Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 86 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 86 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 03/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 31083-2021 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME tutti elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME che li rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA P_IVA, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– resistente – avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 25/05/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/04/2023 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
Gli odierni ricorrenti interponevano ricorso ex art. 3, legge 24 marzo 2001, n. 89, in sede monitoria, lamentando la protrazione eccessiva, in quanto pari a circa nove anni, di un procedimento di equa riparazione presupposto iniziato nel febbraio del 2010, articolatosi in due effettive fasi: una di merito, tenutasi prima dinanzi alla Corte d’Appello di Roma incompetente, successivamente dinanzi alla Corte d’Appello di Perugia , conclusasi con decreto di reiezione della domanda; una seconda fase di legittimità, definita con ordinanza n. 11227 del 2019 con cui questa Corte ha, infine, rigettato il ricorso di legittimità proposto dalle parti private, dichiarando integralmente compensate tra le parti le spese dello stesso giudizio. Il presente procedimento si qualifica, dunque, come «equa su equa».
Con decreto n. 170 del 2020, il Consigliere Designato della Corte d’Appello di Perugia, accertata in sette anni la protrazione eccessiva del giudizio di equa riparazione presupposto, accoglieva detto ricorso e liquidava €2.800,00 per ciascun ricorrente a titolo di equa riparazione del danno da illecito protrarsi del procedimento presupposto.
2.1. Contro detto decreto l’Amministrazione proponeva opposizione ex art. 5ter, legge n. 89 del 2001.
La Corte d’appello di Perugia, in composizione collegiale, con decreto n. 325 del 2021, accoglieva l’opposizione proposta dal Ministero della Giustizia, riformando il provvedimento monitorio opposto. A sostegno nella sua decisione, osservava la Corte che:
la stima del valore della controversia ex art. 2bis , comma 3, legge n. 89 del 2001 rappresenta una condizione per poter escludere la sussistenza del patema d’animo, oltre al criterio dell’originaria consapevolezza dell’inconsistenza della pretesa;
– nel caso di specie, nel giudizio presupposto è stata acclarata dalla Corte di Cassazione la consapevolezza dei ricorrenti riguardo l’inconsistenza delle proprie istanze: altrettanta consapevolezza può essere loro attribuita nell’attuale richiesta di indennizzo di «equa su equa», tenuto conto del decisum del giudizio presupposto a cui si deve rapportare l’art. 2bis , comma 3, legge n. 89 del 2001; si è, cioè, in costanza di consapevole infondatezza anche della presente domanda ( ex art 2, comma 2quinquies, lett. a), o quantomeno di irrisorietà rispetto alla valutazione che ne sarebbe conseguita per il valore della causa ( ex art. 2, comma 2sexies, lett. g).
Avverso detta pronuncia proponevano ricorso per cassazione COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME COGNOME affidandolo ad un unico motivo.
Restava intimato il Ministero della Giustizia che, in prossimità dell’adunanza, depositava atto di costituzione.
In prossimità dell’adunanza i ricorrenti depositavano memoria.
CONSIDERATO CHE:
Con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione e/o falsa applicazione di legge – Art. 2, legge n. 89/2001. I ricorrenti si dolgono del fatto che il decreto impugnato si concentra esclusivamente sulle ragioni per le quali è stato rigettato il giudizio «presupposto del presupposto», laddove gli istanti hanno agito per censurare una protrazione ultranovennale di un procedimento articolato, come detto nella parte narrativa, in due effettivi gradi che – essendo di equa riparazione – al massimo doveva ragionevolmente durare non più di due anni complessivi. Nella presente fattispecie, il giudizio di equa
riparazione presupposto si è anche concluso con una pronuncia di compensazione integrale delle spese: il che esclude comunque ogni ipotesi di temerarietà o di abuso del processo. Del tutto inconferente ed illogico risulta, poi, l’ulteriore incidentale richiamo del decreto impugnato ad una irrisorietà rispetto alla valutazione che ne sarebbe conseguita per il valore della causa, prevista dall’art. 2, comma 2sexies lett. g) della legge n. 89 del 2001 che, nel caso in oggetto, conseguirebbe anch’essa al rigetto della domanda ed escluderebbe il rivendicato diritto alla riparazione. Infatti, non si comprende come possa essere definita «irrisoria» la pretesa avanzata da ciascuna parte privata nel giudizio presupposto, consistente in un procedimento amministrativo in ordine al quale gli istanti avevano avanzato una richiesta di liquidazione e di indennizzo pari a €9.500 ,00 ciascuna. Infine, a riprova della fondatezza delle doglianze, la stessa Corte d’Appello di Perugia in diversa composizione collegiale, pronunciandosi in relazione alla domanda proposta da altri soggetti già ricorrenti nello stesso giudizio di equa riparazione presupposto e, quindi, su identiche fattispecie, ha invece accolto le opposizioni ex art. 5ter legge n. 89 del 2001 avanzate da tali soggetti contro i decreti monitori che ne avevano rigettato le rispettive domande (vedi decreti: n. 12/21; n. 198/21; n. 184/21 ).
1.1. Il motivo è fondato. Il decreto gravato ha ritenuto non sussistente il diritto degli odierni ricorrenti all’equa riparazione dell’irragionevole durata del giudizio davanti alla Corte perugina per il solo motivo che esso si era concluso con un rigetto, in ragione della manifesta infondatezza della pretesa azionata nel giudizio originariamente presupposto. Tale statuizione va giudicata errata, perché la soccombenza degli odierni ricorrenti nel giudizio davanti alla
Corte perugina non era motivo di per sé stesso sufficiente per escludere il loro diritto a ll’equa riparazione per l’irragionevole durata del giudizio presupposto, all’uopo occorrendo che di tale infondatezza la parte abbia consapevolezza, originaria – allorché proponga una lite temeraria – o sopravvenuta – ma prima che il processo superi il termine di durata ragionevole (cfr. Cass. Sez. 6 – 2, Sentenza n. 665 del 12/01/2017, Rv. 642556 -01, conf. da: Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 3584 del 2018, invocata nel ricorso).
Nel caso di specie, la corte distrettuale non ha indicato le ragioni per le quali gli odierni ricorrenti dovessero essere ab origine (o essere divenuti in corso di causa) consapevoli della temerarietà della domanda di equa riparazione da loro azionata davanti alla Corte d’Appello di Perugia, limitandosi a dedurre la consapevolezza dell’inconsistenza delle proprie istanze del giudizio presupposto dalla pronuncia di questa Corte (Sez. 2, n. 11227 del 24.04.2019) che aveva definito – a distanza appunto di nove anni – la pretesa risarcitoria di equa riparazione, dopo avere accertato che l’intervento normativo e la sua interpretazione autentica poste a fondamento dell’originario ricorso avevano frustrato ogni pretesa dei ricorrenti, rendendo pacifica in sede giurisdizionale la soluzione in senso negativo della controversia (v. decreto impugnato p. 6, punto 7).
2. Il ricorso va, dunque, accolto e il decreto gravato cassato con rinvio alla medesima Corte territoriale, che si atterrà al principio che, qualora un giudizio avente ad oggetto la richiesta di indennità per la durata non ragionevole di un precedente giudizio si protragga esso stesso oltre il limite di durata ragionevole, il diritto all’indennità per la durata non ragionevole di questo secondo giudizio non è escluso dal
solo fatto che esso si sia concluso con il rigetto della domanda a cagione della temerarietà della pretesa azionata nel giudizio originario.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, in accoglimento del ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia alla Corte d’Appello di Perugia in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda