Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20715 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 20715 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso 25401 -2022 proposto da:
COGNOME NOME e COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO dal quale sono rappresentati e difesi, giusta procura a margine del ricorso, con indicazione de ll’ indirizzo pec;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Ministro pro tempore;
– intimato – avverso il decreto n.cronol. 524/2022 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositato il 15/3/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/11/2023 dal consigliere COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME e NOME COGNOME proposero opposizione ex art. 5 ter l. 89/2001, dinn anzi alla Corte d’appello di Roma, avverso il decreto di rigetto della loro domanda di equa riparazione del danno da irragionevole durata di un procedimento penale a loro carico, protrattosi per oltre 8 anni.
Con decreto del 14/10/2001 il Giudice designato aveva dichiarato inammissibile la domanda di NOME COGNOME perché proposta oltre il termine di decadenza ex art. 4 della legge n. 89 del 2001, atteso che il processo nei suoi confronti, quale coimputata, si era concluso nel marzo 2019 con il passaggio in giudicato della sentenza di Corte d’appello che aveva confermato l’estinzione del reato per prescrizione e il ricorso per l’indennizzo era sta to da lei proposto soltanto in data 16/9/2021; aveva quindi rigettato la domanda di COGNOME per assenza di prova sul pregiudizio subito, contraria alla presunzione iuris tantum prevista dall’ art. 2 comma 2 sexies lett. a) della legge n. 89 del 2001 operante in ipotesi di dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione.
La Corte d’appello, con decreto n. 524/2022 del 15/3/2022, ha respinto l’opposizione, ribadendo le motivazioni contenute nel decreto opposto.
In conseguenza del rigetto dell’opposizione, la Corte d’appello ha condannato gli opponenti alla sanzione di Euro 1.000,00 ciascuno, ex art. 5 quater, primo comma, della legge n. 89/2001.
Avverso questo decreto NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione, affidandolo a due motivi. Il Ministero non ha svolto difese.
RAGIONI RAGIONE_SOCIALE DECISIONE
Con il primo motivo, articolato in riferimento al n. 3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., NOME COGNOME ha lamentato la violazione e falsa applicazione dell’art. 2 comma 2 sexies lett. a della l. 89/2001 e degli art. 324, 115, 116 cod. proc. civ. per avere la Corte d’appello ritenuto operante la presunzione di mancanza di danno seppure l’effetto estintivo non fosse intervenuto per sue condotte dilatorie; questo presupposto, invece, sarebbe determinante per l’operare della presunzione; sull’ass enza di condotte dilatorie, peraltro, vi sarebbe giudicato atteso che già con la sentenza n. 3105/2017 il Tribunale penale di Roma aveva accertato che il reato contestato si era prescritto prima del decreto di citazione in giudizio.
1.1. Il motivo è infondato . Secondo l’art. 2 comma 2 sexies, si presume insussistente il pregiudizio da irragionevole durata del processo, salvo prova contraria, nel caso di dichiarazione di intervenuta prescrizione del reato, limitatamente all’imputato.
L’articolo 1, comma 777, lettera d), della Legge 28 dicembre 2015, n. 208 ha modificato il comma 2 quinquies , secondo la cui lett. d) non era riconosciuto indennizzo nel caso di estinzione del reato per intervenuta prescrizione connessa a condotte dilatorie della parte.
Ai ricorsi proposti dopo la sua entrata in vigore (1/1/2016), nelle ipotesi di indennizzo da irragionevole durata di procedimento penale conclusosi con dichiarazione di prescrizione del reato, si applica il nuovo comma 2 sexies , secondo la cui lett. a) il pregiudizio conseguente all’irragionevole durata del giudizio è presuntivamente compensato dall’intervenuto proscioglimento per prescrizione del reato.
Questa Corte ha ripetutamente affermato (ex plurimis , Cass. Sez. 6 – 2, n. 19741 del 22/09/2020, Sez. 6 – 2, n. 32027 del 05/11/2021, Sez. 2, n. 37850 del 2022) che la norma pone soltanto una nuova disciplina della formazione e della valutazione della prova nel processo, senza modificare i presupposti sostanziali per ottenere il
ristoro, prevedendo un diverso riparto dell’onere della prova. All’imputato, invero, è comunque consentito dare prova della non corrispondenza alla realtà di tale presunzione nel suo caso. In tal senso, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, il legislatore ha, comunque soltanto in via presuntiva, coerentemente dato lo stesso valore al medesimo elemento di fatto, cioè la durata del giudizio oltre un certo tempo prefissato, sia pure apprezzandolo da due ottiche contrapposte che, come tali si elidono: da un lato il protrarsi del procedimento implica che lo Stato debba abdicare alla sua potestà punitiva, dall’altro l’imputato si avvantaggia da questo protrarsi perché può così sottrarsi al giudizio di condanna e alla conseguente applicazione della pena. La razionalità e la coerenza della correlazione tra le due situazioni in bilanciamento e, perciò, della stessa presunzione di compensazione tra pregiudizio da irragionevole durata e vantaggio del proscioglimento per estinzione del reato si fonda su un presupposto giuridico importante, completamente trascurato dal ricorrente, e cioè che l’imputato può scegliere con consapevolezza la convenienza di sottrarsi al giudizio di merito perché, ai sensi dell’art. 157 cod.pen., può rinunciare alla prescrizione e ha comunque diritto a interloquire sull’applicazione della causa di estinzione: pertanto, l’imputato che potrà essere prosciolto per intervenuta prescrizione può prevedere in anticipo l’e sito del suo giudizio in conseguenza del trascorrere del tempo perché i tempi della prescrizione sono prefissati e calcolabili, e presuntivamente egli non soffre più la pendenza del giudizio a suo carico già alla data del maturarsi della causa di estinzione.
In tal senso, il presupposto dell’accertata assenza di comportamenti dilatori da parte dell’imputato esclude l’applicabilità della nuova lett. d) del comma 2 quinquies , ma non interferisce con l’operatività della presunzione della lett. a) del comma 2 sexies .
Per le stesse considerazioni, non interferisce con l’operatività della presunzione neppure l’essere la prescrizione maturata prima del decreto di citazione a giudizio.
Con il secondo motivo, pure articolato in riferimento al n. 3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., i ricorrenti hanno lamentato la violazione dell’art. 91 cod. proc. civ. per avere la Corte d’appello, pur nella contumacia del Ministero, pronunciato condanna alle spese in loro danno.
2.1. Il motivo è inammissibile perché non conferente alla decisione. La Corte d’appello non ha pronunciato condanna alle spese; ha applicato la sanzione prevista dall’art. 5 quater, ritenendo la manifesta infondatezza della domanda; l’applicazione di detta sanzione prescinde dalla costituzione dell’opposto perché costituisce strumento di attuazione dell’effettività della tutela giuris dizionale, che, per realizzarsi concretamente, presuppone misure volte a ridurre i rischi di abuso del processo.
Questa Corte ha già affermato che la prevista possibilità di una sanzione processuale svolga una funzione deterrente, scoraggiando l’uso distorto o incauto dell’istanza indennitaria e tale effetto dissuasivo è del tutto compatibile con i parametri costituzionali e, in particolare, con il principio di effettività della tutela giurisdizionale. L’uguale ed indiscriminato accesso a qualsivoglia pretesa, quantunque azzardata o altrimenti priva di chance di accoglimento, non è priva di costi sociali, poiché si traduce in un aggravio della funzione giurisdizionale a danno di chi, con maggiori prospettive di fondatezza, ne ha realmente bisogno. Né la parte può opporre una visione atomizzata del proprio interesse particolare, scissa dai doveri di solidarietà sociale che, pure, la Costituzione pone al centro del vivere comune (art. 2 Cost.). Si consideri, infatti, che il costo della funzione giurisdizionale è sostenuto in buona misura dalla collettività e ripartito al suo interno anche a
carico di chi non vi ricorra; sicché, in definitiva, proprio la garanzia di effettività della tutela ben può richiedere, in un contesto socio-politico che è compito del solo legislatore apprezzare, misure volte a ridurre il rischio dell’abuso del processo (così Cass. Sez. 6 – 2, Sentenza n. 5433 del 18/03/2016; Sez. 6 – 2, Sentenza n. 6865 del 2017, non mass.).
Il ricorso è perciò respinto. Non vi è statuizione sulle spese perché il Ministero non ha svolto difese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda