Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1522 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1522 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/01/2024
Oggetto:
Equa riparazione – Parte civile – Calcolo della durata dalla costituzione – PDA Condanna amministrazione ex art. 96 c.p.c.
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 16864/2021 R.G. proposto da MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege da ll’Avvocatura Generale dello Stato ed elettivamente domiciliato ex lege in Roma, INDIRIZZO presso la sede della medesima Avvocatura;
-ricorrente – contro
COGNOME NOME rappresentata e difesa dagli Avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME con procura speciale a margine del controricorso ed elettivamente domiciliata all’indirizzo PEC dei difensori iscritti nel REGINDE;
-controricorrente – avverso l’ordinanza della Corte di appello di Salerno n. 6677/2020 depositata il 22 dicembre 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 settembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME
PREMESSO IN FATTO
– con ricorso ex art. 3 legge 89/2001, depositato in data 29 maggio 2020 presso la Corte di appello di Salerno, NOME COGNOME chiedeva il riconoscimento dell’equo indennizzo per l’irragionevole durata del processo instaurato a seguito degli eventi franosi verificatisi in Sarno il 5 maggio 1998 e che cagionarono la morte dei suoi genitori e della sorella. Con decreto n. 4218 del 23 giugno 2020, comunicato il 1° luglio 2020, il giudice designato della Corte di appello di Salerno accoglieva, per quanto di ragione, il ricorso e condannava il Ministero della g iustizia al pagamento dell’indennità di euro 800,00 per un solo anno di ritardo maturato nel corso del giudizio civile, oltre che delle spese;
– d ecidendo sull’opposizione ex art. 5 -ter della stessa legge n. 89/2001 formulata avverso il citato decreto dalla medesima ricorrente in relazione al ritardo maturato nel processo penale,
la Corte di appello di Salerno, nella resistenza del Ministero della giustizia, che proponeva anche opposizione incidentale, con ordinanza (decreto) n. 6677 del 2020, accoglieva l’opposizione ‘principale’ , condannando il Ministero al pagamento, in favore della De Vivo della somma di euro 4.000,00, oltre interessi dalla domanda al soddisfo, nonché al pagamento delle spese del procedimento, compensate solo per un quarto.
Più specificamente, per quanto ancora di rilievo in questa sede, la Corte salernitana riteneva fondate le lamentate circa l’ inesattezza del calcolo operato dal magistrato designato per stabilire la durata del complessivo giudizio presupposto nelle sue varie articolazioni e per gradi, e segnatamente di quella relativa al giudizio di secondo grado, del primo giudizio di legittimità e di quello di rinvio del giudizio penale, oltre a quello di primo grado civile, la Corte riteneva indennizzabile un periodo di eccessiva durata di anni quattro e mesi sette, respinta l’opposizione incidentale circa il mancato esperimento dei rimedi preventivi;
avverso il menzionato provvedimento, ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo il Ministero della giustizia, cui ha resistito la De Vivo con controricorso;
è stata formulata proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti.
A seguito di tale comunicazione, la parte ricorrente, ha chiesto la decisione del ricorso;
-f issata l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c., le parti non hanno depositato memorie;
-con unico motivo il Ministero deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2 della legge n. 89 del 2001 in relazione al calcolo della durata in caso di costituzione di parte civile nel giudizio penale e successivo giudizio civile per la quantificazione dei danni. Il ricorrente si duole che la Corte di merito abbia ritenuto l’assoluta unitarietà ai fini dell’equa riparazione il processo penale e il successivo giudizio civile instaurato per la liquidazione del danno dalle parti civili costituite. Il Collegio distrettuale ha ritenuto che la ragionevole durata e quindi l’eccessiva durata dovevano essere individuate prima fase per fase, ma poi andavano complessivamente riconsiderate entro il limite dei sei anni, senza tenere in alcun conto il comportamento concretamente serbato in sede processuale dalla parte civile in sede penale, rendendosi necessario che quest’ultima faccia tutto quanto in suo potere per ottenere la quantificazione del danno direttamente in sede penale, perché solo in siffatta ipotesi appare corretto considerare unitariamente il processo ai fini della ragionevole durata. Di converso nella specie la parte si era limitata a richiedere un importo meramente simbolico, senza fornire adeguato supporto alla propria richiesta, per cui il giudice penale era stato costretto a rimettere al giudice civile l’attività di quantificazione e di liquidazione del danno;
-prima di procedere all’esame della censura osserva il Collegio che in caso di eventuale rigetto si porrebbe una questione di diritto di particolare rilevanza per avere il presidente della sezione formulato con riguardo al medesimo ricorso una
«sintetica proposta di definizione del giudizio», in ordine alla quale il Ministero ricorrente ha formulato richiesta di decisione. Infatti, l’art. 380 bis, comma 3 c.p.c., come novellato da l d.lgs. n. 149 del 2022, prevede che per il caso di decisione conforme alla proposta, il ricorrente sia automaticamente condannato ai sensi del terzo e quarto comma di cui all’art. 96 c.p.c., con conseguente obbligo di pagamento di una somma di denaro a favore della controparte e di un’altra somma di denaro a favore della cassa delle ammende, oltre che al pagamento del doppio del contributo unificato. Ed è proprio con riferimento a quest’ultimo contributo che questa Corte ne ha escluso l’applicabilità alle amministrazioni statali ricorrenti, per cui appare necessario risolvere il quesito se anche al Ministero della Giustizia, qui ricorrente, sia eventualmente da condannare ai sensi dell’art. 96, commi 3 e 4 c.p.c.
Per tale ragione si ritiene di rimettere la causa alla pubblica udienza che, nell’attuale assetto del giudizio di legittimità, costituisce il ‘luogo’ privilegiato nel quale devono essere assunte, in forma di sentenza e mediante più ampia e diretta interlocuzione tra le parti e tra queste e il P.M., le decisioni con peculiare rilievo in diritto.
P . Q . M .
La Corte dispone il rinvio della causa a nuovo ruolo perché ne sia fissata la trattazione in pubblica udienza. Si comunichi.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della Sezione