Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27626 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 27626 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/10/2024
Oggetto: Successione – Accettazione eredità con beneficio di inventario – Pagamento debiti da coerede – Rimborso.
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 07560/2019 R.G. proposto da COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, unitamente e disgiuntamente all’AVV_NOTAIO, nel cui studio in Roma, INDIRIZZO, è elettivamente domiciliato;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, quali eredi di COGNOME NOME, nonché COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO, nel cui studio in Roma, INDIRIZZO, sono elettivamente domiciliati;
-controricorrenti – avverso la sentenza n. 1295/2018 emessa dalla Corte d’Appello di Genova, pubblicata il 31/7/2018 e non notificata.
Udita la relazione svolta dal consigliere dott.ssa NOME COGNOME nella pubblica udienza del 24 settembre 2024;
lette le conclusioni scritte della Procura generale, in persona del AVV_NOTAIO procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto e la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
FATTI DI CAUSA
Con atto d’appello ritualmente notificato, NOME COGNOME, in qualità di erede beneficiato di COGNOME NOME, impugnò la sentenza del Tribunale di Massa Carrara n. 625/13 del 05/11/2013-15/11/2013, nella parte in cui aveva respinto le domande, da lui proposte, di condanna delle coeredi al pagamento di somme dallo stesso anticipate in favore dell’eredità beneficiata dismessa da COGNOME NOME.
Costituitesi in giudizio, le parti appellate chiesero il rigetto dell’impugnazione e proposero a loro volta appello incidentale condizionato.
Con sentenza n. 1295/18 del 31/07/2018, la Corte d’Appello di Genova, in parziale accoglimento dell’appello, dichiarò estinto per compensazione il debito di COGNOME NOME nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME COGNOME (e per questa nei confronti dei suoi eredi) di cui alla sentenza del Tribunale di Massa Carrara n. 374/2000 tra le medesime parti in misura pari a € 2.496,15 ciascuna, oltre interessi legali dalla data della domanda di cui alla causa n. 1147/2003, confermando per il resto l’impugnata sentenza.
Avverso questa sentenza, COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a tredici motivi, illustrati anche con memoria, mentre COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, quali eredi di COGNOME NOME, e COGNOME NOME si sono difesi con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 Con il primo motivo di ricorso, si lamenta la violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 2, cod. proc. civ., dell’art. 156, secondo
comma, cod. proc. civ., e l’art. 161 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., perché l’epigrafe della sentenza, dicente, nella descrizione della parte appellata, ‘ NOME COGNOME ed eredi di COGNOME NOME, rapp. e difesa dall’AVV_NOTAIOto presso il cui studio è elett. dom. per delega in atti e con domiciliazione telematica ‘, non conteneva il nominativo delle parti appellate, né quello del loro difensore, non evincibile neppure nel corpo e nel dispositivo della sentenza, sì da non consentire di individuare quali siano i soggetti ad essa riferita e quelli tenuti alle statuizioni e al giudicato e di porre in esecuzione il titolo, oltre a violare l’art. 474 cod. proc. civ., che, ai fini della certezza del diritto, impone la compiuta identificazione, nel titolo esecutivo, della prestazione dovuta, del soggetto tenuto a compierla e di quello avente dritto a riceverla.
1.2 Il primo motivo è inammissibile.
Questa Corte ha in più occasioni avuto modo di affermare che l’omessa indicazione nell’epigrafe della sentenza del nome di una delle parti rende nulla la sentenza quando né dallo “svolgimento del processo”, né dai “motivi della decisione”, sia dato desumere la sua effettiva partecipazione al giudizio, con conseguente incertezza assoluta nell’individuazione del soggetto nei cui confronti la sentenza è destinata a produrre i suoi effetti o qualora da essa si deduca che non si è regolarmente costituito il contraddittorio, ai sensi dell’art. 101 cod. proc. civ., mentre va considerata un mero errore materiale, emendabile con la procedura di cui agli artt. 287 e 288 cod. proc. civ., quando dal contesto della sentenza risulti con sufficiente chiarezza l’esatta identità di tutte le parti (Cass., Sez. 1, 23/5/2023, n. 14106; Cass., Sez. 6-3, 18/7/2019, n. 19437; Cass., Sez. 1, 25/9/2017, n. 22275; Cass., Sez. 3, 28/9/2012, n. 16535).
Non costituisce nullità, ma mera irregolarità formale emendabile con la procedura della correzione degli errori materiali, neppure
l’omessa indicazione, nell’epigrafe della sentenza, del nome del difensore di una delle parti, allorché dal contesto della decisione risulti la sua rituale costituzione in giudizio (Cass., Sez. 3, 3/7/2008, n. 18202; Cass., Sez. L, 13/5/2000, n. 6171).
Nella specie, risulta chiara, dalla lettura della sentenza, l’avvenuta costituzione delle parti e l’esatta loro identificazione, essendone state riportate le rispettive conclusioni, il riferimento alle eredi di COGNOME NOME nel corpo della motivazione e l’indicazione dei relativi nominativi (COGNOME NOME e COGNOME NOME COGNOME) nel dispositivo, ciò che comporta l’inammissibilità della censura, per essere i difetti dell’intestazione emendabili con il procedimento di correzione dell’errore materiale.
2. Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente lamenta il rigetto dell’accertamento del credito di COGNOME NOME nei confronti dell’eredità beneficiata COGNOME NOME per aver pagato debiti di lavoro del de cuius (quarto motivo d’appello); la violazione dell’art. 111 Cost. e degli artt. 99, 112, 116, 132 cod. proc. civ., in relazione agli artt. 161 e 360, n. 4, cod. proc. civ.; la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 780 cod. proc. civ., 754 cod. civ., con riferimento agli artt. 490, 491, 511, 1203, n. 4, cod. civ., in relazione agli artt. 161 e 360, n. 3, cod. proc. civ.; la violazione dell’art. 111 Cost., degli artt. 99, 112, 116 e 132 cod. proc. civ., in relazione agli artt. 161 e 360, primo comma, nn. 5 e/o 4, cod. proc. civ., e per omessa e/o errata valutazione di un fatto storico e/o elemento probatorio fondamentale, con specifico riferimento al motivo d’appello, da lui proposto, in relazione alla domanda volta ad ottenere la condanna dell’eredità beneficiata – con il privilegio previsto per legge e al momento dell’effettiva liquidazione – e, per essa, delle coeredi beneficiate COGNOME NOME e COGNOME NOME, al rimborso delle somme da esso anticipate con denaro proprio nell’interesse e per la tutela e/o conservazione del patrimonio
dell’eredità, ivi comprese quelle corrisposte al lavoratore COGNOME NOME.
Il ricorrente ha, in particolare, contestato la decisione della Corte d’Appello – nella parte in cui aveva affermato che la domanda si riferisse al mancato rimborso ricevuto dal coerede che aveva pagato debiti ereditari con denaro proprio, che gli eredi rispondessero dei debiti del de cuius in relazione al valore della loro quota e che la rivalsa per il pagamento della quota loro spettante implicasse la prova dell’avvenuto pagamento dell’intero -, in quanto non aveva motivato sulle questioni poste alla sua attenzione, le quali criticavano l’erronea applicazione, da parte del Tribunale, degli artt. 751, 752 e 754 cod. civ. e l’omessa motivazione sull’applicabilità dell’art. 1203, n. 4, cod. civ., atteso che la domanda non era stata rivolta verso le singole coeredi, ma verso l’eredità beneficiata, citata in giudizio in persona degli altri beneficiati, e in quanto non aveva tenuto conto del fatto che le domande di un erede beneficiato nei confronti dell’eredità in liquidazione concorsuale devono essere poste, ai sensi dell’art. 780 cod. civ., nei confronti degli altri coeredi, che tutti gli eredi avevano accettato con beneficio di inventario ex art. 484 cod. civ. ed erano responsabili intra vires hereditatis , e che, pertanto, non era applicabile alla specie l’art. 754 cod. civ..
3. Col terzo motivo, si lamenta, subordinatamente al precedente, la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 780 cod. proc. civ., 751, 752, 754 cod. civ., con riferimento agli artt. 484, 490, 491, 498, 503, 511, cod. civ., e dell’art. 1203, n. 4, cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., perché la Corte d’appello, applicando falsamente l’art. 754 cod. civ., non aveva considerato che l’eredità di COGNOME NOME era tuttora in liquidazione concorsuale e che pertanto la disciplina applicabile avrebbe dovuto essere quella sancita dagli artt. 490, 498, 499, 503, 504, 511,
1203, n. 4, e 780 cod. civ., che consente al coerede che abbia pagato con proprie risorse le spese di apposizione dei sigilli, dell’inventario e di ogni altro atto dipendente dall’accettazione beneficiata, di rivalersi sul patrimonio dell’eredità, soddisfacendosi in prededuzione, e, in caso di pagamento di debiti ereditari, di avvantaggiarsi della surroga legale di cui all’art. 1203, n. 4, cod. proc. civ. (art. 490, n. 2, cod. civ.). Il ricorrente, inoltre, dopo avere precisato che, a norma dell’art. 780 cod. civ., le domande dell’erede beneficiato contro l’eredità devono essere proposte contro gli altri eredi ex art. 780 cod. civ., ha evidenziato come i giudici di merito avessero disatteso il suo diritto al riconoscimento del credito e avessero omesso di pronunciarsi su tutta la domanda e di valutare tutte le prove raccolte.
4. Col quarto motivo, si lamenta la violazione dell’art. 111 Cost. e degli artt. 99, 112, 116, 132 cod. proc. civ., e il mancato esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., perché la Corte d’Appello, pronunciandosi nei termini descritti nei precedenti motivi, aveva omesso di considerare che il ricorrente aveva citato l’eredità beneficiata ai sensi dell’art. 780 cod. proc. civ., senza svolgere alcuna domanda nei confronti degli eredi, e che era in corso la liquidazione concorsuale dell’eredità e aveva così erroneamente applicato l’art. 754 cod. civ. che riguardava invece la diversa situazione in cui i coeredi si rifanno sul patrimonio ereditario residuato dal pagamento dei creditori dell’eredità, consentendo al coerede di rivalersi nei confronti degli altri.
5. Col quinto motivo, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., con specifico riferimento alla domanda di rimborso delle spese da lui anticipate nella misura di euro 77.597,34 per la conservazione del patrimonio relitto, da porre a carico dell’eredità
col privilegio per legge previsto, oltre alla somma di euro 15 mila preventivata dal legale per la difesa dell’eredità beneficiata, la compensazione del predetto maggior credito con il debito da lui contratto con le coeredi COGNOME NOME e COGNOME NOME in seguito alla sentenza n. 374/00 emessa dal Tribunale di Massa Carrara e, dunque, la condanna dell’eredità al pagamento della somma residua di euro 48.948,24, domanda che il Tribunale di Massa Carrara aveva risolto ammettendo che le spese elencate rientrassero nell’ambito dell’art. 511 cod. civ., siccome correlate all’amministrazione dei beni destinati al soddisfacimento di creditori e legatari, senza essere conseguenziale nel dispositivo, nel quale l’aveva accolta soltanto nella misura di euro 2.496,15, così da imporre l’impugnazione della decisione sotto il profilo dell’incompletezza del dispositivo e dell’omessa pronuncia – sia quanto all’importo liquidato, sia quanto alla mancata liquidazione di interessi e rivalutazione -. Il ricorrente ha, in particolare, lamentato che i giudici di merito, pur avendo ammesso la facoltà dell’attore di prelevare dall’asse ereditario il controvalore degli oneri economici sopportati ex art. 511 cod. civ., avessero ritenuto che questi potesse rivalersi sugli altri coeredi pro quota soltanto in caso di incapienza del patrimonio relitto, che quest’ultimo requisito non fosse stato in alcun modo dimostrato e che le domande di accertamento delle somme da porre a carico dell’eredità beneficiata fossero inammissibili in quanto era tuttora aperta la procedura di liquidazione, nell’ambito soltanto della quale avrebbero potuto essere esaminate alla luce dell’eventuale rendiconto, senza però considerare che la domanda era stata proposta nei confronti dell’eredità e non personalmente delle coeredi, evocate in giudizio ai sensi dell’art. 780 cod. civ., con conseguente violazione dell’art. 112 cod. proc. civ..
6.1 Il secondo, il terzo, il quarto motivo e il quinto, da trattare congiuntamente in ragione della stretta connessione, siccome tutti vertenti sulla disciplina applicabile alla richiesta di rimborso proposta, ora affrontato in termini di omesso esame e di difetto di motivazione, ora di violazione del principio di correlazione tra chiesto e pronunciato, ora di violazione di legge, per essere applicabile alla specie l’art. 511 cod. civ. in luogo dell’art. 754 cod. civ., ora di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, sono fondati.
Preliminarmente, occorre evidenziare come la Corte d’Appello abbia rigettato il secondo motivo d’appello, vertente sullo scollamento tra credito accertato e dispositivo della sentenza, e il quarto motivo, vertente sull’erroneità della sentenza di primo grado per avere rigettato le domande di rimborso delle somme anticipate per la difesa in giudizio dell’eredità beneficiata, per il pagamento delle tasse di registrazione delle sentenze emesse e per debiti ereditari, sostenendo in particolare, quanto al secondo, la correttezza del ragionamento seguito dal Tribunale, che aveva escluso la ripetibilità, dalle coeredi pro quota , delle somme anticipate anche per l” apposizione di sigilli, dell’inventario e di ogni altro atto dipendente dall’accettazione con beneficio di inventario ‘ ai sensi dell’art. 511 cod. civ., se non in caso di incapienza del patrimonio relitto, rimasta nella specie indimostrata, l’applicabilità -al rimborso di debiti ereditari – dei soli interessi, come accaduto, ma non della rivalutazione monetaria, trattandosi di debito di valuta, e l’inammissibilità delle domande di accertamento del credito a carico della eredità beneficiata, essendo tuttora aperta la procedura di liquidazione, nell’ambito della quale avrebbero dovuto essere esaminate le domande di prededuzione ex art. 511 cod. civ., anche alla luce del rendiconto, e, quanto al quarto, l’obbligo ai sensi dell’art. 754 cod. civ., in capo al coerede che sia convenuto per il
rimborso di debiti ereditari, di indicare al creditore la sua condizione di coobbligato passivo entro i limiti della quota, derivando altrimenti da tale omissione la possibilità, per il creditore, di pretendere l’intero, e la possibilità per il coerede di rivalersi dimostrando l’avvenuto pagamento dell’intero, circostanza questa non sussistente nel caso in esame.
6.2 Orbene, i tre motivi – ammissibili, seppure articolati in più censure, perché comunque formulati in modo coerente e perspicuo per ciascuna doglianza -, sono fondati nei limiti appresso precisati.
Le argomentazioni contenute nella sentenza impugnata si pongono, infatti, in contrasto con l’istituto della eredità beneficiata e dei meccanismi di funzionamento dello stesso.
E invero, come noto, l’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario, disciplinata negli artt. 490509 cod. civ., ha l’effetto, ai sensi dell’art. 490, primo comma, cod. civ., di tenere distinto il patrimonio del defunto da quello dell’erede, dando luogo alla formazione di un patrimonio separato, che si pone in termini di eccezione rispetto al principio generale di cui all’art. 2740 cod. civ., secondo il quale il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri.
Il ridetto art. 490 cod. civ., nel descrivere gli effetti di questo particolare istituto, stabilisce, infatti, al secondo comma, che 1) l’erede conserva verso l’eredità tutti i diritti e tutti gli obblighi che aveva verso il defunto, tranne quelli estinti per effetto della morte, che 2) egli non è tenuto al pagamento dei debiti ereditari e dei legati oltre il valore dei beni a lui pervenuti e 3) che i creditori dell’eredità e i legatari hanno preferenza sul patrimonio ereditario di fronte ai creditori dell’erede, disposizione questa cui si correla l’art. 2830 cod. civ., che vieta, in caso di beneficio di inventario, l’iscrizione di ipoteche giudiziali sui beni ereditari nemmeno in base a sentenze pronunciate anteriormente alla morte del debitore, con
lo scopo di assicurare la par condicio creditorum tra tutti i creditori ereditari e di evitare che taluni possano avvantaggiarsi rispetto ad altri iscrivendo ipoteche giudiziali (in questi termini, Cass., Sez. 1, 17/10/1966, n. 2482).
Il fulcro del funzionamento dell’istituto è proprio quello descritto nel n. 2) del secondo comma dell’art. 490 cod. civ., in quanto stabilisce che l’erede risponde dei debiti ereditari e dei legati non soltanto intra vires hereditatis , cioè non oltre il valore dei beni pervenuti a titolo di successione, ma anche cum viribus hereditatis , ossia pagando soltanto con i beni ereditari e non anche con i beni propri sia pure fino alla concorrenza del valore dei beni ereditari, senza conformare il diritto di credito azionato, che resta immutato nella sua natura, portata e consistenza, ma segnando i confini della sua soddisfazione, nel senso che ne consente la realizzazione soltanto con i beni dell’eredità e non già con quelli personali dell’erede, nei limiti del loro valore (in tal senso, Cass., Sez. 2, 27/7/2022, n. 23398; Cass., Sez. 2, 29/09/2020, n. 20531, in motivazione; Cass., Sez. 2, 22/12/2020, n. 29252; Cass., Sez. 3, 2015, n. 7090; Cass., Sez. 5, 19/3/2007, n. 6488).
Che poi il limite della responsabilità dell’erede si riferisca non soltanto al valore dei beni relitti, ma anche agli stessi beni ( cum viribus hereditatis ), è confermato, secondo quanto affermato dalla dottrina, da molteplici elementi, rinvenibili nella facoltà di rilascio dei beni consentita all’erede dall’art. 507 cod. civ., nell’esclusione dei beni personali dell’erede per il pagamento dei debiti ereditari sancito dall’art. 497 cod. civ. (sulla mora del debitore) e nella surrogazione legale concessa all’erede che paga con denaro proprio i debiti ereditari dall’art. 1203, n. 4, cod. civ..
Ciò comporta che il diritto al rimborso dell’erede e la stessa surrogazione può configurarsi non soltanto quando questi paghi i
debiti ereditari ultra vires hereditatis , ma anche quando lo faccia con propri beni e non con quelli relitti.
6.3 Proseguendo con la disciplina della eredità beneficiata, occorre osservare come l’art. 484 cod. civ., nel prevedere che l’accettazione con beneficio d’inventario si fa con dichiarazione, preceduta o seguita dalla redazione dell’inventario, delinei una fattispecie a formazione progressiva di cui sono elementi costitutivi entrambi gli adempimenti ivi previsti, atteso che sia la prevista indifferenza della loro successione cronologica, sia la comune configurazione in termini di adempimenti necessari, sia la mancanza di una distinta disciplina dei loro effetti, fanno apparire ingiustificata l’attribuzione all’uno dell’autonoma idoneità a dare luogo al beneficio, salvo il successivo suo venir meno, in caso di difetto dell’altro. Da ciò consegue che, se da un lato la dichiarazione di accettazione con beneficio d’inventario ha una propria immediata efficacia, determinando il definitivo acquisto della qualità di erede da parte del chiamato che subentra perciò in universum ius defuncti , compresi i debiti del de cuius , d’altro canto essa non incide sulla limitazione della responsabilità intra vires , che è condizionata (anche) alla preesistenza o alla tempestiva sopravvenienza dell’inventario, in mancanza del quale l’accettante è considerato erede puro e semplice (artt. 485, 487, 488 cod. civ.) (in questi termini Cass., Sez. 2, 9/8/2005, n. 16739).
Orbene, come già affermato da questa Corte, l’accettazione beneficiata pone l’erede -debitore in una posizione più favorevole nei confronti dei creditori del de cuius , incidendo sulla “qualità del relativo rapporto”, sì da assumere rilievo proprio e unicamente nel giudizio di cognizione che abbia ad oggetto l’accertamento del credito e la condanna del debitore all’adempimento dello stesso, prima che venga ad instaurarsi la fase dell’esecuzione forzata (o della misura cautelare finalizzata all’esecuzione) (in tal senso,
Cass., Sez. 2, 27/7/2022, n. 23398; Cass., Sez. U, ordinanza interlocutoria, 07/05/2013, n. 10531; Cass., Sez. 3, 2015, n. 7090), e da precludere ogni misura anche cautelare sui beni personali dell’erede (Cass., Sez. 2, 18/5/1993, n. 5641).
Pertanto, l’erede che abbia accettato l’eredità con beneficio di inventario, benché possa essere convenuto in giudizio dai creditori del de cuius che propongano azioni di accertamento o di condanna (Cass., Sez. 2, 14/3/2003, n. 3791; Cass., Sez. 3, 16/11/1994, n. 9690), per avere egli comunque acquisito i diritti caduti in successione ed essere divenuto soggetto passivo delle relative obbligazioni, ancorché intra vires hereditatis (Cass., Sez. 3, 4/9/2012, n. 14821; Cass., Sez. 3, 14/3/2003, n. 3791), – non può – una volta che abbia eseguito la pubblicazione prevista dall’art. 498, terzo comma, cod. civ. – essere assoggettato dai medesimi ad esecuzione forzata (neanche con riferimento ai beni caduti in successione), dovendosi procedere alla liquidazione dei beni ereditari nei modi previsti dagli artt. 499 e segg. cod. civ. (Cass., Sez. 2, 14/3/2003, n. 3791; Cass., Sez. 3, 16/11/1994, n. 9690).
E se così è, appare evidente come ad essere precluso al creditore dell’eredità non sia il giudizio di cognizione volto ad accertare il credito e ottenere la condanna degli eredi, ma la sola fase esecutiva, l’unica soggetta alla disciplina della procedura propria dell’eredità beneficiata, che consente all’erede beneficiato di procedere attraverso la liquidazione individuale ex art. 495 cod. civ., ossia pagando i creditori man mano che si presentino, oppure, a sua scelta od obbligatoriamente in presenza di certe condizioni, attraverso quella concorsuale ex art. 498 cod. civ., che, diretta a garantire la pari condizioni dei creditori dell’eredità e dei legatari, impone il rispetto delle fasi 1) della formazione dello stato passivo, 2) della liquidazione dell’attivo, 3) della formazione dello stato di graduazione, con collocazione secondo il grado di preferenza legale
(in primo luogo le spese del procedimento di accettazione con beneficio di inventario ai sensi dell’art. 511 cod. civ., quindi i crediti assistititi da diritto di prelazione e, infine, i legati) e 4) del pagamento dei debiti ereditari.
Il divieto di promuovere procedure esecutive, posto a carico dei creditori dall’art. 506, primo comma, cod. civ. (una volta eseguita la pubblicazione di cui all’art. 498 cod. civ.), non esclude, infatti, che i creditori stessi possano procurarsi un titolo giudiziale di accertamento o esecutivo e dunque procedano verso l’erede con le opportune azioni, valendo tale titolo nella procedura di liquidazione predetta, ove il relativo credito può trovare soddisfazione nell’eventuale residuo, sicché l’erede contro il quale sia stato formato un titolo esecutivo che lo condanni in qualità di erede beneficiato, pur se tenuto al pagamento non oltre il valore dei beni a lui pervenuti ( ex art. 490, secondo comma, n. 2, cod. civ.), per potersi esonerare dal pagamento deve dimostrare non che l’asse ereditario sia stato originariamente insufficiente a coprire la passività, bensì che lo stesso è rimasto esaurito nel pagamento di creditori presentatisi in precedenza (Cass., Sez. 5, 24/10/2008, n. 25670; Cass., Sez. 1, 17/10/1977, n. NUMERO_DOCUMENTO).
Ciò comporta che nella medesima posizione viene a trovarsi l’erede beneficiato che abbia pagato con proprie risorse il debito ereditario, al quale l’art. 1203, n. 4, cod. civ., concede, infatti, il diritto potestativo di surrogarsi di diritto nella posizione del creditore ereditario e di esercitarlo anche attraverso l’instaurazione di un giudizio di cognizione volto ad ottenere la condanna dell’eredità al relativo rimborso, dovendosi l’operatività di diritto della surroga legale intendere nel senso che essa opera anche senza il consenso del creditore originario e del debitore, e non invece nel senso che la sua concreta attuazione possa prescindere dalla rituale domanda del terzo che ha pagato di volersi surrogare al creditore soddisfatto
(Cass., Sez. L, 22/2/1995, n. 1997; Cass., Sez. 1, 24/11/1981, n. 6240).
6.4 Ebbene, alla stregua dei principi sopra esposti, appare allora evidente come i giudici di merito abbiano errato allorché hanno affermato, per un verso, che l’azione di rimborso nei confronti delle coeredi beneficiate potesse esercitarsi soltanto in caso di incapienza del patrimonio relitto e, per altro verso, che il credito potesse essere fatto valere soltanto all’interno della procedura.
Quanto alla prima questione, infatti, non è stato considerato, innanzitutto, che il coerede beneficiato può pagare, con risorse proprie, i debiti del defunto, essendo ad esso lasciata, per legge, la liquidazione del passivo in quanto dominus -acquirente del patrimonio relitto e legittimato al compimento di tutti gli atti di amministrazione ordinaria e straordinaria ex art. 491 cod. civ., con obbligo di rendiconto ex art. 496 cod. civ., ed esercitare, in tal caso, il diritto potestativo di regresso, sostanzialmente sostituendosi al creditore rimasto soddisfatto, senza che rilevi in alcun modo la capienza o meno del patrimonio relitto, la quale non incide affatto sull’accertabilità, a monte, dell’ an e del quantum del credito, ma rileva soltanto a valle, nella fase di pagamento.
Ciò comporta che, così come il creditore del de cuius , anche il coerede può sempre agire, quale creditore in via di surroga, per il riconoscimento ed il soddisfacimento del proprio diritto al rimborso nei confronti dell’erede beneficiato, il quale, intervenuta l’accettazione della eredità con beneficio di inventario, è senz’altro erede, nel senso che continua la persona del de cuius , acquistando tutti i diritti caduti nella successione e divenendo soggetto passivo delle relative obbligazioni, così da essere legittimato passivo in proprio e non quale rappresentante della eredità, senza che rilevi il fatto che sia tenuto al pagamento dei debiti ereditari oltre il valore dei beni pervenutigli (Cass., Sez. 2, 18/6/1965, n. 1280; anche
Cass., Sez. 2, 23/6/1992, n. 7695), né tantomeno l’insufficienza dell’asse ereditario.
Infatti, lo stesso disposto di cui all’art. 754 cod. civ., che, invocabile dai creditori del de cuius , consente ad essi, in deroga alla regola della solidarietà passiva ex art. 1294 cod. civ., di pretendere nei confronti di ciascun coerede l’adempimento della prestazione divisibile in misura non eccedente la rispettiva quota ereditaria (vedi Cass., Sez. 3, 30/6/2005, n. 13953; Cass., Sez. 3, 31/3/2015, n. 6431, non massimata), trova come sbarramento proprio il limite di responsabilità dettato dall’accettazione con beneficio di inventario – cui avevano acceduto, nella specie, anche le coeredi convenute -, nel senso che consente la realizzazione del credito soltanto con i beni dell’eredità e non già con quelli personali dell’erede, nei limiti del loro valore (Cass., Sez. 3, 9/4/2015, n. 7090; Cass., Sez. 2, 29/09/2020, n. 20531), con la conseguenza che l’incapienza del patrimonio relitto lungi dal far residuare una responsabilità pro quota dell’erede accettante con beneficio di inventario, come sembrerebbe arguirsi dalla sentenza impugnata, impedisce proprio che questi, pur divenuto soggetto passivo delle obbligazioni cadute nella successione (Cass., Sez. 3, 14/3/20023, n. 3791; Cass., Sez. 2, 18/5/1993, n. 5641) e pur potendo essere condannato per l’intero debito, risponda con beni propri di quanto rimane ancora da pagare, atteso che, in concreto, la sua responsabilità resta limitata intra vires hereditatis ove egli faccia valere il beneficio con l’apposita eccezione (Cass., Sez. 2, 29/9/2020, n. 20531; Cass., Sez. 3, 16/4/2013, n. 9158; Cass., Sez. 3, 4/9/2012, n. 14821).
Quanto alla seconda questione, la Corte d’Appello non ha considerato che rientra nell’ambito della procedura la sola fase di liquidazione del passivo, ma non anche la cognizione dei crediti, atteso che, una volta che l’erede beneficiato abbia eseguito la
pubblicazione prevista dall’art. 498, terzo comma, cod. civ., non può essere assoggettato ad esecuzione forzata dai creditori dell’eredità (neanche con riferimento ai beni caduti in successione), dovendosi procedere alla liquidazione dei beni ereditari nei modi previsti dagli artt. 499 e segg. cod. civ., senza che per questo sia inibito l’esercizio, da parte di questi ultimi di autonoma azione di accertamento e condanna (per tutte Cass., Sez. 3, 16/11/1994, n. 9690).
Né rileva, infine, il fatto che il ricorrente non abbia impugnato l’ulteriore ratio decidendi afferente alla mancata dimostrazione dell’avvenuto pagamento dell’intero, trattandosi di circostanza superflua ai fini voluti, atteso che ciò che conta, ai fini del diritto al rimborso, è che vi sia stato qualunque pagamento di debiti ereditari con risorse proprie e non cum viribus hereditatis .
Consegue da quanto detto la fondatezza delle censure.
7. Col sesto motivo, il ricorrente lamenta, subordinatamente ai precedenti motivi, la manifesta contraddittorietà della sentenza e la violazione dell’art. 116 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per avere il giudice d’appello reso una motivazione apparente, incomprensibile e comunque in contrasto con altre affermazioni e con le prove e i fatti acquisiti al processo, allorché aveva rigettato la domanda, pur sostenendo che l’attore, in qualità di erede accettante con beneficio di inventario, avrebbe potuto prelevare dall’asse ereditario il controvalore degli oneri economici sopportati – come le spese per l’apposizione dei sigilli, dell’inventario e di ogni altro atto dipendente dall’accettazione con beneficio di inventario ex art. 511 cod. civ., e solo in caso di incapienza rivalersi pro quota sugli altri coeredi, e pur facendo propri, ancorché senza indicarli, i crediti riconosciuti dal Tribunale in favore dell’attore per l’importo di € 37.057,89 + € 1.500,00. Essendo inequivoco che la richiesta verteva
sull’accertamento del credito ai sensi dell’art. 511 cod. civ. da far valere in prededuzione al momento della liquidazione dell’eredità, la domanda avrebbe dovuto essere invece totalmente accolta.
8. Col settimo motivo, il ricorrente lamenta, subordinatamente al precedente, la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 780 cod. proc. civ., 754 cod. proc. civ., con riferimento agli artt. 484, 490, 491, 511 e 506, 497 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., perché i giudici d’appello, motivando nei termini specificati nella precedente censura, avevano omesso di rapportare l’art. 511 cod. civ. agli artt. 484 e 490 cod. civ., in quanto non avevano considerato che, in caso di incapienza del patrimonio ereditario, nessuna domanda avrebbe potuto essere fatta valere contro gli altri eredi beneficiati ai sensi dell’art. 490 cod. civ., senza che ciò impedisca, però, l’accertamento di debiti dell’eredità beneficiata. Inoltre, affermando l’inammissibilità delle domande di accertamento delle somme da porsi a carico dell’eredità beneficiata in quanto la procedura di liquidazione era tuttora aperta, si erano posti in contrasto col principio secondo cui, in pendenza della procedura concorsuale di liquidazione dell’eredità beneficiata, i creditori del de cuius , ivi compreso il coerede creditore che agisca in prededuzione ex art. 511 cod. civ., possono proporre contro l’erede azioni di condanna o anche di mero accertamento dell’esistenza ed entità del loro credito, ancorché abbiano presentato dichiarazioni di credito ex art. 498 cod. civ., stante l’autonomia e la possibile coesistenza dei due procedimenti, vietando la procedura di liquidazione soltanto l’inizio di procedure esecutive e individuali e la distribuzione del ricavato delle procedure in corso. Peraltro, essendo il coerede che agisce in prededuzione un creditore privilegiato, la formazione dello stato di graduazione non poteva che imporre la quantificazione delle spese
da anteporre e scorporare dalla massa patrimoniale, avvenendo, invece, sul residuo la distribuzione tra i creditori.
9. Con l’ottavo motivo, il ricorrente lamenta, in via ulteriormente subordinata, la violazione dell’art. 111 Cost. e degli artt. 99, 116 e 132 cod. proc. civ., in relazione agli artt. 161 e 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., per omessa e/o errata valutazione di un fatto storico e/o un elemento probatorio fondamentale, per avere i giudici di merito espresso il proprio convincimento omettendo di considerare che tutti e tre gli eredi di COGNOME NOME avevano accettato l’eredità con beneficio di inventario e che COGNOME NOME aveva citato l’eredità beneficiata ai sensi dell’art. 780 cod. proc. civ., senza rivolgere alcuna domanda personale nei confronti degli eredi, ciò che aveva comportato la falsa applicazione dell’art. 511 cod. civ., erroneamente interpretato alla luce dell’art. 754 cod. civ.
10. Il sesto, settimo e ottavo motivo, da trattare congiuntamente in quanto strettamente connessi, siccome vertenti tutti sulla possibilità di proporre domanda di accertamento del diritto al rimborso al di fuori della procedura di liquidazione dell’eredità beneficiata, affrontata ora sotto il profilo della motivazione apparente, ora della violazione di legge sia in relazione alla disciplina applicabile in caso di accettazione beneficiata, sia all’impossibilità per il coerede di rivalersi sulle altri eredi beneficiate in caso di incapienza del patrimonio relitto, ora sotto il profilo dell’omesso esame di fatto storico con riguardo all’accettazione beneficiata delle altre eredi, restano assorbiti dall’accoglimento dei motivi che precedono, siccome proposti subordinatamente ad essi.
11. Col nono motivo, il ricorrente lamenta l’omessa motivazione e la violazione dell’art. 111 della Cost. e degli artt. 99, 112, 116 e 132 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., perché i giudici di merito, a fronte del motivo col quale si doleva che il Tribunale avesse escluso la rimborsabilità, ex
art. 511 cod. civ., delle spese di assistenza legale da lui sostenute per la difesa degli interessi dell’eredità nelle cause relative a debiti ereditari, avevano respinto la censura, rendendo una motivazione apodittica, in quanto si erano limitati ad affermare che il rimborso non era dovuto perché i predetti oneri erano stati sostenuti non già nell’interesse dell’eredità beneficiata, ma del singolo coerede per la resistenza nelle liti intentante da creditori personali del defunto, senza nulla dire sulla dedotta loro rimborsabilità in prededuzione ex art. 511 cod. civ., ma citando pronunce di legittimità non attinenti alla questione, come quella relativa alla condanna alle spese del coerede per il suo comportamento litigioso, e quella riguardante il momento del pagamento dell’imposta di successione, benché la richiesta di rimborso non attenesse alle imposte di successione.
12. Col decimo motivo, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 111 Cost. e degli artt. 99, 112, 116 e 132 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., perché i giudici di merito, con riguardo alla richiesta di rimborso delle spese legali corrisposte con denaro proprio per le cause riguardanti debiti ereditari, avevano rigettato il terzo motivo d’appello, pronunciandosi extra petita allorché hanno affermato che l’erede beneficiato non avesse diritto ad alcun compenso per l’opera svolta, avendo agito anche nell’interesse proprio, benché nessun riconoscimento di compenso fosse stato richiesto nella specie, oltre ad aver affermato l’inammissibilità e infondatezza delle domande in ragione della mancata dimostrazione dell’insufficienza dell’asse ereditario al soddisfacimento delle sue pretese, presupposta dall’azione diretta nei confronti degli altri eredi, così pronunciandosi ancora una volta extra petita, non avendo considerato che le spese da accertarsi non inerivano al rimborso di pagamento di debiti ereditari ex art. 1203, n. 4, cod. civ., ma riguardavano il rimborso ex art. 511 cod. civ. nei confronti dell’eredità beneficiata del
pagamento dei professionisti da lui incaricati per la difesa del patrimonio ereditario in giudizio.
13. Con l’undicesimo motivo, il ricorrente lamenta, subordinatamente rispetto agli altri motivi di impugnazione, la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 780 cod. proc. civ. e 754 cod. civ., con riferimento agli artt. 484, 490, 491, 511, e dell’art. 1203, n. 4, cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito affermato che dovessero richiamarsi le osservazioni sull’inammissibilità e infondatezza delle domande proposte dall’erede beneficiato di ripetizione delle somme asseritamente anticipate in favore dell’eredità, non essendo provata l’insufficienza dell’asse ereditario al soddisfacimento delle sue pretese, presupposto delle azioni dirette nei confronti degli altri eredi, senza considerare che l’azione era stata proposta nei confronti dell’eredità beneficiata e che, in questi casi, andavano citati gli altri eredi, con la conseguenza che la motivazione era affetta da nullità in quanto era stata attribuita alla domanda attrice un significato diverso da quello fatto valere in giudizio. I giudici di merito avevano peraltro trascurato il fatto che, in caso di accettazione dell’eredità con beneficio di inventario, l’insufficienza del patrimonio ereditario non consente all’erede beneficiato, che abbia anticipato denaro proprio nell’interesse dell’eredità, di rivalersi sugli altri coeredi beneficiati pro quota , potendo ciò accadere soltanto nel caso di capienza del patrimonio ereditario, e che la domanda ex art. 511 cod. civ. prescinde, invece, dall’eventuale insufficienza del patrimonio ereditario.
14. La nona, decima e undicesima censura, da trattare congiuntamente in quanto afferenti al terzo motivo d’appello relativo alla rimborsabilità delle somme anticipate per le spese legali e della tassa di registrazione delle sentenze emesse in favore dell’eredità beneficiata, ora affrontare in termini di difetto di
motivazione, ora di pronuncia ultra petita in ordine all’esame della richiesta di compenso mai avanzata, ora di ultra petita e violazione di legge circa l’affermazione sulla necessità dell’incapienza del patrimonio ereditario, sono fondate.
Occorre, innanzitutto, premettere come i giudici di merito abbiano distinto le spese legali e di registrazione delle sentenze emesse in favore dell’eredità beneficiata e quelle relative al pagamento di debiti ereditari, ritenendo applicabile, quanto alle prime, il principio secondo cui l’erede beneficiato resta obbligato a corrispondere le spese conseguenti al suo comportamento litigioso, secondo il principio generale della soccombenza, e non inquadrabili tra i debiti dell’eredità; quanto alle seconde, il principio secondo cui la limitazione di responsabilità dell’erede beneficiato è opponibile anche al fisco, con la conseguenza che quest’ultimo non può esigere il pagamento dell’imposta di successione fino a che non venga chiusa la procedura di liquidazione dell’eredità e purché esista un residuo attivo in favore dell’erede; quanto alle terze e a tutti i crediti, i principi già richiamati in ordine all’inammissibilità e infondatezza delle somme asseritamente anticipate in favore dell’eredità in assenza di prova sull’insufficienza dell’asse ereditario al soddisfacimento delle sue pretese, presupposto dell’azione nei confronti degli altri eredi.
Orbene, fermo restando quanto già detto in ordine all’erroneità della pronuncia con riguardo al diritto al rimborso delle somme corrisposte con denaro proprio dall’erede in caso di eredità beneficiata, le due questioni afferenti alle spese legali e a quelle di registrazione delle relative sentenze emesse sono affrontate dai giudici di merito attraverso il mero richiamo a principi generali, già affermati da questa Corte, senza fare ad essi seguire alcuna considerazione in ordine alla fattispecie concreta sottoposta al loro esame, con conseguente apoditticità della motivazione.
Deriva da quanto detto la fondatezza delle censure.
15. Col dodicesimo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 490 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., in relazione al suo debito derivante dalla sentenza n. 374/2000 del Tribunale di Massa Carrara, che era stata emessa all’esito di un giudizio incardinato nei suoi confronti dal de cuius COGNOME NOME e riassunto, dopo il decesso del predetto, dalle coeredi COGNOME NOME COGNOME e COGNOME NOME e che aveva dichiarato l’estinzione del suo debito nei confronti delle predette per compensazione. Infatti, a fronte della domanda con la quale egli ne aveva chiesto la compensazione con il maggior credito da lui vantato nei confronti dell’eredità beneficiata e quindi delle predette coeredi, la Corte d’Appello aveva individuato queste ultime come sue creditrici, omettendo però di specificare, con riguardo a tale credito, la loro qualifica di eredi beneficiate di COGNOME NOME. In tal modo, i giudici di merito non avevano considerato che la sentenza in questione costituiva attivo dell’eredità beneficiata, nonché dell’art. 490 cod. civ., secondo cui l’effetto del beneficio di inventario è quello di tener distinti i patrimoni del de cuius e dell’erede, con la conseguenza che il predetto credito non era entrato e non poteva entrare a far parte del patrimonio personale di COGNOME NOME e COGNOME NOME in virtù della loro accettazione con beneficio di inventario, e che l’errore compiuto comportava un’illegittima sottrazione di poste attive in danno dell’eredità beneficiata COGNOME NOME.
16. Col tredicesimo motivo, il ricorrente lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito omesso di esaminare la sentenza del Tribunale di Massa Carrara n. 374 del 2000, che avrebbe consentito di accertare che il suo debito era a favore di
NOME COGNOME e NOME COGNOME quali accettati con beneficio di inventario dell’eredità dismessa da NOME COGNOME.
17. Il dodicesimo e tredicesimo motivo, da trattare congiuntamente in quanto afferenti alla medesima questione della compensazione del maggior credito vantato dal ricorrente con il suo debito verso le coeredi dovuto alla sentenza n. 374/2000 del Tribunale di Massa Carrara, sono inammissibili per difetto di interesse, avendo la Corte di merito accolto le censure proposte dal ricorrente in merito alla compensazione del proprio debito verso l’eredità con il credito da lui vantato.
18. In conclusione, dichiarata l’inammissibilità del primo, del dodicesimo e del tredicesimo motivo, la fondatezza del secondo, terzo, quarto, quinto, nono, decimo e undicesimo, e l’assorbimento del sesto, settimo e ottavo, il ricorso deve essere accolto, con rinvio alla Corte d’Appello di Genova, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Genova, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 24/9/2024