Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20325 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 20325 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso 61 – 2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, giusta procura in calce al ricorso, con indicazione de ll’ indirizzo pec;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in Roma, INDIRIZZO, rappresentato e difeso dall’RAGIONE_SOCIALE ope legis ;
– controricorrente –
avverso il decreto n. cron. 702/2021 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositato il 24/5/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
7/12/2023 dal consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La società ricorrente era creditrice ammessa al passivo del fallimento della impresa RAGIONE_SOCIALE NOME, dichiarato il 13 ottobre 2009, pendente dinanzi al Tribunale di Mistretta, conclusosi nel 2019; il suo credito, per quanto qui rileva, non è stato soddisfatto, per assenza di attivo fallimentare.
La società RAGIONE_SOCIALE ha chiesto indennizzo per equa riparazione, ma la domanda è stata rigettata dalla Corte d’Appello, con decreto monocratico del 20 maggio 2020 e, poi, con decreto collegiale n.702/2021 in sede di opposizione, perché «a fronte di un modesto e difficilmente recuperabile attivo, era di immediata e intuitiva evidenza che, non solo e a maggior ragione il credito chirografario, ma anche il credito privilegiato sarebbe rimasto insoddisfatto» e «il credito preteso era ab origine di modesto i mporto»; con il decreto, la Corte d’appello condannò la ricorrente al rimborso delle spese in favore del Ministero, riconoscendo anche la percentuale per rimborso forfetario.
Avverso questo decreto ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE, per due motivi a cui il Ministero ha resistito con controricorso.
RAGIONI RAGIONE_SOCIALE DECISIONE
Con il primo motivo, articolato in riferimento al n. 3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., la RAGIONE_SOCIALE ha lamentato la v iolazione e falsa applicazione dell’art.2, L.89/2001, in relazione all’art.6, paragrafo 1 della CEDU, all’art.1 del primo protocollo addizionale ed agli artt.111 e 117 della Costituzione, per avere la Corte d’appello fondato il rigetto sulla sua «consapevolezza» di non poter
ottenere alcuna soddisfazione del proprio credito all’esito della procedura concorsuale.
Il motivo è fondato.
Questa Corte ha già stabilito che l’ammissione del creditore al passivo fallimentare consente al giudice, una volta accertata l’irragionevole durata del processo e la sua entità secondo le norme della l. n. 89 del 2001, di ritenere sussistente il danno non patrimoniale ogniqualvolta non ricorrano, nel caso concreto, circostanze particolari che facciano positivamente escludere che esso sia stato subito dal ricorrente: rileva, infatti, l ‘intervenuta valutazione positiva della fondatezza delle ragioni di credito insita nel provvedimento emesso dagli organi della procedura fallimentare.
Per interpretazione conforme alla giurisprudenza della Corte Europea di Strasburgo, il danno non patrimoniale conseguente alla durata non ragionevole del processo, una volta che sia stata dimostrata detta violazione dell’art. 6 della Convenzione, viene normalmente liquidato alla vittima senza bisogno che la sua sussistenza sia provata, sia pure in via presuntiva (Cass. Sez. 6 – 2, n. 19555 del 08/07/2021).
Quanto all’applicazione del l’art. 2 comma 2-quinquies, lett. a), secondo cui non è riconosciuto alcun indennizzo in favore della parte che ha agito o resistito in giudizio consapevole della infondatezza originaria o sopravvenuta delle proprie domande o difese, anche fuori dai casi di cui all’articolo 96 del codice di procedura civile, deve considerarsi che la stessa ammissione al passivo denota la presenza di una valutazione positiva da parte degli organi della procedura circa la fondatezza delle ragioni di credito vantate dal creditore.
In tal senso, a differenza del giudizio ordinario, non può dirsi che nella procedura concorsuale, dopo l’ammissione al passivo, il creditore «insista» nella sua pretesa, poiché egli è tenuto unicamente ad attendere gli esiti della liquidazione dell’attivo e, poi , del riparto.
Come chiarito da questa Corte, la consapevolezza sopravvenuta della infondatezza della domanda introdotta nel giudizio presupposto, quale causa per escludere l’indennizzo, deve invece essere oggetto di un accertamento specifico, da eseguire in concreto, in relazione allo sviluppo del procedimento (cfr. tra le tante, Cass. Sez. 2, n. 9552 del 2018).
La Corte d’appello non ha correttamente applicato quest i principi, perché ha escluso il pregiudizio non patrimoniale da irragionevole durata presumendo invece la consapevolezza, nel creditore istante in equa riparazione, delle difficoltà di recupero del suo credito dall’ammontare RAGIONE_SOCIALE stato passivo, come risultante dal deposito, in riferimento a un non meglio precisato «modesto e difficilmente recuperabile attivo».
Dall’accoglimento del primo motivo deriva, in logica conseguenza, l’assorbimento del secondo motivo, pure articolato in riferimento al n. 3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., con cui la società ricorrente ha lamentato la violazione o falsa applicazione degli artt.91 e 92 cod. proc. civ. e dell’art.2, comma 2, d.m. n. 55/2014, per avere la Corte d’appello riconosciuto, in favore del Ministero, le spese generali che, al contrario, non potrebbero essere attribuite agli avvocati dipendenti -come lo sono gli avvocati RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE – in quanto finalizzate a rifondere in maniera forfettaria gli oneri relativi al mantenimento di una struttura professionale a supporto dell’attività forense.
Il ricorso è perciò accolto e il decreto impugnato è cassato, con rinvio alla Corte d’appello di Messina , in diversa composizione, perché esamini la domanda attenendosi a quanto qui statuito e, decidendo in rinvio, regoli anche le spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa il decreto impugnato e rinvia alla Corte d’appello di Messina , in diversa composizione, anche le spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda