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Equa riparazione: diritto anche se la causa è persa

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 86/2024, ha stabilito un importante principio in materia di equa riparazione per irragionevole durata del processo. Anche se la causa originaria viene persa e giudicata infondata, ciò non esclude automaticamente il diritto a un indennizzo se il procedimento si è protratto eccessivamente. La Corte ha chiarito che per negare l’indennizzo è necessario dimostrare che la parte era consapevole dell’infondatezza della sua pretesa prima che il processo superasse la sua durata ragionevole.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Equa Riparazione: Diritto all’Indennizzo Anche in Caso di Sconfitta

L’ordinanza n. 86 del 2024 della Corte di Cassazione introduce un principio fondamentale in tema di equa riparazione per l’eccessiva durata dei processi. La Suprema Corte ha affermato che la soccombenza nel giudizio originario, anche se basata sulla manifesta infondatezza della pretesa, non è di per sé sufficiente a negare il diritto all’indennizzo per il ritardo. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Un gruppo di cittadini aveva avviato un procedimento per ottenere l’equa riparazione (prevista dalla c.d. Legge Pinto) a causa della durata eccessiva di un precedente giudizio. Questo primo procedimento per l’indennizzo, definito “giudizio presupposto”, si era protratto per circa nove anni, concludendosi con un rigetto della domanda da parte della Corte di Cassazione.

Successivamente, gli stessi cittadini hanno intrapreso una nuova azione legale, questa volta per chiedere un indennizzo per l’irragionevole durata del primo procedimento di equa riparazione (un caso definito in gergo “equa su equa”). Inizialmente, il Consigliere designato della Corte d’Appello aveva riconosciuto una protrazione eccessiva di sette anni, liquidando un indennizzo a ciascun ricorrente.

Tuttavia, il Ministero della Giustizia si era opposto e la Corte d’Appello, in composizione collegiale, aveva riformato la decisione, respingendo la richiesta di indennizzo. La motivazione della Corte territoriale si basava sull’idea che, essendo la pretesa iniziale infondata, i ricorrenti dovevano essere consapevoli dell’inconsistenza della loro richiesta e, pertanto, non avevano diritto ad alcun risarcimento per la sua durata.

Contro questa decisione, i cittadini hanno proposto ricorso in Cassazione.

Il Principio di Diritto sulla Equa Riparazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, cassando con rinvio la decisione della Corte d’Appello. Il cuore della pronuncia risiede in un principio di diritto cruciale: il rigetto della domanda nel merito non è, da solo, un motivo sufficiente per escludere il diritto all’equa riparazione per la durata irragionevole di quel processo.

Perché si possa negare l’indennizzo, non basta la soccombenza. È necessario che la parte abbia una consapevolezza originaria (o sopravvenuta) della temerarietà della propria azione, e questa consapevolezza deve manifestarsi prima che il processo superi il termine di durata ragionevole.

In altre parole, il diritto a una giustizia celere è un diritto autonomo. Anche chi avanza una pretesa che si rivelerà infondata ha diritto a saperlo in tempi ragionevoli. Negare l’indennizzo solo perché la causa è stata persa equivarrebbe a giustificare ritardi indefiniti per le cause ritenute (a posteriori) “sbagliate”.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha criticato la decisione della Corte d’Appello per non aver fornito motivazioni adeguate. Il giudice di merito si era limitato a dedurre la “consapevolezza dell’inconsistenza” dalla pronuncia finale di rigetto del giudizio presupposto, emessa dopo nove anni. Questo ragionamento è stato giudicato errato. La Corte di Cassazione ha specificato che la consapevolezza della temerarietà non può essere desunta retroattivamente dall’esito del giudizio, ma deve essere provata come preesistente o maturata durante il processo, prima del superamento dei limiti di durata ragionevole.

Il fatto che il giudizio presupposto si fosse concluso con la compensazione integrale delle spese, inoltre, escludeva ogni ipotesi di temerarietà o abuso del processo, rendendo ancora più illogica la decisione della Corte d’Appello.

La Corte ha quindi ribadito che, qualora un giudizio per indennità da irragionevole durata si protragga esso stesso oltre i limiti, il diritto a un’ulteriore indennità non è escluso dal semplice fatto che la domanda originaria sia stata respinta per temerarietà.

Le Conclusioni

L’ordinanza rafforza la tutela del diritto alla ragionevole durata del processo, sancito a livello europeo. La decisione chiarisce che il sistema di equa riparazione non può essere vanificato da una valutazione ex post sulla fondatezza della domanda originaria. Ogni cittadino ha diritto a una risposta dalla giustizia in tempi certi, indipendentemente dall’esito finale della controversia. La soccombenza diventa rilevante ai fini dell’esclusione dell’indennizzo solo quando si accompagna a una provata e consapevole temerarietà della lite, manifestatasi prima che il ritardo diventasse irragionevole. La causa è stata quindi rinviata alla Corte d’Appello di Perugia, che dovrà riesaminare il caso attenendosi a questo fondamentale principio.

Se perdo una causa, ho comunque diritto all’equa riparazione se il processo è durato troppo a lungo?
Sì, la sola soccombenza non è un motivo sufficiente per escludere il diritto all’indennizzo per l’irragionevole durata del processo. Il diritto a una giustizia celere è autonomo rispetto all’esito della causa.

In quali casi può essere negato l’indennizzo per la durata eccessiva di un processo perso?
L’indennizzo può essere negato se viene dimostrato che la parte era consapevole, fin dall’inizio o nel corso della causa, dell’infondatezza della propria pretesa (lite temeraria). Tale consapevolezza, però, deve essere dimostrata come esistente prima che il processo superasse il suo termine di durata ragionevole.

Perché la Cassazione ha annullato la decisione della Corte d’Appello in questo specifico caso?
La Cassazione ha annullato la decisione perché la Corte d’Appello ha erroneamente fatto derivare la consapevolezza dell’infondatezza della pretesa unicamente dall’esito negativo finale del giudizio presupposto, senza indicare le ragioni per cui i ricorrenti avrebbero dovuto essere consapevoli di ciò fin dall’inizio o prima che si concretizzasse il ritardo eccessivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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