificatore ‘recatosi a quell’indirizzo per recapitare il plico’, e cioè ‘Parkstraat 12 Ootmarsum’, ‘che è lo stes so risultante dal certificato di residenza AIRE’, ‘lo ha individuato quale luogo riferibile al destinatario, ossia il COGNOME‘; – la cartolina di ricevimento della raccomandata relativa alla spedizione dell’atto recava ‘la firma di colui che l’ha sottoscritta all’atto della ricezione’, ‘a nulla rilevando che la firma apposta alla cartolina non sembra quella del COGNOME‘, dovendosi, infatti, presumere che ‘chi ha ricevuto l’atto sia persona a ciò abilitata, in assenza del COGNOME, alla ricezione dell’atto in ba se ai rapporti che lo legano allo stesso ed in cui vece ha quindi sottoscritto per ricezione la cartolina dell’atto a lui destinato ‘».
Ciò constatato, questa Corte ha poi osservato (a pag. 10, § 4.6) che « tale statuizione è giuridicamente corretta, fondata com’è sul rilievo (del tutto coerente con i sopraesposti principi della Corte di Giustizia UE): che la notifica dell’atto di citazione è stata eseguita ‘a mezzo posta’ mediante consegna del plico presso un indirizzo che, pur se non corrispondente alla (nuova) residenza anagrafica del destinatario, era stato nondimeno individuato dall’agente notificatore come un luogo ‘riferibile’ allo stesso, come confermato dal fatto che si tratta dello stesso luogo che il convenuto aveva dichiarato come sua residenza ancora nel mese di luglio del 2013 e ‘che è lo stesso risultante dal certificato di residenza AIRE’ (‘la disciplina degli adempimenti anagrafici dovuti dai cittadini italiani che trasferiscano all’estero la propria residenza risult(a) improntata al principio dell’acquisizione anche del dato costituito dall’indirizzo del destinatario e della disponibilità del medesimo attraverso i
registri dell’AIRE’): Cass. SU n. 6737 del 2002; Cass. n. 1608 del 2012); – che, a fronte di tali emergenze, doveva, di conseguenza, presumersi (senza che tale deduzione risulti in qualche modo smentita da risultanze che possano deporre in senso contrario) che la persona che ‘ha ricevuto l’atto’ fosse ‘abilitata, in assenza del COGNOME, alla ricezione dell’atto in base ai rapporti che lo legano allo stesso ed in cui vece ha quindi sottoscritto per ricezione la cartolina dell’atto a lui destinato ‘».
Risulta di tutta evidenza come questa Corte non abbia compiuto alcun accertamento in ordine al procedimento notificatorio dell’atto di citazione in primo grado, ma, ben diversamente, abbia preso atto degli accertamenti in fatto compiuti dalla Corte di merito con la sentenza non definitiva impugnata, ritenendoli giuridicamente corretti.
Ne discende l’inammissibilità del motivo di ricorso presentato.
Invero, l’errore di fatto idoneo a legittimare la revocazione della sentenza di cassazione, ex artt. 391bis e 395, n. 4, cod. proc. civ., deve riguardare gli atti interni al giudizio di legittimità, che questa Corte può esaminare direttamente, con propria indagine di fatto, nell’ambito dei motivi di ricorso e delle questioni rilevabili d’ufficio, e deve avere carattere autonomo, nel senso di incidere esclusivamente sulla sentenza di legittimità; diversamente, ove l’errore sia stato causa determinante della sentenza di merito, in relazione ad atti o documenti che sono stati o avrebbero dovuto essere esaminati in quella sede, il vizio della sentenza deve essere fatto valere con gli ordinari mezzi di impugnazione (cfr. Cass. 26643/2018; nello stesso senso Cass., Sez. U., 20013/2024, Cass. 9654/2024, Cass., Sez. U., 31032/2019).
Nel caso di specie l’errore denunciato sarebbe stato compiuto non da questa Corte nella lettura degli atti interni al giudizio di legittimità, ma semmai dalla Corte di merito, nell’apprezzamento della ritualità della notifica dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, le cui
valutazioni sono state ritenute ‘giuridicamente corrette’ in sede di legittimità, all’esito di un giudizio che non può essere ricondotto al combinato disposto degli artt. 391bis e 395, n. 4, cod. proc. civ., dato che queste norme non prevedono come causa di revocazione della sentenza o dell’ordinanza di cassazione l’errore di diritto, sostanziale o processuale, e l’errore di giudizio o di valutazione.
Peraltro, l’ errore denunciato – ove effettivamente sussistente -non solo investiva la valutazione di un fatto processuale (la notifica della citazione di primo grado) esattamente rappresentato, ma non risultava nemmeno immediatamente percepibile (tant’è che i giudici di merito nulla avevano rilevato in proposito).
Il che inficia per altro verso la doglianza in esame, posto che, con riferimento alla revocazione delle pronunce della Corte di Cassazione, l’errore rilevante ai sensi dell’art. 395, n. 4, cod. proc. civ. (oltre a dover riguardare -come detto – solo gli atti interni al giudizio di cassazione e incidere unicamente sulla pronuncia della Corte) consiste nell’erronea percezione dei fatti di causa che abbia indotto la supposizione dell’esistenza o dell’inesistenza di un fatto, la cui verità è incontestabilmente esclusa o accertata dagli atti di causa (sempre che il fatto oggetto dell’asserito errore non abbia costituito terreno di discussione delle parti), e non può concernere l’attività interpretativa e valutativa di fatti esattamente rappresentati e, inoltre, deve possedere i caratteri dell’evidenza assoluta e dell’immediata rilevabilità, sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti di causa (cfr. Cass., Sez. U., 20013/2024, Cass. 11202/2017).
In forza dei motivi sopra illustrati il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
La mancata costituzione in questa sede della parte intimata esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di c ontributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto. Così deciso in Roma in data 28 maggio 2025.