LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Equa riparazione: no indennizzo se cessa il processo?

Un cittadino ha richiesto un’equa riparazione per l’eccessiva durata di tre giudizi amministrativi. La sua domanda è stata respinta perché, nel frattempo, aveva ottenuto il bene della vita a cui aspirava (l’assunzione in Polizia), determinando la cessazione della materia del contendere. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, stabilendo che in questi casi si applica una presunzione di assenza di pregiudizio. Per ottenere l’indennizzo, il ricorrente avrebbe dovuto fornire una prova specifica della sofferenza patita a causa del ritardo, prova che non è stata data. Di conseguenza, la richiesta di equa riparazione è stata definitivamente rigettata.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Equa Riparazione: Niente Indennizzo se il Processo Diventa Inutile?

Il diritto a un processo di durata ragionevole è un pilastro del nostro sistema giudiziario, tutelato anche a livello europeo. Quando i tempi della giustizia si allungano a dismisura, la legge prevede un rimedio: la richiesta di equa riparazione, comunemente nota come ‘Legge Pinto’. Ma cosa succede se, durante la lunga attesa, il cittadino ottiene ciò per cui aveva fatto causa? Si ha ancora diritto a un risarcimento per il tempo perduto e lo stress subito? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito un’importante precisazione su questo punto, legando il diritto all’indennizzo alla prova concreta di un danno.

I Fatti del Caso: Una Lunga Attesa per un Posto in Polizia

La vicenda riguarda un cittadino che aveva avviato ben tre giudizi amministrativi contro il Ministero per questioni legate alla sua ammissione e carriera nella Polizia di Stato. Anni dopo l’inizio delle cause, e dopo una lunga battaglia legale, l’interessato raggiungeva il suo obiettivo: veniva assunto e inquadrato nei ruoli della Polizia.

Di conseguenza, due dei tre processi venivano dichiarati conclusi per ‘cessazione della materia del contendere’, poiché il suo interesse era stato pienamente soddisfatto. Nonostante il risultato positivo, il cittadino decideva di agire per ottenere un’equa riparazione, lamentando il grave patema d’animo subito a causa della durata irragionevole dei procedimenti.

La Decisione della Corte d’Appello e la Presunzione di Assenza di Danno

La Corte d’Appello, tuttavia, respingeva la sua richiesta. I giudici hanno applicato una specifica norma della Legge Pinto (art. 2, comma 2-sexies, lett. c), della L. 89/2001), la quale stabilisce una presunzione: si presume che non esista un pregiudizio da irragionevole durata del processo quando questo si estingue per rinuncia o inattività delle parti.

La Corte territoriale ha ritenuto che la ‘cessazione della materia del contendere’ fosse una situazione assimilabile alla rinuncia. In pratica, dal momento che il ricorrente aveva ottenuto ciò che voleva, la legge presumeva che non avesse subito alcun danno dal ritardo. Questa presunzione, però, non è assoluta. Il cittadino avrebbe potuto superarla, ma per farlo avrebbe dovuto fornire la prova concreta di aver subito una sofferenza specifica e tangibile. Secondo la Corte, questa prova non era stata fornita.

Equa Riparazione e Cessazione del Contendere: Le Motivazioni della Cassazione

La questione è quindi giunta dinanzi alla Corte di Cassazione. Il ricorrente sosteneva che la ‘cessazione della materia del contendere’ è ben diversa dalla ‘rinuncia’ e che, quindi, la presunzione di assenza di danno non doveva essere applicata.

La Suprema Corte ha rigettato questa tesi, confermando l’interpretazione della Corte d’Appello. I giudici hanno chiarito che, ai fini della legge sull’equa riparazione, la ‘cessazione della materia del contendere’ e la ‘sopravvenuta carenza di interesse’ configurano un’ipotesi assimilabile alla rinuncia. Il punto centrale è che l’interesse a una decisione di merito è venuto meno.

Di conseguenza, scatta correttamente l’inversione dell’onere della prova: non è più lo Stato a dover giustificare il ritardo, ma è il cittadino a dover dimostrare attivamente il danno non patrimoniale (il cosiddetto ‘patema d’animo’) subito nonostante il raggiungimento del suo obiettivo. Nel caso di specie, il ricorrente non è riuscito a fornire elementi concreti per dimostrare tale sofferenza, anche perché, come sottolineato dai giudici, aveva ottenuto la sospensione degli atti impugnati, un fattore che attenuava ulteriormente la sua posizione di disagio durante il processo.

Le Conclusioni: Quando l’Attesa non Viene Risarcita

L’ordinanza stabilisce un principio chiaro: se un processo si conclude perché il cittadino ha ottenuto per altre vie il bene a cui aspirava, il diritto all’equa riparazione per la sua eccessiva durata non è automatico. La legge presume che, essendo stato soddisfatto l’interesse principale, il danno da ritardo non sussista.

Per vincere questa presunzione e ottenere un indennizzo, non è sufficiente lamentare genericamente lo stress e l’attesa. È necessario fornire prove specifiche e concrete della sofferenza interiore patita, un onere probatorio che può rivelarsi molto difficile da assolvere. Questa decisione, quindi, rappresenta un importante monito per chi intende agire per l’irragionevole durata di un processo che si è, di fatto, risolto a proprio favore.

Se un processo si conclude per ‘cessazione della materia del contendere’, si ha comunque diritto all’equa riparazione per la sua lunga durata?
In linea di principio no. La legge presume che non ci sia stato un pregiudizio. Per ottenere un indennizzo, il cittadino deve fornire una prova concreta della sofferenza patita (il cosiddetto ‘patema d’animo’) a causa del ritardo, superando così tale presunzione.

Che differenza c’è tra ‘cessazione della materia del contendere’ e ‘sopravvenuta carenza di interesse’ ai fini della Legge Pinto?
Secondo questa ordinanza, ai fini della richiesta di equa riparazione, non c’è una differenza sostanziale. Entrambe le situazioni portano all’applicazione della presunzione di assenza di danno, in quanto la Corte le assimila all’ipotesi di rinuncia al ricorso prevista dalla norma.

Il fatto di aver ottenuto una misura cautelare favorevole durante il processo influisce sulla richiesta di equa riparazione?
Sì, la Corte lo ha considerato un elemento a sfavore del ricorrente. Aver ottenuto la sospensione degli effetti degli atti impugnati è stato visto come un fattore che attenua la prova del ‘patema d’animo’, rendendo più difficile dimostrare di aver subito un danno dall’eccessiva durata del giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati