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Equa riparazione: quando scatta il termine?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 122/2024, chiarisce un punto cruciale sull’equa riparazione per irragionevole durata del processo. Se il creditore, dopo un’esecuzione forzata contro lo Stato, avvia anche un giudizio di ottemperanza per ottenere il pagamento, il termine per chiedere un nuovo indennizzo decorre dalla fine di quest’ultimo procedimento. La Corte considera l’intero percorso esecutivo come un unicum. Tuttavia, ha cassato la decisione precedente perché, in casi simili, devono essere citati in giudizio sia il Ministero della Giustizia sia quello dell’Economia, garantendo l’integrità del contraddittorio.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Equa Riparazione: Quando Scade il Termine se lo Stato non Paga?

Ottenere un’ equa riparazione per l’eccessiva durata di un processo è un diritto sancito dalla Legge Pinto. Ma cosa succede quando, ottenuta la condanna dello Stato, quest’ultimo non paga e si è costretti ad avviare un lungo percorso esecutivo? E se a un’esecuzione forzata segue un giudizio di ottemperanza, da quale momento si calcola il termine per chiedere un nuovo indennizzo per questo ulteriore ritardo? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 122/2024, ha fornito chiarimenti fondamentali su questo tema.

I Fatti del Caso

Due cittadini, dopo aver vinto una causa per ottenere l’indennizzo previsto dalla Legge Pinto, non ricevevano il pagamento dovuto dal Ministero della Giustizia. Per recuperare il loro credito, avviavano prima un’esecuzione forzata, conclusasi con un’ordinanza di assegnazione delle somme nel 2016, e successivamente un giudizio di ottemperanza presso il giudice amministrativo, terminato solo nel 2019.
A questo punto, i cittadini presentavano una nuova domanda di equa riparazione per l’irragionevole durata dell’intera fase esecutiva. Il Ministero si opponeva, sostenendo che la domanda fosse tardiva, in quanto il termine di decadenza avrebbe dovuto essere calcolato dalla conclusione del primo procedimento esecutivo (2016) e non dalla fine del giudizio di ottemperanza (2019).

La Decisione della Corte di Cassazione e l’equa riparazione

La Suprema Corte ha affrontato due questioni principali. La prima, relativa alla decorrenza del termine, è stata risolta a favore dei cittadini. La seconda, un vizio procedurale sollevato dal Ministero, ha portato alla cassazione con rinvio della decisione.

Il Processo Esecutivo è un ‘Unicum’

Il primo motivo di ricorso del Ministero è stato respinto. La Corte ha stabilito un principio di fondamentale importanza: quando per ottenere soddisfazione del proprio credito nei confronti dello Stato sono necessari più strumenti processuali in sequenza (in questo caso, esecuzione forzata e giudizio di ottemperanza), l’intero percorso va considerato come un processo unitario.
Di conseguenza, il termine per presentare la domanda di equa riparazione per il ritardo accumulato in questa fase non decorre dalla fine del primo atto esecutivo, ma dalla decisione definitiva dell’ultimo procedimento intrapreso. Questo approccio è in linea con l’interpretazione della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), che considera l’esecuzione di una sentenza come parte integrante del ‘processo’.

La Legittimazione Passiva e l’Integrità del Contraddittorio

Il secondo motivo di ricorso del Ministero è stato invece accolto. Il Ministero della Giustizia lamentava di non essere il soggetto corretto a rispondere del ritardo relativo al giudizio di ottemperanza, che rientra nelle competenze del giudice amministrativo e, di riflesso, coinvolge il Ministero dell’Economia e delle Finanze.
La Cassazione ha confermato che, quando il ritardo complessivo deriva da procedimenti svoltisi davanti a giurisdizioni diverse (ordinaria per l’esecuzione forzata e amministrativa per l’ottemperanza), la legittimazione passiva spetta congiuntamente a entrambi i Ministeri. Poiché nel giudizio era stato convenuto solo il Ministero della Giustizia, il contraddittorio non era integro. Per questo motivo, la Corte ha cassato la sentenza e rinviato il caso alla Corte d’Appello per un nuovo esame che includa anche il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sul primo punto richiamando la propria giurisprudenza consolidata (in particolare le Sezioni Unite n. 19884/19), la quale ha sancito che la fase di cognizione e quella esecutiva vanno considerate unitariamente ai fini della Legge Pinto. Estendendo questo principio, ha chiarito che anche la successione di più rimedi esecutivi (esecuzione forzata e ottemperanza) costituisce un continuum processuale. Finché il diritto del creditore non è pienamente soddisfatto, non si può parlare di abuso del processo, e il termine per la richiesta di indennizzo per il ritardo si sposta in avanti, fino alla conclusione dell’ultimo strumento utilizzato.
Sul secondo punto, la motivazione risiede nella necessità di garantire il corretto svolgimento del processo attraverso il principio del contraddittorio. Se i ritardi sono imputabili a plessi giurisdizionali diversi, facenti capo a distinti ministeri, entrambi devono essere chiamati in causa per difendersi e per consentire al giudice di determinare correttamente il quantum del risarcimento dovuto da ciascuno.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame offre due importanti indicazioni pratiche. In primo luogo, rafforza la tutela dei cittadini che sono costretti a intraprendere lunghi e complessi percorsi per ottenere l’esecuzione di una sentenza contro lo Stato, concedendo loro più tempo per agire con la Legge Pinto. In secondo luogo, sottolinea un aspetto procedurale cruciale: per le domande di equa riparazione che coinvolgono ritardi in diverse giurisdizioni, è indispensabile citare in giudizio tutte le amministrazioni competenti per evitare che la domanda venga respinta per un vizio di procedura.

Quando inizia il termine per chiedere l’equa riparazione se dopo l’esecuzione forzata si avvia un giudizio di ottemperanza?
Il termine di decadenza per proporre la domanda di equa riparazione decorre dalla conclusione del giudizio di ottemperanza, in quanto quest’ultimo costituisce l’atto finale del percorso unitario volto a soddisfare il credito.

L’esecuzione forzata e il giudizio di ottemperanza sono considerati due processi separati ai fini della Legge Pinto?
No, la Corte di Cassazione li considera come un ‘unicum’, ovvero un unico percorso processuale che inizia con la prima azione esecutiva e termina solo quando il creditore ha ottenuto il pieno soddisfacimento del suo diritto.

Chi bisogna citare in giudizio per i ritardi accumulati in un processo ordinario e in un successivo giudizio di ottemperanza?
È necessario citare in giudizio congiuntamente sia il Ministero della Giustizia, per i ritardi del processo davanti al giudice ordinario, sia il Ministero dell’Economia e delle Finanze, per quelli relativi al giudizio di ottemperanza davanti al giudice amministrativo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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