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Equa riparazione pretesa irrisoria: no indennizzo

La Corte di Cassazione ha negato il diritto all’equa riparazione per l’irragionevole durata di un processo a causa della pretesa irrisoria. La richiesta di indennizzo, basata su una causa dal valore di soli 450 euro, è stata rigettata poiché, secondo i giudici, non è stata raggiunta una soglia minima di gravità del pregiudizio, applicando il principio ‘de minimis non curat praetor’.

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Pubblicato il 15 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Equa riparazione e pretesa irrisoria: quando il valore della causa annulla il diritto all’indennizzo

L’ordinanza n. 23563/2024 della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nell’ambito della Legge Pinto: il diritto all’equa riparazione per pretesa irrisoria. La decisione chiarisce che un processo eccessivamente lungo non dà automaticamente diritto a un risarcimento se il valore economico della controversia è talmente basso da essere considerato insignificante. Vediamo nel dettaglio i contorni di questa importante pronuncia.

I Fatti del Caso

Una cittadina aveva richiesto un’equa riparazione ai sensi della Legge n. 89/2001, lamentando la durata irragionevole di un precedente giudizio civile. La Corte d’Appello di Catania, tuttavia, aveva respinto la sua domanda. La motivazione del rigetto si fondava sulla natura del giudizio presupposto: il suo valore era di soli 450,00 euro. Secondo la corte territoriale, l’esiguità della posta in gioco rendeva insussistente un pregiudizio concreto e risarcibile.

Contro questa decisione, la cittadina ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che il diritto all’indennizzo per l’eccessiva durata del processo dovrebbe prescindere dal valore economico della causa e dal suo esito.

L’Analisi della Corte sull’Equa Riparazione per Pretesa Irrisoria

La Suprema Corte ha esaminato congiuntamente i motivi del ricorso, ritenendoli infondati. Il fulcro della decisione ruota attorno all’interpretazione dell’art. 2-sexies, lettera g), della Legge n. 89/2001. Questa norma introduce una presunzione di insussistenza del pregiudizio quando la pretesa del giudizio originario è irrisoria.

I giudici hanno richiamato il principio di origine latina de minimis non curat praetor (‘la legge non si occupa di cose di minima importanza’), un principio recepito anche dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Secondo tale orientamento, una violazione dei diritti, per essere giuridicamente rilevante e quindi indennizzabile, deve raggiungere una soglia minima di gravità.

Nel caso di un processo lungo, ma relativo a una pretesa economica esigua, si presume che il danno patito dalla parte non sia sufficientemente grave da giustificare un intervento riparatorio dello Stato.

Il Limite di Valore e la Giurisprudenza Consolidata

La Cassazione ha ricordato come la propria giurisprudenza abbia già in passato escluso il diritto all’indennizzo in casi dove le pretese erano di entità minima, spesso inferiori alla soglia di 500,00 euro. In tali circostanze, si presume che l’irragionevole durata del giudizio non abbia causato un pregiudizio concreto tale da superare quella soglia minima di gravità richiesta per l’indennizzo.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha stabilito che la Corte d’Appello ha correttamente applicato i principi vigenti. Valutando il valore della causa presupposta in soli 450,00 euro, ha giustamente concluso per la ‘scarsissima rilevanza della posta in gioco’. Questa ‘irrisorietà della pretesa’ ha portato a escludere qualsiasi reale pregiudizio a danno della ricorrente, conformemente all’interpretazione della normativa nazionale alla luce della giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

La Legge Pinto, spiegano i giudici, è un rimedio interno volto a prevenire l’intervento della Corte di Strasburgo, e deve quindi essere interpretata in armonia con i principi da essa stabiliti. Tra questi, vi è proprio l’idea che non ogni violazione formale comporti un diritto automatico al risarcimento, essendo necessaria una concreta e apprezzabile lesione.

Conclusioni

Con l’ordinanza n. 23563/2024, la Corte di Cassazione ribadisce un punto fermo: il diritto all’equa riparazione per l’eccessiva durata di un processo non è assoluto. L’entità economica della controversia originaria gioca un ruolo determinante. Per le cause di valore irrisorio, vige una presunzione di assenza di un danno significativo, che può essere superata solo con una prova contraria specifica da parte del richiedente. Questa decisione consolida un orientamento volto a evitare l’abuso dello strumento dell’equa riparazione per controversie bagatellari, concentrando le risorse risarcitorie sui casi in cui il ritardo della giustizia ha causato un pregiudizio effettivo e rilevante.

L’eccessiva durata di un processo garantisce sempre il diritto a un’equa riparazione?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il diritto all’indennizzo non è automatico. È necessario che la violazione del termine ragionevole del processo raggiunga una soglia minima di gravità per essere considerata risarcibile.

Cosa si intende per ‘pretesa irrisoria’ e quali sono le conseguenze?
Per ‘pretesa irrisoria’ si intende una richiesta in un processo dal valore economico molto basso (in questo caso, 450 euro). La conseguenza è che la legge presume l’insussistenza di un pregiudizio risarcibile, a meno che la parte interessata non fornisca una prova contraria specifica che dimostri di aver subito un danno concreto nonostante il basso valore della causa.

Su quale principio giuridico si basa la decisione di negare l’indennizzo per le cause di valore minimo?
La decisione si fonda sul principio ‘de minimis non curat praetor’, secondo cui la legge non si occupa di questioni di minima importanza. Questo principio, recepito anche dalla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, implica che solo le violazioni che causano un pregiudizio di una certa gravità meritano una tutela risarcitoria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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