Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21402 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21402 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso 3738 -2022 proposto da:
COGNOME NOME, in proprio e quale unico erede di RAGIONE_SOCIALE e di COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in Campagna (SA), presso lo studio degli AVV_NOTAIO NOME COGNOMEAVV_NOTAIO e NOME COGNOME dai quali è rappresentato e difeso, giusta procura in calce la ricorso, con indicazione degli indirizzi pec;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in Roma, INDIRIZZO, rappresentato e difeso dall’RAGIONE_SOCIALE ope legis ;
– controricorrente –
avverso il decreto cron. n. 3009/2021 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, pubblicato il 29/6/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/11/2023 dal consigliere COGNOME;
lette le memorie del ricorrente.
FATTI DI CAUSA
1.Con decreto n. 3009 del 2021, la Corte d’appello di Salerno ha respinto l’opposizione proposta, ex art. 5 ter l. 89/2001, da NOME e NOME COGNOME in proprio e, entrambi, quali eredi di NOME COGNOME, avverso il decreto del Consigliere delegato n. 475/21, con cui era stata rigettata la loro domanda di equo indennizzo per irragionevole durata del procedimento, protrattosi per due gradi di merito, uno di legittimità e uno in rinvio, dal 2002 al 2019; il procedimento era stato instaurato da loro e dal de cuius NOME COGNOME, deceduto nelle more del giudizio e si era concluso con il parziale accoglimento della loro domanda e con dichiarazione del loro diritto di proprietà nella misura pari a ¼ e non per l’intero come preteso – di un ripostiglio, parzialmente occupato da terzi.
A motivazione del rigetto della domanda di indennizzo per equa riparazione, la Corte d’appello, confermando il decreto monocratico, ha ritenuto che, in applicazione della presunzione prevista al comma 2 septies dell’art. 2 l. 89/2001, non spettasse indennizzo perché COGNOME e COGNOME, sin dal 1983, cioè prima dell’instaurazione del giudizio, avevano goduto il bene in misura superiore al diritto loro poi riconosciuto, occupandolo gratuitamente, con un vantaggio patrimoniale superiore all’indennizzo eventualmente loro spet tante.
Avverso questo decreto NOME COGNOME, quale erede sia di NOME, deceduta nelle more, sia di NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo ad un unico motivo. Il Ministero si è difeso con controricorso.
RAGIONI RAGIONE_SOCIALE DECISIONE
1. Con l’unico motivo, articolato in riferimento al n. 3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., il ricorrente ha lamentato la violazione del comma 2 septies dell’art. 2 , come aggiunto dall’articolo 1, comma 777, lettera d), della Legge 28 dicembre 2015, n. 208, per avere la Corte d’appello erroneamente rinvenuto nell’esercizio del possesso su un bene oggetto di rivendica un vantaggio da compensare, ai sensi della presunzione ex art. 2 comma 2 septies l.89/2001, con il pregiudizio derivante dalla durata irragionevole del giudizio petitorio.
1.1 Il motivo è fondato.
Secondo la presunzione prevista dal comma 2 septies dell’art. 2, «si presume parimenti insussistente il danno quando la parte ha conseguito, per effetto della irragionevole durata del processo, vantaggi patrimoniali eguali o maggiori rispetto alla misura dell’indennizzo altrimenti dovuto».
Come rivela l’avverbio «parimenti», nello stesso articolo è disciplinata, al precedente comma 2 sexies, lett. a), un’altra ipotesi in cui il pregiudizio da irragionevole durata è comparabile e, presuntivamente, compensabile, con il vantaggio che all’imputato derivi dal protrarsi del suo giudizio, cioè la dichiarazione di intervenuta prescrizione del reato : nella ricostruzione di quest’ultima ipotesi, questa Corte ha sottolineato che intanto la presunzione può operare in quanto l’imputato che potrà essere prosciolto per intervenuta prescrizione può prevedere in anticipo l’esito del suo giudizio, in conseguenza del trascorrere del tempo, perché i tempi della prescrizione sono prefissati e calcolabili e presuntivamente non soffre più la pendenza del giudizio a suo carico già alla data del maturarsi della causa di estinzione.
Quel che allora deve considerarsi è che la presunzione di assenza di danno necessita di applicazione rigorosa, in quanto disposizione eccezionale rispetto al diritto alla compensazione del pregiudizio da irragionevole durata.
La comparazione e, di seguito, la compensazione tra durata e vantaggio è possibile, pertanto, in quanto il protrarsi del giudizio abbia risposto ad un effettivo interesse della parte che poi ha agito in equa riparazione, nel senso che l’allungamento dei tempi di durata sia stato da lei percepito come destinato a produrre conseguenze a lei favorevoli -nella fattispecie, di natura patrimoniale – e sia stato da lei ritenuto, perciò, utile.
È, allora, necessario, che si tenga conto, da un lato, della questione dibattuta nel processo e delle aspettative conseguentemente riposte nel suo esito e, dall’altro, del comportamento processuale della parte, in particolare se questa abbia mostrato di volersi avvalere dei mezzi di difesa offertigli dall’ordinamento non già per conseguire la pronuncia desiderata, ma per trarre un vantaggio patrimoniale diverso e ulteriore.
Infine, come detto, il comma 2 septies specifica che, ai fini della comparazione e della compensazione, il vantaggio diverso e ulteriore conseguente alla durata stessa del processo deve essere di natura patrimoniale: ciò significa che la comparazione deve avvenire tra due grandezze definite e, cioè, da un canto la misura dell’indennizzo altrimenti dovuto e, dall’altro , l’ammontare del vantaggio conseguito.
1.2. La Corte d’appello, nel decreto impugnato, ha applicato la presunzione fuori da questi limiti, ritenendo compensabile il pregiudizio da eccessiva durata del giudizio di rivendicazione dell’immobile che non ha neppure calcolato nella misura «altrimenti spettante» – con l’asserito vantaggio del protrarsi della sua occupazione, cioè un fatto
indipendente dalla durata del giudizio presupposto (gli attuali ricorrenti non erano destinatari di una pretesa restitutoria) e che non è stato neppure quantificato.
Il ricorso è perciò accolto e il decreto impugnato deve essere cassato, con rinvio alla Corte d’appello di Salerno in diversa composizione perché decida in applicazione dei principi suesposti e, statuendo in rinvio, regoli anche le spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa il decreto impugnato e rinvia alla Corte d’appello di Salerno in diversa composizione, anche per le spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda