Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 26942 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 26942 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 17/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28501/2022 R.G., proposto da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t. RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO, in virtù di procura a margine del ricorso,
Pec EMAIL
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ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t. NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, in virtù di procura in calce al controricorso, pec EMAIL
–
contro
ricorrente – per la cassazione della sentenza n. 3085/2022 della CORTE d’APPELLO di pubblicata il 4.10.2022;
Impugnazioni civili Cassazione (ricorso per) NOME NOME procedendo Indicazione atti
udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 9 luglio dal AVV_NOTAIO.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 7.6.2021 il Tribunale di Busto Arsizio in accoglimento della domanda svolta da RAGIONE_SOCIALE, accertata l’illegittimità del recesso dalle trattative intercorse esercitato in data 16.8.2016, condannava RAGIONE_SOCIALE (d’ora innanzi RAGIONE_SOCIALE) a corrispondere all’attrice, a titolo di risarcimento dei danni, la complessiva somma di euro 639.294,44, oltre IVA di legge da calcolare sul minore importo di euro 600.725,40, rivalutazione ed interessi compensativi nella misura legale sulla somma via via rivalutata annualmente dalla data del recesso alla data della sentenza e gli interessi legali dalla data della sentenza al saldo.
Il giudice del primo grado rilevava come pacificamente tra le parti fosse intercorsa una trattativa per l’aggiudicazione del contratto avente ad oggetto la fornitura delle divise per il personale viaggiante della convenuta a seguito del bando di gara dell ‘agosto 2015, al quale l’attrice aveva partecipato il 10.12.2015. Tra le parti agli inizi del 2016 era intervenuto uno scambio di e-mail in merito all’accettazione del modello di divisa proposto, alla definizione dei contorni del progetto e dell’offerta, i nframezzato da un viaggio in RAGIONE_SOCIALE da parte del legale rappresentante e del direttore commerciale di RAGIONE_SOCIALE per definire accordi e prezzi. KAC il 17.4.2016 richiedeva l’invio dell’offerta finale da sottoporre al comitato di gara e il 3.5.2016 comunicava che aveva deciso di affidare il contratto a RAGIONE_SOCIALE e che la bozza del contratto da quest’ultima inviata, una volta visionata, sarebbe stata sottoscritta nella versione finale, con invito a fare quanto necessario per velocizzare la consegna delle divise.
Dopo un secondo viaggio in RAGIONE_SOCIALE effettuato il 24.5.2016 da parte del legale rappresentante e del direttore commerciale per la conferma definitiva dei bozzetti realizzati dallo stilista (anch’egli presente), NOME con e -mail del 31.5.2016 rappresentava la necessità che la prima consegna avvenisse entro la fine del mese di ottobre dello stesso anno. Il 1°.6.2016 RAGIONE_SOCIALE inviava il piano consegna e, fidando nella conclusione del contratto, provvedeva
all’acquisto del materiale necessario al fine di rispettare la tempistica. Il 24.7.2016 KAC inviava via e-mail la bozza del contratto rivista dai propri legali e chiedeva di far pervenire l’accettazione al fine del perfezionamento del contratto. Ancora, il 31.7.2016 il responsabile forniture di RAGIONE_SOCIALE chiedeva via email di indicare il nominativo e la qualifica di chi avrebbe sottoscritto il contratto per conto di RAGIONE_SOCIALE; il 3.8.2016 il responsabile forniture di RAGIONE_SOCIALE chiedeva di precisare i prezzi finali in relazione alle quantità richieste. Sennonché, a fronte dell’avanzato stato delle trattative prossime alla chiusura, con e -mail del 16.8.2016 il ceo di KAC dichiarava che in riferimento alla comunicazione del 3.5.2016 la società aveva deciso di non procedere oltre con il progetto di collaborazione.
Istruita la causa in via documentale ed orale, nonché espletata una C.T.U. sulle caratteristiche e sulla possibilità di riutilizzo di filati e tessuti da parte dell’attrice , il Tribunale di Busto Arsizio, accertata la responsabilità ex art. 1337 cod. civ. della convenuta per la rottura ingiustificata dalle trattative, pronunciava sentenza di condanna nei suoi confronti nei limiti indicati.
La Corte d’appello di Milano con sentenza pubblicata il 4.10.2022 accoglieva l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE limitatamente al nono motivo afferente alla disposta condanna al pagamento dell’Iva sull’importo riconosciuto a titolo di risarcimento danni, confermando per il resto la sentenza del primo grado.
Per quanto ancora rileva nella presente sede, disattesi il primo, il secondo il terzo, il quarto, il sesto, il settimo ed il decimo motivo d’appello, relativi alla riconosciuta responsabilità precontrattuale, all’ambito del perimetro risarcitorio ed al legittimo affidamento legittimo vantato dall’attrice, la corte d’appello giungeva alla decisione sulla base dei seguenti rilievi.
Con il quinto motivo l’appellante aveva revocato in dubbio l’acquisto del materiale da parte di RAGIONE_SOCIALE ed aveva rilevato come quest’ultima si fosse opposta all’accesso del C.T.U. preso il magazzino di giacenza. Notava la corte d’appello che l’appellan te non aveva contestato le risultanze istruttorie riportate nella sentenza del tribunale e quanto dedotto in ordine alla corrispondenza tra i campioni prodotti in giudizio e la giacenza di magazzino era inammissibile, poiché i campioni erano stati prodotti dall’attrice con la memoria ex art. 183,
comma sesto, cod. proc. civ. a prova diretta ed in quella di replica la convenuta nulla aveva contestato. Quanto al preteso rifiuto di consentire l’accesso al magazzino sollecitato dal ctp di KAC, il C.T.U., interpellato dal G.I. ai sensi dell’art. 92 disp . att. cod. proc. civ., aveva ritenuto non necessario acquisire altri campioni.
L’ottavo motivo d’appello, con cui, tra le altre, COGNOME prospettava la ‘nullità e/o grave erroneità ed incompletezza della C.T.U.’ era dichiarato inammissibile, perché teso alla prospettazione di questioni ed accertamenti non tempestivamente richiesti in primo grado, per essersi la convenuta limitata ad opporsi allo svolgimento della C.T.U., perché inconferente rispetto alla prova dell’avallo all’acquisto dei tessuti, da un lato, a contestare genericamente l’operato dell’ausiliario ed a riprodurre le osservazioni già oggetto di ‘sintetica valutazione’ da parte del C.T.U., dall’altro. Era, altresì, valutata come inammissibile la richiesta di svolgimento di un relazione integrativa, perché formulata dall’appellante in sede di precisazione delle conclusioni.
Nonostante l ‘accoglimento del nono motivo d’appello in ordine al riconoscimento dell’iva sulle somme liquidate disposto d’ufficio dal giudice del primo grado, ad avviso della corte era giustificata la conferma della condanna di COGNOME al pagamento integrale delle spese del primo giudizio e di quelle dell’appello.
Per la cassazione della sentenza della Corte ricorre KAC, sulla base di cinque motivi. Risponde con controricorso RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, ai sensi dell’art.380-bis.1. cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. , in riferimento a ll’art. 360, 1° comma n. 4, cod. proc. civ.
Si duole per la ritenuta tardività della richiesta di integrazione della C.T.U., sebbene già avanzata in primo grado e rigettata dal GI, reiterata in sede di precisazione delle conclusioni e nella comparsa conclusionale, nell’atto di appello e, ancora, in sede di precisazione delle conclusioni e nella comparsa
conclusionale. La corte, pertanto, sarebbe incorsa in una ‘svista’ nella lettura delle carte.
1.2. Il motivo è inammissibile.
Il collegio osserva che la prospettazione dell’art. 112 cod. proc. civ., risolvendosi nella violazione della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, implica un error in procedendo rilevante ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ. Detto vizio, tuttavia, è incompatibile con la denuncia articolata dalla parte, la quale si duole per la affermata tardività della richiesta di integrazione della C.T.U. e, quindi, non di una omessa pronuncia si tratta, ma di un asserito errore nell’esame degli atti del processo tradottosi in un error in procedendo .
Anche in questa diversa prospettiva, percorribile stante la riferita violazione procedimentale, il motivo è inammissibile. Infatti, il motivo d’impugnazione è costituito dall’enunciazione delle ragioni per le quali la decisione è erronea e si traduce in una critica della decisione impugnata, non potendosi, a tal fine, prescindere dalle motivazioni poste a base del provvedimento stesso, la mancata considerazione delle quali comporta la nullità del motivo per inidoneità al raggiungimento dello scopo; tale nullità si risolve in un “non motivo” del ricorso per cassazione ed è conseguentemente sanzionata con l’inammissibilità, ai sensi dell’art. 366, comma primo, n. 4, c.p.c. (principio costante: si veda Cass. 11 novembre 2005, n. 359; ed in motivazione, Cass., sez. un., 20 marzo 2017, n. 7074; più di recente Cass. 24 settembre 2018, n. 22478; 12 gennaio 2024, n. 1341).
La ricorrente ha formulato la propria contestazione in modo generico omettendo di precisare nel contesto del motivo, in modo chiaro e sintetico, le ragioni alla base della chiesta integrazione della C.T.U. in sede di appello e la relativa coincidenza con quella fatta in primo grado.
1.3. A questo deve aggiungersi che, quando sia denunciato un ‘error in procedendo’, la Corte di cassazione è anche giudice del fatto ed ha il potere di esaminare direttamente gli atti di causa; tuttavia, non essendo il predetto vizio rilevabile ‘ex officio’, è necessario che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame e,
quindi, che il corrispondente motivo sia ammissibile e contenga, per il principio di autosufficienza del ricorso ex art. 366, comma primo, n. 6, cod. proc. civ., tutte le precisazioni e i riferimenti necessari ad individuare la dedotta violazione processuale (v. Cass. 2 febbraio 2017, n. 2771; 4 marzo 2005, n. 4741; 23 gennaio 2004, n. 1170).
In tal senso, la ricorrente non ha riportato debitamente nel ricorso i richiamati atti, limitandosi ad un mero richiamo e senza riprodurli nel ricorso, ovvero laddove in tutto in parte prodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte Suprema, al fine di renderne possibile l’esame (v. Cass. 16 marzo 2012, n. 4220). Infatti, sulla parte ricorren te grava l’obbligo di precisazione anche dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti anche in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 4 marzo 2021, n. 5999; sez. un., 23 settembre 2019, nn. 23552 e 23553; Cass., 18 giugno 2020, n. 11892; 6 novembre 2012, n. 19157; 23 marzo 2010, n. 6937; 12 giugno 2008, n. 15808; 25 maggio 20007, n. 12239), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr. Cass. 27 dicembre 2019, n. 34469; 19 aprile 2016, n. 7701), poiché il compito dei giudici della corte è quello di procedere a una ‘verifica degli atti stessi, non già alla loro ricerca’ (v. Cass. 20 luglio 2021, n. 20753; 24 giugno 2020, n. 12498; 20 marzo 2017, n. 7048).
Con il secondo ed il terzo motivo è denunciata ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ.
Con il secondo motivo la ricorrente, dopo aver richiamato un lungo passo della sentenza impugnata (pag. 11, da riga 15 a riga 31) si duole per la dichiarata integrale inammissibilità dell’ottavo motivo d’appello, ‘sebbene la medesima faccia riferimento so lo alla prova, che avrebbe riguardato «l’avallo all’ordinativo di tessuti in assenza di consenso da parte di RAGIONE_SOCIALE che peraltro, come visto sottoponeva gli accordi al vaglio anche del Comitato di gara» ‘ (pag. 28 del ricorso). Ad avviso della ricorrente il profilo valorizzato dalla corte riguarda solo
il tema dell’accesso al magazzino per l’esame dei tessuti, ma esso è del tutto diverso da quello relativo alla critica analitica alla svolta C.T.U.
Con il terzo motivo la ricorrente si duole per l ‘affermata tardività della richiesta di esame dei tessuti da parte del C.T.U. presso il magazzino sul rilievo che in sede di merito si fosse opposta alla sua ammissione, perché irrilevante in ordine al dato dell’avallo all’ordinativo di acquisto dei tessuti. Sta di fatto che, una volta ammessa la C.T.U., le parti ai sensi dell’art. 194 cod. proc. civ. possono fare osservazioni o istanze, sì che la richiesta tardiva non poteva essere.
2.1 I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi, sono inammissibili.
Fermo quanto già detto in ordine alla possibilità di deduzione della violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. in relazione al principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, non ricorrente nei sollevati motivi, COGNOME, come già specificato al par. 1.2., ha formulato le proprie contestazioni in modo generico omettendo di precisare in modo chiaro e sintetico, nel contesto dei motivi: i) le ragioni alla base della pretesa incompletezza della valutazione resa dal C.T.U. (v. anche pag. 3 del ricorso) e della richiesta di accesso al magazzino per l’esame dei tessuti; ii) il momento delle relative deduzioni anche in sede di precisazione delle conclusioni in primo grado; iii) la loro riproposizione in sede di appello. Così facendo la ricorrente non ha indicato correttamente gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame, non senza incorrere nella violazione dell’art. 366, comma primo, n. 6 cod. proc. civ. già segnalata sul finire del par. 1.3.
Con il quarto motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 cod. proc. civ. e 132, n. 4, cod. proc. civ. per motivazione apparente tale da considerarsi omessa.
Si duole del carattere apparente della motivazione resa dalla corte d’appello in risposta all’ottavo motivo di impugnazione vertente sulle valutazioni e le conclusioni del C.T.U., ritenute generiche e meramente ripetitive di questioni e richieste di chiarimenti svolte dal ctp ed oggetto di risposta da parte dell’ausiliario, il cui operato era passato al vaglio del giudice di primo grado,
senza specificare errori di fatto o di diritto e/o omesse valutazioni da parte del tribunale.
3.1. Il motivo incorre negli stessi limiti sopra evidenziati a proposito dei primi tre motivi perché non svolge correttamente l’ error in procedendo lamentato. Anche in questo caso la ricorrente si duole per la dichiarata inammissibilità dell’ottavo motivo d’appello, con il quale era stata prospettata a suo tempo la ‘nullità e/o grave erroneità ed incompletezza della C.T.U.’.
Sennonché, la ricorrente, dopo aver richiamato l’ottavo motivo di appello (da pag. 11 a pag. 22 del ricorso) e riportato (da pag. 30 a pag. 41 del ricorso) quanto dedotto nella comparsa conclusionale d’appello, omettendo di precisare se quanto articolato corrisponda a quanto già dedotto con l’atto d’appello, apoditticamente (v. pag. 41 del ricorso), sostiene ‘La lettura del motivo ottavo di appello e delle considerazioni svolte su tale motivo, nella memoria conclusiva mostrano, con chiara evidenza, che le contestazioni svolte dalla ricorrente sono dettagliate ed analitiche, in relazione a ciascuna tipologia di tessuto, ed evidenziano, come, in tutti i casi, il problema cruciale è che il CTU ha solo espresso la sua opinione personale, rifiutando espressamente o implicitamente di suffragare detta opinione con dati empirici e/o documentali riscontrabili e controllabili (e che avrebbero dovuto necessariamente essere ricavati anche dai tessuti giacenti in magazzino e tuttavia non visionati)’ .
Di qui, sul rilievo in alcun modo esplicitato della nullità della C.T.U., per tornare al tema del motivo declinato in termini di motivazione apparente, le deduzioni: ‘È evidente che il Giudice di appello omette di affrontare le doglianze sollevate dalla ri corrente’ (pag. 41 del ricorso); ‘I Giudici di merito, sia pure con diverse motivazioni, rifiutano di vedere tali carenze, né spiegano perché non sussisterebbero, ma si limitano ad una formula generica di completezza, logicità ed attendibilità della CTU, c he condividono senza riserve’ (pag. 44 del ricorso).
Come già detto, quando sia denunciato un ‘error in procedendo’, la Corte di cassazione è anche giudice del fatto ed ha il potere di esaminare direttamente gli atti di causa; tuttavia, non essendo il predetto vizio rilevabile ‘ex officio’, è necessario che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame e, quindi, che il
corrispondente motivo sia ammissibile e contenga, per il principio di autosufficienza del ricorso ex art. 366, comma primo, n. 6, cod. proc. civ., tutte le precisazioni e i riferimenti necessari ad individuare la dedotta violazione processuale (v. Cass. 2 febbraio 2017, n. 2771; 4 marzo 2005, n. 4741; 23 gennaio 2004, n. 1170).
Ancora una volta la ricorrente ha omesso di precisare in modo chiaro e sintetico, nel contesto del motivo: i) le ragioni alla base della pretesa incompletezza della valutazione resa dal C.T.U.; ii) il momento della relativa deduzione anche in sede in sede di precisazione delle conclusioni in primo grado; iii) la sua riproposizione in sede di appello. Così facendo la ricorrente non ha indicato correttamente gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame.
Con il quinto motivo viene denunciata ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 112 cod. proc. civ.; omessa lettura degli atti di causa.
La ricorrente, nonostante l’accoglimento del nono motivo di appello relativo alla condanna al pagamento dell’iva in favore dell’attrice, lamenta di essere stata interamente onerata della rifusione delle spese del giudizio di appello. Anche tale parte della decisione, ad avviso della ricorrente, deriva da ‘una mancata lettura degli atti di causa’. Infatti, diversamente da quanto sostenuto dalla corte d’appello la condanna al pagamento dell’iva era stata chiesta dall’attrice nella ‘memoria conclusiva’ del primo grado.
4.1. Con il motivo la ricorrente prospetta come error in procedendo per violazione della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato un asserito errore derivante dalla violazione dell’art. 91 cod. proc. civ.
Deduce che, nonostante l’accoglimento del nono motivo di appello, per fatto imputabile a RAGIONE_SOCIALE, erroneamente è stata interamente gravata delle spese del grado d’appello.
4.2. Il motivo è inammissibile.
Infatti, la valutazione sulla concessione o meno della compensazione delle spese sul presupposto, eventualmente, della esistenza di una soccombenza reciproca rientra nel potere discrezionale del giudice di merito ed esula dalla
valutazione di questa Corte. Infatti, il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa; pertanto, esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso di altri giusti motivi (v. Cass. 31 agosto 2020, n. 18128; 17 ottobre 2017, n. 24502; 31 marzo 2017, n. 8421; 19 giugno 2013, n. 15317).
Ad ogni modo la ricorrente non ha indicato in modo pertinente il “fatto processuale” di cui richiede il riesame, posto che, a confutazione della ragione addotta dalla corte d’appello (l’essere stata la condanna al pagamento dell’iva una iniziativa officiosa del primo giudice), non indica la rituale proposizione della domanda da parte dell’attrice nei limiti tempora li della consentita cristallizzazione del thema decidendum , posto che a sostegno del motivo ha invocato la comparsa conclusionale in primo grado di RAGIONE_SOCIALE
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 7.200,00, di cui euro 7.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza sezione civile della Corte di Cassazione in data 9 luglio 2024.
Il Presidente NOME COGNOME