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Equa Riparazione: perenzione e durata del processo

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9803/2024, ha stabilito che l’equa riparazione per l’irragionevole durata di un processo spetta per l’intera sua estensione, anche qualora il giudizio venga dichiarato estinto per perenzione. La Cassazione ha cassato la decisione della Corte d’Appello che aveva escluso dal calcolo il periodo successivo all’entrata in vigore del codice del processo amministrativo, riaffermando che la perenzione non cancella il diritto al risarcimento per il ritardo già accumulato.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Equa Riparazione: il Diritto al Risarcimento Non Si Estingue con la Perenzione del Processo

Il diritto a un processo di ragionevole durata è un caposaldo del nostro sistema giudiziario. Quando questo principio viene violato, la legge prevede uno strumento di tutela: l’equa riparazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia, chiarendo che il diritto all’indennizzo non viene meno neanche se il processo originario si estingue per inattività delle parti (perenzione).

I Fatti di Causa

Una cittadina aveva promosso un giudizio dinanzi al TAR del Lazio nel lontano 1998. Dopo anni di attesa, il processo veniva dichiarato estinto per perenzione nel 2011. A fronte di una durata così estesa, la cittadina decideva di agire per ottenere l’equa riparazione prevista dalla Legge Pinto, chiedendo un indennizzo per il danno subito a causa dei tempi irragionevoli della giustizia.

La Corte d’Appello, inizialmente, accoglieva solo in parte la domanda. I giudici di merito avevano infatti deciso di escludere dal calcolo della durata irragionevole tutto il periodo successivo al 16 settembre 2010, data di entrata in vigore del nuovo Codice del processo amministrativo. La motivazione di tale esclusione risiedeva proprio nel fatto che il giudizio presupposto si era concluso con una declaratoria di perenzione. Secondo la Corte d’Appello, l’inattività della parte dimostrava un disinteresse che giustificava la riduzione del periodo da indennizzare. Ritenendo ingiusta tale decurtazione, la cittadina ha proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione sull’Equa Riparazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso della cittadina, cassando con rinvio la decisione della Corte d’Appello. Il punto centrale della controversia era se la dichiarazione di perenzione del giudizio presupposto potesse incidere sul diritto all’equa riparazione, limitando il periodo di tempo da considerare ai fini del calcolo dell’indennizzo.

La risposta della Cassazione è stata netta: la perenzione non esclude che l’intera durata del processo debba essere considerata per liquidare l’equo indennizzo. La Corte ha ribadito un orientamento già consolidato, affermando che la declaratoria di estinzione del giudizio è una circostanza sopravvenuta che non può sanare retroattivamente il danno già causato dal superamento del limite di durata ragionevole del processo.

Le Motivazioni della Sentenza

I giudici di legittimità hanno spiegato che la dichiarazione di perenzione da parte del giudice amministrativo non equivale a una dimostrazione di disinteresse della parte tale da escludere il danno. Farlo significherebbe dare rilievo a un evento (l’estinzione) che si verifica molto tempo dopo che il danno da irragionevole durata si è già concretizzato.

Il diritto all’equa riparazione sorge nel momento in cui viene superata la soglia di durata ragionevole (generalmente fissata in tre anni per il primo grado). Ciò che accade dopo, inclusa la perenzione, non può cancellare il diritto già acquisito. La Corte ha inoltre specificato che questo principio rimane valido anche dopo l’introduzione del Codice del processo amministrativo (D.Lgs. 104/2010), le cui norme sulla perenzione non sono state introdotte per limitare il diritto all’indennizzo, ma per finalità deflattive del contenzioso.

Conclusioni

Questa ordinanza rafforza la tutela dei cittadini contro i ritardi della giustizia. Stabilisce con chiarezza che il diritto all’equa riparazione è autonomo rispetto all’esito del giudizio presupposto. L’eventuale estinzione del processo per inattività non può essere utilizzata come pretesto per negare o ridurre l’indennizzo per un ritardo che si è già verificato. La decisione garantisce che la valutazione del danno da irragionevole durata si basi su un dato oggettivo – il tempo trascorso – senza essere influenzata da vicende procedurali successive che non eliminano il pregiudizio subito dal cittadino in attesa di una risposta dalla giustizia.

La dichiarazione di estinzione (perenzione) di un processo cancella il diritto all’equa riparazione per la sua eccessiva durata?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che l’estinzione del procedimento per perenzione non elimina il diritto al risarcimento per l’irragionevole durata già maturata, poiché il danno si è già verificato al superamento dei termini ragionevoli.

Come si calcola la durata di un processo ai fini dell’equa riparazione se questo si è estinto per perenzione?
Ai fini del calcolo dell’equa riparazione, deve essere considerata l’intera durata del processo, dal suo inizio fino al momento della dichiarazione di estinzione. La perenzione non giustifica l’esclusione di una parte del periodo dal computo.

L’entrata in vigore del Codice del processo amministrativo (D.Lgs. 104/2010) ha modificato questo principio?
No, la Corte ha affermato che il principio secondo cui la perenzione non incide sul diritto all’equa riparazione rimane valido anche a seguito dell’entrata in vigore del Codice del processo amministrativo. Le norme sulla perenzione non possono essere interpretate in modo da limitare questo diritto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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