Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 21759 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 3 Num. 21759 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/07/2025
S E N T E N Z A
sul ricorso n. 8359/23 proposto da:
-) Comune di Bari , in persona del Sindaco pro tempore , domiciliato ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore , difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME ed NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
-) RAGIONE_SOCIALE in liquidazione , in persona del liquidatore pro tempore ; NOME COGNOME e NOME COGNOME questi ultimi nella qualità di liquidatori giudiziali del concordato preventivo della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione , domiciliati ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore , difesi dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– controricorrenti e ricorrenti incidentali –
nonché
-) Regione Puglia, in persona del legale rappresentante pro tempore , domiciliato ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore , difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
contro
ricorrente e ricorrente incidentale nonché
Oggetto: CEDU -condanna dello Stato all’ ‘equa soddisfazione’ -conseguenze – domanda di risarcimento dei danni ulteriori dinanzi al giudice nazionale – ammissibilità limiti -(vicenda ‘INDIRIZZO‘).
-) Ministero della Cultura , in persona del ministro pro tempore , domiciliato ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore , difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato;
contro
ricorrente e ricorrente incidentale nonché
-) COGNOME NOME COGNOME NOME, COGNOME NOME (n. 1932), COGNOME NOME (n. 1965), COGNOME NOME, NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE ;
– intimati – avverso la sentenza della Corte d’appello di Bari 12 settembre 2022 n. 1304; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20 maggio 2025 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME il quale ha concluso chiedendo:
l’accoglimento dei motivi 1, 5 e 6 del ricorso proposto dal Comune di Bari;
l’accoglimento dei motivi 1, 2, 3, 6 e 7 del ricorso proposto dalla Regione Puglia;
l’accoglimento motivi 1 e 2 del ricorso proposto dal Ministero della Cultura;
il rigetto dei restanti motivi dei ricorsi proposti dal Comune di Bari, dal Ministero della Cultura e dalla Regione Puglia;
dichiararsi l’assorbimento del ricorso incidentale proposto dalla RAGIONE_SOCIALE in Liquidazione; in subordine dichiararne comunque l’ inammissibil ità o l’infondatezza;
uditi nella pubblica udienza del 20 maggio 2025:
-) gli avvocati NOME COGNOME ed NOME COGNOME per il Comune di Bari;
-) gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME per la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione;
-) l’Avvocato NOME COGNOME per la Regione Puglia;
N.R.G.: 8359/23
Udienza del 20 maggio 2025
-) gli Avvocati dello Stato NOME COGNOME e NOME COGNOME per il Ministero della Cultura;
FATTI DI CAUSA
1. L’antefatto.
La società RAGIONE_SOCIALE a partire dal 1984 attraverso vari atti (compravendita, acquisto di quote, incorporazioni societarie) divenne via via proprietaria di una vasta area sita nel territorio del Comune di Bari, censita nel catasto terreni ai fogli 123 e 124, in località nota come ‘INDIRIZZO‘. Nel 1987 la RAGIONE_SOCIALE presentò al comune di Bari un piano particolareggiato
per la lottizzazione della suddetta area.
1.1. Prese così avvio l’ iter amministrativo per l’edificazione dell’area: il piano di lottizzazione fu approvato con delibera del consiglio comunale 30.3.1990 n. 1042 (poi modificata nel 1992) ; l’anno dopo il Comune di Bari e la RAGIONE_SOCIALE siglarono la convenzione di lottizzazione; nel 1995 fu rilasciata la (in allora) concessione edilizia.
1.2. Nel frattempo la RAGIONE_SOCIALE aveva affidato ad uno studio di architettura la progettazione per la costruzione di due grandi edifici di 14 piani (contratto del 1991); i lavori vennero quindi appaltati alla società RAGIONE_SOCIALE
La costruzione iniziò il 1° marzo 1995.
1.3. Il 22 marzo 1997 il GIP presso la Pretura di Bari contestò all’ amministratore della RAGIONE_SOCIALE (NOME COGNOME, nato nel 1932), a quello della NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE (NOME COGNOME) ed ai due direttori dei lavori (NOME COGNOME e NOME COGNOME, nato nel 1965) di avere commesso il reato di lottizzazione abusiva; sottopose di conseguenza a sequestro i due edifici in fase di costruzione.
1.4. All’esito del giudizio penale (celebrato in primo grado con rito abbreviato) gli imputati vennero assolti per mancanza dell’elemento soggettivo (dolo). La sentenza conclusiva di quel giudizio (Cass. pen., sez. III, 29.1.2001 n. 11716, la quale in vari atti del presente giudizio è indicata dalle parti come ‘ sentenza n. 256 del 2001 ‘ ; in realtà la sentenza penale che concluse quel giudizio – avente il numero di r.g. 47589/00 – fu la n. 11716/01) ritenne che:
-) il piano di lottizzazione e la concessione edilizia erano ‘ macroscopicamente’ illegittimi, in quanto autorizzarono l’edificazione in violazione delle distanze minime dal lido marino e da un corso d’acqua stabilite dalla legislazione nazionale e regionale;
-) gli imputati tuttavia non erano colpevoli, perché indotti in errore scusabile sia dalla difficile intelligibilità delle norme violate, sia dalla condotta con cui le varie pubbliche amministrazioni interessate avevano autorizzato la costruzione, rassicurato gli imputati della sua liceità ed omesso di rilevare o contestare qualsiasi difformità.
Con la medesima sentenza venne disposta ex officio la confisca degli immobili già edificati , ai sensi dell’art. 19 l. 47/85.
1.5. Subito dopo la pubblicazione della suddetta sentenza la Sudfondi ricorse (anno 2001) alla Corte europea dei Diritti dell’Uomo, lamentando la violazione degli artt. 7 CEDU e 1 del Protocollo n. 1, e chiedendo la condanna dell’Italia all’ ‘ equa soddisfazione’ ex art. 41 Carta EDU.
Dedusse di avere perduto la proprietà dei beni confiscati senza che le fosse attribuibile alcuna condotta colpevole, e che comunque la sanzione della confisca era sproporzionata.
2. Il presente giudizio .
Pendente il giudizio dinanzi la corte di Strasburgo, nel 2006 la Sudfondi e sei persone fisiche (NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME junior, NOME COGNOME senior ; NOME COGNOME, NOME COGNOME) convennero dinanzi al Tribunale di Bari il Ministero per i Beni Culturali (oggi, Ministero della Cultura), la Regione Puglia e il Comune di Bari, chiedendone
la condanna al risarcimento del danno rispettivamente sofferto in conseguenza dei fatti sopra descritti. Dedussero:
quanto alla colpa, che le tre amministrazioni convenute avevano, ciascuna con riferimento agli atti di sua competenza, omesso di vigilare sulla fattibilità del programma edificatorio, così ingenerando negli attori un incolpevole affidamento sulla legittimità dei provvedimenti amministrativi che lo autorizzarono;
b) quanto al danno:
b’) la COGNOME dedusse di avere sostenuto ingenti spese per la progettazione e l’avvio del programma edilizio; di avere contratto mutui; di essere rimasta esposta alle rivendicazioni degli acquirenti delle porzioni immobiliari poi confiscate; di avere perduto il lucro che si riprometteva di trarre dal cospicuo investimento;
b”) gli altri sei attori chiesero il risarcimento del danno morale e del danno consistito nelle spese di difesa in sede penale (processo penale nel quale tuttavia dalla sentenza qui impugnata non risulta furono imputati NOME COGNOME ed NOME COGNOME).
2.1. Nonostante l’avvenuta introduzione della domanda ris arcitoria dinanzi al Tribunale di Bari, la COGNOME non rappresentò tale circostanza alla Corte EDU nel parallelo giudizio pendente dinanzi a quella; né la difesa dello Stato italiano sollevò tempestivamente l’eccezione di mancato esaurimento delle vie di ricorso interne.
A fronte di ciò la Corte EDU, ‘ pur deplorando che la ricorrente non l’avesse formalmente informata delle azioni intentate presso i tribunali interni ‘ , ritenne che quel silenzio non influisse sulla ricevibilità del ricorso e lo decise nel merito.
2.2. La decisione della Corte EDU avvenne in due tappe.
Con sentenza 30.1.2009 la Corte di Strasburgo dichiarò sussistente la violazione degli artt. 7 CEDU e 1 del Protocollo n. 1; condannò per questa
ragione l’Italia al pagamento d’un indennizzo a titolo di ‘ equa soddisfazione’ del danno morale.
Con successiva sentenza 10.5.2012 la Corte EDU, sul medesimo presupposto, condannò l’Italia al pagamento d’un indennizzo a favore della Sudfondi a titolo di ristoro del danno patrimoniale.
Liquidò a tal fine la somma di euro 37.000.000, a titolo di indennizzo del danno rappresentato:
dai costi di costruzione degli immobili poi confiscati e demoliti;
dalla temporaneamente perduta disponibilità dei terreni ceduti al Comune di Bari nel 1993 nell’àmbito del piano di lottizzazione;
dalla temporaneamente perduta disponibilità dei terreni di cui la RAGIONE_SOCIALE aveva il possesso al momento della confisca, poi restituiti ma medio tempore trasformati in parco pubblico dall’amministrazione comunale.
2.3. Con sentenza 6.10.2014 n. 4422 il Tribunale di Bari in parte rigettò la domanda, in parte la ritenne improcedibile per ‘ sopravvenuto difetto di interesse’ .
Il Tribunale ritenne che:
-) la giurisdizione sulla domanda spettasse al giudice ordinario e non al giudice amministrativo;
-) le sentenze della Corte EDU avessero per il Tribunale l’effetto vincolante del giudicato:
-) l’importo liquidato dalla Corte EDU fosse superiore ai danni subìti dalla Sudfondi, per come allegati e dimostrati in giudizio.
La sentenza fu appellata in via INDIRIZZO dalla Sudfondi ed in via incidentale dal Ministero della Cultura.
All’appello principale aderì NOME COGNOME erede di NOME COGNOME deceduto nelle more del giudizio.
2.4. Con sentenza 12.9.2022 n. 1304 la Corte d’appello di Bari accolse in parte il gravame della Sudfondi e rigettò quello proposto dal Ministero.
In particolare, la Corte d’appello , dopo avere negato la giurisdizione del giudice amministrativo ed affermato la propria, così ha provveduto (i capi di decisione sono indicati nell’ordine ex art. 276 c.p.c., non nell’ordine seguito dalla sentenza impugnata) :
ha ritenuto colposa la condotta di tutte e tre le amministrazioni convenute, per non avere rilevato né segnalato alla RAGIONE_SOCIALE l’esistenza del vincolo di inedificabilità sull’area interessata dal progetto ;
ha escluso un concorso colposo della Sudfondi nella causazione del danno, ex art. 1227, primo comma, c.c. (p. 189 della sentenza d’appello );
ha ritenuto che la sentenza della Corte EDU avesse ‘efficacia di giudicato’ quanto all’avvenuto risarcimento in forma specifica del danno da perdita della proprietà, mercé la restituzione alla Sudfondi dei terreni ingiustamente confiscati (p. 100);
ha accolto in parte la domanda di risarcimento del danno emergente rappresentato da tutte le spese inutilmente sostenute per la realizzazione del progetto edificatorio; a tal riguardo ha ritenuto che la domanda di risarcimento di tali danni non era stata ‘rigettata’ dalla Corte EDU, ma semplicemente non fu esaminata nel merito perché ritenuta ‘ non derivante dalla illegittimità della confisca ‘ ;
ha demandato ad un collegio di consulenti la stima dei costi sostenuti dalla Sudfondi, previo accertamento di quelli ‘ non presi in esame dalla sentenza della Corte EDU’ ;
ha ritenuto legittima l’acquisizione d’ufficio, da parte dei consulenti, dei bilanci della Sudfondi, da questa non prodotti nel termine di cui all’art. 183 c.p.c.;
all’esito della attività istruttoria svolta, ha liquidato alla RAGIONE_SOCIALE, ritenendoli non considerati dalla Corte EDU, i seguenti ulteriori danni:
-) il ‘ costo delle fideiussioni rilasciate ai promissari acquirenti’ (p. 162; si desume dal contesto che si tratta delle garanzie prestate dalla Sudfondi agli acquirenti degli immobili poi confiscati e demoliti);
-) le spese legali sostenute per difendersi nei ‘giudizi penali e amministrativi’ (p. 172);
-) i debiti contratti dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti della società appaltatrice dei lavori Salvatore RAGIONE_SOCIALE, in conseguenza del fatto che fu quest’ultima società ad estinguere i mutui contratti dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti di vari istituti di credito (p. 187);
ha in parte dichiarato inammissibile, ed in parte rigettato, la domanda di risarcimento del danno da lucro cessante, consistito nella perdita dei proventi attesi da ll’investimento.
La Corte d’appello, infine, ha ritenuto inammissibile l’ intervento in appello dei due liquidatori del Concordato Preventivo della RAGIONE_SOCIALE
La sentenza d’appello è stata impugnata per Cassazione:
dal Comune di Bari, con ricorso fondato su sei motivi (notif. 3.4.2023, dep. 19.4.2023);
dalla RAGIONE_SOCIALE e dai due liquidatori giudiziali del Concordato Preventivo con cessione dei beni n. 9/2018 della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, con ricorso fondato su dodici motivi (notif. 9.5.2023, dep. il 10.5.2023 (trattasi dunque di ricorso incidentale tardivo ex art. 334 c.p.c., in quanto la RAGIONE_SOCIALE notificò al Comune la sentenza l’8.2.2023 );
dal Ministero della Cultura, con ricorso fondato su sette motivi (dep. il 12.5.2023);
dalla Regione Puglia, con ricorso fondato su otto motivi (notif. il 15.5.2023, dep. il giorno stesso).
Il Ministero della Cultura, la Regione Puglia ed il Comune di Bari hanno resistito con controricorso all’impugnazione incidentale proposta dalla Sudfondi.
La RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso alle impugnazioni incidentali del Ministero e della Regione.
La Regione, il Comune e la Sudfondi hanno depositato memoria.
COGNOME NOME COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME (n. 1932), COGNOME NOME (n. 1965), COGNOME NOME e la NOME RAGIONE_SOCIALE sono rimasti intimati.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Questioni pregiudiziali.
Prima di esaminare il merito delle varie impugnazioni proposte contro la sentenza d’appello questa Corte ritiene doveroso rilevare ed esaminare ex officio tre questioni:
se il giudice nazionale possa ricostruire l’esatta portata precettiva d’una sentenza pronunciata dalla Corte EDU ;
se la parte che abbia ottenuto dalla Corte EDU la liquidazione dell’ equa soddisfazione di cui all’art. 41 CEDU possa adire il giudice nazionale chiedendo il ristoro di pregiudizi ulteriori;
se ed in che misura il giudice nazionale, nella liquidazione del danno, debba tenere conto dell’equa soddisfazione accordata al danneggiato dalla Corte EDU.
2. Sulla ‘interpretazione’ della sentenza della Corte EDU del 10 maggio 2012 .
La COGNOME sostiene che la sentenza della Corte EDU 10 maggio 2012, accordandole una equa soddisfazione di 37 milioni, ha preso espressamente in esame solo alcune voci dei vari danni da essa sofferti, mentre le restanti sono ancora sub iudice .
Le amministrazioni condannate sostengono l’esatto contrario.
Tra le parti vi è dunque contrasto su quale sia l’estensione oggettiva della suddetta pronuncia.
2.1. Occorre perciò stabilire preliminarmente se tale contrasto possa ritenersi rientrare nelle ‘ difficoltà di interpretazione d’una sentenza che ne ostacoli l’esecuzione ‘: per tali ipotesi, infatti, l’art. 46 della Convenzione EDU affida alla sola Corte di Strasburgo il potere di interpretare le proprie decisioni, e solo su richiesta dal Comitato dei Ministri. Tale norma è già stata interpretata dalle Sezioni Unite di questa Corte nel senso che al
giudice nazionale non è consentito, per difetto assoluto di giurisdizione, interpretare la sentenza della Corte EDU al fine di stabilirne la portata precettiva nei confronti dello Stato (Cass. Sez. U., 16/05/2013, n. 11826).
2.2. Questa ipotesi non ricorre tuttavia nel nostro caso, per tre ragioni.
2.2.1. In primo luogo, perché tra le parti non vi è contrasto sul contenuto della condanna pronunciata dalla corte EDU, né sulla sua esecuzione. Vi è contrasto sulla esistenza d’un danno differenziale non risarcito dalla decisione di Strasburgo. Il thema decidendum non è dunque se lo Stato italiano abbia dato puntuale esecuzione alla sentenza della Corte EDU; il thema decidendum è se si sia formato un giudicato sovranazionale sulle pretese risarcitorie della Sudfondi.
2.2.2. In secondo luogo, perché il Comune di Bari e la Regione Puglia non parteciparono al giudizio dinanzi alla Corte EDU. Non è perciò concepibile il ricorso alla procedura di cui all’art. 46 della Convenzione rispetto a soggetti rimasti estranei al giudizio.
2.2.3. In terzo luogo perché è stata la stessa Corte EDU a stabilire che se l’equo indennizzo da essa liquidato ex art. 41 della Convenzione non dovesse esaurire l’intero danno risarcibile, spetterà al giudice nazionale al quale sia domandato il surplus ‘tenere conto’ nel la liquidazione del danno già riconosciuto dalla Corte EDU , ‘ ove occorra’ (sentenza Sudfondi 10.5.2012, § 50; nello stesso senso, ex permultis , Corte EDU 11.1.2018, COGNOME c. Albania; Corte EDU, 22.11.2011, COGNOME c. Malta; Corte EDU, 11.1.2011, COGNOME c. Portogallo, § 38; Corte EDU 17.7.2008, COGNOME c. Italia, § 17; Corte EDU 3.8.2006, COGNOME c. Italia; Corte EDU 12.6.2003, COGNOME e COGNOME c. Cipro, § 29).
Dire che spetta al giudice nazionale liquidare eventuali danni ulteriori o diversi rispetto a quelli esaminati e liquidati dalla Corte, ma solo ‘ ove occorra’ , equivale a dire che eventuali contrasti tra le parti sull’esistenza di tali danni
ulteriori debbano essere risolti dal giudice nazionale, tenuto conto del contenuto della pronuncia della Corte Edu, e non facendo ricorso alla procedura di cui all’art. 46 della Convenzione.
3. Sull’esaustività dell’equa soddisfazione.
Di regola, il ricorso alla Corte EDU è ricevibile solo previo esaurimento delle vie di ricorso interne (art. 35 CEDU), persino se una nuova via di ricorso interna, per l’avanti inesistente, venga introdotta nell’ordinamento nazionale mentre pende il ricorso dinanzi alla Corte EDU ( ex multis, corte EDU 1°.10.2013, COGNOME c. Slovenia, 2007, §§ 102-110 ; İçyer c. Turchia, 2006, §§ 74 e ss.; Stella c. Italia, 2014, §§ 65-68; Preda c. Romania, 2014, §§ 134142 ; COGNOME c. Serbia, 2017, §§ 17-20).
Il principio generale, dunque, è che il danno causato da una violazione della Convenzione può essere liquidato dalla Corte EDU solo se sia divenuta giuridicamente impossibile la liquidazione da parte del giudice nazionale.
3.1. A questa regola generale la Corte EDU consente che possa derogarsi:
quando l’eccezione di irricevibilità sia tardivamente sollevata;
quando il giudizio di risarcimento proposto o proponibile dinanzi al giudice nazionale allungherebbe vieppiù i tempi della controversia, a detrimento dei diritti del ricorrente ( ex multis, Corte EDU, Gr. Sez., 11.7.2006, Jalloh c. Germania, § 129; Corte EDU, 6.10.2016, S.L. e J.L. c. Croazia, § 15).
Questi princìpi sono stati ribaditi dalla Corte EDU anche nella sentenza che qui viene in rilievo (sentenza 10.5.2012, § 50). Ivi, infatti, la Corte ha affermato di volere liquidare il danno patrimoniale anziché lasciare la liquidazione al Tribunale di Bari, ritenendo ‘ assolutamente irragionevole ‘ chiedere alla parte danneggiata ‘ di attendere l’esito dei procedimenti nazionali e di sostenerne le spese ‘.
3.2. Dunque, la liquidazione dell’equa soddisfazione , nelle ipotesi suddette, non esclude un ‘ ulteriore fase processuale dinanzi al giudice nazionale.
4. Sugli effetti vincolanti e preclusivi della liquidazione compiuta dalla Corte EDU.
Nei casi appena indicati ( supra , § 3.1) sorge il problema di stabilire in che modo il giudice nazionale debba tenere conto della decisione della Corte EDU. La liquidazione da parte della Corte EDU dell”equa soddisfazione’ di cui all’art. 41 della Convenzione può avere nei confronti del Giudice nazionale due effetti: a) preclusivi , quando impedisca di esaminare ex novo la medesima pretesa risarcitoria già esaminata dalla Corte EDU; b) vincolanti , quando è consentito al giudice nazionale riesaminare la pretesa risarcitoria, ma conformandosi alle statuizioni contenute nella sentenza della Corte EDU.
4.1. Gli effetti preclusivi sono assimilabili al giudicato. Essi discendono dall’impossibilità, per il giudice nazionale, di andare in contrario avviso rispetto alle statuizioni della Corte EDU, a pena di esporre il proprio Stato alla responsabilità per violazione della Convenzione. Se dunque la Corte EDU ha ritenuto esistente un danno, non potrebbe il . Se ne ha negato l’esistenza, non è consentito alle parti reiterare la domanda dinanzi al giudice nazionale, perché ciò equivarrebbe ad una inammissibile ‘impugnazione’ della sentenza
giudice nazionale andare in contrario avviso pronunciata dalla Corte EDU.
4.2. Gli effetti vincolanti scaturenti dalla liquidazione, da parte della Corte Edu, dell’ equa soddisfazione di cui all’art. 41 della Convenzione sono assimilabili agli effetti della compensatio lucri cum damno .
La Corte EDU, infatti, ha ripetutamente affermato che il giudice nazionale dinanzi al quale sia proseguita o introdotta una domanda di risarcimento dei medesimi danni già liquidati dalla Corte EDU deve ‘ tenere conto ‘ di quanto liquidato da quest’ultima .
‘Tenere conto’ vuol dire che il giudice nazionale deve prendere atto non solo della concessione di risarcimenti da parte della Corte EDU, ma anche delle decisioni con le quali quest’ultima ha rigettato le domande del ricorrente,
poiché ‘ sia la concessione di risarcimenti che i rigetti sono decisioni definitive e complete delle doglianze di un ricorrente ‘ (così l’opinione concordante del giudice COGNOME, in allegato a Corte EDU, 28.6.2018, GIEM c. Italia).
E quando la Corte EDU, nel liquidare l’equa soddisfazione, ha ritenuto che questa non fosse esaustiva, e che il ricorrente avrebbe avuto la possibilità di chiedere al giudice nazionale ‘somme supplementari’, lo ha espressamente dichiarato (Corte EDU, 11.1.2011, NOME COGNOME c. Portogallo, § 38: ‘ la Cour souligne que ont la possibilité de recevoir des sommes supplémentaires dans le cadre de la procédure en exécution qu’ils ont introduite contre l’Etat ‘ .
4.3. In conclusione:
-) alla Sudfondi non era inibito, in assoluto, coltivare la lite dinanzi al giudice nazionale dopo la sentenza della Corte EDU;
-) tuttavia le domande di danno sottoposte alla Corte EDU e sulle quali quest’ultima ha provveduto espressamente (vuoi accogliendole, vuoi rigettandole) non possono più essere esaminate dal giudice nazionale;
-) dal giudice nazionale possono essere esaminate solo le domande di danno non proposte dinanzi alla Corte EDU, oppure proposte ma da questa non esaminate .
5. Il primo motivo di ricorso del Comune di Bari.
Col primo motivo il Comune di Bari deduce che la sentenza della Corte EDU è stata erroneamente interpretata dalla Corte d’appello. Sostiene che quest’erronea interpretazione ha avuto per effetto di violare il giudicato .
Sostiene il Comune di Bari che, mentre la Corte EDU ha inteso liquidare tutti i danni patrimoniali sofferti dalla Sudfondi e rigettare le domande di danno ritenute non causalmente collegate alla illegittima confisca dei terreni, la Corte d’appello ha frainteso la motivazione, ritenendo c he la Corte EDU avesse liquidato solo una parte dei danni sofferti dalla Sudfondi, lasciando impregiudicato l’accertamento e la quantificazione della parte restante.
5.1. Il motivo è fondato.
Alla Corte EDU la COGNOME chiese il risarcimento dei medesimi danni per i quali chiederà poi il risarcimento al Tribunale di Bari.
Le domande di danno sono state tutte esaminate dalla Corte EDU: alcune sono state accolte; altre sono state rigettate per difetto del nesso di causa; nessuna è stata accantonata o non esaminata.
Il giudice nazionale, pertanto, non poteva esaminare, né tanto meno accogliere la domanda di risarcimento proposta dinanzi a lui dalla Sudfondi, perché così facendo ha inammissibilmente riesaminato e ribaltato le statuizioni di rigetto contenute nella sentenza della Corte EDU.
Tale conclusione si impone comparando: a) la domanda formulata dinanzi al Tribunale di Bari; b) la domanda formulata dinanzi alla Corte EDU; c) il contenuto della sentenza da quest’ultima pronunciata.
6. (A) Il contenuto della domanda proposta dinanzi al Tribunale di Bari.
Con l’atto di citazione introduttivo del presente giudizio, la RAGIONE_SOCIALE ha domandato il risarcimento dei seguenti pregiudizi:
il controvalore attuale dei fondi confiscati;
‘ tutti i danni patrimoniali emergenti ‘ (dicasi: ‘tutti’) per investimenti effettuati e per:
-) costi di progettazione;
-) costi di costruzione;
-) costi di urbanizzazione;
-) costi delle polizze fidejussorie;
-) costi delle fidejussioni bancarie;
-) costi pubblicitari;
-) imposte;
il lucro cessante per mancata realizzazione del piano (così l’atto di citazione, pp. 90-91 e 116-117).
Le suddette richieste furono ribadite nella prima memoria ex art. 184 c.p.c. (la Sudfondi non risulta avere depositato memorie di precisazione della domanda ex art. 183 c.p.c.; ovvero, se lo fece, tali memorie non sono
richiamate ed indicate nel ricorso, in violazione dell’art. 366, n. 6 c.p.c., e non possono qui essere esaminate), ove la RAGIONE_SOCIALE ribadì la richiesta di essere risarcita per ‘ il danno emergente determinato dalla perdita di tutte le somme investite nell’acquisto dei suoli e nella predisposizione dell’iniziativa imprenditoriale ‘ (ivi, p. 5).
7. (B) Il contenuto della domanda proposta dinanzi alla Corte EDU.
Col ricorso proposto dinanzi alla Corte EDU la COGNOME chiese il risarcimento dei seguenti danni:
il controvalore attuale dei fondi e degli edifici demoliti;
i costi per la costruzione, la progettazione, l’ urbanizzazione delle aree, i servizi tecnici (pubblicità ed elettricità), gli oneri finanziari, l’ assicurazione, le spese notarili, le imposte, la pubblicità.
Tanto si legge nella sentenza della Corte EDU, al § 38.
E’ necessario aggiungere che la Sudfondi nelle proprie pur copiose difese non ha mai espressamente riferito a questa Corte gli esatti contenuti del ricorso proposto dinanzi alla Corte EDU, anche per i fini di cui all’art. 366, n. 6, c.p.c.
8. (C) La decisione della Corte EDU.
A fronte delle domande indicate al § precedente, la Corte EDU ha premesso che avrebbe liquidato il danno basandosi ‘ sulle perizie delle ricorrenti. Pertanto, essa prenderà in considerazione tali costi e li indicizzerà ‘ .
L e ‘perizie delle ricorrenti’ riferibili alla Sudfondi erano due.
Nella prima si indicava quale fosse il ‘valore di cessione in blocco degli immobili’: e dunque il mancato guadagno della vendita.
Nella seconda, intitolata ‘ Analisi di congruità ed inerenza ‘, datata 5.11.2007, si dichiarava (pp. 3-4) che ivi sarebbero stati presi in esame i seguenti costi:
acquisto dei suoli;
costruzione dei fabbricati;
progettisti;
prestazioni tecniche;
oneri di urbanizzazione e fidejussione;
oneri finanziari;
polizze fidejussorie;
costi diversi (così furono definiti i costi delle transazioni stipulate con taluni conduttori degli immobili; le rimanenze di cantiere; i costi di estrazione dei certificati catastali);
costi notarili;
ICI ed imposte.
8.1. Dopo avere premesso che la propria decisione si sarebbe basata sulle suddette ‘perizie di parte’, la Corte EDU ha liquidato:
il danno rappresentato dai costi di costruzione degli edifici poi demoliti, dichiarando di basarsi sulla perizia depositata dalla Sudfondi (§ 56);
il danno da perdita temporanea del possesso (§ 57);
il danno da perdita temporanea del godimento dei beni rimasti nel possesso della Sudfondi, ma destinati de facto a parco pubblico (§ 58). La Corte EDU ha invece rigettato le ‘ ulteriori richieste’ formulate dalla Sudfondi.
Lo ha fatto (§ 56) dichiarando che avrebbe preso in considerazione i costi di costruzione basandosi sulla perizia di parte ricorrente, ma ‘ tout en écartant les prétentions qui ne se rapportent pas directement avec la double violation constatée et qui relèvent plutôt de l’activité des sociétés requérantes et du risque d’entreprendre, telles que, entre autres, les charges financières ou les frais de notaires supportés pour l’achat des terrains en question’.
La Corte dunque ha rigettato ‘tra le altre’ voci di danno (e non ‘escluse le altre’ voci di danno ) i pregiudizi consistenti:
nelle spese notarili;
negli oneri finanziari;
nel mutamento di destinazione urbanistica dell’ area.
Tali pregiudizi sono stati ritenuti ‘ non conness alla violazione’ dell’art. 1 del Protocollo da parte dello Stato italiano.
8.2. Se dunque la Corte EDU da un lato ha premesso di voler liquidare il danno dichiarando di volersi basare sulla perizia di parte depositata dalla Sudfondi; e dall’altro ha dichiarato di ‘escludere’ ( écarter ), perché non causalmente connesse alla violazione ascritta allo Stato italiano, plurime voci di danno contemplate in quella perizia, la logica formale consente una sola conclusione: le voci di danno indicate alle pp. 3-4 della perizia sono state ritenute non dovute dalla Corte di Strasburgo.
8.3. Che la Corte EDU abbia deciso senza residui su tutte le voci di danno indicate dalla Sudfondi, parte accogliendole e parte rigettandole per difetto del nesso di causalità, è conclusione che si impone sia ab extrinseco, se si mette in relazione la sentenza ‘ Sudfondi’ del 2012 con la giurisprudenza consolidata della Corte EDU; sia ab intrinseco, se la si riguarda nel suo contenuto oggettivo.
8.4 . Quanto al primo aspetto, l’equo indennizzo pecuniario previsto dall’art. 41 CEDU, in origine concepito come misura simbolica intesa ad evidenziare coram populo la violazione della Convenzione da parte d’uno Stato membro, da molti anni si è venuto trasformando in un risarcimento vero e proprio. Lo si desume da una visione organica della giurisprudenza della Corte EDU, la quale ha:
-) affermato il principio che la riparazione ex art. 41 deve essere globale; essa, in particolare, deve ‘ cancellare le conseguenze in modo tale da ristabilire nel miglior modo possibile la situazione anteriore’ (8.3.2018, Kanaginis c. Grecia , §§ 17 e ss.; COGNOME c. Grecia , , in causa 31107/96, § 32; Katsaros c. Grecia, in causa 51473/99, § 17, 13.11.2003);
-) affermato il principio che la liquidazione ex art. 41 CEDU deve coprire così il danno emergente, come il mancato guadagno altrimenti ritraibile da ll’attività d’impresa impedita dalla violazione (7.6.2012, Centro Europa c. Italia , in causa 38433/09, § 214, 218 e ss.)
-) affermato il principio che la liquidazione dell’indennizzo può essere equitativa solo quando sia impossibile determinare il danno nel suo esatto ammontare, altrimenti deve avvenire iuxta alligata et probata (31.5.2021, Alfa Glass c. Grecia , § 50-52; 29.10.2020, COGNOME c. Grecia , § 24-25);
-) affermato il principio che il pregiudizio di cui si chiede la liquidazione deve essere collegato da un causal link alla violazione della Convenzione (4.10.2019, Svitlana c. Ucraina , § 85);
-) affermato il principio per cui nella liquidazione dell’indennizzo non si può prescindere (‘ cannot overlook’ ) dalla condotta concorrente della vittima ( Svitlana c. Ucraina, cit., § 87).
8.5 . Questo, dunque, è lo ‘statuto’ della satisfaction équitable ex art. 41 CEDU, e corrisponde al lo statuto giuridico d’un risarcimento, non d’un indennizzo.
Pertanto, anche a voler supporre – solo per ipotesi – che la sentenza RAGIONE_SOCIALE ed all. c. Italia presenti delle ambiguità lessicali circa l’estensione del risarcimento accordato alla Sudfondi, queste sarebbero fugate se le si legge alla luce del quadro giuridico sopra tratteggiato.
Se la ‘ equa soddisfazione ‘ deve ripristinare lo status quo ‘nel miglior modo possibile ‘ ; se essa deve tener conto tanto delle perdite subìte, quanto del mancato guadagno; se essa non può essere accordata per la quota di danno di cui la vittima sia corresponsabile, è impensabile che la Corte EDU, nel provvedere alla liquidazione del pregiudizio, abbia potuto prescindere dalla sua stessa giurisprudenza.
La sentenza dunque, nel caso di dubbio, va letta alla luce degli orientamenti della Corte EDU, ed alla luce di tali orientamenti deve concludersi che quella sentenza abbia voluto liquidare tutti i danni ritenuti provati , e rigettare la domanda di risarcimento dei danni ritenuti non provati o, se provati, non causalmente dipendenti dalla confisca.
Se poi tale decisione fu equa od iniqua, esaustiva od inesaustiva, coerente od incoerente con le prove offerte, non è questione che il giudice nazionale possa sindacare, senza violare il giudicato sovranazionale e senza minare lo stesso
rapporto tra le due Corti. E la prova logica è la seguente: se si consentisse al danneggiato di rimettere in discussione dinanzi al giudice nazionale la liquidazione compiuta dalla Corte di Strasburgo, lamentando una sottostima del danno, evidenti ragioni di parità ed equità imporrebbero di consentire altrettale censura al danneggiante, se questi a sua volta intendesse dolersi d’una liquidazione eccedente il dovuto. Ma va da sé che una simile eventualità si tradurrebbe in una impugnazione delle decisioni di Strasburgo, non consentita dalla Convenzione e giuridicamente impossibile.
8.6. Allo stesso risultato si perviene badando al contenuto oggettivo della sentenza.
La Corte EDU infatti:
ha affermato che l’indennizzo da fissare ‘ dovrà dare l’idea di una cancellazione totale delle conseguenze ‘ dannose (§ 54);
ha ritenuto già risarcito in forma specifica il danno da perdita della proprietà;
ha liquidato nel modo ritenuto di giustizia il danno da temporanea indisponibilità dei terreni ceduti all’amministrazione comunale e di quelli ingiustamente confiscati;
ha ritenuto gli altri danni pretesi dalla RAGIONE_SOCIALE non causalmente collegati alla violazione, da parte dello Stato italiano, del diritto all’inviolabilità della proprietà e del principio nullum crimen sine lege , e di conseguenza ha dichiarato di ‘respingere’ ( §§ 56 e 60) la relativa domanda: e dunque di rigettarla.
8.7. Vale la pena aggiungere che il verbo écarter impiegato dalla Corte EDU per respingere parte delle domande formulate dalla Sudfondi (il testo ufficiale della sentenza è il francese e l’inglese, non l’italiano ) nel linguaggio giuridico d’Oltralpe è impiegato per designare il rigetto della domanda, non l’accantonamento.
In tal senso è stato frequentemente usato dalla Corte EDU, come si legge nelle sentenze COGNOME c. Grecia, § 20 (‘ le Gouvernement invite la Cour à
écarter la demande au titre du dommage matériel ‘); Vasilev c. Grecia, § 25 (‘ le Gouvernement invite la Cour à écarter la demande au titre des frais et dépens ‘); COGNOME c. Turchia, § 22 (‘ le Gouvernement en conclut que le maintien en détention en cause était nécessaire et que la cour de sûreté (…) était fondée à écarter les demandes formulées en ce sens ‘ ); COGNOME c. Polonia (‘ la Cour constate que les motifs avancés pour écarter les demandes de remise en liberté étaient à la fois pertinents et suffisants ‘.
Nel nostro caso la Corte EDU al § 56 della sentenza ‘Sudfondi’ scrive che prenderà in considerazione i costi di costruzione ‘ tout en écartant les prétentions qui ne se rapportent pas directement avec la double violation constatée et qui relèvent plutôt de l’activité des sociétés requérantes et du risque d’ent reprendre, telles que, entre autres, les charges financières ou les frais de notaires supportés pour l’achat des terrains en question’.
Ciò vuol dire che le domande diverse da quelle espressamente accolte sono state rigettate, non accantonate.
9. Conclusioni sul primo motivo di ricorso del Comune di Bari
Detto di quale fu il contenuto dell’atto di citazione, quale il contenuto del ricorso alla Corte EDU e quale il contenuto della decisione di quest’ultima , deve concludersi che:
a) tutte le domande proposte dalla COGNOME dinanzi al Tribunale di Bari avevano ad oggetto i medesimi danni dei quali aveva già richiesto il risarcimento alla Corte EDU;
b) la Corte EDU esaminò tutte le domande proposte dalla RAGIONE_SOCIALE, parte accogliendole e parte rigettandole. Sia le statuizioni di accoglimento, sia quelle di rigetto, non potevano perciò essere sindacate dal giudice nazionale.
9.1. La coincidenza tra le domande di danno formulate dinanzi alla Corte di Strasburgo e quelle formulate dinanzi al Tribunale di Bari è indubitabile ed eclatante, e poiché nimium altercando veritas amittitur, non sarà superfluo riassumerla nella tabella che segue, che si inserisce eccezionalmente nel
corpo della motivazione a scopo chiarificatore, stante la complessità del thema decidendum :
TABLE
9.2. In conclusione, l a decisione della Corte EDU non ha lasciato ‘danni
differenziali’ di cui la Sudfondi possa chiedere il ristoro al giudice nazionale
.
Ha accolto parte delle domande e la parte restante le ha rigettate; su quelle rigettate si è formato il giudicato; se si è formato il giudicato non si può dinanzi al giudice nazionale legittimamente discorrere di danni differenziali.
La Corte d’appello avrebbe potuto liquidare un danno differenziale solo dinanzi ad una dichiarazione espressa di non liquet da parte della CEDU su alcune delle voci di danno richieste dalla Sudfondi: dichiarazione che vanamente si cercherebbe nella sentenza della Corte EDU.
La sentenza impugnata è dunque effettivamente incorsa nella violazione del giudicato internazionale, là dove ha ritenuto (p. 128) che la Corte EDU si fosse semplicemente astenuta dal provvedere sulle domande intese ad ottenere il risarcimento del mancato profitto e delle altre voci di danno indicate al precedente § 8.1.
Secondo la sentenza impugnata, infatti, quelle domande non sarebbero state affatto rigettate dalla Corte EDU; semplicemente, quest’ultima non le avrebbe esaminate ‘ perché (…) riconducibili ad interessi giuridici estranei al campo di
applicazione della Convenzione EDU , e non rientravano nelle sue prerogative giurisdizionali e dunque non potevano essere delibate nel giudizio sovranazionale ‘ .
Questa statuizione tuttavia è doppiamente erronea.
9.2.1. Il primo errore è consistito nel ritenere ‘non esaminate’ domande che la Corte EDU ha dichiarato espressamente di ‘rigettare’ ( ‘tout en ecartant’ ).
9.2.2. Il secondo errore è consistito nel fraintendere la sentenza della Corte EDU, qualificando come ‘declinatoria di giurisdizione’ quel che fu un vero e proprio rigetto per mancanza di nesso causale tra la violazione della Convenzione e il danno.
Restano solo da aggiungere tre corollari.
9.3. Il primo è che la sentenza impugnata ha ritenuto di poter demandare di questo, in sostanza, si è trattato l’esatta individuazione del dictum contenuto nella sentenza CEDU ad un collegio di periti. La sentenza d’appello, nella parte in cui ne ha recepito le conclusioni, è di conseguenza nulla, per avere devoluto al consulente una valutazione squisitamente giuridica, e come tale di sua esclusiva competenza, quale è l’interpretazione d’un a sentenza, per di più di una sentenza sovranazionale.
9.4. Il secondo corollario è che sono prive di rilievo le deduzioni ampiamente svolte dalla Sudfondi circa la differente natura ed il differente fondamento delle domande proposte a Bari ed a Strasburgo.
Il contenuto oggettivo della domanda di danno si determina in base al pregiudizio di cui si chiede il ristoro, non in base alla condotta che lo ha arrecato. Così, exempli gratia , anche il vettore può essere chiamato a rispondere dei danni alla persona del passeggero a titolo contrattuale (art. 1681 c.c.) o extracontrattuale: ma va da sé che il danno risarcibile non cambierebbe nell’uno come nell’altro caso, e il creditore non potre bbe
pretendere di duplicare il risarcimento invocando la diversità della norma violata dalla condotta illecita.
Del resto, la stessa Corte EDU, quando ha dovuto stabilire se fosse rispettato il requisito dell’esaurimento delle vie di ricorso interne, ha ripetutamente affermato che a tal fine non rileva che la causa petendi invocata dinanzi ai giudici nazionali ed alla Corte EDU sia diversa.
Quel che rileva è la ‘ sostanza ‘ (sic) della domanda ( Castells c. Spagna, 1992, § 32; NOME COGNOME c. Grecia, 1996, § 33; Fressoz c. Francia, 1999, § 38; Azinas c. Cipro , 2004, §§ 40-41; COGNOME c. Serbia , 2014, §§ 72, 79, 81-82; Platini c. Svizzera, 2020, § 51; NOME Çetin c. Turchia, 2020, §§ 28-30).
Ciò significa che, anche se l’attore non invoca sse dinanzi al giudice nazionale la violazione delle norme della CEDU, quel che conta è che abbia proposto una domanda che consenta al giudice nazionale di rimediare alla lamentata violazione ( Gäfgen c. Germania , 2010, §§ 142, 144 et 146 ; COGNOME c. Croazia , 2018, § 117; COGNOME c. Grecia, 2010, § 29 ; Marić c. Croazia, 2014, § 53 ; Portu NOME e NOME COGNOME c. Spagna, 2018, §§ 62-63; Rodina c. Lettonia, 2020, §§ 81-83).
Nel nostro caso il ‘bene’ domandato al giudice nazionale era esattamente quello domandato al giudice della CEDU: il risarcimento del danno conseguito ad un investimento rivelatosi rovinoso.
La pronuncia della corte EDU, pertanto, impediva una seconda decisione decisione del giudice nazionale sullo stesso danno , quale che fosse la condotta illecita addotta a fondamento della pretesa risarcitoria.
9.5. Il terzo corollario è che è giuridicamente scorretto affermare, come vorrebbe la Sudfondi, che altro è il danno da violazione dell’art. 7 della Convenzione; altro è invece il danno da incolpevole affidamento sulla legittimità dei provvedimenti amministrativi concessòri.
La violazione dell’art. 7 (e dell’art. 1 del Protocollo n. 1), secondo la Corte EDU, vi fu perché l’autorità giudiziaria confiscò terreni e fabbricati senza previamente accertare una condotta colpevole del proprietario. Ma terreni e
fabbricati furono confiscati perché abusivamente lottizzati (circostanza ormai indiscutibile) ; e l’abusiva lottizzazione fu il frutto – secondo la prospettazione attorea d’una negligente condotta della P.A.
Non, dunque, due danni diversi causati da due condotte diverse la RAGIONE_SOCIALE ha richiesto nei due giudizi introdotti nelle due sedi. Le due pretese ‘condotte diverse’ non furono altro che l’una la causa dell’altra, ed identico fu il danno che ne derivò.
10. Il secondo motivo di ricorso del Comune di Bari.
Col secondo motivo è denunciata la violazione dell’art. 2043 c.c..
Il Comune di Bari sostiene che la Corte territoriale ha accordato alla RAGIONE_SOCIALE il risarcimento d’un danno che non poteva dirsi ‘ingiusto’. La RAGIONE_SOCIALE , infatti, non vantava alcuna situazione giuridica soggettiva attiva protetta dall’ordinamento per pretendere di portare a compimento un progetto vietato dalla legge.
10.1. Il motivo resta assorbito dall’accoglimento del primo motivo di ricorso.
11. Il terzo motivo di ricorso del Comune di Bari.
Col terzo motivo è denunciata la nullità della sentenza impugnata, ex art. 132 c.p.c.. Il motivo investe l’affermazione della sussistenza della colpa ex art. 2043 c.c. dell’Amministrazione comunale. Vi si sostiene che tale colpa sarebbe stata postulata, invece che motivata.
11.1. Il motivo resta assorbito dall’accoglimento del primo motivo di ricorso.
12. Il quarto motivo di ricorso del Comune di Bari.
Col quarto motivo è denunciata la violazione al di là dell’intitolazione del motivo dell’art. 1227 c.c.
Vi si sostiene che erroneamente ed immotivatamente la Corte d’appello ha escluso un concorso colposo della Sudfondi.
12.1. Il motivo resta assorbito dall’accoglimento del primo motivo di ricorso.
13. Il quinto motivo del Comune di Bari.
Col quinto motivo è denunciato il vizio di omessa pronuncia, per avere la Corte d’appello trasc ura to di prendere in esame l’argomento difensivo inteso ad invocare l’errore scusabile dell’amministrazione comunale.
13.1. Il motivo resta assorbito dall’accoglimento del primo motivo di ricorso.
14. Il sesto motivo del Comune di Bari.
Col sesto motivo la sentenza d’appello è censurata, sotto plurimi profili, nella parte in cui ha liquidato in euro 7.788.292,66 il danno sofferto dalla RAGIONE_SOCIALE, consistito negli oneri passivi accumulati dapprima verso il ceto bancario, e poi divenuti esposizione nei confronti della Salvatore RAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE, allorché quest’ultima tacitò le banche creditrici della RAGIONE_SOCIALE rendendosi cessionaria dei relativi crediti.
Nell’illustrazione del motivo si deduce che la Corte d’appello avrebbe:
-) incluso nella suddetta somma costi già considerati dalla Corte EDU, duplicando così il risarcimento;
-) frainteso il contenuto oggettivo della c.t.u. su questo punto.
14.1. Anche questo motivo resta assorbito dall’accoglimento del primo motivo di ricorso.
15. Il primo motivo di ricorso della Regione Puglia.
Col primo motivo la sentenza d’appello è impugnata nella parte in cui ha ritenuto sussistente e dimostrata la colpa della Regione Puglia.
Nell’illustrazione del motivo sono contenute plurime censure
.
15.1. Una prima censura è così riassumibile:
la Corte d’appello ha ritenuto che la Regione Puglia tenne una condotta colposa perché durante il procedimento finalizzato all’approvazione
del piano di lottizzazione non rilasciò il prescritto ‘nullaosta paesistico’, nonostante l’avvenuta pubblicazione del Piano sul Bollettino Ufficiale della Regione; non fu emesso il prescritto parere del Comitato Urbanistico Regionale; e comunque ‘ non vigilò e controllò’ , per quanto di sua spettanza, il procedimento suddetto, in particolare non rilevando l’esistenza del vincolo di inedificabilità sulle aree lottizzate;
b) tale statuizione viola le norme sulle presunzioni (artt. 2727 e 2729 c.c.) perché ha ritenuto dimostrata in via presuntiva l’esistenza d’un fatto (l’avvenuta pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione del piano di lottizzazione) che non poteva essere dimostrato in via presuntiva, ma solo per iscritto.
15.2. Con una seconda censura è denunciata la violazione dell’art. 115 c.p.c. Vi si sostiene che la Corte d’appello ‘ non ha tenuto nel minimo conto ‘ due sentenze penali (l’una pronunciata dal GIP presso la Pretura di Bari, l’altra dalla Corte di cassazione) nelle quali si dava conto che l’intera procedura di lottizzazione avvenne di fatto estromettendo gli organi regionali, ai quali pertanto nessuna colpa per negligenza od imperizia poteva essere addebitata.
15.3. Con una terza censura la Regione deduce che erroneamente la Corte d’appello le ha attribuito, a titolo di colpa, di non avere esercitato alcun controllo sull’illegittimo piano di lottizzazione approvato dal Comune di Bari. Sostiene la ricorrente che quel preteso ‘omesso controllo’ non può essere ascritto a sua colpa, in quanto il Comune non le fece mai pervenire, prima della pubblicazione sul Bollettino Ufficiale, il suddetto Piano di Lottizzazione al Comitato Urbanistico Regionale, così come imposto dal combinato disposto degli artt. 21 e 27 della l. reg. Puglia 56/1980.
La Corte d’appello, senza mettere in discussione né l’esistenza di tale obbligo di comunicazione a carico del Comune, né la sua inosservanza, avrebbe perciò illegittimamente ascritto alla Regione di avere omesso l’adozione d’un atto (il parere del Comitato Urbanistico) che essa non fu messa nelle condizioni di adottare.
15.4. Tutte le suddette censure sono assorbite dall’ accoglimento del primo motivo del ricorso proposto dal Comune di Bari.
16. Il secondo motivo di ricorso della Regione Puglia.
Anche il secondo motivo contiene plurime censure, tutte rivolte contro il capo di sentenza che ha ritenuto ‘colposa’ la condotta della Regione.
Le censure mosse alla sentenza impugnata nell’illustrazione del motivo possono così riassumersi:
alla Regione è stato ascritto a titolo di colpa di non avere inserito l’area di INDIRIZZO tra quelle soggette a vincolo paesaggistico, avvalendosi dei poteri di cui al d.P.R. 616/77: ma il compimento di tale atto era discrezionale e non vincolato, e la sua omissione non poteva dar luogo a responsabilità;
alla Regione è stato ascritto a titolo di colpa di non avere curato l’apposizione del vincolo di inedificabilità di cui all’art. 51, lettere f) ed h) della l. reg. Puglia n. 56/1980: ma il vincolo imposto da tale norma è operante ex se , senza necessità di alcun provvedimento espresso della Regione; inoltre, lo stabilire se una costruzione viola o meno un vincolo di inedificabilità è un accertamento che compete al Sindaco, ai sensi dell’art. 21 della suddetta l. reg. 56/1980;
alla Regione è stato ascritto a titolo di colpa di non avere controllato i provvedimenti comunali di adozione del piano di lottizzazione: ma tale controllo sarebbe stato possibile solo il piano di lottizzazione fosse stato dal Comune trasmesso al Comitato Urbanistico Regionale, il che non era avvenuto;
alla Regione è stato ascritto a titolo di colpa di non avere erroneamente interpretando la propria stessa legislazione – mai rilevato l’esistenza del vincolo di inedificabilità nel corso del procedimento di approvazione del Piano Regolatore Generale; di non avere ‘ curato l’imposizione del vincolo di inedificabilità’ impos to dall’art. 1 della l. reg.
Puglia 30/1990: ma anche tale vincolo discendeva direttamente dalla legge, e non richiedeva l’adozione di provvedimenti espressi ;
alla Regione è stato ascritto a titolo di colpa di avere fornito al Comune un parere (di fattibilità dell’opera) basato su una erronea interpretazione dell’art. 1 della l. reg. Puglia 30/1990: ma la Corte d’appello non ha considerato che quel parere riguardava ‘ profili generalissimi che nulla avevano a vedere con il piano di lottizzazione ‘ oggetto di causa;
6) alla Regione è stato ascritto a titolo di colpa di avere evitato che il piano di lottizzazione fosse inviato dal Comune al Comitato Urbanistico Regionale per il prescritto parere: ma la sentenza non spiega con quali mezzi od in che modo la Regione avrebbe impedito od ostacolato tale invio.
7 ) in ogni caso la Corte d’appello aveva travisato le prove , per avere ritenuto sussistere la colpa della Regione senza che fosse emersa l’adozione di alcun provvedimento amministrativo illegittimo da parte di quest’ultima, e nonostante fosse altresì emerso che essa non ebbe mai contezza dei contenuti del piano di lottizzazione (p. 90).
16.1. Il motivo resta assorbito dall’accoglimento del primo motivo di ricorso proposto dal Comune di Bari.
17. Il terzo motivo di ricorso della Regione Puglia.
Il terzo motivo di ricorso proposto dalla Regione espone una censura analoga a quella proposta dal Comune di Bari col primo motivo di ricorso, ed è fondato per le medesime ragioni già esposte ai §§ 6 e ss.
18. Il quarto motivo di ricorso della Regione Puglia.
Il quarto motivo di ricorso proposto dalla Regione espone una censura analoga a quella proposta dal Comune di Bari col secondo motivo di ricorso, e resta assorbito dall’accoglimento del p rimo motivo di ricorso proposto dal Comune di Bari.
19. Il quinto motivo di ricorso della Regione Puglia.
Il quinto motivo di ricorso proposto dalla Regione espone una censura analoga a quella proposta dal Comune di Bari col quarto motivo di ricorso, e resta assorbito dall’accoglimento del primo motivo di ricorso proposto dal Comune di Bari.
20. Il sesto motivo di ricorso della Regione Puglia.
Il sesto motivo di ricorso proposto dalla Regione espone una censura analoga a quella proposta dal Comune di Bari col quinto motivo di ricorso, e resta assorbito dall’accoglimento del primo motivo di ricorso proposto dal Comune di Bari.
21. Il settimo motivo di ricorso della Regione Puglia.
Il settimo motivo di ricorso proposto dalla Regione espone una censura analoga a quella proposta dal Comune di Bari col sesto motivo di ricorso. Esso resta assorbito dall’accoglimento del primo motivo di ricorso proposto dal Comune di Bari.
22 . La Regione Puglia propone un ‘ottavo motivo’ di ricorso col quale formalmente denuncia la violazione dell’art. 91 c.p.c., ma in realtà non si tratta d’un mezzo di impugnazione: infatti si limita a sostenere che siccome l’appello della RAGIONE_SOCIALE si sarebbe dovuto rigettare, le spese avrebbero dovuto seguire la soccombenza.
22. Il primo motivo di ricorso del Ministero.
Il primo motivo di ricorso proposto dal Ministero espone una censura analoga a quella proposta dal Comune di Bari col primo motivo di ricorso, ed è fondato per le medesime ragioni già esposte ai §§ 6 e ss.
23. Il secondo motivo di ricorso del Ministero.
Col secondo motivo è impugnata la sentenza d’appello nella parte in cui ha ritenuto sussistente la responsabilità del Ministero della cultura.
Nell’illustrazione del motivo si sostiene che :
il vincolo di inedificabilità sull’area di INDIRIZZO era imposto direttamente dalla legge (art. 51 l. reg. 13/1980), con la conseguenza che nessun atto della Soprintendenza era necessario per renderlo noto ed efficace, né gli atti o le omissioni ascritte alla Soprintendenza potevano essere considera ti ‘causa’ del danno lamentato dalla Sudfondi;
in ogni caso alla Soprintendenza spettavano i compiti di tutela del paesaggio, non di controllo delle attività urbanistiche;
il compito di rilasciare al costruttore l’autorizzazione di compatibilità paesaggistica spettava, ratione temporis , alla Regione e non al Ministero, il quale può esercitare solo un controllo di legittimità sull’autorizzazione regionale, che è compito della Regione trasmettere. Nel caso di specie, tuttavia, non avendo la Regione Puglia mai rilasciato la suddetta autorizzazione, questa non poté mai pervenire al Ministero.
24.1. Il motivo resta assorbito dall’accoglimento del primo motivo di ricorso proposto dal Comune di Bari.
25. Il terzo motivo di ricorso del Ministero.
Col terzo motivo la sentenza di appello è censurata nella parte in cui ha ritenuto sussistente la colpa del Ministero.
Vi si sostiene che la colpa dell’Amministrazione statale è stata affermata in modo apodittico.
25.1. Il motivo resta assorbito dall’accoglimento del primo motivo di ricorso proposto dal Comune di Bari.
26. Il primo motivo di ricorso incidentale della Sudfondi +2.
Il primo motivo del ricorso incidentale è riferibile ai due liquidatori del Concordato Preventivo della Sudfondi.
Con esso è censurato il capo di sentenza che ne ha dichiarato inammissibile l’intervento in grado di appello.
Deducono i due ricorrenti che essi hanno la veste di mandatari dei creditori della RAGIONE_SOCIALE; che in quanto tali hanno il diritto di compiere le azioni necessarie per ‘ acquisire, con ogni strumento di legge, quanto possa diventare attivo concordatario distribuibile ‘; che tale diritto sarebbe diverso e ‘autonomo’ rispetto a quello azionato dalla RAGIONE_SOCIALE con l’atto di citazione ; che i liquidatori hanno un interesse proprio a farlo valere, ad es. per l’ipotesi in cui la RAGIONE_SOCIALE decidesse di rinunciare alla domanda o transigere la lite.
26.1. Il motivo è infondato per tre ragioni indipendenti.
26.1.1. La prima ragione è che il credito risarcitorio scaturente da un fatto illecito non muta per il solo fatto che il creditore sia un imprenditore sottoposto a concordato preventivo. Pertanto, nessun ‘autonomo diritto’ è ravvisabile in capo ai liquidatori oggi ricorrenti. Il credito da essi azionato, per come prospettato, non è altro che il credito risarcitorio vantato dalla RAGIONE_SOCIALE. Sicché, essendo stato tale credito già dedotto in giudizio dalla Sudfondi, i liquidatori del concordato non potrebbero farlo valere utendo juribus della società che si dichiara creditrice.
26.1.2. La seconda ragione è che nessuno può far valere in nome proprio un diritto altrui, salve le ipotesi espressamente previste dalla legge (ad es., ex art. 2900 c.c.).
26.1.3. La terza ragione è che la censura prescinde dal consolidato orientamento di questa Corte secondo cui nel giudizio d’appello proposto da una società in concordato preventivo con cessione dei beni ai creditori, volto ad ottenere il risarcimento del danno, ‘ il liquidatore giudiziale non è legittimato a intervenire in qualità di litisconsorte necessario o in rappresentanza dei creditori concordatari, atteso che la sua legittimazione processuale è limitata alle sole controversie liquidatorie e distributive, e che egli non è successore a titolo particolare nel diritto controverso, in quanto subentrante alla società nella sola gestione dei beni ceduti e nelle questioni
liquidatorie ‘ (Cass. Sez. 2, 14/09/2022, n. 26982; Cass. Sez. 2, 17/12/2019, n. 33422; Cass. Sez. L., 20/09/2019, n. 23520; Cass. Sez. 5, 28/07/2017, n. 18823; Cass. Sez. 2, 04/09/2015, n. 17606).
27. Il secondo motivo di ricorso incidentale della Sudfondi.
Col secondo motivo la COGNOME denuncia la violazione degli artt. 1223 e 2043 c.c.
La censura è rivolta avverso la parte della sentenza d’appello nella quale è stato ritenuto già risarcito, per effetto della sentenza della Corte EDU, il danno da perdita del valore dei suoli (di cui a p. 112 dell’atto di citazione in primo grado).
A fondamento della censura deduce che:
-) la restituzione dei terreni confiscati non ha ristorato appieno il pregiudizio economico da essa subìto;
-) i terreni da essi acquistati, poi illegittimamente confiscati ed infine restituiti, hanno oggi un valore inferiore a quello che avrebbero altrimenti avuto;
-) che infatti, nonostante il riacquistato possesso e la permanente edificabilità dei suoli, nel 2018 la Soprintendenza adottò un provvedimento ostativo all’esecuzione di un ‘accordo di programma’ che la RAGIONE_SOCIALE e altre società commerciali avrebbero proposto al Comune di Bari, al fine di realizzare un programma edificatorio che lasciasse inalterate le aree della RAGIONE_SOCIALE ormai destinate a parco pubblico.
27.1. Il motivo è infondato alla luce delle ragioni già esposte nel motivare l’accoglimento del primo motivo del Comune di Bari (§§ 6 e ss.).
27.2. Reputa opportuno la Corte aggiungere che la censura proposta dalla Sudfondi col motivo in esame sarebbe stata comunque infondata.
27.3. Sarebbe stata infondata, in primo luogo, perché di fatto tale censura consiste in una impugnazione della sentenza pronunciata dalla Corte EDU,
giacché lamenta la sottostima d’un danno da quella Corte esaminato e liquidato.
Era facoltà della Sudfondi rivolgersi al giudice nazionale o al giudice di Strasburgo, ma dopo avere esaurito le vie di ricorso interne. Avendo la Sudfondi scelto di adìre la Corte EDU senza il previo esaurimento delle vie di ricorso interne, ha accettato il rischio della insindacabilità assoluta delle decisioni del giudice di Strasburgo, e vanamente ora pretende da questa Corte quel che né essa, né alcun altro giudice nazionale potrebbe fare: sottoporre a riesame le decisioni della Corte EDU.
27.4. In secondo luogo, la censura qui in esame sarebbe stata infondata per la sua contrarietà proprio alla norma che si assume essere stata violata dalla Corte d’appello: l’art. 1223 c.c.
La COGNOME, infatti, con la domanda introduttiva del giudizio ha chiesto di essere risarcita delle conseguenze dannose di un fatto illecito.
Il fatto illecito secondo la prospettazione attorea fu la colposa induzione a ritenere fattibile un investimento la cui realizzazione era in realtà giuridicamente impossibile.
Il risarcimento del danno da fatto illecito ha lo scopo di ripristinare la condizione patrimoniale del danneggiato, se l’illecito non fosse stato commesso.
Ma se il Comune di Bari – in ipotesi – avesse ab initio rilevato l’inedificabilità dell’area di INDIRIZZO e non avesse dato seguito al piano di lottizzazione, la situazione patrimoniale della RAGIONE_SOCIALE sarebbe stata la seguente: non avrebbe avviato i lavori, ma avrebbe conservato la proprietà dei terreni già acquistati, il cui valore sarebbe stato quello di terreni non edificabili.
Col motivo in esame la RAGIONE_SOCIALE pretende invece di essere risarcita non solo dell’ interesse negativo ( id quod interest contractum non fuisse ), ma anche del maggior valore che i terreni da essa acquistati avrebbero avuto se fosse mancato l’illecito ( quantum lucrari potui ).
I due effetti non sono cumulabili, perché se fosse mancato l’illecito nessun investimento edilizio sarebbe mai potuto neanche partire e, di conseguenza, nessun incremento di valore dei suoli avrebbe arricchito la Sudfondi. , dunque, e non la sentenza impugnata, a propugnare
E’ il motivo di ricorso tesi irrispettose dell’art. 1223 c.c.
28. Il terzo motivo di ricorso incidentale della Sudfondi.
Col terzo motivo la COGNOME lamenta la violazione dell’art. 2058 c.c. Deduce che la restituzione dei terreni, da essa non chiesta e non voluta, non valse a ristorare il pregiudizio da essa subito. Aggiunge che la restituzione dei suoli non fu un ristoro ‘effettivo’ , e la mancanza di effettività non rendeva la restituzione un risarcimento esaustivo.
28.1. Il motivo resta assorbito dall’accoglimento del primo motivo di ricorso proposto dal Comune di Bari.
28.2. In ogni caso anche tale censura – lo si rileva per completezza di esame dei complessi profili giuridici evocati – sarebbe stata manifestamente infondata.
Essa sarebbe stata manifestamente infondata, sia per la ragione, fondamentale, già indicata al § 27.1 (il motivo vorrebbe inammissibilmente rimettere in discussione le valutazioni del giudice di Strasburgo); sia perché nella giurisprudenza di questa Corte è pacifico che la scelta fra risarcimento in forma specifica o per equivalente spetta al giudice e non è sindacabile in sede di legittimità.
Questo principio fu affermato per la prima volta da Cass. Sez. 2, 07/02/1975, n. 471, ed è stato ribadito da ultimo da Cass. Sez. 1, 13/11/2024, n. 29245. Da questo mezzo secolo di giurisprudenza la difesa della Sudfondi prescinde del tutto.
29. Il quarto motivo di ricorso incidentale della Sudfondi.
Col quarto motivo è denunciato sia il vizio di motivazione contraddittoria, sia quello di violazione di legge (è prospettata la violazione degli artt. 1223, 2043, 2046 c.c.; nonché dell’art. 116 c.p.c.).
Il motivo è rivolto avverso il capo di sentenza col quale è stata rigettata la domanda di risarcimento del danno rappresentato dai costi sostenuti per gli oneri di urbanizzazione e per il pagamento delle imposte, sul presupposto che tali pregiudizi sarebbero stati già risarciti dalla liquidazione compiuta dalla Corte di Strasburgo.
Secondo l’unica interpretazione che il Collegio ritiene plausibile della non limpida illustrazione del motivo, la tesi della ricorrente è così riassumibile:
-) la Corte d’appello doveva stabilire se il danno emergente per oneri di urbanizzazione fosse incluso o meno nella liquidazione à forfait compiuta dalla Corte EDU;
-) per farlo, affidò l’interpretazione della sentenza della Corte EDU a tre consulenti;
-) i consulenti avevano formulato al riguardo due ipotesi alternative (l’una basata sul presupposto che la liquidazione della Corte EDU comprendesse gli interessi di mora, l’altra basata sul presupposto contrario);
-) la Corte d’appello ‘recepì acriticamente’ una delle due ipotesi, trascurando però di considerare che in base all’ipotesi prescelta i 37 milioni di euro liquidati dalla Corte EDU dovevano ritenersi comprensivi degli interessi, ma non del danno emergente;
-) la motivazione della sentenza impugnata, su questo punto, sarebbe omessa o comunque contraddittoria.
29.1. Il motivo resta assorbito dall’accoglimento del primo motivo di ricorso proposto dal Comune di Bari.
30. Il quinto motivo di ricorso incidentale della Sudfondi.
Col quinto motivo è denunciata la violazione degli artt. 1223, 2043, 2056 c.c.; nonché dell’art. 116 c.p.c.
L a sentenza d’appello è impugnata nella parte in cui ha rigettato in larga parte la domanda di risarcimento del danno rappresentato dai costi per interessi passivi sulle plurime operazioni di finanziamento bancario a sostegno della realizzazione dell’opera edilizia .
Nell’illustrazione del motivo si deduce che:
-) la Corte d’appello ha rigettato la domanda in esame sul presupposto che gli oneri finanziari di cui la Sudfondi chiedeva il risarcimento erano stati sostenuti per acquisire i fondi necessari all’acquisto dei terreni destinati all’esecuzione del progetto edilizio; sicché, una volta restituiti i terreni alla Sudfondi, gli interessi passivi sui finanziamenti richiesti per l’acquisto di essi non potevano ritenersi inutilmente spesi;
-) tuttavia, la restituzione dei terreni alla RAGIONE_SOCIALE non valse a ristorare quest’ultima degli oneri finanziari sostenuti per il loro acquisto ; i suddetti oneri infatti furono sostenuti non per acquistare dei terreni, ma per realizzare un investimento edilizio; pertanto, venuta meno la fattibilità del progetto per fatto e colpa della P.A., quegli oneri costituirebbero ex se un danno risarcibile.
30.1. Nella parte in cui lamenta il vizio di motivazione il motivo è inammissibile: l’unico vizio di motivazione denunciabile in sede di legittimità , infatti, è attualmente quello consistente nella mancanza assoluta di motivazione, nella insuperabile contraddittorietà o nella assoluta incomprensibilità; non è denunciabile, invece, la mera insufficienza della motivazione (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014). E nel caso di specie non ricorre nessuna di queste ipotesi: la Corte d’appello ha rigettato la domanda di risarcimento del danno consistito negli interessi passivi ritenendolo già liquidato dalla Corte EDU con valutazione non più modificabile. Motivazione ben comprensibile e non contraddittoria.
30.2. Nella parte restante il motivo è infondato, alla luce delle motivazioni già esposte ai fini de ll’accoglimento del primo motivo di ricorso proposto dal Comune di Bari (§§ 5.1 e ss.).
31. Il sesto motivo di ricorso incidentale della Sudfondi.
Col sesto motivo la sentenza d’appello è impugnata nella parte in cui ha ridotto la domanda di risarcimento del danno rappresentato ‘dall’esposizione debitoria’ della Sudfondi verso gli istituti di credito e poi, dopo che questi cedettero i propri crediti alla RAGIONE_SOCIALE, verso quest’ultima. L’illustrazione del motivo reitera nella sostanza gli argomenti già spesi a sostegno del quinto motivo di ricorso ( supra , § 30).
31.1. Il motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato, per le medesime ragioni già esposte ai §§ 30.1 e 30.2.
32. Il settimo motivo di ricorso incidentale della Sudfondi.
Col settimo motivo è denunciato il vizio di omessa pronuncia.
La Sudfondi sostiene che la Corte d’appello ha trascurato di provvedere sul motivo d’appello col quale, in riforma della sentenza di primo grado, chiese la condanna delle tre amministrazioni convenute al risarcimento del danno da ‘lucro cessante in diretto’, per tale dovendosi intendere la mancata realizzazione dei proventi che l’intervento edilizi o, se realizzato, avrebbe prodotto.
32.1. Il motivo resta assorbito dall’accoglimento del primo motivo di ricorso proposto dal Comune di Bari.
Esso sarebbe stato comunque manifestamente inammissibile in rito, ed infondato nel merito.
Innanzitutto, sarebbe stato inammissibile perché la Corte d’appello ha pronunciato sulla suddetta domanda, ritenendo su questo punto il gravame inammissibile per genericità (e dunque ai sensi dell’art. 342 c.p.c.) . Tale ratio decidendi , di per sé idonea a sorreggere la decisione, non è stata impugnata. In secondo luogo, la COGNOME, nel prospettare la censura in esame, perde costantemente di vista la causa petendi da essa stessa posta a fondamento della domanda: essere stata indotta ad avviare un progetto giuridicamente irrealizzabile.
Presupposto di tale domanda è che il Comune, per andare esente da responsabilità, avrebbe dovuto ab initio inibire alla Sudfondi l’attività costruttiva.
Ma se ciò fosse accaduto, la RAGIONE_SOCIALE nessun investimento avrebbe potuto realizzare, e nessun lucro avrebbe potuto conseguire.
La Sudfondi pretenderebbe invece di essere risarcita sia delle somme spese per l’investimento, sia del mancato guadagno. Allegazione contraria alla logica ed al buon senso, prima ancora che all’art. 1223 c.c. , dal momento che se la tesi fosse esatta, a risarcimento avvenuto il danneggiato si troverebbe in una condizione patrimoniale addirittura più favorevole di quella in cui si sarebbe trovato se l’illecito non fosse stato commesso .
Delle due, infatti l’una:
-) se le fosse stato negato il permesso di costruire, la RAGIONE_SOCIALE avrebbe risparmiato le spese di costruzione ma non avrebbe realizzato il profitto;
-) se l’investimento fosse stato portato a termine, la RAGIONE_SOCIALE avrebbe realizzato il profitto, ma sopportando i costi del progetto.
33 . L’ottavo motivo di ricorso incidentale della Sudfondi.
Anche l ‘ottavo motivo di ricorso censura il rigetto della domanda di risarcimento del danno da lucro cessante.
Esso è rivolto contro la parte di sentenza in cui si afferma che il danno da perdita degli auspicati proventi dell’investimento non sarebbe risarcibile perché la RAGIONE_SOCIALE non avrebbe mai potuto costruire in quell’area, e quindi mancherebbe ‘l’ingiustizia del danno’.
33.1. Il motivo è infondato per le ragioni già esposte al § 32.1, con esse dovendosi intendere corretta la motivazione della sentenza impugnata.
34. Il nono motivo di ricorso incidentale della Sudfondi.
Col nono motivo è censurata la sentenza d’appello nella parte in cui ha rigettato, per mancanza di prova, la domanda di risarcimento del danno rappresentato dalla perduta possibilità di investire altrove, e più
proficuamente, le risorse vanamente impiegate per l’avvio della costruzione degli edifici abbattuti.
La ricorrente deduce che ‘ la legge richiede di provare solo e soltanto l’esistenza del lucro cessante e non anche il suo esatto ammontare, come invece è di norma necessario per il danno emergente ‘; che in ogni caso la prova del danno da lucro cessante può essere data per presunzioni; che nel caso di specie, comunque, i documenti prodotti in causa erano sufficienti a dimostrare an e quantum del suddetto danno.
34.1. Il motivo è inammissibile e comunque infondato.
In primo luogo, è inammissibile perché la domanda di risarcimento del danno per perduta possibilità di impiegare altrove le risorse vanamente destinate all’ affaire ‘Punta COGNOME‘ è stata rigettata per difetto di prova, e dunque con statuizione non sindacabile in questa sede.
La censura pertanto cozza contro il consolidato e pluridecennale orientamento di questa Corte, secondo cui non è consentita in sede di legittimità una valutazione delle prove ulteriore e diversa rispetto a quella compiuta dal giudice di merito, a nulla rilevando che quelle prove potessero essere valutate anche in modo differente rispetto a quanto ritenuto dal giudice di merito ( ex permultis , Sez. L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010, Rv. 612747; Sez. 3, Sentenza n. 13954 del 14/06/2007, Rv. 598004; Sez. L, Sentenza n. 12052 del 23/05/2007, Rv. 597230; Sez. 1, Sentenza n. 7972 del 30/03/2007, Rv. 596019; Sez. 1, Sentenza n. 5274 del 07/03/2007, Rv. 595448; Sez. L, Sentenza n. 2577 del 06/02/2007, Rv. 594677; Sez. L, Sentenza n. 27197 del 20/12/2006, Rv. 594021; Sez. 1, Sentenza n. 14267 del 20/06/2006, Rv. 589557; Sez. L, Sentenza n. 12446 del 25/05/2006, Rv. 589229; Sez. 3, Sentenza n. 9368 del 21/04/2006, Rv. 588706; Sez. L, Sentenza n. 9233 del 20/04/2006, Rv. 588486; Sez. L, Sentenza n. 3881 del 22/02/2006, Rv. 587214; e così via, sino a risalire a Sez. 3, Sentenza n. 1674 del 22/06/1963, Rv. 262523, la quale affermò il principio in esame, poi ritenuto per sessant’anni: e cioè che ‘ la valutazione e la interpretazione delle prove in
senso difforme da quello sostenuto dalla parte è incensurabile in Cassazione ‘).
34.2. In ogni caso il motivo è infondato.
La Sudfondi è stata risarcita, per effetto della sentenza della Corte EDU, delle somme spese per avviare il progetto non andato a buon fine. Su tali importi la Corte EDU ha riconosciuto altresì il pregiudizio causato dalla mora, chiamato ‘ indicizzazione’ e liquidato à forfait .
Ora, la perduta possibilità di investire delle somme di denaro in un ‘ attività redditizia costituisce un danno da perdita del lucro finanziario che il denaro avrebbe potuto garantire.
Delle due, pertanto, l’una: o la liquidazione avviene in concreto , aumentando il capitale vanamente investito del lucro che avrebbe verosimilmente prodotto se impiegato altrove (beninteso, secondo quanto allegato e provato); o la liquidazione avviene in abstracto e presuntivamente, attraverso il ricorso agli interessi compensativi (Cass. S.U. 19499/08).
Le due possibilità non possono mai cumularsi. Sicché alla Sudfondi, avendo ottenuto comunque dalla Corte EDU la liquidazione del danno da mora (l’ ‘indicizzazione’ ), è precluso domandare anche la perdita del lucro finanziario che avrebbe potuto realizzare investendo altrove le proprie risorse.
35. Il decimo motivo di ricorso incidentale della Sudfondi.
Anche il decimo motivo di ricorso censura la sentenza d’appello nella parte in cui ha rigettato per difetto di prova la domanda di risarcimento del danno da lucro cessante.
Nell’illustrazione del motivo si sostiene che la Corte d’appello avrebbe errato nel non ritenere ‘ prova idonea del lucro cessante quella offerta dalla produzione documentale agli atti perché, tra l’altro, costituita da fatture non quietanzate dei costi di costruzione ‘; che a dimostrare il danno bastava la prova presuntiva; che a dimostrare il danno da lucro cessante bastava la dimostrazione dell’esistenza del pregiudizio, e non anche la prova del suo esatto ammontare; di avere superficialmente e comunque in modo inesatto
interpretato e valutato la perizia di parte (‘ la complessissima perizia immobiliare RAGIONE_SOCIALE ‘) .
35.1. Il motivo è manifestamente inammissibile a tacer d’altro – per le ragioni già indicate al § 34.1.
36 . L’undicesimo motivo di ricorso incidentale della Sudfondi.
Con l’undicesimo motivo è denunciata la violazione degli artt. 1226, 2043, 2056, 2059, 2729 c.c.
La censura è rivolta contro il capo di sentenza che ha rigettato la domanda di ristoro del danno non patrimoniale.
Nell’illustrazione del motivo si deduce che:
-) erroneamente la Corte d’appello ha ritenuto già risarcito dalla Corte EDU il danno non patrimoniale sofferto dalla ricorrente;
-) la Corte EDU, infatti, risarcì il danno non patrimoniale causato dalla confisca, ma non il danno non patrimoniale causato dalla lesione dell’affidamento nella legittimità dei provvedimenti della P.A.;
-) in ogni caso il danno liquidato dalla Corte EDU alla Sudfondi ‘ non era satisfattorio’ ;
-) del suddetto danno vi era ampia prova, e comunque poteva essere liquidato in via equitativa.
36.1. Il motivo è manifestamente inammissibile.
La Corte d’appello ha ritenuto – e non importa qui se a torto od a ragione che il Tribunale avesse rigettato la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale per ‘ genericità e vaghezza del titolo giustificativo’ ; aggiunse che questa fu una ‘ autonoma ratio decidendi ‘ e che la Sudfondi non l’aveva impugnata (p. 219, ultimo rigo).
La Corte d’appello, in definitiva, ha rilevato -implicitamente, ma inequivocabilmente la formazione d’un giudicato interno sulla statuizione di ‘ genericità della domanda ‘ .
Questa statuizione non è stata impugnata dalla Sudfondi.
Il motivo in esame, infatti, si diffonde a sostenere che la liquidazione del danno non patrimoniale effettuata dalla Corte EDU non fu esaustiva, ma in nessun punto investe l’affermazione dell’avvenuta formazione del giudicato interno circa la genericità della domanda.
36.2. Per completezza di analisi, in ragione della delicatezza delle questioni trattate, la Corte non può esimersi dal rilevare che:
-) il motivo si traduce di fatto in una ‘impugnazione’ della decisione pronunciata dalla Corte EDU, giuridicamente impossibile;
-) costituisce una cerebrina astrazione la pretesa di distinguere tra ‘ il danno non patrimoniale causato dalla confisca ‘ ed il ‘ danno non patrimoniale causato dalla lesione dell’affidamento ‘ , per le ragioni già indicate al § 9.5.
37. Il dodicesimo motivo di ricorso incidentale della Sudfondi.
Il dodicesimo motivo, col quale è denunciata la violazione delle regole sul riparto dell’onere della prova in tema di danno non patrimoniale, resta assorbito.
38. La ritenuta fondatezza del primo motivo di ricorso proposto dal Comune di Bari non impone la cassazione con rinvio della sentenza impugnata.
Infatti, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, rigettando l’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE e dichiarando assorbito quello (avente ad oggetto la domanda di manleva) proposto dal Ministero della Cultura.
La decisione della causa nel merito impone di provvedere, oltre che sulle spese del giudizio di legittimità, anche sulle spese dei precedenti gradi di giudizio.
Reputa la Corte che la complessità delle questioni agitate; l’esito alterno dei gradi di merito; la circostanza che la motivazione adottata dalla Corte EDU potesse oggettivamente dare àdito a dubbi, costituiscano gravi ed eccezionali
motivi idonei a giustificare ex art. 92 c.p.c. la compensazione delle spese sia dei gradi di merito, sia del presente giudizio di legittimità.
Per questi motivi
la Corte di cassazione:
-) accoglie il primo motivo di ricorso del Comune di Bari; il terzo motivo di ricorso della Regione Puglia ed il primo motivo di ricorso del Ministero della Cultura;
-) dichiara assorbiti i restanti motivi proposti dai tre ricorrenti appena indicati;
-) rigetta il ricorso incidentale proposto dalla RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, da NOME COGNOME e da NOME COGNOME questi ultimi nella qualità di cui in epigrafe;
-) cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, rigetta l’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE in liquidazione; dichiara assorbito l’appello incidentale proposto dal Ministero della Cultura;
(-) compensa integralmente tra le parti le spese dei gradi di merito e del presente giudizio di legittimità;
(-) ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti incidentali (RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME e NOME COGNOME), di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della