Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 11443 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 11443 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 30/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4247/2023 R.G. proposto da : COGNOME NOME e COGNOME, elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME COGNOME (CODICE_FISCALE , rappresentati e difesi dall’avvocato NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (ADS80224030587) che lo rappresenta e difende in forza di legge; -controricorrente- avverso DECRETO di CORTE D’APPELLO MESSINA n. 752/2022 depositata il 23/06/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/10/2024 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il giudizio trae origine dalla domanda di equa riparazione proposta da NOME COGNOME e NOME COGNOME per l’irragionevole durata di una causa civile iniziata in data 11.03.2008 e definita dal Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto con provvedimento di cancellazione dal ruolo e di estinzione del 24.03.2016.
La domanda è stata rigettata dalla Corte d’appello di Messina con decreto del 23.6.2022 per carenza di prova del pregiudizio subito dai ricorrenti, ai sensi dell’art. 2 comma 2 sexies L. 89/01, applicabile anche in caso di estinzione del giudizio a seguito di cancellazione della causa dal ruolo ex art. 309 c.p.c.
NOME COGNOME ed NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione avverso il decreto della Corte d’appello sulla base di un unico motivo.
Il Ministero della Giustizia ha resistito con controricorso.
Il Consigliere Delegato, ritenendo che il ricorso fosse manifestamente infondato, con provvedimento dell’1.12.2023, ha proposto la definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., nel testo introdotto dal D. Lgs n.149 del 2022.
I ricorrenti hanno chiesto la decisione del ricorso e, in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio, hanno depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso si deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 2, comma 2 sexies, lettera c) L. 89/2001) e l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, per avere la Corte d’appello applicato la presunzione di insussistenza del
pregiudizio all’ipotesi prevista dall’art. 309 c.p.c. , mentre la norma farebbe riferimento alle ipotesi di estinzione del giudizio per rinuncia agli atti ex art. 306 c.p.c. ed all’estinzione per inattività delle parti, ai sensi dell’art. 307 c.p.c.
L’art. 2, comma 2 sexies, lettera c) L. 89/2001 non sarebbe, invece, applicabile all’estinzione prevista dall’art. 309 c.p.c., che contemplerebbe una fattispecie totalmente diversa perché, in relazione a tale ipotesi, non sarebbe prevista la possibilità di riassunzione.
La diversità della fattispecie prevista dall’art. 309 c.p.c. rispetto alle altre ipotesi di estinzione del giudizio si evincerebbe dalla pronuncia della Corte Costituzionale, che, con la sentenza n. 120 del 2016, ha dichiarato l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata in merito alla pretesa e presunta discrasia normativa derivante dalla mancata previsione, anche per la fattispecie di cui all’art . 309 c.p.c., degli effetti previsti per altre ipotesi di mancata comparizione legate, però, all’inadempimento di precisi obblighi di rito. I ricorrenti evidenziano che la natura eccezionale dell’art. 2, comma 2 sexies della Legge n.89 del 2001 non consente l’applicazione analogica a fattispecie diverse da quelle espressamente previste.
Il motivo è infondato.
L’art. 2, comma 2 -sexies, lettera c) della legge n. 89 del 2001, ha inciso sulla disciplina del riparto dell’onere della prova, con riferimento al presupposto per la sussistenza del pregiudizio da irragionevole durata del processo, nel senso di contemplare una presunzione iuris tantum di disinteresse della parte a coltivare il giudizio in caso di estinzione verificatasi ai sensi degli artt. 306 e 307 c.p.c. È stata così posta, in favore dell’Amministrazione, in vista della
statuizione giudiziale, una più favorevole presunzione legale relativa rispetto al quadro legislativo previgente.
Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, alla quale il collegio intende dare continuità condividendola, l’ art. 2, comma 2sexies, lett. c della Legge n. 89 del 2001, nel testo introdotto dalla L. n. 208 del 2015, si applica anche all’ipotesi di mancata comparizione delle parti, di cui agli artt. 181 e 309 c.p.c., che conduce pur sempre alla dichiarazione di estinzione del processo, con contestuale cancellazione della causa dal ruolo, ai sensi dell’art. 307 c.p.c. (Cassazione civile sez. II, 26/09/2023, n.27396 non massimata; Cassazione civile sez. VI, 21/06/2021, n.17684).
Ne consegue che, essendo l’ipotesi di estinzione del giudizio per inattività delle parti espressamente prevista dall’art. 307 c.p.c., opera la presunzione di insussistenza del pregiudizio per l’irragionevole durata del giudizio presupposto, superabile solo attraverso la prova contraria che, nella specie, la Corte d’appello ha ritenuto non fosse stata fornita dai ricorrenti.
Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.
Le spese processuali seguono la soccombenza.
Essendo la decisione resa nel procedimento per la definizione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, di cui all’art. 380-bis cod. proc. civ.. (novellato dal D.Lgs n. 149 del 2022), con formulazione di istanza di decisione ai sensi dell’ultimo comma della norma citata, e il giudizio definito in conformità alla proposta, parte ricorrente deve essere, inoltre, condannata al pagamento delle ulteriori somme ex art. 96, comma 3 e 4 c.p.c., sempre come liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore del l’Amministrazione controricorrente, che liquida in Euro 600,00 per compensi oltre alle spese prenotate a debito;
condanna, altresì, parte ricorrente, ai sensi dell’art. 96, comma 3 c.p.c., al pagamento a favore della parte controricorrente di una somma ulteriore di Euro 600,00 nonché -ai sensi dell’ art. 96, comma 4, c.p.c. – al pagamento della somma di Euro 500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione