Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 11316 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 11316 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/04/2025
Oggetto
Responsabilità civile p.a. -Mancata attuazione direttive comunitarie -Medici specializzandi
NOME COGNOME
Presidente –
Oggetto
NOME COGNOME
Consigliere Rel. –
R.G.N. 16419/2022
NOME COGNOME
Consigliere –
NOME COGNOME
Consigliere –
COGNOME
NOME COGNOME
Consigliere –
CC – 01/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16419/2022 R.G. proposto da Presidenza del Consiglio dei Ministri, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata digitalmente ex lege ; -ricorrente –
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’Avv. COGNOME domiciliata digitalmente ex lege ;
-controricorrente – avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 2222/2022, depositata il 4 aprile 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 1° aprile 2025
dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME convenne in giudizio davanti al Tribunale di Roma la Presidenza del Consiglio dei ministri chiedendone la condanna al risarcimento dei danni conseguenti alla mancata attuazione delle direttive europee 75/362/CEE, 75/363/CEE e 82/76/CEE, assumendo di non aver percepito remunerazione alcuna, a titolo di borse di studio, durante gli anni di frequenza della scuola di specializzazione postuniversitaria di “Chirurgia d’urgenza e pronto soccorso” presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II” dall’anno accademico 1981/1982 al 1985/1986.
Con sentenza n. 21524 del 2016 il Tribunale rigettò la domanda, in considerazione dell’anno di immatricolazione dell’appellante, antecedente all’anno accademico 1983/1984, ossia all’anno dal quale sarebbe sorto l’obbligo dello Stato di prevedere una retribuzione degli specializzandi.
In accoglimento del gravame interposto dal Di COGNOME e in riforma di tale decisione la Corte d’appello di Roma, c on sentenza n. 2222/2022, resa pubblica il 4 aprile 2022, ha condannato l’amministrazione appellata al pagamento in favore dell’appellante « della somma corrispondente alla frazione temporale dell’anno accademico 1982/83 successiva al 31 dicembre 1982 frequentata a partire dal 1/1/1983 ed alla somma di € 6.713,94 per ciascuno degli ulteriori anni di corso, oltre interessi legali dal 3.6.2009 ».
Per la cassazione di tale sentenza la Presidenza del Consiglio dei Ministri propone ricorso sulla base di due motivi, cui resiste NOME COGNOME depositando controricorso.
È stata fissata per la trattazione l’odierna adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ., con decreto del quale è stata da rituale comunicazione alle parti.
Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia « violazione e falsa applicazione della direttiva 26 gennaio 1982, n. 82/76/CEE, riassuntiva delle direttive 16 giugno 1975, n. 75/362/CEE e n. 75/363/CEE, dell’art. 115 c.p.c., dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ. ».
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha affermato che la scuola di specializzazione in « Chirurgia d’urgenza e Pronto soccorso » frequentata dal dott. COGNOME debba essere considerata equivalente a quella di « Chirurgia Generale », sebbene tale equipollenza non fosse stata in alcun modo allegata o provata.
Contesta l’argomento speso in sentenza secondo cui l’equipollenza tra le specializzazioni considerate costituirebbe un fatto notorio, sottolineando che l’equipollenza della specializzazione in “Chirurgia d’urgenza e pronto soccorso” a “Chirurgia generale” può desumersi solo da un concreto e puntuale raffronto tra i relativi piani di studio, richiedendo una valutazione di merito del giudice sulla base dei dati forniti dalla parte che ha interesse al riconoscimento dell’equivalenza.
Rileva infine l’inconducenza del richiamo al d.m. 30 gennaio 1998.
2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, con riferimento all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., « violazione o falsa applicazione degli artt. 13 e 16 della Dir. 82/76/Cee, ratione temporis vigenti », per avere la Corte d’appello riconosciuto il diritto a percepire una remunerazione adeguata per tutti i medici specializzandi i cui corsi di specializzazione si siano protratti oltre la data ultima a partire dalla quale la Direttiva 82/76/CEE avrebbe dovuto trovare attuazione negli ordinamenti nazionali degli Stati membri, indipendentemente dalla data di avvio dei medesimi corsi.
3. Il primo motivo di ricorso è fondato.
Come già più volte evidenziato da questa Corte (v. Cass. 11/02/2022, n. 4575; 14/12/2021, n. 39826; 29/11/2021, n. 37251;
14/12/2020, n. 28440; 26/07/2019, n. 20303) e come anche correttamente rilevato dalla Corte di merito:
-l’inclusione del corso di specializzazione nelle professioni sanitarie tra quelli di cui agli elenchi allegati alle direttive europee che sanciscono l’obbligo per lo Stato membro di prevedere una adeguata remunerazione per il periodo di frequenza (ovvero la sua equipollenza a quelli riconosciuti in almeno due stati membri), rappresenta uno dei fatti costitutivi del diritto del medico specializzato ad ottenere l’indennizzo per la mancata (o tardiva) attuazione delle suddette direttive (cfr. Cass. n. 23577 del 2011 e n. 458 del 2019);
-non è dunque configurabile la mancata inclusione negli elenchi in questione come un fatto impeditivo del diritto di cui si discute;
-si tratta, in altri termini, di un elemento costitutivo della fattispecie, che l’attore deve specificamente allegare nella sua domanda e, ove occorra, deve altresì provare in giudizio;
-la sua effettiva sussistenza va, di conseguenza, sempre verificata dal giudice, indipendentemente dalla proposizione di una specifica eccezione in proposito da parte del convenuto (e senza che vi sia alcuna necessità di sollecitare le parti ad un ulteriore contraddittorio su di esso);
-a fortiori deve pertanto considerarsi non preclusa dal divieto di cui all’art. 345, comma secondo, cod. proc. civ. la contestazione che l’amministrazione opponga in appello, trattandosi di mera difesa, salvi solo gli effetti della eventuale non contestazione;
-al riguardo occorre invece considerare che la questione – come pure più volte sottolineato da questa Corte -è rilevante sia in diritto (con riguardo alla corrispondenza tra la specializzazione conseguita dall’attore e quelle espressamente incluse negli elenchi allegati alle direttive), sia eventualmente in fatto (con riguardo alla sua equipollenza rispetto alle diverse specializzazioni previste negli altri
stati membri) allorché il medico deduca l’equipollenza : in tal caso lo stesso principio di non contestazione, dunque, può eventualmente operare con esclusivo riguardo agli aspetti rilevanti in fatto (eventuale equipollenza);
─ in altri termini, solo l’acquisizione al processo di detta componente fattuale del fondamento della domanda, in virtù del principio di non contestazione, può rilevarsi preclusiva del rilievo in appello officioso o su impulso dell’amministrazione – del difetto del requisito della equipollenza;
-l’operatività del principio di non contestazione è però condizionata, come noto, anche dal grado di specificità delle allegazioni in fatto poste a fondamento della domanda: se questa è generica, basterà dunque una contestazione altrettanto generica;
─ onde dunque far valere, nel giudizio di legittimità, detta preclusione non è sufficiente dedurre la novità della contestazione perché per la prima volta proposta in appello, non trattandosi di eccezione in senso stretto soggetta al divieto di cui all’art. 345, comma secondo, cod. proc. civ., ma occorre allegare l’esistenza di un accertamento di fatto, già formatosi e consolidatosi in primo grado in virtù del principio di non contestazione e, dunque, indicare la sede dei da cui tale accertamento emergeva e, prima ancora, il modo in cui si era formato (v., in termini, tra le altre, Cass. 16/04/2024, n. 10206; 26/08/2022, n. 25414, in motivazione, § 8.1.2, pagg. 22-24; v. anche, Cass. Sez. U. 14/10/2024, n. 26603; Cass. 15/11/2016, n. 23199, in motivazione).
Ricordati i suindicati principi generali, nel caso di specie deve anzitutto affermarsi l’ammissibilità del ricorso in esame, poiché la difesa erariale, contrariamente a quanto sostenuto in controricorso, non ha eccepito il difetto di equipollenza dei corsi alle diverse specializzazioni previste negli altri Stati membri (ciò che avrebbe concretato l’indebita posizione di una quaestio facti ), ma ha dedotto
che la Corte d’appello aveva omesso di verificare se i predetti corsi fossero inclusi o meno negli elenchi di cui alle direttive europee oppure se fossero equipollenti a quelli riconosciuti da almeno due Stati membri.
L’Amministrazione ricorrente , in altri termini, non ha contestato, nel merito, la verifica di equipollenza effettuata dalla Corte d’appello (ciò che avrebbe integrato una doglianza inammissibile in sede di legittimità), ma ha dedotto che la Corte territoriale ha indebitamente omesso di svolgere tale verifica, non ostante venisse in considerazione un fatto costitutivo del diritto azionato, rispetto al quale il giudice del merito ha il potere-dovere di svolgere officiosamente il proprio accertamento, indipendentemente dalla proposizione di una specifica eccezione in proposito da parte del convenuto.
Con il motivo in esame la difesa erariale ha dunque posto, non già una quaestio facti (né una questione mista di fatto e di diritto), ma una pura quaestio iuris , corredandola dal debito rilievo che, nell’originaria domanda, la circostanza dell’inclusione dei corsi frequentati negli elenchi della direttiva comunitaria (o la loro equipollenza a quelli previsti in almeno due Stati membri) non era stata specificamente allegata dagli attori sicché neppure poteva reputarsi accertata in applicazione del principio di non contestazione.
Oltre che ammissibile, il ricorso in esame, come detto, è fondato, atteso che la specializzazione in questione non è inclusa negli elenchi di cui alle direttive comunitarie, mentre, in ordine all’equipollenza, oltre alla deduzione della pretesa novità della contestazione perché per la prima volta proposta in appello, non è stata debitamente e specificamente allegata l’esistenza di un accertamento di fatto, già formatosi e consolidatosi in primo grado in virtù del principio di non contestazione, né, tanto meno, è stata indicata la sede da cui tale accertamento sarebbe emerso e il modo in
cui si sarebbe formato.
6. Non rileva poi che la specializzazione in « Chirurgia d’urgenza e pronto soccorso » sia stata dichiarata equivalente a quella in « Chirurgia generale » dal d.m. 30 gennaio 1998, successivo di molti anni alla data di immatricolazione del controricorrente nel relativo corso.
Al riguardo, va ricordato che questa Corte ha ripetutamente affermato, in via generale, il principio per cui il mero inserimento di determinati corsi di specializzazione nei vari decreti ministeriali intervenuti dopo il decreto legislativo n. 257 del 1991 (e non applicabili retroattivamente) non può assumere decisiva rilevanza ai fini dell’eventuale inadempimento dello Stato agli obblighi derivanti dalle direttive europee e, quindi, ai fini del diritto al compenso previsto da tali direttive, in mancanza dell’effettiva equipollenza, da accertare in concreto, tra gli stessi corsi e quelli previsti in almeno due Stati membri; i decreti in questione, d’altra parte, sono dettati ad altri fini, avendo riguardo all’organizzazione delle scuole o all’eventuale mantenimento di corsi privi dei requisiti richiesti ai fini dell’equiparazione a quelli europei.
Deve quindi escludersi che il diritto al risarcimento in favore dei medici specializzandi per inadempimento della direttiva 26 gennaio 1982, n. 82/76/CEE, riassuntiva delle direttive 16 giugno 1975, n. 75/362/CEE e 75/363/CEE, possa essere riconosciuto a coloro che abbiano frequentato corsi di specializzazione non comuni ad almeno due Stati membri in base agli elenchi di dette direttive e li abbiano conclusi prima dei decreti ministeriali di conformità delle specializzazioni conseguite a quelle elencate, non potendosi ravvisare un illecito comunitario nel mancato ampliamento del novero delle specializzazioni equipollenti, il quale costituiva una facoltà per gli Stati membri e non già un obbligo imposto dalla normativa comunitaria (in tal senso, ex multis , Cass. n. 10206 del 2024, cit.; n. 20303 del
2019; n. 39826 del 2021; n. 25414 del 2022, cit.).
Il ricorso della difesa erariale va dunque accolto, restando assorbito l’esame del secondo motivo, e la sentenza impugnata va conseguentemente cassata.
Non essendo necessari nuovi accertamenti di fatto la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., con il rigetto della domanda risarcitoria.
Avuto, tuttavia, riguardo all’esito alterno dei giudizi di merito, si ravvisano i presupposti per l’integrale compensazione delle spese , sia di entrambi i gradi del giudizio di merito, che del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbito il secondo motivo; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; decidendo nel merito, rigetta la domanda. Compensa integralmente tra le parti le spese di entrambi i gradi del giudizio di merito e del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza