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Equa riparazione procedura fallimentare: no ai tagli

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 14602/2024, ha stabilito un importante principio in materia di equa riparazione per procedura fallimentare di durata irragionevole. La Corte ha chiarito che la norma che prevede una riduzione dell’indennizzo in caso di un numero elevato di parti (oltre 50) non si applica alle procedure concorsuali. Questo perché la presenza di molti creditori è una caratteristica normale e fisiologica di un fallimento, a differenza di un processo ordinario. Pertanto, il cittadino coinvolto ha diritto all’indennizzo pieno, senza decurtazioni legate al numero dei creditori.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Fallimentare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Equa Riparazione in Procedura Fallimentare: La Cassazione dice NO ai Tagli per Troppi Creditori

L’eccessiva durata dei processi è una nota dolente del sistema giudiziario italiano. Per porvi rimedio, la legge prevede un’ equa riparazione per procedura fallimentare o per altri giudizi troppo lunghi. Tuttavia, l’applicazione di questa tutela può generare complesse questioni interpretative. Con l’ordinanza n. 14602 del 24 maggio 2024, la Corte di Cassazione ha affrontato un caso emblematico, stabilendo che la riduzione dell’indennizzo prevista per i processi con molte parti non si applica ai fallimenti.

I Fatti del Caso: Una Procedura Durata Oltre 40 Anni

La vicenda trae origine da una procedura fallimentare iniziata nel lontano giugno 1978 e conclusasi solo nel febbraio 2020. Un cittadino, soggetto passivo della procedura, ha richiesto un’equa riparazione per il danno subito a causa della durata palesemente irragionevole del procedimento. Inizialmente, il Consigliere delegato della Corte di Appello ha liquidato un importo calcolato su trent’anni di ritardo, applicando però una significativa riduzione del 40%. La motivazione di tale taglio risiedeva nella molteplicità dei creditori ammessi al passivo, che erano oltre cinquanta.

La Decisione della Corte d’Appello e il Contesto Normativo

In seguito all’opposizione del cittadino, la Corte di Appello, in composizione collegiale, ha parzialmente accolto la richiesta, aumentando leggermente la somma totale, ma confermando implicitamente il principio della riduzione. Il ricorrente, non soddisfatto, ha quindi presentato ricorso in Cassazione, contestando due aspetti principali: la motivazione sulla quantificazione minima dell’indennizzo e, soprattutto, l’illegittimità della decurtazione del 40% applicata a causa del numero dei creditori.

L’Importanza della distinzione per l’equa riparazione in procedura fallimentare

Il Ministero della Giustizia, costituitosi in giudizio, ha a sua volta proposto un ricorso incidentale, sostenendo che il soggetto fallito non avesse nemmeno il diritto a richiedere l’indennizzo. La Cassazione ha rapidamente respinto questa tesi, confermando la sua giurisprudenza consolidata secondo cui anche il fallito è a tutti gli effetti parte del processo fallimentare e, come tale, ha pieno diritto a essere tutelato contro la sua eccessiva durata. Il fulcro della decisione si è quindi spostato sulla questione della riduzione dell’indennizzo.

Le Motivazioni della Cassazione: Distinzione tra “Processo” e “Procedura Concorsuale”

La Corte di Cassazione ha accolto il secondo motivo del ricorso del cittadino, ritenendolo manifestamente fondato. Il ragionamento dei giudici si basa su un’attenta interpretazione della Legge n. 89/2001 (nota come “Legge Pinto”). In particolare, l’art. 2-bis, comma 1-bis, prevede che l’indennizzo possa essere ridotto fino al 40% quando le parti del “processo” presupposto sono più di cinquanta. La Corte ha chiarito che i termini “processo” e “procedura concorsuale” non sono sinonimi e non possono essere usati in modo intercambiabile.
La presenza di un numero elevato di parti (dieci, cinquanta o più) in un ordinario processo di cognizione è un’eventualità infrequente, se non rara. In tali casi, la complessità gestionale può giustificare una certa tolleranza sulla durata e, di conseguenza, una riduzione dell’indennizzo. Al contrario, in una procedura fallimentare (o concorsuale in genere), la compresenza di una pluralità di creditori non è un’eccezione, ma l’ipotesi fisiologica e ordinaria. Applicare la norma sulla riduzione a queste procedure creerebbe un effetto distorsivo e irragionevole: il cittadino verrebbe penalizzato per una caratteristica intrinseca e normale del tipo di procedimento in cui è coinvolto.

Conclusioni: Un Principio di Diritto a Tutela dei Cittadini

In conclusione, la Suprema Corte ha cassato il decreto impugnato e ha rinviato la causa alla Corte di Appello di Potenza, che dovrà attenersi al seguente principio di diritto: la decurtazione dell’indennizzo per equa riparazione, prevista in caso di superamento di cinquanta parti, non è applicabile alle procedure fallimentari. Questa decisione rafforza la tutela dei cittadini coinvolti in lunghe procedure concorsuali, garantendo che non vengano ingiustamente penalizzati per la naturale complessità di tali procedimenti. L’indennizzo, una volta accertata la durata irragionevole, deve essere calcolato senza tagli legati al numero dei creditori coinvolti.

Un soggetto dichiarato fallito ha diritto all’equa riparazione per l’eccessiva durata della procedura?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che il soggetto fallito è considerato a tutti gli effetti parte del processo fallimentare ed è quindi titolare del diritto a richiedere un’equa riparazione se la procedura si protrae per un tempo irragionevole.

È possibile ridurre l’indennizzo per equa riparazione in una procedura fallimentare se ci sono molti creditori?
No. La sentenza ha stabilito che la norma che permette di ridurre l’indennizzo fino al 40% quando le parti del processo sono più di cinquanta non si applica alle procedure fallimentari. L’indennizzo deve quindi essere calcolato senza questa decurtazione.

Perché la norma sulla riduzione dell’indennizzo non si applica alle procedure fallimentari?
Perché la presenza di numerosi creditori è una caratteristica normale e “fisiologica” di una procedura fallimentare, a differenza di un processo civile ordinario dove rappresenta un’eccezione. Applicare la riduzione penalizzerebbe in modo irragionevole il cittadino per una caratteristica standard e intrinseca del tipo di procedimento in cui è coinvolto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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