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Equa riparazione: due giudizi separati, due scadenze

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 16062/2024, ha stabilito che, ai fini dell’equa riparazione per irragionevole durata del processo, i giudizi per l’accertamento del diritto (an debeatur) e per la liquidazione del danno (quantum debeatur), se instaurati separatamente, sono autonomi. Di conseguenza, il termine per chiedere l’indennizzo per la durata eccessiva del primo giudizio decorre dalla sua conclusione e non da quella del secondo, rendendo tardiva la domanda presentata dopo molti anni.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Equa Riparazione e Processo Bifasico: Due Giudizi, Due Scadenze

Il diritto a un processo di durata ragionevole è un cardine del nostro ordinamento, tutelato a livello costituzionale ed europeo. Quando la giustizia è troppo lenta, la legge prevede un indennizzo, noto come equa riparazione. Ma cosa succede se una causa per risarcimento danni viene volontariamente suddivisa in due procedimenti distinti, uno per accertare il diritto (an debeatur) e uno successivo per quantificare il danno (quantum debeatur)? Si considerano un unico lungo processo ai fini dell’indennizzo? A questa domanda ha risposto la Corte di Cassazione con la recente ordinanza n. 16062 del 10 giugno 2024, tracciando una linea netta tra le due fasi.

I Fatti di Causa: una Vicenda Lunga Trent’Anni

Il caso trae origine da una richiesta di risarcimento danni iniziata nel lontano 1989. Gli eredi del convenuto originario, intervenuti nel corso del giudizio d’appello, si sono trovati coinvolti in una vicenda processuale estremamente lunga.

Il percorso giudiziario si è articolato in due momenti distinti:
1. Primo Giudizio (An debeatur): Con una sentenza del 1998, la Corte d’Appello ha accertato unicamente l’esistenza del diritto al risarcimento, senza però definirne l’importo. Questa decisione è diventata definitiva.
2. Secondo Giudizio (Quantum debeatur): Solo nel 2005 è stato avviato un secondo e separato procedimento per la liquidazione del danno, conclusosi in appello nel 2019.

Considerando la durata complessiva di oltre trent’anni, gli eredi hanno richiesto l’equa riparazione ai sensi della Legge Pinto, sostenendo che i due procedimenti dovessero essere considerati come un unico percorso giudiziario. La Corte d’Appello, tuttavia, ha dichiarato inammissibile la domanda relativa al primo giudizio per tardività, non potendo i due processi essere unificati. Contro questa decisione, gli eredi hanno proposto ricorso in Cassazione.

La Separazione dei Giudizi e le Conseguenze sull’Equa Riparazione: Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la decisione dei giudici di merito. Il ragionamento della Suprema Corte si fonda su un principio procedurale chiaro e rigoroso.

Autonomia dei Procedimenti

Il punto centrale della decisione è che la scelta di separare la domanda sull’esistenza del diritto (an) da quella sulla sua quantificazione (quantum) dà vita a due giudizi diversi e autonomi. Questa non è una divisione imposta dal sistema, ma una scelta processuale della parte che agisce in giudizio. La Corte ha affermato che “la separata proposizione della domanda per l’accertamento di un diritto di credito e di quella successiva per la determinazione del quantum debeatur dà luogo a giudizi diversi ed autonomi”.

Due Giudizi, Due Termini di Decadenza

La conseguenza diretta di questa autonomia è che anche il pregiudizio derivante dalla durata irragionevole deve essere valutato separatamente per ciascun procedimento. Ogni giudizio ha un suo inizio e una sua fine. Il termine semestrale di decadenza per presentare la domanda di equa riparazione, previsto dalla Legge Pinto, inizia a decorrere dall’atto conclusivo di ciascun procedimento.

Nel caso di specie, il primo giudizio sull’an debeatur si era concluso con la sentenza del 1998, passata in giudicato. Da quel momento è iniziato a decorrere il termine per chiedere l’indennizzo per l’eccessiva durata di quel processo. Aver atteso la conclusione del secondo giudizio sul quantum, avvenuta nel 2019, per presentare un’unica domanda complessiva, ha reso la richiesta relativa al primo processo irrimediabilmente tardiva.

La Corte ha specificato che le esigenze di celerità, pur importanti, non possono giustificare una fusione a posteriori di due procedimenti che le parti stesse hanno scelto di mantenere distinti. La volontà della parte di scindere l’azione processuale è insindacabile e produce effetti che si riflettono anche sulla disciplina dell’equa riparazione.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

L’ordinanza della Cassazione offre un importante monito per avvocati e parti processuali. La strategia di separare il giudizio sull’an da quello sul quantum, sebbene possa offrire vantaggi tattici come ottenere un accertamento preliminare del diritto, comporta conseguenze procedurali non trascurabili.

La principale implicazione è che la tutela contro la lentezza della giustizia deve essere attivata rispettando le scadenze proprie di ogni singolo e autonomo procedimento. Non è possibile “congelare” il termine di decadenza del primo giudizio in attesa che si concluda il secondo. La scelta di separare le domande è una scelta che vincola la parte in ogni suo aspetto, inclusa la gestione dei rimedi per l’irragionevole durata. Pertanto, è fondamentale monitorare la conclusione di ogni fase processuale autonoma e attivarsi tempestivamente per non perdere il diritto all’indennizzo.

Se un processo per risarcimento danni viene diviso in due fasi (una per il diritto e una per l’importo), si considerano un unico processo ai fini dell’equa riparazione?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che se instaurati separatamente, si tratta di due giudizi diversi e autonomi e come tali devono essere considerati.

Da quando inizia a decorrere il termine per chiedere l’indennizzo per la durata irragionevole del primo giudizio sull’esistenza del diritto (an debeatur)?
Il termine decorre dalla conclusione di quello specifico giudizio (cioè dal momento in cui la relativa sentenza diventa definitiva), non dalla fine del successivo giudizio sulla quantificazione del danno (quantum).

La scelta di separare il giudizio sull’esistenza del diritto da quello sulla sua quantificazione è una decisione che influenza i termini per la richiesta di indennizzo?
Sì, la Corte ha chiarito che la separazione è una scelta processuale della parte. Le conseguenze di tale scelta, inclusa la decorrenza di termini di decadenza separati per ciascun giudizio, ricadono sulla parte stessa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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