Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 683 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 683 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6849/2023 R.G. proposto da: NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO C/O SIGNOR NOME COGNOME presso il suo studio rappresentato e difeso da sé stesso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA e MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso l’ AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende;
– controricorrenti –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di VENEZIA n. 2562/2022 depositata il 28/09/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/07/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME NOME proponeva opposizione avverso il decreto della C orte d’A ppello di Venezia con il quale era stata rigettata la sua domanda di equa riparazione riguardo alla irragionevole durata di una procedura esecutiva presso terzi e di giudizi di accertamento dell ‘ obbligo del terzo.
Il Consigliere delegato aveva rigettato il ricorso con la seguente motivazione: ‘ritenuto che si tratti di giudizi autonomi e distinti tra loro, dovendosi considerare la diversità delle posizioni giuridiche controverse, dei soggetti in causa nonché della funzione e della struttura di ciascun giudizio, per cui … alla detta autonomia de i diversi giudizi consegue che le loro durate non possono sommarsi per rilevarne una complessiva dei due processi, di cognizione da un canto e di esecuzione … e che solo dal mo mento delle decisioni definitive in ciascuno dei processi sarà possibile, per ognuno di essi, domandare, nei termini dell’art . 4 l. n. 89 del 2001, l’equa riparazione …’ (così, Cass. , Sez. Un., n. 27365/2009).
La C orte d’A ppello di Venezia rigettava l’opposizione e confermava il decreto opposto. In particolare, rilevato che i procedimenti presupposti, erano i seguenti:
procedura esecutiva di espropriazione presso terzi, di cui agli artt. 543 ss. c.p.c., iscritta al n.R.G.4278 /2011, nell’ambito della quale il ricorrente, in qualità di creditore procedente, aveva richiesto e ottenuto il pignoramento di crediti per l’importo di € 22.500,00 nei confronti della Direzione Provinciale di Padova dell’Agenzia delle
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Entrate, crediti dei quali il medesimo risultava creditore, per € 15.317,47, nei confronti di una società, ‘RAGIONE_SOCIALE, la quale a sua volta vantava un credito d’imposta nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, per l’importo di € 20,000,00. Tale proced imento (R.G.4278/2011), escluso il periodo di sospensione del processo, non computabile ex art. 2, comma 2 bis L. n. 89/01, aveva avuto una durata di 3 anni, 2 mesi e 9 giorni, così calcolati: – dal 05.04.2011, data di notifica dell’atto di pignoramento pr esso terzi al 14.02.2013, data dell’ordinanza con cui la procedura era stata dichiarata sospesa per contestuale pendenza del procedimento iscritto al n. R.G. 1911/2012; dal 04.2016, data dell’ordinanza con cui il Giudice aveva invitato le parti a manifestare il proprio interesse al prosieguo della procedura esecutiva al 30.08.2017, data del decreto con cui il procedimento era stato dichiarato estinto per inattività delle parti ex art 309 c.p.c.;
procedura di cognizione volta all’accertamento dell’obbligo del terzo (Direzione provinciale di Padova dell’Agenzia delle Entrate) nei confronti di RAGIONE_SOCIALE a sua volta debitrice del Di NOME, iscritta al n. R.G.1911/2012 e disciplinata all’art 548 c.p.c. Tale procedimento, escluso il periodo di sospensione non computabile, aveva avuto la durata complessiva di 1 anno, 11 mesi e 25 giorni, così distinti: – 1 anno, 2 mesi e 12 giorni, avanti al giudice di primo grado, ossia dal giorno 01.03.2012, data di notifica della domanda di accertamento dell’obbligo del terzo al 13.05.2013, data dell’ordinanza con cui la procedura era stata sospesa ex art 367 c.p.c. in attesa del completamento del regolamento di giurisdizione; – 9 mesi e 13 giorni, ossia dal 6.05.2015, data di deposito della memoria di costituzione per la riassunzione del procedimento, in seguito all’ordinanza n. 9570/2014 del 25.02.2014 con cui la Corte
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di Cassazione aveva dichiarato la giurisdizione del Giudice tributario relativamente al procedimento de quo , al 19.02.2016, data del decreto con cui il procedimento era stato dichiarato estinto per inattività delle parti ex art 309 c.p.c.;
procedura di accertamento dell’obbligo del terzo, iniziata ex art. 50 c.p.c., promossa avanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Padova e iscritta al n. R.G. 1030/2014 . Tale procedimento, aveva avuto una durata complessiva di 4 anni, 10 mesi e 5 giorni, così distinta: – in primo grado, 2 anni, 5 mesi e 5 giorni, ossia da giugno 2014, data di notifica del ricorso per la prosecuzione del giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Padova, ex art. 50 c.p.c., al 22.11.2016, data di deposito della sentenza n. 720/2017 della Commissione tributaria provinciale di Padova; – in secondo grado, 2 anni e 5 mesi, ossia da giugno 2018, data di deposito dell’atto di appello da parte della Dir. Prov. Agenzia Entrate di Padova al 19.11.2020, data di deposito della sentenza n. 679/2020 della Commissione tributaria regionale del Veneto.
2.1 Secondo la Corte d’Appello il ricorso per l’equo indennizzo non era tempestivo per i primi due procedimenti sopra indicati (e ciò a prescindere dalla previsione di cui all’art. 2, comma 2 sexies, l. n. 89/01 secondo cui l’estinzione per inattività delle parti preclude il diritto all’indennizzo) e il terzo a veva avuto una durata complessiva inferiore a quella di 5 anni prevista dalla legge per i primi due gradi di giudizio.
A sostegno dell’opposizione il ricorrente assume va che nella durata complessiva della procedura esecutiva andrebbe inclusa anche la durata del giudizio per accertamento dell’obbligo del terzo e che, comunque, il provvedimento del Giudice dell’esecuzione, di
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estinzione della procedura per inattività delle parti, sarebbe stato emesso in difetto dei presupposti, tant’è che dello stesso a veva chiesto la revoca e, successivamente, avverso il predetto ha proposto opposizione agli atti esecutivi.
3.1 Il decreto di estinzione della procedura esecutiva, del 30 agosto 2017, doveva ritenersi definitivo in quanto contro lo stesso non risultava essere stato proposto tempestivo reclamo: l’odierno ricorrente aveva infatti dapprima chiesto la revoca (istanza che non ha trovato accoglimento) e successivamente, in data 15 marzo 2021, aveva proposto opposizione agli atti esecutivi, dichiarata inammissibile dal Giudice dell’esecuzione (‘ Si tratta, all’evidenza, di opposizione inammissibile in principalità per la forma utilizzata, che al più doveva consistere in un reclamo, ed in ogni caso per essere stata disposta l’estinzione della procedura nel rispetto delle norme processuali a seguito di regolare notifica alla parte ‘, v. doc.7).
Sicché, in relazione alla procedura per espropriazione presso terzi avviata dall’odierno ricorrente, trova va applicazione l’art.2, comma 2 sexies , l.n.89/01 per cui l’indennizzo non poteva essere riconosciuto essendosi il giudizio presupposto estinto per rinuncia agli atti o per inattività delle parti.
Anche la procedura di cognizione per l’accertamento dell’obbligo del terzo proposta dinanzi al Giudice ordinario si era conclusa con decreto di estinzione per inattività delle parti, con conseguente insussistenza del diritto all’indennizzo, mentre la procedura correttamente instaurata dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Padova aveva avuto una durata complessiva, tra primo e secondo grado, inferiore ai 5 anni (come ben evidenziato dal primo Giudice), con la conseguenza che nessun indennizzo era dovuto.
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NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso il suddetto decreto sentenza.
Il Ministero della Giustizia ha resistito con controricorso
Il ricorrente , in prossimità dell’udienza, ha depositato memoria con la quale ha insistito nella richiesta di accoglimento del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione degli artt. 548 e 549 c.p.c. e 2, comma 2, l. n. 89 del 2001 per avere la Corte di appello ritenuto autonomi tra loro il procedimento esecutivo e quello incidentale di cognizione svoltosi durante il periodo di sospensione del primo inteso ad accertare la sussistenza dell’obbligo del terzo e per avere quindi affermato che gli stessi non avrebbero potuto essere considerati unitariamente ai fini della valutazione attinente alla ragionevole durata.
Il precedente richiamato nel provvedimento impugnato non sarebbe pertinente rispetto alla fattispecie in oggetto (cass. n.27365/2009).
Secondo il ricorrente nella durata complessiva del processo devono ritenersi inclusi anche i tempi impiegati per la risoluzione di vicende processuali parallele o incidentali in particolare nel processo esecutivo e tale principio deve applicarsi anche nel giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo di cui all’articolo 549 c.p.c.
1.1 Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
La censura è inammissibile in quanto non si confronta con la ratio decidendi del provvedimento impugnato che ha escluso l’indennizzo per irragionevole durata del processo perché sia la procedura esecutiva di espropriazione presso terzi, di cui agli artt. 543 ss. c.p.c., iscritta al n. R.G. 4278/2011, sia la procedura di
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cognizione volta all’accertamento dell’obbligo del terzo (Direzione provinciale di Padova dell’Agenzia delle Entrate) nei confronti di RAGIONE_SOCIALE a sua volta debitrice dell’odierno ricorrente, iscritta al n. R.G. 1911/2012 e disciplinata all’art 548 c.p.c. sono state dichiarate estinte per inattività delle parti ex art 309 c.p.c..
Il fatto che il ricorrente ritiene che l’estinzione sia stata erroneamente dichiarata non può essere fatto valere nel presente giudizio di equa riparazione come si dirà in riferimento ai motivi successivi. Peraltro, i tre distinti procedimenti hanno tutti avuto una durata ragionevole ed è infondata la pretesa del ricorrente di sommare la loro durata al fine di affermare che il tempo complessivo ha superato i limiti di ragionevolezza sussistendo la presunzione di insussistenza del pregiudizio in presenza del l’estinzione dei primi due e della durata ragionevole del terzo. Peraltro , l’erronea individuazione del giudice competente circa la procedura di cog nizione per l’accertamento dell’obbligo del terzo è dipesa dal ricorrente il quale, dunque, non può dolersi del periodo di durata del procedimento avente ad oggetto l’accertamento del credito ex art. 549 c.p.c. riassunto nel 2014 a seguito del rigetto del regolamento preventivo di giurisdizione da lui stesso proposto con ulteriore aggravio dei tempi processuali.
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione degli artt. 617 e ss., 630 e ss. c.p.c. e art. 4 l. n. 89 del 2001 per avere comunque la Corte di appello illegittimamente affermato la tardività del ricorso per equa riparazione riguardante il procedimento di espropriazione presso terzi sulla base di una aprioristica, immotivata ed infondata estinzione della procedura nel rispetto delle norme processuali a seguito di regolare notifica alla parte asseritamente conseguente ad una pretesa mancata percettiva impugnazione del
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decreto di estinzione del procedimento e, quindi, senza tenere minimamente conto della pendenza del giudizio di opposizione agli atti esecutivi proposto dal ricorrente avverso il decreto di estinzione della procedura esecutiva.
Il ricorrente evidenzia di aver proposto opposizione agli atti esecutivi e che nella specie l’ estinzione del processo era avvenuta per cause diverse da quelle tipiche e, dunque, il rimedio previsto non era quello del reclamo.
3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione degli artt. 631 e 298 c.p.c. per avere la Corte d’appello illegittimamente fatto propria l’erronea ed illegittima decisione del giudice dell’esecuzione del Tribunale di Padova, il quale con provvedimento adottato all’udienza di cui all’art. 618 c.p.c. (riguardante la fase cosiddetta sommaria-cautelare dell’opposizione agli atti esecutivi) aveva illegittimamente dichiarato inammissibile la medesima opposizione ex art. 617 seguenti c.p.c.
4. Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: violazione degli artt. 487 e 177 c.p.c. e art. 4 l. n. 89 del 2001 per avere la Corte d’appello (una volta ritenuta l’autonomia dei giudizi -in realtà endoesecutividi accertamento dell’obbligo del terzo rispetto a quello di espropriazione presso terzi al quale i primi accedevano) illegittimamente affermato la tardività del ricorso per equa riparazione riguardante la procedura per espropriazione presso terzi (quale ‘singolo’ giudizio presupposto), senza minimamente considerare che ‘l’ordinanza che dispose l’estinzione della procedura nel rispetto delle norme processuali a seguito di regolare notifica alla parte ‘ , ai sensi delle citate disposizioni, costituiva provvedimento assolutamente revocabile.
5. Il quinto motivo di ricorso è così rubricato: violazione degli artt. 307 e 630 e ss. c.p.c. e art. 2, comma 2 sexies, lettera c) della legge 89 del 2001 per avere la Corte d’appello illegittimamente rigettato la richiesta di equo indennizzo relativa all’espropriazione presso terzi ritenendo che lo stesso fosse da ritenersi estinto a causa dell’inattività delle parti.
5.1 I motivi secondo, terzo, quarto e quinto sono inammissibili. Le censure proposte con i suddetti motivi, subordinate al rigetto del primo motivo, riguardano asseriti vizi procedurali dei procedimenti presupposti che non possono essere sollevati nel giudizio di equa riparazione, il quale non può mai divenire la sede per ridiscutere le vicende processuali del processo che si assume avere avuto una durata irragionevole, come nel caso di specie.
In questa sede non può che prendersi atto del decreto di estinzione dei procedimenti per inattività delle parti e trarne le conseguenze di cui all’art. 2, comma 2 sexies, lettera c) della l. n. 89 del 2001 circa la presunzione di mancanza di danno come correttamente rilevato dalla Corte d’Appello.
6. Il sesto motivo di ricorso è così rubricato: degli artt. 13, 41 e 46 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo nonché della l. n. 848 nel 1955 nonché dei principi in materia di equa riparazione affermati dalla CEDU; illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2 quater, della legge n. 89 del 2001 per contrasto con gli articoli 3, 111, comma 2, e 117, comma 1, Costituzione; falsa applicazione degli articoli 13, 41 e 46 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo nonché della l. n. 848/1955 in relazione agli artt. 24 e 111 cost., con riferimento all’art. 360 n. 3 c.p.c., e dei principii in materia di equa riparazione per durata non ragionevole del processo affermati dalla Corte E uropea dei diritti dell’uomo per avere la Corte
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di Appello (una volta optato per la tesi dell’autonomia dei giudizi -in realtà endoesecutivi di accertamento dell’obbligo del terzo rispetto a quello di espropriazione presso terzi al quale i primi accedevano) ritenuto, comunque, non dovuto persino l’equo indennizzo relativo a quest’ultimo giudizio, in quanto, ai sensi dell’art. 2, comma 2 quater, (prima parte) l. n. 89/2001, ‘ l’indennizzo non può essere riconosciuto se il processo che rappresenta il presupposto della domanda si è estinto per rinuncia agli atti o per inattività delle parti ‘ .
Il ricorrente afferma che la questione rileva solo se si nega la unitarietà dei giudizi di esecuzione in oggetto e in ogni caso anche volendo ritenere i suddetti giudizi autonomi nella specie non si dovrebbe tener conto del periodo di sospensione data la peculiarità della fattispecie.
6.1 Il sesto motivo di ricorso è inammissibile.
La censura è del tutto generica e anche in questo caso non si confronta con la ratio decidendi di presunzione di mancanza di danno come sopra richiamata. La norma richiamata nel motivo non risulta applicata nel caso in esame il che rende irrilevanti anche le questioni di costituzionalità peraltro sfornite del tutto di motivazione.
Nullità della sentenza o del procedimento violazione degli articoli 295 e 617 c.p.c. per avere la Corte d ‘A ppello illegittimamente omesso di sospendere ogni decisione in attesa della definizione del giudizio di opposizione agli atti esecutivi.
7.1 Il settimo motivo di ricorso è infondato.
Come si è detto, le questioni attinenti il giudizio presupposto e le eventuali violazioni processuali non possono riproporsi nel giudizio di equa riparazione. Peraltro, nella specie non ricorreva alcuna
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ipotesi di pregiudizialità tecnica tale da giustificare una sospensione necessaria del giudizio ex art. 295 c.p.c.
Violazione degli artt. 50, 47, 382 c.p.c. in quanto la Corte di appello ha omesso di considerare che a seguito del regolamento di giurisdizione proposto dall’odierno ricorrente la Suprema Corte ha stabilito la giurisdizione del giudice tributario sicché stante il principio della translatio iudicii si impone di considerare come un unico giudizio quello di accertamento dell’obbligo del terzo svolto dinanzi al Tribunale di Padova con quello proseguito dinanzi al giudice tributario.
8.1 L’ottavo motivo di ricorso è inammissibile.
Come si è detto, l ‘erronea individuazione del giudice competente è dipesa dal ricorrente il quale, dunque, non può dolersi del periodo di durata del procedimento avente ad oggetto l’accertamento del credito ex art. 549 c.p.c. riassunto nel 2014 a seguito del rigetto del regolamento preventivo di giurisdizione da lui stesso proposto con ulteriore aggravio dei tempi processuali che comunque nelle singole fasi hanno avuto una durata ragionevole.
In ogni caso ancora una volta il ricorrente non si confronta con la decisione impugnata che ha negato l’indennizzo perché per i primi due procedimenti trovava applicazione l’art. 2, comma 2 sexies, l. n. 89/01 per cui l’indennizzo non poteva essere riconosciuto essendosi il giudizio presupposto estinto per rinuncia agli atti o per inattività delle parti mentre il terzo aveva avuto una durata ragionevole in primo e secondo grado.
La Corte rigetta il ricorso.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
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La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore delle Amministrazioni costituite che liquida in un unico compenso pari a euro 1.200, oltre alle spese prenotate a debito e agli accessori previsti per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione