Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25833 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 25833 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17366/2023 R.G. proposto da: COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO che li rappresenta e difende;
-ricorrenti-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale RAGIONE_SOCIALEo Stato, elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO;
-resistente-
per la cassazione del decreto RAGIONE_SOCIALEa Corte di appello di Roma n. 51506/2022, depositato il 30 gennaio 2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 settembre
2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
-Con ricorso ex art. 3 legge n. 89/2001, depositato in data 17 giugno 2022, i ricorrenti chiedevano alla Corte di Appello di Roma di ingiungere al RAGIONE_SOCIALE il pagamento RAGIONE_SOCIALEa somma di euro 6.020,00 ciascuno -ovvero RAGIONE_SOCIALE‘altra, maggiore o minore, ritenuta di giustizia, e liquidata in via equitativa -oltre interessi, a ristoro del danno non patrimoniale che essi avevano subito in relazione alla durata del procedimento di primo grado R.G. 4117/2012 avanti il TAR Lazio di Roma -in materia di natura amministrativa -introdotto con ricorso notificato il 3 maggio 2012, concluso con sentenza n. 2738/2013 pubblicata il 18 marzo 2013 (durata di 10 mesi e 15 giorni in primo grado), appellata avanti il Consiglio di Stato in data 21 maggio 2013, con rinvio per il merito al 14 dicembre 2021, definito con sentenza del 24 dicembre 2021 (durata di 8 anni, 7 mesi e 3 giorni), protrattosi complessivamente oltre 9 anni e 6 mesi (pari a totali mesi 114) di causa.
Con decreto pubblicato il 28 giugno 2022, il Consigliere designato RAGIONE_SOCIALEa Corte di Appello di Roma respingeva il ricorso, dichiarandolo inammissibile, e condannava ciascun ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEa sanzione pecuniaria di euro 1.000,00 in favore RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE in forza RAGIONE_SOCIALE‘art. 5 quater l. 89/01.
-Con atto depositato presso la Corte di Appello di Roma in composizione collegiale in data 22 luglio 2022, i ricorrenti proponevano opposizione avverso tale decreto.
La Corte di Appello di Roma accoglieva parzialmente il ricorso, revocando il decreto opposto; condannava il RAGIONE_SOCIALE al pagamento RAGIONE_SOCIALEe seguenti somme: a COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME
NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME l’importo di euro 1.008,00 ciascuno oltre interessi legali dalla domanda al soddisfo; a COGNOME NOME, COGNOME NOMENOME NOME e NOME la somma di euro 240,00 da dividere pro quota ereditaria, oltre interessi legali dalla domanda al saldo; condannava il RAGIONE_SOCIALE al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese di lite liquidate, per la fase monitoria in euro 1170,00 per compensi ed euro 27,00 per esborsi oltre rimborso spese generali (15%), Iva e Cpa, e per il giudizio di opposizione in euro 819,00 per compensi, oltre rimborso spese generali (15%), Iva e Cpa, da distrarsi tutte in favore RAGIONE_SOCIALE‘avv ocato dichiaratosi antistatario.
-I ricorrenti hanno proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
Il RAGIONE_SOCIALE si è costituito ai fini RAGIONE_SOCIALE‘eventuale partecipazione alla discussione orale ex art. 370 cod. proc. civ.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI RAGIONE_SOCIALEA DECISIONE
1. -Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e/o falsa applicazione di legge -art. 6 CEDU; art. 111 Cost. – art. 2 comma 2 bis l.89/2001 -illegittima detrazione di periodi superiori ai due anni nel secondo grado del giudizio presupposto. Al riguardo, i ricorrenti evidenziano che, essendo compensato l’anno di durata del giudizio presupposto avanti il TAR Lazio, con i tre anni ritenuti congrui dalla Legge Pinto per il primo grado, hanno espressamente richiesto il riconoscimento RAGIONE_SOCIALE‘equa riparazione per il secondo grado di giudizio avanti il Consiglio di Stato, che ha avuto una durata complessiva di 9 anni, allorquando la l. 89/2001, non compatibile con il principio del termine ragionevole stabilito dall’art. 6 RAGIONE_SOCIALEa Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti RAGIONE_SOCIALE‘uomo e RAGIONE_SOCIALEe libertà fondamentali e con i parametri fissati dalla legge (art. 2
comma 2bis ), che prevede in 2 anni la durata massima del giudizio di secondo grado. Sarebbe pertanto illegittimo e difforme dai criteri normativi vigenti il calcolo operato dalla Corte d’Appello di Roma che ha detratto 5 anni (e non 2) dai 9 anni di durata complessiva del giudizio di secondo grado, per i ricorrenti COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, COGNOME NOME. Parimenti, si appaleserebbe illegittimo e difforme il calcolo operato dalla Corte d’Appello di Roma per le ricorrenti COGNOME NOME, COGNOME NOME, NOME e NOME, eredi di COGNOME NOME, deceduto in Roma il 17 febbraio 2018. Infatti, per esse, nella qualità di eredi, il giudizio presupposto di secondo grado è durato 4 anni, 8 mesi e 27 giorni (pari a 5 anni ex art. 2bis l. 89/2001). Pertanto, detratti i due anni previsti dalla legge, residuano 3 anni di durata non ragionevole del procedimento in appello, da indennizzare, e non 1 anno, come deciso dalla Corte d’Appello di Roma.
In definitiva, se il termine congruo di durata ‘ragionevole’ del secondo grado del procedimento presupposto, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 2 comma 2 bis , RAGIONE_SOCIALEa legge 89/2001 è pari a due anni complessivi, solo detto lasso di tempo deve essere detratto dal periodo complessivo di durata del giudizio presupposto nella fase del gravame, ai fini RAGIONE_SOCIALEa determinazione del termine non ragionevole di durata ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 6 CEDU e RAGIONE_SOCIALEa Legge 89/2001.
1.1. -Il motivo è infondato.
In tema di equa riparazione ai sensi RAGIONE_SOCIALEa legge 24 marzo 2001, n. 89, l’attore ha l’onere di precisare nel ricorso l’intera durata del giudizio presupposto, inclusi i gradi e le fasi non eccedenti gli standard di ragionevolezza, potendo la parte disporre del “quantum” RAGIONE_SOCIALEa domanda, ma non RAGIONE_SOCIALE‘allegazione dei fatti storico – normativi che ne condizionano l’ammissibilità, e dovendo, conseguentemente, il giudice procedere alla valutazione unitaria RAGIONE_SOCIALEa durata del processo anche se, l’attore, nel formulare la domanda, si sia
specificamente riferito ai soli segmenti del procedimento in cui sarebbe, stato superato, a suo avviso, il termine ragionevole (Cass., Sez. II, 28 febbraio 2018, n. 4693; Cass., Sez. VI-2, 4 marzo 2015, n. 4437).
Benché il comma 2bis del l’ art. 2, l. n. 89 del 2001 abbia individuato “standard” di durata media ragionevole per ogni fase del processo, quando quest’ultimo sia stato articolato in vari gradi e fasi occorre avere riguardo a tutto il suo svolgimento, effettuandosene una valutazione sintetica e complessiva, altrimenti rivelandosi inutile la previsione di un termine massimo di durata ragionevole RAGIONE_SOCIALE‘intero giudizio sancita dall’art. 2, comma 2ter , RAGIONE_SOCIALEa l. n. 89 del 2001 (Cass., Sez. VI-2, 5 ottobre 2016, n. 19938).
Il motivo va pertanto respinto, avendo correttamente la Corte di appello calcolato in 5 anni il giudizio presupposto (sommando il primo e secondo grado) e procedendo alla conseguente liquidazione RAGIONE_SOCIALE‘indennizzo per la durata irragionevole.
2. -Con il secondo motivo di ricorso si prospetta la violazione e/o falsa applicazione di legge -art. 91, cod. proc. civ.; art. 2233, 2 comma, cod. civ.; d.m. n. 55/2014, d.m. n. 37/2018 e d.m. n. 147/2022; art. 4, punto 5, d.m. n. 55/2014; mancata liquidazione compensi distinti per fasi, in relazione ad ogni grado e stato di giudizio. I ricorrenti evidenziano che il decreto impugnato ha liquidato le spese di lite in maniera globale e onnicomprensiva, limitandosi ad indicare l’importo finale, e senza ma i provvedere ad individuarne ed a distinguerne le voci afferenti alle singole e rispettive fasi. In realtà, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 4, punto 5, del d.m. n. 55/2014, ‘il compenso è liquidato per fasi’ , ciò anche al fine di consentire alle parti la verifica del rispetto dei ‘minimi’ tariffari, in relazione alle singole fasi di imputazione dei compensi. Ne conseguirebbe, già sotto questo primo ed assorbente profilo, l’ingiustizia e l’illegittimità RAGIONE_SOCIALEa liquidazione RAGIONE_SOCIALEe spese di lite disposta, per tutti i due gradi, dal decreto impugnato, essendosi lo
stesso limitato ad una ‘determinazione globale dei compensi’, senza operarne alcuna distinzione RAGIONE_SOCIALEe relative voci per singole e rispettive fasi.
2.1. -Il motivo è inammissibile.
In tema di ricorso per cassazione, è inammissibile il motivo con cui si lamenti che il giudice abbia liquidato, in maniera onnicomprensiva, il compenso per onorari – ove, ratione temporis , non sia più in vigore la categoria dei diritti -, senza dolersi né RAGIONE_SOCIALEa violazione RAGIONE_SOCIALEa tariffa, nel massimo o nel minimo, spiegandone le ragioni, né RAGIONE_SOCIALEa mancata distinzione fra compensi ed esborsi (Cass., Sez. II, 30 aprile 2024, n. 11657; Cass., Sez. I, 2 ottobre 2014, n. 20808).
Nella specie viene genericamente dedotta la doglianza di una valutazione globale non distinta per fasi.
3. -Con il terzo motivo di ricorso si denuncia la violazione e/o falsa applicazione di legge -artt. 10 e 91, cod. proc. civ.; art. 2233, ii comma, cod. civ.; liquidazione compensi ex d.m. n. 55/2014, d.m. n. 37/2018 e d.m. n. 147/2022 -determinazione RAGIONE_SOCIALEe spese di giudizio al di sotto dei minimi tariffari dei parametri forensi in vigore. Ferma restando la valenza assorbente dei motivi di cui sub 1) e 2), i ricorrenti rilevano che il decreto impugnato determina le spese RAGIONE_SOCIALEe due fasi partendo da una base di euro 300,00 per entrambe. Tali determinazioni risultano entrambe inferiori ai rispettivi minimi tariffari, così come stabiliti dalla Tabella n. 12 (‘giudizi innanzi alla Corte di Appello’), del d.m. n. 55/2014, con le modifiche apportatevi dal d.m. n. 147/2022, applicabile a tutti i due gradi e stati del giudizio. Nella presente fattispecie, quindi, dovrebbero essere applicati i parametri stabiliti dalla Tabella n. 12 del d.m. n. 55/2014 (scaglione di valore fino ad euro 1.100,00, in virtù RAGIONE_SOCIALEa somma liquidata in favore di ogni istante), con le modifiche apportatevi dal d.m. n. 147/2022, considerando che il decreto impugnato è stato pubblicato il 30/1/2023. Inoltre, il relativo scaglione di valore fino ad
euro 1.100,00 va correttamente utilizzato per entrambi i gradi e stati di merito predetti. Sul punto, pur disponendo il massimo di abbattimento per ciascuna fase e per ciascuno stato -ed utilizzando il relativo scaglione di valore fino ad euro 1.100,00 RAGIONE_SOCIALEa Tabella n. 12 del d.m. n. 55/2014, modificata dal d.m. n. 147/2022 -, i compensi ‘minimi’, per i due gradi di merito predetti, sono rispettivamente di: euro 71,00 per la fase di studio; euro 71,00 per la fase introduttiva; euro 90,00 per la fase di istruttoria / trattazione; euro 105,00 per la fase decisionale, per un totale di euro 337,00 per ogni grado e/o fase. Pertanto, la base di euro 300,00 stabilita dalla Corte d’Appello di Roma violerebbe i parametri minimi stabiliti dalla legge in vigore.
3.1. -Il motivo è parzialmente fondato nei termini di cui in motivazione.
In tema di spese legali, in assenza di diversa convenzione tra le parti, il giudice, ove la liquidazione dei compensi professionali e RAGIONE_SOCIALEe spese di lite avvenga in base ai parametri di cui al d.m. n. 55/2014, come modificato dal d.m. n. 37/2018, non può scendere al di sotto dei valori minimi, in quanto aventi carattere inderogabile (Cass., Sez. II, 13 aprile 2023, n. 9815).
Procedendo al calcolo RAGIONE_SOCIALEa liquidazione giudiziale dei compensi professionali per avvocati in ambito civile, basato sui parametri ministeriali, disciplinati dal d.m. 55/2014 recante: “Determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 13, comma 6, RAGIONE_SOCIALEa legge 31 dicembre 2012 n. 247″, aggiornati al d.m. n. 147 del 13/08/2022, si perviene all’individuazione di un valore minimo per la fase monitoria di euro 237,00 (punto 8 RAGIONE_SOCIALE‘allegato alla tabella, comprensivo di fase di studio, istruttoria, conclusiva), per cui risulta superiore ai minimi l’ importo considerato dalla Corte d’appello nel decreto impugnato quale valore base per la liquidazione (euro 300,00).
Risulta invece inferiore ai minimi l’importo complessivo di euro 819,00, liquidato per la fase di opposizione, considerando un compenso di base pari a euro 337,00, stante il rilievo del giudizio alla luce RAGIONE_SOCIALEe questioni trattate, che dà luogo a un compenso totale di euro 990,78 (Valore RAGIONE_SOCIALEa causa: fino a euro 1.100; Fase di studio RAGIONE_SOCIALEa controversia, valore minimo: euro 71,00; Fase introduttiva del giudizio, valore minimo: euro 71,00; Fase istruttoria e/o di trattazione, valore minimo: euro 90,00; Fase decisionale, valore minimo: euro 105,00; Compenso tabellare (valori minimi) euro 337,00; Aumento del 290% per presenza di più parti aventi stessa posizione processuale (art. 4, comma 2) euro 977,30; Aumento del 30% per utilizzo di tecniche informatiche che agevolano la consultazione o la fruizione di atti e allegati nell’ambito del PCT (art. 4, comma 1 bis) euro 101,10; Compenso maggiorato comprensivo degli aumenti euro 1.415,40; Riduzione del 30% su euro 1.415,40 per assenza di specifiche e distinte questioni di fatto e diritto (art. 4, comma 4) euro -424,62; Compenso al netto RAGIONE_SOCIALEe riduzioni euro 990,78). Diversamente da quanto disposto dalla Corte d’appello, le variazioni in aumento vanno effettuate di seguito e dal compenso maggiorato vanno disposte le riduzioni.
-Il decreto RAGIONE_SOCIALEa Corte d’appello va dunque cassato limitatamente alle spese del giudizio di opposizione, fermo restando il resto del provvedimento.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, il ricorso può essere deciso nel merito con la liquidazione, di euro 990,78 per compensi riguardanti il giudizio in sede di opposizione, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge, da distrarsi in favore RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO dichiaratosi antistatario.
-Irripetibili sono le spese del giudizio di legittimità in ragione RAGIONE_SOCIALE‘esito complessivo del giudizio e del l’accoglimento parziale di uno soltanto dei motivi di ricorso.
P.Q.M.
accoglie parzialmente il terzo motivo di ricorso, rigetta gli altri; cassa il decreto impugnato limitatamente alle spese di lite liquidate nel giudizio di opposizione e, decidendo nel merito, condanna il RAGIONE_SOCIALE resistente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese legali riguardanti il giudizio in sede di opposizione, che liquida in euro 990,78 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge, da distrarsi in favore RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO dichiaratosi antistatario; irripetibili le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALEa Seconda Sezione