Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 26461 Anno 2024
Civile Sent. Sez. L Num. 26461 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 10/10/2024
SENTENZA
sul ricorso 11070-2020 proposto da:
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2658/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 09/12/2019 R.G.N. 2421/2017;
Oggetto
error in procedendo.
Oneri di specificazione
R.G.N. 11070/2020
COGNOME.
Rep.
Ud. 09/04/2024
PU
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/04/2024 dalla Consigliera AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
udito il P.M. in persona del AVV_NOTAIO Procuratore AVV_NOTAIO COGNOMEAVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTI DI CAUSA
L’odierno ricorrente impugnava dinanzi alla Corte di appello di Roma la sentenza del Tribunale di Latina che, per come riportato nella decisione qui gravata, aveva rigettato la domanda volta «al miglior trattamento di pensione sull’anzianità contributiva esistente all’agosto 2006 e quindi al la riliquidazione del trattamento di pensione in forza del riconoscimento della maggiorazione contributiva ex lege nr. 257 del 1992» con condanna dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle differenze pensionistiche per il periodo e nella misura indicati in atti.
La Corte d ‘ Appello di Roma, nel confermare la decisione di primo grado, ha, in estrema sintesi, osservato che il Tribunale:
-non aveva definito il giudizio per intervenuto giudicato, pur avendo fatto riferimento alla preclusione derivante dallo stesso nello svolgimento dell’ iter processuale;
-non aveva omesso di pronunciare né violato il principio di «correlazione»;
aveva argomentato con plurime e autonome ragioni, non estranee all’oggetto della domanda, i motivi fondanti il rigetto del ricorso.
P er l’annullamento di tale decisione, ha proposto ricorso NOME COGNOME, con tre motivi, successivamente illustrati con memoria. Ha resistito, con controricorso, l ‘ RAGIONE_SOCIALE.
Il ricorso, fissato per la trattazione dinanzi alla sesta sezione di questa Corte, è stato, poi, rimesso alla sezione IV.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, il ricorrente denuncia -ai sensi dell’art. 360 nr. 5 cod.proc.civ. – omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio.
L’omissione, nella sostanza, è riferita al travisamento dell’oggetto della domanda intesa come volta ad «ottenere il risarcimento del danno». Il Giudice di appello non aveva considerato che benché il Tribunale non avesse (in parte motiva) ritenuto preclusa la domanda introduttiva della lite sulla base di un giudicato, nel dispositivo (prevalente in caso di conflitto con la motivazione) aveva poi rigettato la stessa proprio sul principio del divieto del ne bis in idem .
Con il secondo motivo -ai sensi dell’ art. 360 nr. 5 cod.proc.civ.- il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod.proc.civ. e «errato esame di questioni non oggetto di causa». Il ricorrente ribadisce, sotto il profilo della mancata corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, il travisamento, già censurato con il primo motivo, dell’oggetto della domanda erroneamente qualificata come risarcitoria. La domanda, invece, era afferente alle differenze pensionistiche a partire dall’agosto del 2006, momento dal quale era titolare di pensione d’invalidità. Il beneficio alla rivalutazione contributiva, infatti, accertato in sede giudiziale, era stato riconosciuto dall’Istituto solo
parzialmente, dal 2012, quando gli era riconosciuta la pensione di anzianità e quindi in modo non satisfattivo.
Con il terzo motivo ai sensi dell’ art. 360 nr. 5 cod.proc.civ.il ricorrente deduce l’ omesso esame del petitum.
Il ricorrente ripropone, con specifico riguardo al bene della vita dedotto in causa, il travisamento, già denunciato nei precedenti motivi, dell’oggetto della domanda ed il mancato pronunciamento nel merito della stessa.
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono, per più profili, come prospettati, inammissibili.
Nella sostanza, le censure imputano alla Corte di appello errori nella conduzione dell’attività processuale. Esse, pertanto, in modo evidente si pongono fuori dal perimento dell’art. 360 nr. 5 cod.proc.civ., richiamato del tutto impropriamente nella rubrica dei motivi. Come costantemente ripetuto dalla Corte ( Cass. sez.un. nn. 8053 e 8054 del 2014 e plurime successive conformi), l’art. 360 nr. 5, riformulato dall’art. 54 del D.L. nr. 83 del 2012, art. 54, conv. in legge nr.134 del 2012, riguarda, infatti, un vizio specifico, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, riferito ad una precisa circostanza da intendersi in senso storico-naturalistico, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo. I vizi illustrati non sono riconducibili al delineato paradigma; nel loro complesso, prospettano l’erronea interpretazione della domanda giudiziale da sottoporre alla Corte attraverso
la deduzione di un error in procedendo, ai sensi dell’art. 360 nr. 4 cod.proc.civ.
13. Se è vero, infatti, che la rilevazione ed interpretazione del contenuto della domanda è attività riservata al giudice di merito, è altrettanto vero che ove essa ridondi in un vizio di nullità processuale, come nel caso di specie ove si prospetta un’errata individuazione del petitum, giudiziale, è la difformità dell’attività del giudice dal paradigma delle norme processuali che deve essere dedotto come vizio di legittimità ex art. 360 nr. 4, cod. proc. civ. (Cass. nr. 30770 del 2023; Cass. nr. 11103 del 2020).
14. Tuttavia, anche a volere seguire, nello scrutinio dei rilievi, un approccio meno formalistico, ossequioso dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c/Italia del 28.10.2021, le censure, in quanto genericamente dedotte, restano inammissibili, impedendo al Collegio l’effettivo controllo «della decisività dei punti controversi e della correttezza della decisione impugnata» (anche nelle relative motivazioni, Cass. nr. 17670 del 2024; Cass. nr. 19206 del 2023; Cass. n. 12481 del 2022; Cass. civ. n. 342 del 2021).
15. Come, infatti, chiarito dalla Corte, il requisito di specificità imposto dall’art. 366, comma 1, nr. 6 cod.proc.civ., deve essere verificato anche in caso di denuncia di errori nella nell’attività processuale, rispetto ai quali la Corte è giudice del «fatto processuale», perché l’esercizio del potere/dovere di esame diretto degli atti è subordinato al rispetto delle regole di ammissibilità e di procedibilità stabilite dal codice di rito, in nulla derogate dall’estensione ai profili di fatto del potere cognitivo del giudice di legittimità (Cass., sez.un. nr. 8077 del 2012).
16. La parte, quindi, non è dispensata dall’onere di indicare in modo specifico i fatti processuali alla base dell’errore denunciato e di trascrivere nel ricorso gli atti rilevanti, non essendo consentito il rinvio per relationem agli atti del giudizio di merito, perché la Corte di Cassazione, anche quando è giudice del fatto processuale, deve essere posta in condizione di valutare ex actis la fondatezza della censura e deve procedere solo ad una verifica degli atti stessi non già alla loro ricerca (Cass., sez.un., nr. 20181 del 2019; Cass. nr. 20924 del 2019).
Nel caso di specie, parte ricorrente riproduce, per mera sintesi del loro contenuto, gli atti processuali, senza tuttavia riportare i passaggi necessari alla chiara comprensione della vicenda processuale. È decisivo osservare che difetta la compiuta trascrizione del ricorso introduttivo della lite, indispensabile per verificare gli esatti termini della lite e la correttezza, in relazione ad essi, della ratio decidendi .
18. Per quanto innanzi, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, in difetto di rituale dichiarazione di esonero contenuta nelle conclusioni del ricorso (non sottoscritta dalla parte ricorrente) e in presenza di una dichiarazione sostitutiva (alleg. C del ricorso) il cui tenore esclude la ricorrenza delle condizioni di legge.
20. Sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ove il versamento risulti dovuto.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.000,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater , dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis , se dovuto.
Così deciso in Roma, il 9 aprile 2024