Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 122 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 122 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 03/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3796/2022 R.G. proposto da : MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio della AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME e COGNOME NOME COGNOME elettivamente domiciliati presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
– controricorrenti e ricorrenti incidentali avverso DECRETO di CORTE D’APPELLO PERUGIA n. 698/2020
depositata il 05/08/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/12/2023 dal Presidente NOME COGNOME
IN FATTO
Con separati ricorsi, dipoi riuniti, proposti nel corso del 2019, NOME COGNOME e NOME COGNOME adivano la Corte d’appello di Perugia per ottenere l’equa riparazione ex lege n. 89/01, per la durata irragionevole di altro procedimento promosso ai sensi della medesima legge, conclusosi con l’accoglimento della domanda. Ad esso aveva fatto seguito un processo d’esecuzione presso terzi, con provvedimento di assegnazione delle somme pignorate, e un successivo giudizio d’ottemperanza, chiuso con sentenza del Consiglio di Stato in data 28.5.2019.
Con decreto monocratico la domanda era accolta nella misura di € 1.164,16 per ciascuna parte.
Contro tale provvedimento il Ministero della Giustizia proponeva opposizione, sull’assunto dell’avvenuta scadenza del termine di cui all’art. 4 legge citata, decorrente non dalla pronuncia definitiva del giudice amministrativo, ma dalla conclusione del processo di esecuzione forzata mediante l’ordinanza di assegnazione emessa, ai sensi dell’art. 530 c.p.c., in data 4.4.2016.
L’opposizione era respinta dalla Corte d’appello.
Per quanto ancora rileva in questa sede di legittimità, detta Corte richiamava S.U. n. 19884/19, secondo cui il creditore dell’indennizzo Pinto che abbia promosso un’azione esecutiva nei confronti dello Stato per ottenere la soddisfazione del proprio credito potrà pretendere il riconoscimento del diritto alla ragionevole durata del processo unitariamente considerato fino a quando non sarà divenuto definitivo il provvedimento giurisdizionale che ha pienamente realizzato l’interesse del creditore. Osservava, quindi, che non incideva sulla unitarietà tra la fase di merito svolta innanzi alla Corte di appello e il giudizio di ottemperanza la circostanza che il primo si sia svolto innanzi ad un
plesso giurisdizionale diverso da quello al quale spetta funzionalmente la cognizione del giudizio di ottemperanza, rilevando soltanto il tempo processuale resosi necessario per dare soddisfazione al diritto del creditore all’indennizzo ex lege Pinto nei confronti dello Stato -debitore. E citava, altresì, la sentenza n. 17774/20, la quale, in applicazione del suddetto principio, ha ribadito che alla luce della ricostruzione sistematica operata dalle Sezioni Unite di questa Corte con la recente Sentenza n. 19883/19 il processo di equa riparazione il cui giudizio presupposto veda lo Stato in veste di debitore va considerato come un unicum composto da cognizione ed esecuzione (concetto, questo, già affermato da Cass. Sez. U, sentenza n. 6312 del 19.03.2014), la cui massima durata ragionevole è pari a due anni, sei mesi e 5 giorni.
Avverso detta pronuncia il Ministero della Giustizia propone ricorso, affidato a due motivi.
NOME COGNOME e NOME COGNOME resistono con controricorso, proponendo a loro volta ricorso incidentale, anch’esso affidato a due motivi.
I controricorrenti hanno, altresì, depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. -Col primo motivo di ricorso il Ministero della Giustizia deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 4 legge n. 89/01 e dell’art. 6, par. 1 della Convenzione EDU, in ordine alla tardività del ricorso per equa riparazione. Sostiene parte ricorrente principale che la nozione di decisione definitiva, da cui far decorrere il termine perentorio entro cui presentare la domanda di equa riparazione, deve essere riferita non già alla sentenza resa dal giudice amministrativo in sede d’ottemperanza, ma alla precedente ordinanza di assegnazione ex art. 530 c.p.c., emessa dal giudice dell’esecuzione e non opposta, che aveva chiuso il processo esecutivo, essendo quest’ultima pienamente satisfattiva
dell’interesse processuale del creditore. Cita, al riguardo, la sentenza della Corte EDU nel caso Bozza c/ Italia, che ha ritenuto ‘decisione interna definitiva’ un atto di pignoramento presso terzi ‘emesso’ dal giudice dell’esecuzione (intendi, assegnazione della somma pignorata). Né, sostiene parte ricorrente, la soluzione è destinata a mutare ove all’esecuzione forzata abbia fatto seguito un giudizio d’ottemperanza, poiché una volta ottenuta l’assegnazione delle somme pignorate, già presenti nei capitoli di contabilità speciale, il creditore non può più conseguire alcuna utilità ulteriore dal sistema processuale a mezzo d’un giudizio d’ottemperanza, ma soltanto ottenere la duplicazione di un ordine di pagamento già emesso, aprendo la strada a fenomeni di abuso del processo.
1.1. -Il motivo è infondato.
L’equiparazione funzionale, ai fini di cui alla legge n. 89/01 e della relativa interpretazione convenzionalmente orientata, tra esecuzione forzata e giudizio d’ottemperanza, è un dato ormai acquisito in forza del noto arresto n. 19883/19, col quale le S.U. di questa Corte, rivedendo il proprio precedente orientamento, hanno chiarito che, ai fini della decorrenza del termine di decadenza per la proposizione del ricorso ex art. 4 della l. n. 89 del 2001, nel testo modificato dall’art. 55 del d.l. n. 83 del 2012, conv. dalla l. n. 134 del 2012, risultante dalla sentenza della Corte costituzionale n. 88 del 2018, la fase di cognizione del processo che ha accertato il diritto all’indennizzo a carico dello Stato -debitore va considerata unitariamente rispetto alla fase esecutiva eventualmente intrapresa nei confronti dello Stato, senza la necessità che essa venga iniziata entro sei mesi dalla definitività del giudizio di cognizione, decorrendo detto termine dalla definitività della fase esecutiva.
Ciò posto, questa Corte ha già avuto modo di risolvere la questione ulteriore, che sostanzia il motivo in esame, vale a dire se il continuum tra il rimedio dichiarativo di cui alla legge n. 89/01 e il processo di esecuzione, necessitato dal mancato adempimento
spontaneo del Ministero, si proietti anche sul giudizio d’ottemperanza che sia stato instaurato in alternativa o in consecuzione a quello esecutivo.
A tal riguardo l’ordinanza n. 2/23 (conforme, la n. 25203/23) ha affermato che il termine di decadenza per la proposizione del ricorso ex art. 4 della l. n. 89 del 2001, nel testo modificato dall’art. 55 del d.l. n. 83 del 2012, conv. dalla l.n. 134 del 2012, secondo un’interpretazione conforme ai principi sovranazionali, decorre, ove siano stati esperiti, successivamente al processo di cognizione, prima il giudizio di esecuzione e dopo il giudizio di ottemperanza, dalla positiva definizione dell’ultimo dei procedimenti instaurati (nella specie, dalla definitività della pronuncia di ottemperanza) al fine di conseguire l’adempimento della prestazione dovuta.
Ha ritenuto detta ordinanza che la soluzione affermativa «si imponga proprio alla luce dell’esigenza di interpretare le norme in esame in maniera da assicurare il rispetto dei principi sovranazionali, quali riaffermati dalla sentenza della Corte EDU Bozza c. Italia del 14 settembre 2017 (…), a mente dei quali l’esecuzione costituisce parte integrante del “processo” ai sensi dell’art. 6 CEDU, affermandosi testualmente che “(…) il diritto a un tribunale sarebbe illusorio se l’ordinamento giuridico interno di uno Stato contraente permettesse che una decisione giudiziaria definitiva e vincolante rimanesse inoperante a scapito di una delle parti. L’esecuzione di una sentenza, indipendentemente da quale giudice l’abbia pronunciata, deve essere dunque considerata come facente parte integrante del processo ai sensi dell’art. 6 (si veda anche Bourdov c. Russia (n. 2), ric. n. 33509/04, p. 65, CEDU 2009)”».
Non colgono nel segno le opposte argomentazioni svolte dal Ministero ricorrente. Va osservato, in sequenza, che ( i ) la pronuncia della Corte EDU nel processo Bozza c/ Italia attribuisce
all’ordinanza di assegnazione valenza di ‘decisione interna definitiva’, solo perché in quel caso l’esecuzione forzata aveva costituito l’unico seguito al procedimento dichiarativo; ( ii ) la scelta di senso espressa dalla sopra richiamata equiparazione tra esecuzione forzata e ottemperanza è solidale all’esigenza affermata dalla Corte sovranazionale solo a patto di realizzare in concreto, e non solo di reiterare, sia pure sotto la diversa forma dell’art. 530 c.p.c. o della sentenza ex art. 112 c.p.a., quell’accertamento del diritto all’indennizzo già operato mediante il procedimento di cui agli artt. 3 e ss. legge n. 89/01; ( iii ) anche sotto il profilo del diritto interno esecuzione forzata e ottemperanza non sono tra loro alternative, ma concorrono in vista del conseguimento d’un comune risultato pratico; di talché, infine, ( iv ) non vi può essere abuso di tutela processuale finché quel diritto non sia stato soddisfatto dallo Stato mediante il pagamento.
-Il secondo motivo del ricorso principale espone la violazione dell’art. 3 legge n. 89/01, per la carenza di legittimazione passiva del Ministero della Giustizia quanto alla fase d’ottemperanza, della cui durata deve rispondere, invece, il Ministero dell’Economia e delle Finanze.
2.1. -Il mezzo (che corrisponde ad un motivo d’opposizione non espressamente considerato dalla Corte territoriale) è fondato.
In tema di equa riparazione ex l. n. 89 del 2001, la legittimazione passiva rispetto alla domanda diretta a far valere un pregiudizio derivante dalla irragionevole durata di giudizi svoltisi, in relazione alla medesima vicenda, dinanzi a giudici ordinari e a giudici amministrativi, compete congiuntamente al Ministero della Giustizia e al Ministero dell’Economia e delle Finanze, sicché, laddove l’unico Ministero convenuto eccepisca la mancata evocazione in giudizio dell’altro, il giudice è tenuto a fissare un termine per l’instaurazione del contraddittorio anche nei confronti di quest’ultimo (ordinanza n. 11533/23; conforme, n. 23853/23).
Ciò in quanto occorre determinare il quantum dovuto dai due dicasteri, in relazione ai ritardi separatamente ascrivibili ai plessi giurisdizionali di riferimento (così, in motivazione, la n. 11533/23 cit.).
Nella specie è stato evocato in giudizio il solo Ministero della Giustizia; di qui la non integrità del contraddittorio.
-Per l’effetto espansivo interno, di cui all’art. 336, primo comma, c.p.c., resta assorbito l’esame di entrambi i mezzi del ricorso incidentale, aventi ad oggetto il capo dipendente relativo alle spese della fase di merito.
-In conclusione, il provvedimento impugnato è cassato, in relazione al motivo accolto, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Perugia, che provvederà anche sulle spese di cassazione.
P. Q. M.
La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso principale, respinto il primo motivo ed assorbito il ricorso incidentale, cassa il provvedimento impugnato con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Perugia, che provvederà anche sulle spese di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda