Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 30628 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 30628 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/11/2025
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21302/2024 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall ‘ avvocato COGNOME, presso il cui indirizzo di posta elettronica certificata è domiciliata per legge;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME e NOME COGNOME, presso l ‘ indirizzo di posta elettronica dei quali è domiciliata per legge;
-controricorrente-
avverso l ‘ ORDINANZA n. 4590/2024 di questa CORTE DI CASSAZIONE ROMA, depositata il 21/02/2024;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/11/2025 dal Consigliere COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Nel 2013, l’AVV_NOTAIO conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Vicenza la commercialista dott.ssa NOME COGNOME,
ricorso in tema responsabilità professionale. Inammissibilità.
Ud cc 11/11/2025
chiedendo di dichiarare la responsabilità professionale di quest’ultima per avere gestito con negligenza la sua posizione fiscale e contabile personale, nell’anno fiscale 2008 e per i tre anni successivi. In particolare, deduceva che la commercialista le aveva consigliato di aderire al regime c.d. dei minimi, che comportava l’esonero dal pagamento dell’imposta sul valore aggiunto (I.V.A.); aggiungeva di avere quindi aderito a detto regime, salvo poi apprendere, per il tramite di un diverso professionista, di non avere i requisiti per l’adozione di tale sistema in quanto anche socia di una società in accomandita semplice. Sulla base di tali circostanze la COGNOME chiedeva la condanna della convenuta al risarcimento del danno subito.
La COGNOME si costituiva chiedendo il rigetto delle domande attoree.
Istruita la causa nel merito, il Tribunale di Vicenza, con sentenza n. 1861 del 2019, riteneva sussistente la responsabilità della commercialista in relazione all’adozione del regime dei minimi, ma riteneva altresì che la RAGIONE_SOCIALE non aveva dato prova del danno subito.
Avverso la sentenza del giudice di primo grado proponeva appello la RAGIONE_SOCIALE, insistendo sull’originaria domanda risarcitoria.
La Corte d’appello di Venezia, con sentenza n. 2783 del 2021, rigettando l’impugnazione, confermava integralmente la sentenza del giudice di prime cure.
Avverso la sentenza della corte territoriale, la COGNOME proponeva ricorso a questa Corte, articolando cinque motivi.
La COGNOME, benché intimata, non svolgeva difese.
Per l’adunanza camerale del 9 novembre 2023 NOME COGNOME presentava memoria.
Questa Corte, con ordinanza n. 4590/2024, rigettava il ricorso.
Avverso tale ordinanza, la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso, chiedendone, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 391-bis, 391-ter e 395 primo comma n. 4 c.p.c., la revocazione, con
accoglimento dell’originario ricorso, previa rimessione dell’originario ricorso in pubblica udienza.
Ha resistito la COGNOME con controricorso.
Per l’odierna adunanza il Procuratore generale non ha rassegnato conclusioni scritte.
I Difensori di entrambe le parti hanno depositato memoria a sostegno delle rispettive ragioni e la ricorrente ha prodotto documentazione.
La Corte si è riservata il deposito della motivazione entro il termine di giorni sessanta dalla decisione in Camera di consiglio.
RAGIONI DELLA DECISIONE
NOME COGNOME censura l’ordinanza n. 4590/2024 di questa Corte per <>.
Sostiene che questa Corte, dopo aver ritenuto infondato il primo motivo del suo ricorso, ha escluso che lei avesse fornito la prova del versamento dell’IVA in base alle risultanze in atti, mentre detta prova era stata da lei fornita con la produzione del doc. n. 7 e comunque risultava nei verbali delle udienze istruttorie svoltesi in data 14 novembre 2017 e 6 febbraio 2018 davanti al Tribunale di Vicenza.
Precisato che non è consentita la produzione di documentazione per la prima volta in uno alla memoria (se non per quanto attiene alla stessa ammissibilità del ricorso o a fatti sopravvenuti dirimenti: circostanze che non ricorrono nella specie) e che – pertanto – essa non può neppure essere presa in considerazione, il ricorso è inammissibile.
2.1. Va premesso un integrale richiamo a Cass. Sez. U. n. 20013/2024 (ove ulteriori e compiuti riferimenti giurisprudenziali: Cass. n. 12283/2004; n. 3652/2006; n. 10637/2007; n. 5075/2008; n. 22171/2010; n. 27094/2011; n. 4456/2015; nn. 24355 e 26643/2018, n. 29634/2019; n. 35879/2022) quanto ai presupposti e ai principi generali in tema di revocazione di provvedimenti della Corte di cassazione.
In sintesi, con specifico riferimento alle decisioni (sentenze o ordinanze) della Suprema Corte, di cui si chiede la revocazione ex art. 391-bis c.p.c., sono ampiamente acquisite nella giurisprudenza di legittimità, e vanno qui ribadite, le affermazioni secondo cui l’errore rilevante ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4:
consiste nell’erronea percezione dei fatti di causa che abbia indotto la supposizione della esistenza o della inesistenza di un fatto, la cui verità è incontestabilmente esclusa o accertata dagli atti di causa, sempre che il fatto oggetto dell’asserito errore non abbia costituito terreno di discussione tra le parti;
non può concernere l’attività interpretativa e valutativa;
deve possedere i caratteri della evidenza assoluta e della immediata rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti di causa, senza necessità di argomentazioni induttive o di particolari indagini ermeneutiche;
deve essere essenziale e decisivo, nel senso che tra la percezione erronea e la decisione revocanda deve esistere un nesso causale tale da affermare con certezza che, ove l’errore fosse mancato, la pronuncia avrebbe avuto un contenuto diverso;
deve riguardare solo gli atti interni al giudizio di cassazione e incidere unicamente sulla pronuncia della Corte, poiché l’errore che inficia il contenuto della decisione impugnata in cassazione deve essere fatto valere con le impugnazioni esperibili contro la decisione stessa.
2.2. Nel solco di detto consolidato orientamento giurisprudenziale, nel caso di specie l’inammissibilità del ricorso consegue all’avvenuta discussione delle parti sul punto, alla natura dell’errore dedotto ed al difetto di decisività.
Sotto il primo profilo, si osserva che è stato oggetto del decidere – da parte dei giudici del merito e, poi, di questa Corte, ma sotto il profilo del solo controllo di legittimità delle relative argomentazioni – è stata appunto la verifica della sussistenza o meno di elementi probatori a sostegno della domanda attorea: tanto già è sufficiente per escludere la stessa astratta configurabilità di un errore revocatorio.
Sotto il secondo profilo, si osserva che l’ordinanza n. 4590/2024 di questa Corte, nel respingere i motivi dell’originario ricorso della COGNOME, dopo aver riportato un passo motivazionale della sentenza della corte territoriale (in quel giudizio impugnata), ha testualmente affermato:
dapprima, a pag. 6 (sub 2), che: <>;
e, poi, a p. 7 (sub punto 4), che: <>
Questa Corte, dunque, si è già pronunciata sul NUMERO_DOCUMENTO e sulla testimonianza assunta. Poiché il punto riguardante la valutazione dell’efficacia probatoria del NUMERO_DOCUMENTO e della deposizione testimoniale è stato oggetto di discussione e di specifica valutazione, l’errore lamentato dalla COGNOME si configura, già nella prospettazione dell’odierna ricorrente, come un (eventuale) errore di giudizio compiuto dai giudici del merito quanto al risultato raggiunto e da questa Corte quanto alla reputata insindacabilità di quest’ultimo: e non, quindi, come un errore revocatorio di mera percezione. Un tentativo di riesaminare tali prove è inammissibile nel procedimento revocatorio.
Quanto poi al profilo della decisività, occorre rilevare che questa Corte, nell’ordinanza n. 4590/2024, ha ritenuto (p. 7) corretto il ragionamento della corte di merito che aveva escluso il danno anche sulla base del fatto che:
la COGNOME non aveva dimostrato <>;
<> (Doc. 7, per l’appunto) tale somma non poteva comunque evincersi.
In altri termini, l’accertamento di fatto che la ricorrente non aveva fornito prova del versamento è stato il fondamento della decisione di merito.
Orbene, l’errore revocatorio, per essere decisivo, deve avere l’idoneità a travolgere la ragione giuridica sulla quale si regge il provvedimento impugnato.
Senonché l’ordinanza, di cui si chiede la revoca, si fonda sulla valutazione di idoneità e congruità di un accertamento di fatto (mancanza di prova) che si basa su ulteriori considerazioni di merito che escludono il danno, ragion per cui l’eventuale errore percettivo sul doc. 7 e sulla testimonianza COGNOME non solo sarebbe relativo agli
atti dei gradi di merito (e non, quindi, al giudizio di legittimità), ma, oltretutto, neppure sarebbe comunque decisivo ai fini di un esito diverso della controversia, avendo la COGNOME mancato di assolvere a tali ulteriori oneri probatori.
In definitiva, il ricorso per revocazione proposto dalla RAGIONE_SOCIALE contro l’ordinanza n. 4590/2024 è inammissibile, in quanto l’errore denunciato riguarda un fatto che ha costituito oggetto di discussione tra le parti e perché non rientra nel paradigma dell’errore di fatto revocatorio, bensì in quello dell’errore di giudizio, per di più neppure potendo definirsi decisivo.
A tanto consegue, oltre alla condanna alla rifusione delle spese processuali sostenute dalla controparte, la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento dell ‘ importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
P. Q. M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso;
-condanna la ricorrente alla rifusione, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate in euro 3.100 per compensi, oltre, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200 ed agli accessori di legge;
ai sensi dell ‘ art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di parte ricorrente al competente ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, addì 11 novembre 2025, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile.
Il Presidente NOME COGNOME