Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15053 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 15053 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/05/2024
RNUMERO_DOCUMENTO. NUMERO_DOCUMENTO P.U. 11/04/2024
EQUA RIPARAZIONE
SENTENZA
sul ricorso (iscritto al N.R.NUMERO_DOCUMENTO. NUMERO_DOCUMENTO) proposto da:
COGNOME NOME e COGNOME, rappresentati e difesi, in virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliati presso lo studio RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO, in Roma, INDIRIZZO;
–
ricorrenti – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso ‘ex lege’ dall’Avvocatura Generale RAGIONE_SOCIALEo Stato e presso i suoi Uffici domiciliato, in Roma, INDIRIZZO;
– controricorrente
–
avverso il decreto n. cronol. 673/2021 del 1° ottobre 2021 RAGIONE_SOCIALEa Corte di appello di Potenza, in composizione collegiale; udita la relazione RAGIONE_SOCIALEa causa svolta nella pubblica udienza RAGIONE_SOCIALE’11 aprile 2024 dal AVV_NOTAIO relatore NOME COGNOME; udito il P.M., in persona del Sostituto P.G. NOME COGNOME, il quale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità o il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Decidendo sul ricorso in opposizione ex art. 5ter RAGIONE_SOCIALEa legge n. 89/2001 proposto avverso il decreto monocratico del giudice designato RAGIONE_SOCIALEa Corte di appello di Potenza, quest’ultima Corte, in composizione collegiale, lo rigettava con decreto n. cronol. 673/2021, seppure sulla scorta di una diversa motivazione, ritenendo che il ritardo che aveva determinato la definizione del giudizio amministrativo presupposto in una durata irragionevole fosse addebitabile all’inerzia degli stessi ricorrenti.
Avverso il citato decreto collegiale hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, la Faillace Vittoria e il Breglia Vittorio.
Il RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Il PG, nella persona del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME, ha rassegnato conclusioni scritte, chiedendo la declaratoria di inammissibilità o di infondatezza del ricorso, richiamandosi alle precedenti conclusioni in data 5 gennaio 2024 redatte dal Sostituto procuratore generale NOME COGNOME.
MOTIVI RAGIONE_SOCIALEA DECISIONE
Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 112 c.p.c., sul presupposto che la Corte di appello, con il decreto impugnato, avrebbe deciso su una questione non costituente oggetto di eccezione RAGIONE_SOCIALEa controparte, anche perché contumace, ma rilevata d’ufficio.
Con il secondo motivo i ricorrenti deducono la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 101, comma 2, c.p.c., prospettando che, ove la Corte avesse inteso porre a fondamento RAGIONE_SOCIALEa sua decisione una questione rilevata d’ufficio (ovvero quella relativa alla mancanza RAGIONE_SOCIALEa prova RAGIONE_SOCIALE‘avvenuto deposito RAGIONE_SOCIALEe istanze di fissazione), avrebbe dovuto invitare le parti ad interloquire sulla stessa.
Con il terzo ed ultimo motivo i ricorrenti lamentano un omesso esame di fatto decisivo e una -non meglio precisata -violazione e falsa applicazione di norme di diritto, ponendo riferimento alla circostanza che l’assenza di istanze di prelievo (anche se, nella fattispecie, trattavasi di istanze di fissazione di udienze, che, peraltro, erano stata depositate) non avrebbe dovuto comportare l’inammissibilità del ricorso.
I primi due motivi – esaminabili congiuntamente, in quanto connessi -sono infondati.
Infatti – diversamente da quanto prospettato dai ricorrenti – non sussistevano, nella causa in questione, le condizioni che avrebbe reso necessaria la concessione del termine di cui all’art. 101, comma 2, c.p.c., rientrando la valutazione sulla sussistenza o meno RAGIONE_SOCIALEa prova circa l’avvenuto deposito RAGIONE_SOCIALEe istanze di fissazione nell’ambito RAGIONE_SOCIALE‘oggetto RAGIONE_SOCIALEa decisione RAGIONE_SOCIALEa domanda così come proposta, tanto ai fini RAGIONE_SOCIALEa determinazione RAGIONE_SOCIALEa ragionevole durata o meno del giudizio presupposto e RAGIONE_SOCIALE‘imputabilità, in quest’ultima evenienza, a carico degli stessi ricorrenti.
Il terzo ed ultimo motivo è inammissibile: per un verso, perché, con riferimento alla supposta violazione e falsa applicazione di norme di diritto, non risultano nemmeno indicate quali siano (rimanendo, così, inosservato il requisito -richiesto a pena di inammissibilità -dall’art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c.); per altro verso, perché non appare comprensibile in che cosa sia consistito l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio.
Si pone al riguardo attenzione ad un arresto -non meglio individuato –RAGIONE_SOCIALEa Corte costituzionale in base al quale l’assenza di istanze di prelievo non avrebbe dovuto rendere il ricorso ‘de quo’ inammissibile, per poi porre riferimento al fatto che si sarebbe dovuto piuttosto fare riferimento ad istanze di fissazione di udienza, facendo degli accenni confusi e tra loro sconnessi allo svolgimento del giudizio presupposto, tali da non renderlo intellegibile al fine di verificare quale sarebbe stato il fatto asseritamente ‘decisivo’,
prospettando, in modo apodittico, che la prova del deposito RAGIONE_SOCIALEa seconda istanza stava tutta nell’avvenuta celebrazione del processo e che ‘dispiaceva’ che tale circostanza processuale fosse sconosciuta alla Corte di appello di Potenza.
Peraltro, la censura si profila inammissibile anche per un ulteriore aspetto, ovvero per non aver colto la ratio decidendi RAGIONE_SOCIALE‘impugnato decreto, la cui motivazione è stata basata sul rilievo che la durata irragionevole del giudizio presupposto non fosse imputabile – del tutto o in parte – al ‘sistema giustizia’.
In definitiva, il ricorso va rigettato, con la conseguente condanna dei ricorrenti, in solido, al pagamento dei compensi del presente giudizio in favore del controricorrente RAGIONE_SOCIALE, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo.
Trattandosi di ricorso in materia di equa riparazione ai sensi RAGIONE_SOCIALEa legge n. 89/2021, non si applica l’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115/2002, in tema di raddoppio del contributo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento dei compensi del presente giudizio, che si liquidano in euro 1.250,00, oltre eventuali spese prenotate a debito.
Così deciso nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALEa Seconda Sezione civile