Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25732 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 25732 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20894/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME GERMANO e COGNOME NOME elettivamente domiciliati in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO che li rappresenta e difende;
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del ministro pro tempore ;
-intimato- per la cassazione del decreto RAGIONE_SOCIALEa Corte di appello di Roma n. 51833/2022, depositato il 10 marzo 2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 settembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
-Con ricorso ex art. 3 legge n. 89/2001 depositato presso in data 23 agosto 2022, i ricorrenti chiedevano alla Corte di Appello di Roma di ingiungere al RAGIONE_SOCIALE il pagamento RAGIONE_SOCIALEa somma di euro 6.020,00 ciascuno -ovvero RAGIONE_SOCIALE‘altra, maggiore o minore, ritenuta di giustizia, e liquidata in via equitativa -oltre interessi, a ristoro del danno non patrimoniale, che essi avevano subito in relazione alla durata del procedimento di primo grado R.G. 4117/2012 avanti il TAR per il Lazio di Roma – in materia di natura amministrativa -introdotto con ricorso notificato il 3 maggio 2012, concluso con sentenza n. 2738/2013 pubblicata il 18 marzo 2013 (durata di 10 mesi e 15 giorni in primo grado), appellata avanti il Consiglio di Stato in data 21 maggio 2013, con rinvio per il merito al 14/12/2021, definito con Sentenza del 24 dicembre 2021 (durata di 8 anni, 7 mesi e 3 giorni), protrattosi complessivamente oltre 9 anni e 6 mesi (pari a totali mesi 114) di causa.
Con decreto pubblicato il 23 agosto 2022, il Consigliere designato RAGIONE_SOCIALEa Corte di Appello di Roma respingeva il ricorso, dichiarandolo inammissibile, e condannava ciascun ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEa sanzione pecuniaria di euro 1.000,00 in favore RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE in forza RAGIONE_SOCIALE‘art. 5 q uater l. 89/01.
-Con atto depositato presso la Corte di Appello di Roma in composizione collegiale, i ricorrenti proponevano opposizione.
La Corte di Appello di Roma accoglieva parzialmente il ricorso, revocando il decreto opposto; condannava il RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore dei ricorrenti in epigrafe RAGIONE_SOCIALE‘importo di euro 480,00 con interessi dalla domanda al soddisfo, da dividere pro quota; condannava il RAGIONE_SOCIALE, in persona del Ministro pro tempore , al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali, che per la fase monitoria liquida in euro 27,00 per esborsi ed euro 336,00, per quello di opposizione in euro 27,00 per esborsi ed euro 392,00 per compensi, oltre rimborso spese generali
(15%), Iva e Cpa, da distrarsi in favore degli avv.ti dichiaratisi antistatari.
-I ricorrenti hanno proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
Il RAGIONE_SOCIALE non ha svolto attività difensiva.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI RAGIONE_SOCIALEA DECISIONE
1. -Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e/o falsa applicazione di legge -art. 6 Cedu; art. 111 cost. – art. 2 comma 2 bis l. 89/2001 -illegittima detrazione di periodi superiori ai due anni nel secondo grado del giudizio presupposto. Al riguardo, i ricorrenti evidenziano che, essendo compensato l’anno di durata del giudizio presupposto avanti il TAR per il Lazio, con i tre anni ritenuti congrui dalla Legge Pinto per il primo grado, hanno espressamente richiesto il riconoscimento RAGIONE_SOCIALE‘equa riparazione per il secondo grado di giudizio avanti il Consiglio di Stato, che ha avuto una durata complessiva di 9 anni, non compatibile con il principio del termine ragionevole stabilito dall’art. 6 RAGIONE_SOCIALEa Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti RAGIONE_SOCIALE‘uomo e RAGIONE_SOCIALEe libertà fondamentali e con i parametri fissati dalla legge sopra citata (art. 2 comma 2bis), che prevede in 2 anni la durata massima del giudizio di secondo grado. Sarebbe pertanto illegittimo e difforme dai criteri normativi vigenti il calcolo operato dalla Corte d’Appello di Roma, che ha detratto 5 anni (e non 2) dai 7 anni di durata complessiva del giudizio di secondo grado, per i ricorrenti, eredi di COGNOME NOME, deceduto in Roma il 16 febbraio 2020.
Infatti, per essi, nella qualità di eredi, il giudizio presupposto di secondo grado è durato 6 anni e 9 mesi (pari a 7 anni ex art. 2-bis l. 89/2001), dal 21 maggio 2013 al 16 febbraio 2020. Pertanto, detratti i due anni previsti dalla legge, residuano 5 anni di durata
non ragionevole del procedimento in appello, da indennizzare, e non 2 anni, come statuito dalla Corte d’Appello di Roma.
In definitiva, se il termine congruo di durata ‘ragionevole’ del secondo grado del procedimento presupposto, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 2 comma 2 bis RAGIONE_SOCIALEa legge 89/2001 è pari a due anni complessivi, solo detto lasso di tempo deve essere detratto dal periodo complessivo di durata del giudizio presupposto nella fase del gravame, ai fini RAGIONE_SOCIALEa determinazione del termine non ragionevole di durata ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 6 CEDU e RAGIONE_SOCIALEa Legge 89/2001.
1.1. -Il motivo è infondato.
In tema di equa riparazione ai sensi RAGIONE_SOCIALEa legge 24 marzo 2001, n. 89, l’attore ha l’onere di precisare nel ricorso l’intera durata del giudizio presupposto, inclusi i gradi e le fasi non eccedenti gli standard di ragionevolezza, potendo la parte disporre del “quantum” RAGIONE_SOCIALEa domanda, ma non RAGIONE_SOCIALE‘allegazione dei fatti storico – normativi che ne condizionano l’ammissibilità, e dovendo, conseguentemente, il giudice procedere alla valutazione unitaria RAGIONE_SOCIALEa durata del processo anche se, l’attore, nel formulare la domanda, si sia specificamente riferito ai soli segmenti del procedimento in cui sarebbe, stato superato, a suo avviso, il termine ragionevole (Cass., Sez. II, 28 febbraio 2018, n. 4693; Cass., Sez. VI-2, 4 marzo 2015, n. 4437).
Benché il comma 2bis RAGIONE_SOCIALE‘art. 2, l. n. 89 del 2001 abbia individuato “standard” di durata media ragionevole per ogni fase del processo, quando quest’ultimo sia stato articolato in vari gradi e fasi occorre avere riguardo a tutto il suo svolgimento, effettuandosene una valutazione sintetica e complessiva, altrimenti rivelandosi inutile la previsione di un termine massimo di durata ragionevole RAGIONE_SOCIALE‘intero giudizio sancita dall’art. 2, comma 2ter , RAGIONE_SOCIALEa citata l. n. 89 del 2001 (Cass., Sez. VI-2, 5 ottobre 2016, n. 19938).
Il motivo va pertanto respinto, avendo correttamente la Corte di appello calcolato in 5 anni il giudizio presupposto (sommando il
primo e secondo grado) e procedendo alla conseguente di guida azione RAGIONE_SOCIALE‘indennizzo per la durata irragionevole.
2. -Con il secondo motivo di ricorso si prospetta la violazione e/o falsa applicazione di legge -art. 91, cod. proc. civ.; art. 2233, II comma, cod. civ.; d.m. n. 55/2014, d.m. n. 37/2018 e d.m. n. 147/2022; art. 4, punto 5, d.m. n. 55/2014; mancata liquidazione compensi distinti per fasi, in relazione ad ogni grado e stato di giudizio. I ricorrenti evidenziano che il decreto impugnato ha liquidato le spese di lite in maniera globale e onnicomprensiva, limitandosi ad indicare l’importo finale , e senza mai provvedere ad individuarne ed a distinguerne le voci afferenti alle singole e rispettive fasi. In realtà, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 4, punto 5, del d.m. n. 55/2014, ‘ il compenso è liquidato per fasi’, ciò anche al fine di consentire alle parti la verifica del rispetto dei ‘minimi’ tariffari, in relazione alle singole fasi di imputazione dei compensi. Ne conseguirebbe, già sotto questo primo ed assorbente profilo, l’ingiustizia e l’illegittimità RAGIONE_SOCIALEa liquidazione RAGIONE_SOCIALEe spese di lite disposta, per tutti i due gradi, dal decreto impugnato, essendosi lo stesso limitato ad una ‘determinazione globale dei compensi’, senza operarne alcuna distinzione RAGIONE_SOCIALEe relative voci per singole e rispettive fasi.
2.1. -Il motivo è inammissibile.
In tema di ricorso per cassazione, è inammissibile il motivo con cui si lamenti che il giudice abbia liquidato, in maniera onnicomprensiva, il compenso per onorari – ove, ratione temporis , non sia più in vigore la categoria dei diritti -, senza dolersi né RAGIONE_SOCIALEa violazione RAGIONE_SOCIALEa tariffa, nel massimo o nel minimo, spiegandone le ragioni, né RAGIONE_SOCIALEa mancata distinzione fra compensi ed esborsi (Cass., Sez. II, 30 aprile 2024, n. 11657; Cass., Sez. I, 2 ottobre 2014, n. 20808).
Nella specie viene genericamente dedotta la doglianza di una valutazione globale non distinta per fasi.
3. -Con il terzo motivo di ricorso si denuncia la violazione e/o falsa applicazione di legge -artt. 10 e 91, cod. proc. civ.; art. 2233, ii comma, cod. civ.; liquidazione compensi ex d.m. n. 55/2014, d.m. n. 37/2018 e d.m. n. 147/2022 -determinazione RAGIONE_SOCIALEe spese di giudizio al di sotto dei minimi tariffari dei parametri forensi in vigore. Ferma restando la valenza assorbente dei motivi di cui sub 1) e 2), i ricorrenti rilevano che il decreto impugnato determina le spese nella fase monitoria partendo da una base di euro 300,00. Tale determinazione risulta inferiore ai ‘ minimi ‘ tariffari, così come stabiliti dalla Tabella n. 12 (‘giudizi innanzi alla Corte di Appello’), del d.m. n. 55/2014, con le modifiche apportatevi dal d.m. n. 147/2022, applicabile a tutti i due gradi e stati del giudizio stesso. Nella presente fattispecie, quindi, dovrebbero essere applicati i parametri stabiliti dalla Tabella n. 12 del d.m. n. 55/2014 (scaglione di valore fino ad euro 1.100,00, in virtù RAGIONE_SOCIALEa somma liquidata in favore di ogni istante), con le modifiche apportatevi dal d.m. n. 147/2022 , considerando che il decreto impugnato è stato pubblicato il 30 gennaio 2023.
Inoltre, il relativo scaglione di valore fino ad euro 1.100,00 va correttamente utilizzato per entrambi i gradi e stati di merito predetti. Sul punto, pur disponendo il massimo di abbattimento per ciascuna fase e per ciascuno stato -ed utilizzando appunto il relativo scaglione di valore fino ad euro 1.100,00 RAGIONE_SOCIALEa Tabella n. 12 del d.m. n. 55/2014, modificata dal d.m. n. 147/2022 , i compensi ‘ minimi ‘, per i due gradi di merito predetti, sono rispettivamente di : euro 71,00 per la fase di studio; euro 71,00 per la fase introduttiva; euro 90,00 per la fase di istruttoria / trattazione; euro 105,00 per la fase decisionale, per un totale di euro 337,00 per ogni grado e/o fase. Pertanto, la base di euro 300,00 stabilita dalla Corte d’Appello di Roma violerebbe i parametri minimi stabiliti dalla legge in vigore.
3.1. -Il motivo è infondato.
In tema di spese legali, in assenza di diversa convenzione tra le parti, il giudice, ove la liquidazione dei compensi professionali e RAGIONE_SOCIALEe spese di lite avvenga in base ai parametri di cui al d.m. n. 55/2014, come modificato dal d.m. n. 37/2018, non può scendere al di sotto dei valori minimi, in quanto aventi carattere inderogabile (Cass., Sez. II, 13 aprile 2023, n. 9815).
Procedendo al calcolo RAGIONE_SOCIALEa liquidazione giudiziale dei compensi professionali per avvocati in ambito civile, basato sui parametri ministeriali, disciplinati dal d.m. 55/2014 recante: “Determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 13 comma 6 RAGIONE_SOCIALEa legge 31 dicembre 2012 n. 247″, aggiornati al d.m. n. 147 del 13 agosto 2022, si perviene all’individuazione di un valore minimo per la fase monitoria di euro 237,00 (punto 8 RAGIONE_SOCIALE‘allegato alla tabella, comprensivo di fase di studio, istruttoria, conclusiva), per cui risulta superiore ai minimi l’importo considerato dalla Corte d’appello nel decreto impugnato quale valore base per la liquidazione (euro 300,00).
4. -Il ricorso va dunque respinto.
Nessun provvedimento deve essere adottato in ordine alla spese di questo giudizio di legittimità, non essendo stata svolta attività difensiva dalla parte intimata.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; nulla per le spese.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALEa Seconda Sezione