Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8564 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 8564 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 01/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1360/2024 R.G. proposto da: COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso il DECRETO della CORTE D’APPELLO DI NAPOLI n. 736/2023, depositato il 12/06/2023; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/01/2025 dal
Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME proponeva opposizione, ai sensi dell’art. 5 -ter legge 24 marzo 2001, n. 89, avverso il decreto monitorio con cui la Corte d’Appello di Napoli rigettava la sua richiesta di liquidazione di un equo indennizzo per l’irragionevole durata del giudizio di opposizione a sanzione amministrativa per violazione del Codice della Strada, introdotto da COGNOME innanzi al Giudice di Pace di Carinola con ricorso depositato il 30.09.2011, e definito in primo grado con sentenza n. 111/2014 pubblicata il 24.01.2014, nonché del successivo giudizio di appello proposto innanzi al Tribunale di S. Maria Capa Vetere con citazione notificata il 21.07.2014 e conclusosi con sentenza n. 3726/2022, depositata il 19.10.2022.
1.1. Il decreto impugnato rilevava che entrambe le sentenze emesse a conclusione del giudizio presupposto avevano rigettato l’opposizione alla sanzione amministrativa di €. 159,00, con decurtazione di dieci punti dalla patente e sospensione della stessa per un mese, irrogata all’attuale ricorrente per aver effettuato un sorpasso in curva invadendo l’opposta corsia di marcia, in quanto la commissione di tale infrazione era stata rilevata personalmente dai Carabinieri e contestata immediatamente al suo autore, con contestuale ritiro della patente, per cui la realtà degli accadimenti non poteva essere posta in dubbio se non con querela di falso, nella fattispecie non proposta.
Nell’impugnare tale decreto , d e COGNOME ha affermato che, all’epoca in cui fu proposto il ricorso in opposizione a sanzione amministrativa, vi era un orientamento giurisprudenziale ondivago circa i limiti della
fede privilegiata da attribuire al verbale di accertamento di contravvenzione, ed in merito all’esigenza di proporre o meno querela di falso per contestarne le risultanze, in quanto la Suprema Corte aveva affermato che detto verbale non è suscettibile di fede privilegiata qualora presenti un’irrisolvibile contraddittorietà oggettiva , verificatasi nel caso di specie in quanto il verbale manoscritto «rendeva dubbia l’individuazione della chilometrica all’altezza della quale sarebbe avvenuta la presunta infrazione, non essendo comprensibile se dovesse leggersi 173+800 ovvero 179+800».
La Corte d’Appello di Napoli in composizione collegiale rigettava l’opposizione, osservando che , alla luce delle risultanze emerse in entrambi i gradi del giudizio presupposto, la violazione dell’infrazione era stata commessa senza incertezza alcuna all’altezza del INDIRIZZO della INDIRIZZO. Concludeva, quindi, il giudice dell’opposizione che non è il semplice errore nell’individuazione dello strumento processuale da impiegare (querela di falso) a determinare la temerarietà dell’iniziativa processuale in esame , quanto piuttosto il mancato doveroso impiego di quella diligenza minima che avrebbe agevolmente consentito al ricorrente di avvedersi dell’infondatezza della domanda proposta a distanza di due anni dall’intervento di un chiaro pronunciamento delle Sezioni Unite della Cassazione volto ad escludere la possibilità di contestare, se non con querela di falso, la fede privilegiata da riconoscere a quanto accertato dal pubblico ufficiale come avvenuto in sua presenza -prospettando un’inesistente contraddittorietà intrinseca del verbale di contestazione.
La suddetta pronuncia è stata impugnata da NOME COGNOME per la cassazione, con ricorso affidato ad unico motivo illustrato da memoria.
Resiste il Ministero della Giustizia.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo si deduce violazione dell’art. 360, n. 3 ) c.p.c. Violazione dell’art. l’art. 2, comma 2 -quinquies , lett. a) della legge n. 89 del 2001. Sostiene il ricorrente che sia all’epoca dell’introduzione del giudizio presupposto di primo grado, sia in grado di appello, la giurisprudenza non era univoca in ordine alla necessità dell’impugnazione del verbale mediante querela di falso . Stanti le incertezze giurisprudenziali -riportate analiticamente in ricorso – può dunque essere sostenuta la tes i dell’errore processuale, non già la proposizione incauta del mezzo processuale. Inoltre, il giudizio di rigetto espresso dal giudice dell’opposizione , in quanto non si riscontra la contraddittorietà del verbale di un pubblico ufficiale, è un post non un prius da poter prevedere e contrastare ex ante .
1.1. Il motivo è infondato.
La Corte napoletana ha tratto dalle risultanze probatorie l’assoluta certezza che il verbale di contestazione all’epoca elevato nei confronti di d e COGNOME fosse chiaro nel rilevare l’avvenuta violazione al INDIRIZZO.
Si tratta di una valutazione ex post , ossia a valle di un (lungo) procedimento presupposto, tanto inevitabile quanto connaturata alla natura dei procedimenti giudiziari per giungere all’accertamento del prius , ossia della consapevolezza dell’incolpato di aver commesso l’infrazione contestata al INDIRIZZO indicato in verbale, facendo leva sull’incertezza della giurisprudenza in merito alla strategia processuale più opportuna. Consapevolezza, del resto, che spiega la scelta processuale di non procedere alla querela di falso.
In altri termini: la valutazione ex post alla quale il giudice in equa riparazione può fare ricorso nell’applicazione dell’art. 2, comma 2 -quinquies lett. a) può essere necessaria nei casi in cui -come quello
che ci occupa -dalle risultanze probatorie emerga quella consapevolezza della infondatezza delle proprie domande o difese prevista nella fattispecie normativa e richiesta in una fase anteriore ovvero sopravvenuta (ma comunque antecedente l’irragionevole durata del procedimento presupposto).
Alla luce di questo principio, non rileva nel caso di specie l’ «orientamento ondivago» della giurisprudenza di questa Corte in tema di querela di falso rispetto ad un verbale di contestazione di infrazione del CdS viziato da irrisolvibile contraddittorietà oggettiva, semplicemente perché il processo ha dimostrato che detta contraddittorietà oggettiva non sussisteva.
Del resto, non è prospettabile in questa sede un riesame in fatto: il giudizio di consapevolezza è un giudizio di merito, come tale aggredibile per omesso esame di un fatto controverso, oppure per falsa applicazione o errore di sussunzione: tutte ipotesi qui non ricorrenti.
In definitiva, il Collegio rigetta il ricorso.
Le spese seguono la soccombenza come da dispositivo.
Non ricorrono – ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del D.P.R. n. 115 del 2002 – i presupposti processuali per il raddoppio del contributo, trattandosi di ricorso per equa riparazione, come tale non soggetto al pagamento del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso;
condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore del Ministero della Giustizia controricorrente, che liquida in €. 750,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, il 22 gennaio 2025.
Il Presidente NOME COGNOME