Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14086 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14086 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/05/2024
sul ricorso 6977/2020 proposto da:
COGNOME NOME; COGNOME NOME; elettivamente domiciliati presso l’AVV_NOTAIO (detta NOME) COGNOME , dalla quale sono rappres. e difesi, per procura speciale in atti;
-ricorrenti –
-contro-
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappres. p.t., elett.te domic. presso la sede dell’avvocatura comunale, rappres. e difeso dall’AVV_NOTAIO dalla quale è rappres. e difeso, per procura speciale in atti;
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo , n. 1489/19, pubblicata in data 12.07.2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13.03.2024 dal Cons. rel., AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
Con citazione del 9.3.15, NOME COGNOME e NOME COGNOME convenivano innanzi alla Corte d’appello di Palermo il Comune di Palermo, proponendo domanda di revocazione, ex artt. 395 e 398, c.p.c., della sentenza della stessa Corte territoriale del 15.10.14, n. 1850, che, nel pronunciarsi in un giudizio di opposizione alla stima da parte degli espropriati, effettuata dalla Commissione provinciale, che aveva valutato l’immobile dei medesimi in £. 600.000, pari ad euro 309,87 al mq., rilevato che il valore stimato dal c.t.u. era di euro 450,00 al mq., reputava erroneamente il valore della Commissione considerandolo di euro 600,000 (mentre era di £. 600.000, pari ad euro 309,87) superiore a quello stimato dal c.t.u. (euro 450,00).
Di conseguenza la Corte, pur condannando il Comune a corrispondere agli attori una somma maggiore di quella stimata dalla Commissione, riteneva gli attori medesimi soccombenti poiché avevano proposto opposizione alla stima della Commissione, che si era rivelata superiore a quella risultante in giudizio, dalla disposta c.t.u., per cui li condannava alle spese di lite.
Pertanto, gli attori chiedevano, proponendo domanda di revocazione alla stessa Corte, la correzione della suddetta sentenza del 2014, con l’indicaz ione del valore corretto determinato dalla predetta Commissione, nella parte in cui aveva ritenuto il valore determinato dalla Commissione superiore a quello indicato dal c.t.u., liquidando le spese a favore degli attori.
Con sentenza del 12.7.20 19, la Corte d’appello rigettava la domanda di revocazione, osservando che: premesso che la fattispecie revocatoria dibattuta era quella di cui all ‘art. 395, n.4, c.p.c., il presupposto logico perché si potesse addivenire ad una revocazione della sentenza impugnata, nella parte in cui aveva condannato gli attori al pagamento
delle spese processuali, era che la domanda venisse estesa a quella parte della sentenza che, sulla base del valore di mercato dell’immobile determinato dal c.t.u., ha ritenuto erroneamente che tale valore fosse inferiore a quello stimato dalla Commissione, stima ritenuta eccessiva dal Comune il quale, in dipendenza dell’errore di fatto in cui era incorsa la sentenza impugnata, era risultato vincitore nel giudizio d’opposizione alla stima, con condanna degli attori al pagamento delle spese di lite. Peraltro tale estensione della domanda di revocazione -che avrebbe consentito alla Corte d’appello , ex art. 402, c.1, c.p.c., di decidere il merito della causa, accertando l’effettivo valore di mercato dell’immobile, così come determinato dalla Commissione , e l’eventuale soccombenza del Comune di Palermo con la sua condanna al pagamento delle spese processuali – non era stata affatto effettuata dagli istanti. Avverso detta sentenza NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono in cassazione, con quattro motivi, illustrati da memoria. Il Comune di
Palermo resiste con controricorso.
RITENUTO CHE
Il primo motivo denunzia omesso esame delle domande formulate, ex art 112 c.p.c., aventi ad oggetto l’accertamento dell’errore contenuto nella sentenza impugnata, nella parte in cui aveva dichiarato che il valore dell’indennità d’espropriazione , espresso dalla Commissione provinciale, era stato stimato nella somma di euro 600 al mq, anziché in quella di euro 309,87, valore inferiore a quello determinato dal c.t.u. pari ad euro 450,00 e la correzione in tal senso della suddetta sentenza. I ricorrenti lamentano altresì l’omesso esame delle difese del Comune che non aveva contestato l’errore di fatto denunciato, eccependo solo che la sentenza impugnata era ricorribile in cassazione e non revocabile. Il secondo motivo denunzia violazione degli artt. 395, n.2, e 402, c.p.c,. per aver la Corte d’appello affermato che la domanda di revocazione non
sarebbe stata estesa alla parte della sentenza che, ‘sulla base del valore di mercato dell’immobile determinato dal c.t.u., ha ritenuto, sia pure erroneamente, che tale valore fosse inferiore a quello stimato dalla Commissione’. Al riguardo, i ricorrenti lamentano altresì che la motivazione confligga con il contenuto delle domande.
Il terzo motivo denunzia ancora la violazione degli artt. 112 c.p.c., 2907 c.c., per omessa pronuncia su tutta la domanda, atteso che la decisione impugnata non trova corrispondenza né nel petitum, né nella causa petendi.
Il quarto motivo denunzia violazione dell ‘art. 91 c.p.c., per aver la Corte d’appello condannato i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, sebbene i medesimi non fossero da considerarsi soccombenti.
I quattro motivi, esaminabili congiuntamente poiché tra loro connessi, sono fondati.
Orbene, va osservato, al riguardo, che, in materia di ricorso per cassazione, l’individuazione e l’interpretazione del contenuto della domanda, attività riservate al giudice di merito, sono comunque sindacabili, come vizio di nullità processuale ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., qualora l’inesatta rilevazione del contenuto della domanda determini un vizio attinente all’individuazione del petitum, sotto il profilo della violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, che dovrà essere prospettato come vizio di nullità processuale ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. (Cass. 30770/2023; Cass. 11103/2020).
Nel caso concreto, dall’esame della domanda di revocazione – trascritta nel ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza – si evince che gli attori avevano chiesto, contrariamente a quanto assume la Corte d’appello, proprio l’accertamento dell’errore revocatorio – peraltro riconosciuto dalla stessa sentenza impugnata – nel quale era incorsa la
precedente decisione del 2014, laddove non aveva convertito il valore di £. 600.000 in euro 309,87, conseguentemente inferiore a quello di euro 450,00 accertato dal c.t.u., e di conseguenza avevano chiesto correggersi l’impugnata sentenza e dichiarar si soccombente il Comune espropriante, con conseguente condanna del medesimo alle spese.
L’erronea interpretazione della domanda di revocazione – peraltro correttamente riportata nella sentenza impugnata (p. 1 e 2) – ha, pertanto comportato l’erronea individuazione del petitum , traducendosi nella denunciata violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
Per quanto esposto, in accoglimento dei motivi di ricorso, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio della causa alla Corte d’appello, anche in ordine alle spese del grado di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, e rinvia la causa alla Corte d’appello di Palermo, in diversa composizione, anche in ordine alle spese del grado di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio della prima sezione civile, in data