Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 18812 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 18812 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23584/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’ avvocato COGNOME
-ricorrente-
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che lo rappresenta e difende;
-controricorrente-
avverso il DECRETO della CORTE D’APPELLO di PERUGIA n. 389/2023, depositato il 20/04/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
PREMESSO CHE
La società RAGIONE_SOCIALE ricorre per cassazione avverso il decreto della Corte d’appello di Perugia n. 389/2023, che ha rigettato l’opposizione proposta dalla ricorrente contro il decreto del Tribunale che aveva liquidato la somma annua di euro 200 a titolo di equa riparazione dell’eccessiva durata di una procedura fallimentare. La Corte d’appello ha osservato che il credito azionato in sede fallimentare, di carattere chirografario, ammontava a euro 3.772,61 e che la scarsità dell’attivo fallimentare non ha consentito alcun riparto ai creditori chirografari e che dall’ultimo bilancio della società opponente risulta uno stato patrimoniale netto di euro 2.533.446; alla luce di tali dati la Corte ha valutato come minimale la ‘caratura del patema d’animo sofferto per la lungaggine processuale, da sommare a una limitata aspettativa di vedere soddisfatto dalla procedura concorsuale il proprio credito’. La Corte ha quindi ritenuto che l’entità del credito, se non bagatellare al punto da comportare l’esclusione dell’equo indennizzo, sia comunque di ‘entità tale da determinare un’attribuzione di sussistenza minimale, per altro facente capo non a un privato, ma a un imprenditore commerciale costituito nella forma di una società di capitali’.
Resiste con controricorso il Ministero della giustizia.
La ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è articolato in tre motivi, tra loro strettamente connessi.
Il primo motivo contesta violazione o falsa applicazione dell’art. 2bis , comma 1, legge 89/2001 in relazione all’art. 6, paragrafo 1, della CEDU e agli artt. 111 e 117 della Costituzione: la Corte d’appello ha violato l’art. 2 -bis della legge 89/2001, avendo ritenuto non cogente quanto disposto dal legislatore nella delimitazione del compasso edittale, applicando all’importo
risarcitorio annuo di euro 400 una decurtazione rilevante, non prevista e non consentita da alcuna norma.
Il secondo motivo lamenta violazione o falsa applicazione dell’art. 2 -bis , comma 3, legge 89/2001 in relazione all’art. 6, paragrafo 1, della CEDU e agli artt. 111 e 117 Cost.: dalla disposizione richiamata si ricava che il giudice non ha il potere né di rigettare la domanda né di derogare alla misura prevista dalla forbice risarcitoria, ma unicamente di parametrare l’equa riparazione al valore della causa.
Il terzo motivo contesta violazione o falsa applicazione dell’art. 2 della legge 89/2001 in relazione all’art. 6, paragrafo 1, della CEDU e agli artt. 111 e 117 Cost.: il riferimento compiuto dal decreto impugnato alla collocazione chirografaria del credito ammesso è illegittimo, non essendo tale elemento di fatto previsto dalla legge 89/2001 quale ragione per fondare la concessione di un importo a titolo di equa riparazione dimezzato rispetto al minimo edittale.
I motivi non possono essere accolti. L’art. 2 -bis della legge 89/2001 prevede sì che la somma liquidata non sia inferiore a euro 400, ma precisa che tale liquidazione avviene ‘di regola’, così contemplando la possibilità per il giudice di liquidare una somma più bassa. Come ha osservato questa Corte, prescrivendo al giudice di seguire di regola i criteri di determinazione del quantum della riparazione, il legislatore ha riconosciuto al giudice di merito ‘un margine di valutazione che gli consente di discostarsi da esse, purché in misura ragionevole in relazione alla particolarità della fattispecie’ (cfr. in tal senso la pronuncia di questa Corte n. 22347/2023, menzionata dalla stessa ricorrente). Tale valutazione, esplicazione d ‘un potere discrezionale il cui esercizio è rimesso al giudice di merito, si sottrae al sindacato di questa Corte ove – come è avvenuto nel caso in esame – di tale esercizio il giudice di merito abbia offerto motivazione, facendo riferimento alle peculiarità della
fattispecie, e la misura dello scostamento non si palesi irragionevole.
II. Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese liquidate in dispositivo seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore del controricorrente, che liquida in euro 400, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda