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Equa riparazione: risarcimento per processo lento

Un cittadino ha citato in giudizio il Ministero della Giustizia per la durata eccessiva di un processo civile. La Corte di Appello di Salerno ha accolto la domanda di equa riparazione, calcolando la durata totale del giudizio presupposto (oltre 5 anni) e sottraendo i periodi di sospensione per l’emergenza sanitaria e i rinvii richiesti dalle parti. La Corte ha così identificato un ritardo ingiustificato di oltre un anno, liquidando un indennizzo di 400 euro in favore del ricorrente, oltre al pagamento delle spese legali.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Equa Riparazione: Come Ottenere un Risarcimento per la Giustizia Lenta

Il diritto a una giustizia celere è un pilastro fondamentale di uno Stato di diritto. Quando un processo si protrae oltre un termine ragionevole, la legge prevede un meccanismo di tutela per il cittadino: l’equa riparazione. Una recente decisione della Corte di Appello di Salerno offre un chiaro esempio di come questo diritto venga applicato, specificando i criteri per calcolare il ritardo e liquidare il giusto indennizzo. Analizziamo insieme questo caso per capire come funziona nella pratica la cosiddetta ‘Legge Pinto’.

I Fatti del Caso: La Lunga Attesa per una Sentenza

Un cittadino si è rivolto alla Corte di Appello dopo aver affrontato un processo civile durato oltre cinque anni e mezzo. Il procedimento originario, iniziato con un atto di citazione notificato il 18 aprile 2019, si era concluso solo con la pubblicazione della sentenza il 19 novembre 2024. Ritenendo questa durata eccessiva e lesiva dei propri diritti, ha presentato un ricorso per ottenere un’equa riparazione ai sensi della Legge n. 89/2001.

Il ricorrente ha chiesto la liquidazione di un indennizzo per i danni non patrimoniali subiti a causa della snervante attesa, sostenendo che non vi fossero motivi per escludere il suo diritto al risarcimento.

Il Calcolo della Durata Irragionevole e la Giusta Riparazione

La Corte di Appello ha innanzitutto verificato la propria competenza e la tempestività del ricorso, presentato entro il termine semestrale dalla definizione del processo presupposto. Successivamente, ha proceduto al calcolo effettivo del ritardo accumulato. La durata formale del processo era di 5 anni, 7 mesi e 1 giorno. Tuttavia, non tutto questo tempo è imputabile a un malfunzionamento del sistema giudiziario.

La Corte ha quindi detratto due periodi specifici:

1. Rinvio richiesto dalle parti: Un periodo di 9 mesi e 14 giorni, dovuto a un rinvio concordato tra le parti coinvolte nel processo originario.
2. Sospensione per emergenza Covid-19: Un periodo di 3 mesi e 22 giorni, legato alla sospensione straordinaria dei termini processuali disposta per legge durante la pandemia.

Sottraendo questi periodi, la durata effettiva del processo, rilevante ai fini del giudizio, è stata ricalcolata in 4 anni, 5 mesi e 25 giorni.

le motivazioni

La Corte di Appello ha basato la sua decisione sui principi consolidati della Legge n. 89/2001. Il punto di partenza è lo standard di durata ragionevole per un giudizio di primo grado, fissato dalla legge in tre anni. Poiché la durata effettiva del processo (4 anni, 5 mesi e 25 giorni) superava questo standard, è stato riconosciuto un ritardo indennizzabile di 1 anno, 5 mesi e 25 giorni.

Nel quantificare l’indennizzo, il giudice ha applicato il criterio, ormai consolidato, di liquidare una somma che, nel caso di specie, è stata fissata in 400 euro per ogni anno di ritardo. Per il calcolo, il periodo di ritardo è stato arrotondato a un anno. Di conseguenza, l’indennizzo totale è stato stabilito in 400 euro, oltre agli interessi legali dalla data della domanda fino al saldo effettivo.

La Corte ha inoltre precisato che non sussistevano i presupposti per negare il diritto all’indennizzo, come il mancato esperimento dei rimedi preventivi, e che la richiesta riguardava esclusivamente i danni non patrimoniali, senza motivi di esclusione. Infine, ha condannato il Ministero della Giustizia al pagamento delle spese legali sostenute dal ricorrente per avviare il procedimento di equa riparazione.

le conclusioni

Questo decreto della Corte di Appello di Salerno ribadisce un principio cruciale: i cittadini hanno diritto a un risarcimento quando la macchina della giustizia è eccessivamente lenta. Tuttavia, la decisione chiarisce anche un aspetto fondamentale del calcolo: i ritardi non possono essere addebitati allo Stato se derivano da richieste delle parti o da eventi eccezionali e generalizzati come una pandemia. La sentenza offre quindi un’utile guida pratica, mostrando come il calcolo del ritardo venga ‘depurato’ da fattori esterni al funzionamento del sistema giudiziario, garantendo che l’equa riparazione colpisca solo le inefficienze effettive e non le pause legittime o concordate del processo.

Quanto tempo è considerato ‘ragionevole’ per un processo di primo grado ai fini dell’equa riparazione?
Secondo quanto stabilito nel decreto, la durata ragionevole per un giudizio di primo grado è fissata in tre anni, come previsto dall’art. 2 bis della Legge n. 89/2001.

Tutto il tempo trascorso in un processo viene conteggiato per calcolare il ritardo?
No, il calcolo della durata effettiva non include i periodi in cui il processo è stato sospeso per cause di forza maggiore (come l’emergenza sanitaria da Covid-19) o i ritardi derivanti da richieste specifiche delle parti, come i rinvii d’udienza.

A quanto ammonta l’indennizzo per un processo eccessivamente lungo?
Nel caso specifico, la Corte ha liquidato un indennizzo di 400,00 euro per ogni anno di ritardo. Questo importo è stabilito dal giudice in base ai principi di legge e può variare, pur dovendo rispettare i limiti massimi previsti dalla normativa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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