Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8560 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 8560 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 01/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1799/2024 R.G. proposto da: MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in GRAGNANO, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso il DECRETO della CORTE D’APPELLO DI PERUGIA n. 97/2023, depositata il 20/06/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE con ricorso ex art. 3, legge 24 marzo 2001, n. 89, chiedeva la condanna del Ministero della Giustizia al pagamento di un indennizzo, ex l. 89/2001, in riferimento alla procedura di concordato preventivo aperta in data 16 marzo 2010 e ancora in corso al tempo della presentazione della domanda di equa riparazione.
Con decreto n. 84/2023, la Corte d’Appello di Perugia, ritenuta l’ammissibilità della domanda, stimata la durata irragionevole in anni 6, liquidava l’indennizzo in misura pari a €. 2.400,00.
1.1. Il Ministero della Giustizia proponeva opposizione al decreto monitorio, deducendo che, essendo il giudizio a quo relativo ad una procedura di concordato preventivo, non troverebbe operatività il rimedio risarcitorio previsto dalla legge n. 89/2001.
La Corte d’Appello di Perugia in composizione collegiale, con decreto n. 85/2023, rigettava l’opposizione sostenendo che la tesi di parte opponente si basa sull’assunta natura privatistica del concordato preventivo, smentita dalla più recente giurisprudenza di merito e di legittimità (Cass. Sez. U., sentenza n. 1521 del 23 gennaio 2013), dalla dottrina e dall’evoluzione legislativa (artt. 185 R.D. 16 marzo 1942, n. 267, ‘ l. fall. ‘, e 118 Codice della Crisi di Impresa e dell’Insolvenza, ‘ CCII ‘ ).
Avverso il suddetto decreto ha proposto qui ricorso il Ministero della Giustizia, affidandolo a due motivi.
RAGIONE_SOCIALE
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2 della l egge n. 89/2001 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ. Osserva il ricorrente che nella procedura di concordato preventivo, il momento in cui questa si conclude è
individuato dall’art. 181 l.fall., secondo cui «La procedura di concordato preventivo si chiude con il decreto di omologazione ai sensi dell’articolo 180». Nel caso di specie, è fatto pacifico tra le parti che la procedura de qua si sia aperta in data 16 marzo 2010 e che il decreto di omologazione sia intervenuto in data 11 novembre 2010. In tesi: successivamente alla chiusura della procedura di concordato per effetto del decreto di omologazione ex art. 181 l.fall., è il debitore che deve dare impulso alla procedura, mentre il ruolo del giudice è meramente eventuale e, peraltro, condizionato ad una richiesta di intervento da parte del commissario giudiziale (v. art. 185 l.fall.). Più in generale, conclude il Ministero, il fatto che residui un interesse pubblicistico -quello volto a garantire il soddisfacimento dei creditori – anche successivamente alla pronuncia del decreto di omologazione non comporta che la procedura di concordato preventivo possa essere considerata come espressione di attività giurisdizionale di amministrazione del servizio pubblico della giustizia, sicché del suo eccessivo protrarsi non può in alcun modo essere chiamato a rispondere il Ministero della Giustizia, il quale risponderà esclusivamente del mancato rispetto del termine sancito d all’art. 181 l.fall. (« … L’omologazione deve intervenire nel termine di nove mesi dalla presentazione del ricorso ai sensi dell’articolo 161; il termine può essere prorogato per una sola volta dal tribunale di sessanta giorni»).
1.1. Il motivo merita di essere accolto nella parte in cui sottolinea l’assenza di responsabilità dello Stato nel periodo di tempo che segue l’omologazione del concordato preventivo, atteso che in questa ulteriore fase la procedura concorsuale dismette la sua natura di attività giurisdizionale, fermi restando gli interessi pubblicistici che la connotano.
Pertanto, il Collegio intende dare continuità al principio a suo tempo enunciato da questa Corte: «In tema di equa riparazione per violazione della durata ragionevole del processo, deve escludersi la responsabilità dello Stato ai sensi della l. 24 marzo 2001 n. 89, con riferimento alla protrazione nel tempo dell’attività dei liquidatori nominati con la sentenza di omologazione del concordato preventivo, poiché, chiudendosi questo con il passaggio in giudicato della sentenza di omologazione, ed essendo i liquidatori non organi della procedura pubblica, bensì mandatari dei creditori per il compimento di tutti gli atti necessari alla liquidazione dei beni ceduti, detta attività non rientra nell’organizzazione del servizio pubblico della giustizia» (Cass. Sez. 6 1, Sentenza n. 7021 del 08/05/2012, Rv. 622382 -01, conf. da: Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 27544 del 2019).
La durata della procedura va computata con riguardo alla data del decreto di omologazione, non potendosi ricomprendere la fase esecutiva nell’ambito operativo della legge Pinto ai fini del computo del termine. Tale soluzione ha il merito di valorizzare il principio ispiratore delle procedure in esame, vale a dire il principio, di origine comunitaria, della c.d. second chance , che trova oggi enunciazione positiva nel regolamento europeo sulle procedure di insolvenza (cfr. considerando 10 Reg. 848/2015 UE), e mira a garantire una seconda opportunità agli imprenditori o ai consumatori che si distinguono per meritevolezza e non abbiano causato il proprio dissesto economico in mala fede o in modo fraudolento (Cass. n. 27544 del 2019, cit.).
Con il secondo motivo si deduce omessa motivazione e/o motivazione apparente in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 ) cod. proc. civ. Sostiene il ricorrente che il giudice dell’opposizione si è limitato a recepire passivamente e acriticamente le difese avversarie; manca nella pronuncia impugnata qualsivoglia riferimento alla
sentenza n. 7021 del giorno 8 maggio 2012 di codesta Suprema Corte, con la quale la Corte d’Appello di Perugia nemmeno si è confrontata.
2.1. Il motivo è inammissibile , ricorrendo l’ipotesi di «doppia conforme» prevista dall’art. 348 -ter , comma 5, cod. proc. civ. (applicabile, ai sensi dell’art. 54, comma 2, del D.L. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla legge n. 134 del 2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012, e quindi applicabile anche al giudizio in esame), per cui il ricorrente per cassazione, al fine di evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, n. 5 ) cod. proc. civ. vigente ratione temporis per difetto di specificità, deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (per tutte di recente: Cass. Sez. 6-2, n. 8320 del 2022, Rv. 664432 -01).
Non essendo necessario alcun ulteriore accertamento in fatto considerando che la procedura presupposta si era aperta in data 16 marzo 2010 e che il decreto di omologazione è intervenuto in data 11 novembre 2010, quindi nei tempi ragionevoli di nove mesi prescritti dalla legge (art. 181 l. fall) – la pronuncia deve essere cassata e la richiesta di equa riparazione rigettata, non ravvisandosi alcun protarsi irragionevole ai fini della responsabilità risarcitoria dello Stato per irragionevole durata del concordato preventivo.
Le spese processuali seguono la soccombenza come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione accoglie il primo motivo di ricorso, inammissibile il secondo, cassa la pronuncia impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’istanza di equa riparazione;
così liquida le spese a carico della controricorrente:
per la fase di merito, €. 1.4 60,00, oltre le spese prenotate a debito;
per il presente giudizio di legittimità, €. 750,00, olt re le spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda