Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14914 Anno 2024
AULA B
Civile Ord. Sez. L Num. 14914 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27098/2019 R.G. proposto da
NOME COGNOME; NOME COGNOME; NOME COGNOME; NOME COGNOME; NOME COGNOME; NOME COGNOME NOME; NOME COGNOME; NOME COGNOME; NOME COGNOME; NOME COGNOME; NOME COGNOME; NOME COGNOME; COGNOME NOME; NOME COGNOME; COGNOME NOME; NOME COGNOME; NOME COGNOME; NOME COGNOME; NOME COGNOME; NOME COGNOME; COGNOME NOME COGNOME; COGNOME NOME; NOME COGNOME; NOME COGNOME; COGNOME;
Oggetto: Lavoro pubblico contrattualizzato -Dipendenti civili Ministero RAGIONE_SOCIALE -Differenze retributive
R.G.N. 27098/2019
Ud. 10/05/2024 CC
NOME COGNOME; NOME COGNOME; NOME COGNOME; COGNOME NOME COGNOME; NOME COGNOME; NOME COGNOME; NOME COGNOME; NOME COGNOME; NOME COGNOME; COGNOME NOME; COGNOME; NOME COGNOME; NOME COGNOME; NOME COGNOME; NOME COGNOME; COGNOME NOME; NOME COGNOME; NOME COGNOME; COGNOME COGNOME; NOME COGNOME; NOME COGNOME; NOME COGNOME; NOME COGNOME; NOME COGNOME; NOME COGNOME; NOME COGNOME; NOME COGNOME NOME; COGNOME NOME , elettivamente domiciliati in INDICOGNOME, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME, che li rappresenta e difende
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso ope legis dall’RAGIONE_SOCIALE presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDICOGNOME
-controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello Lecce , n. 208/2019, depositata in data 05/03/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 10/05/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 208/2019, pubblicata in data 5 marzo 2019, la Corte d’appello di Lecce, nella regolare costituzione dell’appellato
RAGIONE_SOCIALE, ha respinto l’appello proposto dagli odierni ricorrenti avverso la sentenza del Tribunale di Lecce n. 5249, del 5 dicembre 2014.
I ricorrenti, tutti dipendenti civili del RAGIONE_SOCIALE in servizio presso l’aeroporto militare di Galatina, avevano agito per l’accertamento del diritto “alle differenze retributive nella voce di stipendio tra la propria fascia retributiva rispetto a quella di maresciallo” e per la conseguente condanna del RAGIONE_SOCIALE alla corresponsione di dette differenze.
La maggioranza dei ricorrenti aveva invocato a proprio favore il fatto che, con precedente sentenza del Tribunale di Lecce n. 4899/2005, passata in giudicato, era già stato loro riconosciuto il diritto alla percezione dell’indennità prevista dagli artt. 3, comma 1, Legge n. 78/1983, e 5, comma 9, d.P.R. n. 394/1995, per gli importi che erano stati successivamente quantificati dallo stesso Tribunale di Lecce con ulteriore sentenza n. 5121/2011.
La Corte territoriale, nel disattendere il gravame, ha:
-escluso che le precedenti sentenze del Tribunale di Lecce nn. 4899/2005 e 5121/2011 costituissero giudicato vincolante, in quanto le stesse erano riferite ad una causa petendi costituita dall’espletamento, da parte del personale civile, di compiti di supporto tecnico-amministrativo a stretto contatto con quello militare “nelle medesime condizioni ambientali”, nonostante il personale militare godesse di un trattamento economico differenziato volto a compensare i maggiori sforzi lavorativi, senza che tuttavia le sentenze medesime avessero accertato una vera e propria identità di mansioni tra quelle svolte dai ricorrenti e quelle tipiche della figura del maresciallo, equiparazione peraltro esclusa dalla ulteriore
caratterizzazione delle mansioni riservate al solo personale militare e rientranti nella sua esclusiva competenza;
-rilevato che, in ogni caso, l’iniziativa dei ricorrenti si sarebbe tradotta in un abusivo frazionamento della domanda, non potendosi ritenere che la proposizione della stessa si fosse resa possibile solo a seguito delle Sezioni Unite di questa Corte n. 25837/2007, in quanto già l’art. 52, D.Lgs. n. 165/2001 prevede il diritto al trattamento economico prescritto dalla contrattazione di comparto in ipotesi di protratto svolgimento di mansioni superiori rispetto a quelle di assunzione effettivamente svolte;
-ulteriormente escluso la violazione del principio di eguaglianza del trattamento retributivo alla luce della non sovrapponibilità del contenuto delle mansioni, avuto riguardo sia al diverso status del personale militare -chiamato a svolgere attività non sovrapponibili per loro natura a quelle assegnate al personale civile -sia al principio generale per cui i trattamenti economici dei dipendenti pubblici trovano fondamento solo nei contratti collettivi stipulati nelle forme, con le modalità ed i soggetti p revisti dall’art. 2, D. Lgs. n. 165/2001.
-infine, rilevato che per 13 dei ricorrenti che non erano stati parte dei giudizi conclusi con sentenze del Tribunale di Lecce, la domanda risultava priva di allegazioni, basandosi solo sulla deduzione dell’equiparazione del loro trattamento economico a quello del maresciallo ex art. 36 Cost.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Lecce ricorrono i lavoratori in epigrafe.
Resiste con controricorso il RAGIONE_SOCIALE.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
I ricorrenti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a cinque motivi, tutti rubricati, letteralmente, ‘omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia. Violazione ed errata applicazione delle seguenti norme di diritto’, e con i quali la sentenza impugnata viene censurata:
-per aver violato gli artt. 2909 c.c. e 324 c.p.c. non rilevando il vincolo di giudicato derivante dalle precedenti decisioni del Tribunale di Lecce nn. 4899/2005 e 5121/2011 (quest’ultima passata in giudicato a seguito delle decisioni della Corte d’appello di Lecce n. 2307/2006 e di questa Corte 29768/2018);
-per avere erroneamente ritenuto che anche prima della decisione delle Sezioni Unite n. 25837/2007 fosse possibile affermare l’esistenza del diritto al trattamento economico in ipotesi di svolgimento di mansioni superiori;
-per avere affermato la sussistenza di una ipotesi di abusivo frazionamento del credito, laddove la pretesa dei ricorrenti sarebbe risultata azionabile solo dopo la decisione delle Sezioni Unite n. 25837/2007;
-ravvisato un ostacolo all’accoglimento delle pretese dei ricorrenti nella diversità tra lo status del personale militare e quello del personale civile, in tal modo violando l’art. 52, D. Lgs. n. 165/2001;
-in relazione ai 13 ricorrenti che non erano stati parte dei giudizi decisi dal Tribunale di Lecce con le sentenze nn. 4899/2005 e 5121/2011, omesso di rilevare la mancata contestazione da parte del RAGIONE_SOCIALE delle allegazioni concernenti lo svolgimento delle mansioni superiori.
Preliminarmente deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità del controricorso del RAGIONE_SOCIALE, avendo i ricorrenti dedotto che il controricorso sarebbe stato notificato -e conseguentemente depositato oltre il termine di cui all’art. 370 c.p.c.
Si deve, infatti, rilevare che la notifica dello stesso ricorso risulta viziata di nullità, essendo stata effettuata presso l’Avvocatura distrettuale e non presso l’Avvocatura generale (Cass. Sez. 1 Ordinanza n. 28267 del 04/11/2019; Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 20890 del 22/08/2018).
Il controricorso del RAGIONE_SOCIALE, quindi, ben lungi dall’essere tardivo ed inammissibile, è invece venut o a sanare il vizio della notifica del ricorso, del quale, in caso contrario, si sarebbe dovuta disporre la rinnovazione (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 6300 del 02/03/2023).
Tuttavia, poiché la sanatoria è contestuale alla costituzione del resistente, deve ritenersi tempestiva la notifica del controricorso ancorché intervenuta oltre il termine di cui all’art. 370 c.p.c., non avendo tale termine iniziato il suo decorso in ragione dell’inefficacia della notifica dell’atto introduttivo (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 12410 del 24/06/2020; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4977 del 12/03/2015)
Il ricorso deve essere dichiarato, nel suo complesso, inammissibile.
Inammissibile, in primo luogo, in quanto lo stesso non viene a rispettare il canone di specificità e completezza di cui all’art. 366 c.p.c., deducendo sia la violazione del giudicato derivante da precedenti decisioni di merito sia la violazione della regola di non contestazione di cui all’art. 115 c.p.c. , senza tuttavia procedere né ad una adeguata riproduzione, né alla localizzazione negli atti del giudizio, dei passaggi fondamentali delle sentenze di merito e della comparsa dell’odierno controricorrente da cui dovrebbe desumersi tale mancata contestazione, in tal modo precludendo qualsiasi vaglio di detti profili.
Inammissibile, in secondo luogo, nella parte in cui deduce un vizio di ‘ omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione ‘, in quanto, in seguito alla riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5), c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., con L. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost., individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c. e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile” (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 7090 del 03/03/2022; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 22598 del 25/09/2018; Cass. Sez. 3 Sentenza n. 23940 del 12/10/2017).
Inammissibile, infine, ai sensi dell’art. 360 -bis , n. 1), c.p.c., in quanto la decisione impugnata ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte e l’esame dei motivi di ricorso non offre elementi per confermare o mutare detto orientamento.
Si deve, infatti, rammentare che questa Corte ha escluso l’operatività del principio di cui all’art. 45, comma 2, D. Lgs. n. 165/2001 nella comparazione tra personale civile e personale militare, essendo il trattamento economico del primo regolato esclusivamente mediante contratti collettivi, mentre il personale militare risulta tuttora regolato da una disciplina di esclusivo diritto pubblico (cfr. art. 3, D. Lgs. n. 165/2001), dal che deriva la preclusione ad una completa equiparazione tra personale militare e personale civile del Ministero della difesa (Cass. Sez. L, Sentenza n. 8254 del 26/04/2016 Sez. 6 L, Ordinanza n. 18898 del 28/07/2017).
Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna dei ricorrenti alla rifusione in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate -sulla scorta anche del numero di ricorrenti – direttamente in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna i ricorrenti a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 8.000,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale in data 10 maggio