Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 9803 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 9803 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/04/2024
O R D I N A N Z A
sul ricorso proposto da:
NOME NOME , rappresentata e difesa per procura alle liti in calce al ricorso dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, INDIRIZZO.
Ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE .
Intimato
avverso il decreto n. 166/2021 RAGIONE_SOCIALE Corte di appello di Perugia, depositato il 22. 4. 2021.
Udita la relazione RAGIONE_SOCIALE causa svolta alla camera di consiglio del 16. 3. 2023 dal consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa e ragioni RAGIONE_SOCIALE decisione
Con ricorso ex art. 5-ter legge 24 marzo 2001, n. 89, depositato innanzi alla Corte d’Appello di Roma, NOME NOME chiese l’indennizzo per equa riparazione per l’irragionevole durata del giudizio da lei promosso nel febbraio
1998 dinanzi al Tar Lazio, definito con provvedimento di perenzione del 10. 10. 2011.
La Corte di Roma dichiarò la propria incompetenza ed il processo venne quindi riassunto dinanzi alla Corte di appello di Perugia, che, con decreto n. 79 del 10. 1. 2018, accolse solo in parte la domanda, condannando l’Amministrazione convenuta al pagamento, a titolo di equo indennizzo, RAGIONE_SOCIALE somma di euro 2.542,00, riducendo la durata irragionevole del giudizio presupposto per la mancata presentazione dell’istanza di prelievo, prevista dall’art. 54 d.l. n. 112 del 2008, conv. con l. n. 133 del 2008.
Con ordinanza n. 5977 del 4. 3. 2020 questa Corte, su ricorso RAGIONE_SOCIALE parte privata, cassò il predetto decreto, dando atto che l’art. 54 citato era stato dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 34 del 6. 3. 2019, rinviando la causa alla Corte territoriale di Perugia, in diversa composizione.
Riassunto il giudizio, la Corte perugina, quale giudice del rinvio, affermò che ai fini del computo RAGIONE_SOCIALE durata del processo presupposto non poteva tenersi conto del periodo di tempo successivo al 16. 9. 2010, data in cui era entrato in vigore il d. lgs. n. 104/2010, atteso che il processo era stato dichiarato perento. Tenuto conto RAGIONE_SOCIALE durata precedente del processo, calcolò la durata non ragionevole in 7 anni e 4 mesi e liquidò l’indennizzo nella misura complessiva di 3.666,00, pari ad euro 500,00 per ogni anno di ritardo. Compensò quindi integralmente le spese del giudizio di merito e di quello di legittimità e condannò il RAGIONE_SOCIALE al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di rinvio.
Per la cassazione di questo decreto, con atto notificato il 9. 11. 2021, ha proposto ricorso NOME NOME, sulla base di tre motivi, illustrati da successiva memoria.
Il RAGIONE_SOCIALE non ha svolto attività difensiva.
Il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2 RAGIONE_SOCIALE legge n. 89 del 2001, censurando la parte RAGIONE_SOCIALE decisione che ha escluso dal computo complessivo RAGIONE_SOCIALE durata del processo presupposto il periodo di tempo successivo al 16. 9. 2010 (data di entrata in vigore del codice del
processo amministrativo di cui al D. Lgs. n. 104/2010), atteso che il giudizio era stato definito con decreto di perenzione.
Si assume che la soluzione censurata è in contrasto con la giurisprudenza di legittimità, che ha costantemente ribadito che la dichiarazione di perenzione non esclude che debba considerarsi l’intera durata del processo ai fini RAGIONE_SOCIALE liquidazione dell’equo indennizzo.
Il mezzo è fondato.
Questa Corte ha ripetutamente affermato che in materia di equa riparazione per la durata irragionevole del processo, la dichiarazione di perenzione del giudizio da parte del giudice amministrativo non consente di ritenere insussistente il danno per disinteresse RAGIONE_SOCIALE parte a coltivare il processo, in quanto in tal modo verrebbe a darsi rilievo ad una circostanza sopravvenuta la dichiarazione di estinzione del giudizio – successiva rispetto al superamento del limite di durata ragionevole del processo. Ne consegue che va riconosciuto il diritto all’equa riparazione con riferimento al superamento del termine di durata decorso il primo triennio, potendosi limitare l’ammontare annuo dell’indennizzo solo in considerazione dell’esiguità RAGIONE_SOCIALE causa dichiarata perenta (Cass. n. 16413 del 2020; Cass. n. 14386 del 2015; Cass. n. 15 del 2014; Cass. n. 21047 del 2014; Cass. n. 6619 del 2010 ).
Si è poi altresì precisato che tale principio deve essere tenuto fermo anche a seguito dell’entrata in vigore del d. lgs. n. 104 del 2010, e precisamente RAGIONE_SOCIALE previsione di cui all’art. 1, comma 1, RAGIONE_SOCIALE norme transitorie di cui all’allegato 3, che appunto prevede che ” Nel termine di centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del codice, le parti presentano una nuova istanza di fissazione di udienza, sottoscritta dalla parte che ha rilasciato la procura di cui all’articolo 24 del codice e dal suo difensore, relativamente ai ricorsi pendenti da oltre cinque anni e per i quali non è stata ancora fissata l’udienza di discussione. In difetto, il ricorso è dichiarato perento con decreto del presidente “, che non immuta rispetto alle conclusioni sopra esposte circa l’impossibilità di poter di per sé escludere un danno indennizzabile per la sola declaratoria di perenzione del processo ( Cass. n. 16413 del 2020 ).
Il secondo e terzo motivo, che investono la regolamentazione RAGIONE_SOCIALE spese di lite, si dichiarano assorbiti, stante la necessità per il giudice del rinvio di dover procedere alla liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese di lite anche per le precedenti fasi e tenuto conto dell’importo che riterrà di liquidare a titolo di equa riparazione, valutata la durata complessiva del processo.
In accoglimento del primo motivo di ricorso, il decreto impugnato deve pertanto essere cassato con rinvio alla Corte d’Appello di Perugia, in diversa composizione, che si atterrà nel decidere al principio di diritto sopra enunciato e provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa il decreto impugnato e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d’Appello di Perugia in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16 marzo 2023.