Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1602 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1602 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 22/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16997/2023 R.G. proposto da: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (ADS80224030587), che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
COGNOME RAGIONE_SOCIALE COGNOME;
– intimata – avverso il DECRETO della CORTE D’APPELLO DI NAPOLI n. 443/2022 depositato il 27/01/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
1. Il Ministero della Giustizia si opponeva al decreto monocratico con il quale la Corte d’Appello di Napoli, in persona del magistrato designato, accoglieva la domanda di equa riparazione proposta dalla RAGIONE_SOCIALE lamentando l’erroneità del decreto opposto poiché non aveva dichiarato inammissibile la domanda proposta per effetto del combinato disposto dell’art. 2, comma 1 e dell’art. 1ter , comma 3, della legge 24 marzo 2001, n. 89, atteso che l’opposta società non aveva esperito il rimedio preventivo dell’istanza di prelievo almeno sei mesi prima del decorso del termine ragionevole, come richiesto dalle norme menzionate a pena di inammissibilità della domanda.
RAGIONE_SOCIALE aveva dedotto l’eccessiva durata del giudizio presupposto, sempre di equa riparazione, svoltosi per la fase di cognizione presso la Corte d’Appello di Napoli nel periodo dal 14.09.2016 al 09.01.2017, e per la fase di ottemperanza al giudicato innanzi al TAR Campania dal 16.09.2017 al 13.05.2021, per una durata complessiva del procedimento presupposto, unitariamente considerato, di 3 anni, 11 mesi e 23 giorni, ritenuto eccedente la ragionevolezza della durata di 2 anni, 11 mesi e 23 giorni.
2. La Corte d’Appello di Napoli, in composizione collegiale, con il decreto in epigrafe rigettava l’opposizione confermando l’ammissibilità della domanda di equa riparazione e condividendo l’impostazione motivazionale del giudice monocratico, ritenendo cioè che l’istanza di prelievo sia assimilabile all’istanza di accelerazione nel processo penale rispetto alla quale di, recente, la Corte Costituzionale con sentenza n. 175/2001, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 2, comma 1, della legge n. 89 del 2001, in relazione dell’art. 1ter , comma 2 legge n. 89 del 2001 (nel testo risultante dalle modifiche apportate dall’art. 1, comma 777, lett. a) e b), della
legge n. 208 del 2015), affermando che l’istanza di accelerazione prevista dalle norme censurate, quale facoltà dell’imputato e delle altre parti del processo penale, non rivela efficacia effettivamente acceleratoria del giudizio, atteso che questo, pur a fronte dell’adempimento dell’onere di deposito, può comunque proseguire. Trattandosi di un mero adempimento formale, concludeva il giudice delle leggi che come tale era inidoneo a rendere inammissibile, in sua mancanza, la domanda di equa riparazione.
Oltretutto, precisava la Corte d’Appello, l’istanza di prelievo non avrebbe potuto offrire alcuna ulteriore garanzia di contrazione dei tempi processuali, ove si consideri che il giudizio di ottemperanza, per espressa previsione normativa (artt. 87, comma 2, lett. d) e 114, comma 3, cod. proc. amm.: d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104) viene sempre definito in camera di consiglio con sentenza in forma semplificata: il che, dunque, esclude la necessità di presentare istanza di prelievo ex art. 71bis cod. proc. amm. (che rimette al giudice la definizione del giudizio amministrativo alla camera di consiglio e in forma semplificata).
Il Ministero della Giustizia impugnava il suddetto decreto per la cassazione, affidando il ricorso ad un unico motivo.
Restava intimata RAGIONE_SOCIALE
CONSIDERATO CHE:
Con l’unico motivo di gravame il Ministero della Giustizia deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2, comma 1, e dell’art. 1 -ter della legge 24 marzo 2001, n. 89, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ. Richiamata la sentenza della Corte costituzionale 1 giugno 2023 n. 107, l’amministrazione ricorrente chiede la cassazione del decreto impugnato: anche in sede di ottemperanza l’istanza di prelievo non costituisce un adempimento
meramente formale, ma ha effettiva valenza sollecitatoria. Pertanto, doveva essere dichiarata inammissibile la domanda di equa riparazione elevata dalla RAGIONE_SOCIALE in assenza di preventiva presentazione di istanza di prelievo.
1.1. Il ricorso è infondato per le ragioni di séguito esposte.
Occorre premettere che la Corte cost. con sentenza n. 107/2023 ha dichiarato infondata la questione di illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, l. 89/2001, nella parte in cui dispone tramite rinvio all’art. 1 -ter, comma 3 (modificato dall’art. 1, comma 777 legge 28 dicembre 2015, n. 208) l’inammissibilità della domanda di equa riparazione per la durata eccessiva di un processo amministrativo nel caso di mancata presentazione, quale rimedio preventivo, dell’istanza di prelievo, ex art. 71, comma 2, cod. proc. amm., almeno sei mesi prima che sia trascorso il termine ragionevole ex art. 2, comma 2bis, legge n. 89/2001.
La recente pronuncia della Consulta sopramenzionata ha rilevato che tale istanza (per come disciplinata dal legislatore nel 2015) conduce ad un’accelerazione del giudizio attraverso un «modello procedimentale alternativo dato ex art. 71bis cod. proc. amm. dalla decisione del ricorso in camera di consiglio con sentenza in forma semplificata», senza che contrasti con l’effettività del rimedio la circostanza che il suo impiego sia intermediato dalla decisione del giudice «chiamato a stabilire, in relazione alle ragioni di urgenza prospettate dall’istante, se ricorrano i presupposti relativi alla completezza del contraddittorio e dell’istruttoria». Dunque, l’istanza di prelievo, introdotta dal legislatore nel 2015, costituisce -ad avviso del Giudice delle leggi -uno strumento funzionale al raggiungimento dello scopo di una più rapida definizione del giudizio. Si attua, così, il giusto punto di equilibrio tra la necessità di garantire alla parte un
rimedio effettivo, nei termini indicati anche dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, e l’esigenza di salvaguardare il rispetto delle garanzie previste nel processo amministrativo (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 17980 del 2024; Sez. 2, Sentenza n. 15051 del 2024; Sez. 2, Ordinanza n. 10896 del 2024).
Occorre, poi, precisare che, secondo l’art. 71 -bis cod. proc. civ., a séguito dell’istanza di cui al comma 2 dell’art. 71 cod. proc. amm., il giudice, accertata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, sentite sul punto le parti costituite, può definire, in camera di consiglio, il giudizio con sentenza in forma semplificata: pertanto, sono la definizione in camera di consiglio e la forma semplificata della decisione gli effetti dell’istanza di prelievo che consentono realmente la più rapida definizione del giudizio.
1.2. Tornando al caso di specie, deve tuttavia considerarsi che il giudizio di ottemperanza già è disciplinato tenendo conto dell’esigenza di rapida e agile definizione del giudizio , ed è già caratterizzato dai due strumenti che la attuano: l’art. 87, comma 2 lett. d) cod. proc. amm. prevede, per tali giudizi, la trattazione in camera di consiglio; nonché il successivo comma 3, comma 2, dispone: «la camera di consiglio è fissata d’ufficio alla prima udienza utile successiva al trentesimo giorno decorrente dalla scadenza del termine di costituzione delle parti intimate’; l’art. 114, comma 3, cod. proc. amm., quindi, prevede che nei giudizi di ottemperanza il giudice decida con «sentenza in forma semplificata».
Risulta evidente, allora, che per sue caratteristiche strutturali il giudizio di ottemperanza non riceverebbe, dalla proposizione dell’istanza di prelievo ex art. 71 comma 2, alcuna effettiva e diversa accelerazione. Rispetto ad esso non si realizza, dunque, alcun
modello procedimentale alternativo (v. corte cost. n 107/23, n. 4 parte motiva).
Del resto, il ricorso ai rimedi preventivi «è “effettivo” nella misura in cui esso velocizza la decisione da parte del giudice competente» (Corte Cost. n. 107/2023; Corte europea dei diritti dell’uomo, grande camera, sentenza 29 marzo 2006, COGNOME contro Italia; Corte europea dei diritti dell’uomo, sentenza 25 febbraio 2016, COGNOME e altri contro Italia, e, più di recente, sentenza 30 aprile 2020, COGNOME contro Irlanda ).
E, infatti, in considerazione delle caratteristiche strutturali del procedimento come stabilite dal legislatore, questa Corte ha escluso sia prescritta a pena di inammissibilità, nei giudizi di equa riparazione per durata irragionevole di un procedimento presupposto assoggettato a rito del lavoro, la proposizione di un rimedio acceleratorio e x art. 1ter, comma 1: l’art. 429, comma 1, cod. proc. civ. già prevede che il giudice all’udienza di discussione decida la causa e proceda alla lettura del dispositivo e delle ragioni in fatto e diritto della decisione, in analogia con lo schema dell’art. 281sexies cod. proc. civ., sicché, già assicura un modello agile e veloce di decisione (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 16741 del 2022).
A tal proposito, questa Corte ha avuto modo di precisare che l’eterogeneità delle ipotesi previste dai diversi settori processuali dell’ordinamento non è ricondotta a unità dalla legge n. 89 del 2001, che deve necessariamente interpretarsi alla stregua dalle linee direttrici promananti dalla giurisprudenza europea (Sez. 2, Ord. n. 29708 del 2020).
1.3. Ne consegue che non rientrano nel perimetro di applicazione dell’art. 1 -ter l. n. 89 del 2001 i processi come quelli del rito del lavoro e del giudizio di ottemperanza nei quali non opera la
distinzione tra ordinario e sommario, e ogni udienza è per sua natura di discussione orale con lettura del dispositivo e delle ragioni in fatto e diritto della decisione. In tali casi, infatti, il rimedio preventivo rappresentato dall’istanza di decisione a séguito di trattazione orale non può avere alcuna effettiva funzione acceleratoria, essendo già prevista quale modalità ordinaria di trattazione delle cause.
In definitiva, il Collegio rigetta il ricorso.
Non si procede alla determinazione delle spese del presente giudizio non avendo controparte svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda