Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 7027 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 7027 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 32426/2019
promosso da
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO in virtù di procura speciale in calce al ricorso per cassazione;
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME (nella qualità di erede di COGNOME NOME) , elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, in virtù di procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo n. 76/2019, pubblicata il 15/01/2019 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/10/2023 dal Consigliere NOME COGNOME;
letti gli atti del procedimento in epigrafe.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 15/09/2003 la RAGIONE_SOCIALE e COGNOME NOME deducevano di avere intrattenuto con RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE s.p.a. un rapporto di conto corrente a mezzo i contratti nn. 50823, 53011, 50454, 60305, 52539 e 52538 (tutti intestati alla società, tranne il n. 50454, intestato a COGNOME NOME), che quest’ultima: aveva applicato tassi d’interesse passivi non determinati contrattualmente, né determinabili; aveva praticato la capitalizzazione trimestrale degli stessi; aveva applicato indebitamente la commissione di massimo scoperto e le spese di chiusura trimestrali. Rilevano inoltre che doveva essere verificato l’eventuale superamento del tasso soglia nel computo degli interessi. Convenivano, quindi, in giudizio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE s.p.a., al fine di ottenere la rideterminazione dei saldi e la condanna della stessa alla restituzione delle somme illegittimamente percepite con rivalutazione ed interessi ed al risarcimento del danno.
Si costituiva la convenuta eccependo la nullità della citazione per indeterminatezza e contestando la fondatezza della domanda. La banca chiedeva, inoltre, in via riconvenzionale, la condanna degli attori al pagamento di € 261.543,09 oltre interessi dal 21/6/2003 al soddisfo, quale sommatoria degli importi a saldo di tutti i conti, essendo COGNOME NOME obbligato in solido con la RAGIONE_SOCIALE, quale suo fideiussore.
Con sentenza non definitiva, il Tribunale di Trapani sezione distaccata di Alcamo riteneva nulla la capitalizzazione trimestrale e stabiliva che il saldo dovesse essere calcolato omettendo qualsiasi capitalizzazione, che la CMS era legittima nei conti non affidati ove applicata sul saldo passivo massimo raggiunto e nei conti affidati solo in caso di superamento del fido. Pertanto, rimetteva la causa
sul ruolo come da separata ordinanza onde procedere a nuova CTU, che veniva espletata.
Con sentenza definitiva, il medesimo Tribunale condannava RAGIONE_SOCIALE alla restituzione in favore degli attori di €175.252,79 oltre interessi legali e rivalutazione dal 15/5/2003 al soddisfo e rigettava ogni altra domanda.
Avverso dette sentenze proponeva appello RAGIONE_SOCIALE, dolendosi della statuizione sulla CMS e della condanna al pagamento di €175.252,79, giacché il giudice di primo grado aveva ritenuto erroneamente che fosse il saldo attivo del conto, censurando anche la statuizione di condanna al pagamento delle spese di lite.
Si costituiva COGNOME NOME contestando il gravame e chiedendone il rigetto. La RAGIONE_SOCIALE non si costituiva in giudizio e veniva dichiarata contumace.
Con la sentenza in questa sede impugnata, la Corte di merito dichiarava inammissibile il motivo di appello relativo alla CSM e accoglieva quelle riferito alla determinazione della somma dovuta in restituzione.
In particolare, la menzionata Corte rilevava che il CTU aveva rideterminato il saldo del conto n. 500823 in +€ 21.277,14; il saldo del conto n. 53011 in +€ 318,41; il saldo del conto n. 50454 in +€ 7.403,52; il saldo del conto n. 60305 in € 90.035, 16; il saldo del conto n. 52539 in +€ 24.310,59; il saldo del conto n. 52538 in -€ 49.564,90. Quindi, la somma di € 115.469,09 corrispondeva al totale dei nuovi saldi e costituiva il credito del correntista.
La stessa Corte ha rilevato che, secondo la banca, il saldo totale era di -€261.543,09 (zero per i primi due conti; -€ 34.702,67 per il conto n. 50454; € 91.081,95 per il conto n. 60305; zero per il conto n. 52539;€ 135.758,47 per il conto n. 52538) e il Tribunale aveva ritenuto che la somma da recuperare fosse quella di € 175.252,79 (ossia quella ottenuta sottraendo al
saldo negativo di € 261.543,09 il saldo positivo di €115.469,09), ma la somma di € 175.252,79 era quella costituente gli addebiti non dovuti. Trattandosi di somme annotate in conto, ma non effettivamente corrisposte dal correntista, la somma cui gli appellati avevano diritto era, dunque, quella di € 115.469,09, oltre interessi come indicati dal primo giudice, corrispondente al saldo positivo come sopra determinato.
La Corte d’appello ha anche condannato l’appellante al pagamento di metà delle spese di lite del grado di appello.
Avverso tale decisione la RAGIONE_SOCIALE, quale istituto di credito che ha incorporato la RAGIONE_SOCIALE (a seguito di fusione per incorporazione) ed è subentrato nel rapporto controverso oggetto del presente giudizio, ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi di ricorso.
Nel ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE ha dedotto che la notifica del ricorso era stata effettuata presso il procuratore costituito nei confronti di COGNOME NOME, costituito in proprio nel giudizio di appello, e impersonalmente agli eredi presso l’ultimo domicilio dello stesso, poiché l’appellata RAGIONE_SOCIALE era stata cancellata in data 17/02/2005, per mancata ricostituzione della pluralità di soci ed era rimasto solo il socio COGNOME NOME che però era deceduto.
Si è difesa con controricorso NOME COGNOME, quale moglie ed erede di COGNOME NOME, la quale ha confermato le allegazioni della banca con riferimento alle vicende della società e del socio COGNOME NOME, deducendo di avere ricevuto la notifica del ricorso per cassazione.
Parte ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis .1 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.) con riferimento agli articoli 112 e 115 c.p.c..
Parte ricorrente ha evidenziato che, dei sei conti correnti oggetto del contenzioso, cinque erano in testa alla RAGIONE_SOCIALE (nn. 50823, 53011, 60305, 52539 e 52538) ed uno a COGNOME NOME (n. 50454). Essendo quest’ultimo fideiussore della società, la banca ne aveva richiesto in via riconvenzionale la condanna al pagamento dei saldi debitori di tutti i conti e, quindi, anche di quelli intestati alla società, ma lo stesso tipo di cumulo non poteva essere certamente fatto per quanto riguardava le domande formulate dalla RAGIONE_SOCIALE e dal RAGIONE_SOCIALE stesso.
Secondo la ricorrente, la Corte d’appello aveva, quindi, determinato l’importo dovuto nella sentenza di appello in base al cumulo dei saldi dei conti correnti, tra i quali anche il n. 50454, intestato al COGNOME, mentre, invece, la Corte d’appello avrebbe potuto emettere una statuizione di condanna in favore del COGNOME solo per il saldo di +€ 7.403,52, ma non per i saldi rinvenienti dai conti corrente intestati alla società.
In altre parole, se sotto il profilo della domanda riconvenzionale il cumulo, come detto, era plausibile, posto che la banca aveva richiesto in via riconvenzionale la condanna del COGNOME al pagamento del saldo passivo del conto a lui intestato e di quelli dei conti della società di cui lo stesso era fideiussore, altrettanto non poteva dirsi per quanto riguardava la posizione del COGNOME.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotto l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.).
Secondo la ricorrente, il giudice di primo grado aveva erroneamente identificato il credito degli attori nella differenza tra i saldi risultanti dagli estratti conto e quelli rideterminati dal CTU, senza tenere conto del fatto che anche questi ultimi erano per lo più negativi. La banca aveva proposto appello proprio facendo rilevare che la somma dei saldi accertati dal CTU portava sempre
ad un credito nei confronti dei correntisti – o meglio nei confronti del COGNOME, quale correntista e fideiussore della società -mentre, invece, la Corte di appello, pur rilevando l’errore de! primo giudice, e richiamando la CTU acquisita dal Tribunale, aveva omesso di considerare del tutto un fatto decisivo e cioè che proprio l’acquisizione processuale tecnica aveva accertato che il totale dei nuovi saldi conduceva ad un totale negativo (considerato che il fideiussore rispondeva per tutti i rapporti) di € 86.290,30. La motivazione era, dunque, era erronea nella parte in cui era stato riconosciuto un credito di € 115.469,79 in favore degli appellati, senza che ciò avesse riscontro in alcun accertamento o elemento di prova.
Con il terzo motivo di impugnazione è dedotta la violazione e falsa applicazione di norme di legge (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.), con riferimento all’art. 116 c.p.c., per omesso prudente apprezzamento delle prove, avendo la Corte di appello espressamente richiamato la CTU (pag. 3 della sentenza impugnata), ove il consulente del giudice aveva rideterminato il saldo dei conti, ma non aveva usato il prudente apprezzamento che la norma dell’art. 116 c.p.c. impone, perché, se avesse fatto ciò avrebbe rilevato che il saldo di quegli addendi non era quello positivo di 115.469,09 bensì quello negativo di € 86.290,30, come peraltro scritto dallo stesso CTU alla pag. 8 della integrazione di consulenza tecnica depositata il 13/6/2013.
Parte ricorrente ha anche dedotto che, in base alla documentazione prodotta dalle parti ed alle rispettive difese, nonché alle risultanze della consulenza tecnica contabile, occorreva tenere presente che il conto intestato a COGNOME NOME era soltanto uno e riportava un saldo ricalcolato in +€ 7.403.52.
Con il quarto motivo di ricorso è dedotto l’omesso esame di un punto decisivo della controversia (art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.) e la violazione e falsa applicazione di norme (art. 360, comma 1, n.
3, c.p.c.), con riferimento all’art. 92 c.p.c., per avere la Corte di appello omesso di pronunziarsi sul terzo motivo di appello, riguardante le spese del giudizio di primo grado che, accogliendo l’appello e modificando la soccombenza di primo grado, avrebbe dovuto porre a carico degli attori.
Occorre precisare che, a fronte delle domande volte all’accertamento della non spettanza di alcune somme addebitate nei conti correnti, con le conseguenti restituzioni e il correlato risarcimento del danno degli originari attori, la banca ha proposto domanda riconvenzionale di condanna di questi ultimi al pagamento della somma di € 261.543,09, oltre interessi, con condanna del COGNOME anche per i debiti della società, dal momento che quest’ultimo era fideiussore della stessa.
Nella sentenza impugnata, la Corte d’appello ha statuito come segue: «in parziale accoglimento dell’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso le sentenze rese il 15/1/13 e 17/1/14 dal Tribunale di Trapani Sezione Distaccata di Alcamo e nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e di COGNOME NOME, ridetermina la somma che l’appellante deve corrispondere agli appellati in €115.469,09 oltre interessi per come indicati dal primo giudice» .
Il secondo motivo di ricorso, da esaminarsi in via prioritaria, è fondato e deve essere accolto nei termini di seguito evidenziati.
3.1. Com’è noto, il mancato esame delle risultanze della CTU integra un vizio della sentenza che può essere fatto valere, nel giudizio di cassazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., risolvendosi nell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (v. da ultimo Cass., Sez. 6-3, Ordinanza n. 18598 del 07/09/2020; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 13770 del 31/05/2018).
3.2. Parte ricorrente ha censurato la decisione di appello nella parte in cui, pur richiamando il saldo come rideterminato dal CTU
per ciascuno dei conti oggetto di giudizio, ha determinato un importo finale complessivo diverso da quello indicato dal CTU, non solo nell’ammontare, ma perché ha ritenuto sussistente un credito dei correntisti, invece che un debito (+€ 115.469,09 anziché -€ 86.290,30).
Il risultato della CTU è stato senza dubbio esaminato dal giudice nel contraddittorio delle parti e le conseguenze del mancato esame di tale risultato hanno senza dubbio influito sulla decisione.
Il giudice di appello ha statuito quanto segue: «Il CTU aveva rideterminato il saldo del conto n.500823 in +€ 21.277,14; il saldo del conto n. 53011 in € 318,41; il saldo n. 50454 in +€ 7.403,52; il saldo del conto n. 60305 in € 90.035,16; il saldo del conto n. 52539 in +€ 24.310,59; il saldo del conto n. 52538 in -€ 49.564,90. Quindi, la somma di € 115.469,09 corrisponde al totale dei nuovi saldi e costituisce il credito del correntista. Secondo la banca invece il saldo totale era di €261.543,09 (zero per i primi due conti; € 34.702,67 per il conto n.50454; -€ 91.081,95 per il conto 60305; zero per il conto 52539;€ 135.758,47 per il conto 52538). Il Tribunale ha ritenuto che la somma da recuperare fosse quella di €175.252,79 (ossia quella ottenuta sottraendo al saldo negativo di € 261.543,09 il saldo positivo di €115.469,09) in realtà, la somma di € 175.252,79 è quella costituente gli addebiti non dovuti. Tuttavia, trattandosi di somme annotate in conto ma non effettivamente corrisposte dal correntista, la somma cui ha diritto è quella di € 115.469,09 corrispondente al saldo positivo come determinato. Pertanto, l’appellante va condannata a restituire €115.469,09 e non €175.252,79.»
È evidente che, nel conteggiare i complessivi nuovi importi a saldo, così come determinati dal CTU, la Corte d’appello non ha tenuto conto del corretto risultato, riportato dal CTU, individuando quale saldo complessivo di tutti i conti l’errata somma di +€ 115.469,09 e non la corretta somma di € 86.290,30, come invece
rappresentata dal CTU (+€ 21.277,14 +€ 318,41 + € 7.403,52 -€ 90.035,16 +€ 24.310,59 -€ 49.564,90 = -€ 86.290,30).
L’accoglimento di tale motivo di impugnazione comporta l’assorbimento degli altri.
Accolto il secondo motivo di ricorso, e assorbiti gli altri, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio della causa alla Corte di appello di Palermo in diversa composizione, anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.
La causa non può essere in questa sede decisa nel merito, dovendo accertarsi la misura e la decorrenza degli interessi sulle complessive somme dovute dalla controricorrente.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso e, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di Palermo in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione