Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25789 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 25789 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18535/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO che li rappresenta e difende ;
-ricorrenti-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale RAGIONE_SOCIALEo Stato, elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO;
-resistente- per la cassazione del decreto RAGIONE_SOCIALEa Corte di appello di Roma n. 148/2023, depositato il 7 febbraio 2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 settembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. -Con ricorso ex art. 3 legge n. 89/2001 depositato presso la Corte di Appello di Roma in data 22 giugno 2022, i ricorrenti chiedevano alla Corte di Appello di Roma di ingiungere al RAGIONE_SOCIALE il pagamento RAGIONE_SOCIALEa somma di € 6.020,00 ciascuno -ovvero RAGIONE_SOCIALE‘altra, maggiore o minore, ritenuta di giustizia, e liquidata in via equitativa -oltre interessi, a ristoro del danno non patrimoniale, che essi avevano subito in relazione alla durata del procedimento di primo grado R.G. 4117/2012 avanti il TAR per il Lazio di Roma – in materia di natura amministrativa -introdotto con ricorso notificato il 3 maggio 2012, concluso con Sentenza n. 2738/2013 pubblicata il 18 marzo 2013, appellata avanti il Consiglio di Stato in data 21 maggio 2013, con rinvio per il merito al 14 dicembre 2021 (RG NUMERO_DOCUMENTO/2013), definito con Sentenza del 24 dicembre 2021, protrattosi complessivamente oltre 9 anni e 6 mesi (pari a totali mesi 114) di causa. Evidenziavano che il giudizio presupposto aveva avuto una durata di 10 mesi e 15 giorni in primo grado, avanti il TAR per il Lazio e di 8 anni, 7 mesi e 3 giorni avanti il Consiglio di Stato e che, pertanto, considerato pari ad un anno il lasso di tempo superiore ai sei mesi, nel primo grado il procedimento presupposto era durato 1 anno e nel secondo grado si era protratto per 9 anni. Compensato l’anno di durata avanti il TAR con i tre anni stabiliti ragionevoli dalla Legge Pinto in primo grado, ritenuto dalla medesima legge 89/2001 pari a due anni complessivi il termine congruo di durata ‘ragionevole ‘del secondo grado del procedimento presupposto, lo stesso si è protratto per sei anni e sette mesi (pari, dunque, a 7 anni) oltre tale termine innanzi al Consiglio di Stato.
Con decreto pubblicato il 26 agosto 2022, il Consigliere designato RAGIONE_SOCIALEa Corte di Appello di Roma respingeva il ricorso, dichiarandolo inammissibile, e condannava ciascun ricorrente al
pagamento RAGIONE_SOCIALEa sanzione pecuniaria di euro 1.000,00 in favore RAGIONE_SOCIALEa Cassa RAGIONE_SOCIALEe Ammende in forza RAGIONE_SOCIALE‘art. 5 quater l. 89/01.
– Con atto depositato presso la Corte di Appello di Roma, i ricorrenti interponevano opposizione.
La Corte di Appello di Roma accoglieva parzialmente il ricorso revocando il decreto opposto e la sanzione comminata; condannava il RAGIONE_SOCIALE, in persona del Ministro pro tempore, al pagamento in favore dei ricorrenti COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME RAGIONE_SOCIALE‘importo di € 1.008,00 ciascuno oltre interessi legali dalla domanda al soddisfo; condannava il RAGIONE_SOCIALE, in persona del Ministro pro tempore, al pagamento in favore dei ricorrenti COGNOME NOME, COGNOME NOMENOME COGNOME NOME RAGIONE_SOCIALE‘importo di € 240,00, da dividere pro quota ereditaria, oltre interessi legali dalla domanda al soddisfo; condannava il RAGIONE_SOCIALE convenuto, in favore dei sopra indicati ricorrenti, al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese di lite liquidate, per la fase monitoria, in € 1.020,00 per compensi ed € 27,00 per esborsi oltre rimborso spese generali (15%), Iva e Cpa, e per il giudizio di oppo sizione in euro 27,00 per esborsi ed € 1.020,00 per compensi, oltre rimborso spese generali (15%), Iva e Cpa, da distrarsi tutte in favore nell’AVV_NOTAIO dichiaratosi antistatario.
-I ricorrenti hanno proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
Il RAGIONE_SOCIALE si è costituito ai fini RAGIONE_SOCIALE‘eventuale partecipazione alla discussione orale ex art. 370 cod. proc. civ.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI RAGIONE_SOCIALEA DECISIONE
-Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e/o falsa applicazione di legge -art. 6 CEDU; art. 111 Cost.; – art. 2
comma 2 bis l.89/2001 -illegittima detrazione di periodi superiori ai due anni nel secondo grado del giudizio presupposto.
I ricorrenti rilevano che nel ricorso ai sensi RAGIONE_SOCIALEa Legge 89/2001 depositato avanti la Corte d’Appello di Roma il 22 giugno 2022, 51267/2022, essendo compensato l’anno di durata del giudizio presupposto avanti il TAR per il Lazio, con i tre anni ritenuti congrui dalla Legge Pinto per il primo grado, hanno espressamente richiesto il riconoscimento RAGIONE_SOCIALE‘equa riparazione per il secondo grado di giudizio avanti il Consiglio di Stato.
Il giudizio presupposto in appello ha dunque avuto una durata complessiva di 9 anni, stante la frazione di anno superiore a sei mesi (ex art. 2-bis l. 89/2001), non compatibile con il principio del termine ragionevole stabilito dall’art. 6 RAGIONE_SOCIALEa Convenzion e europea per la salvaguardia dei diritti RAGIONE_SOCIALE‘uomo e RAGIONE_SOCIALEe libertà fondamentali e con i parametri fissati dalla legge sopra citata (art. 2 comma 2bis ), che prevede in 2 anni la durata massima del giudizio di secondo grado.
Sarebbe dunque illegittimo e difforme dai criteri normativi sopra esposti il calcolo operato dalla Corte d’Appello di Roma che ha detratto 5 anni (e non 2) dai 9 anni di durata complessiva del giudizio di secondo grado, per i ricorrenti COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Parimenti, si appaleserebbe illegittimo e difforme il calcolo operato dalla Corte d’Appello di Roma per i ricorrenti COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME eredi di COGNOME NOME, deceduta in Roma il 28/10/2018. Infatti, per essi, nella qualità di eredi, il giudizio presupposto di secondo grado è durato 5 anni, 4 mesi ed 8 giorni (pari a 5 anni ex art. 2-bis l. 89/2001).
1.1. -Il motivo è infondato.
In tema di equa riparazione ai sensi RAGIONE_SOCIALEa legge 24 marzo 2001, n. 89, l’attore ha l’onere di precisare nel ricorso l’intera durata del giudizio presupposto, inclusi i gradi e le fasi non eccedenti gli standard di ragionevolezza, potendo la parte disporre del “quantum”
RAGIONE_SOCIALEa domanda, ma non RAGIONE_SOCIALE‘allegazione dei fatti storico – normativi che ne condizionano l’ammissibilità, e dovendo, conseguentemente, il giudice procedere alla valutazione unitaria RAGIONE_SOCIALEa durata del processo anche se, l’attore, nel formulare la domanda, si sia specificamente riferito ai soli segmenti del procedimento in cui sarebbe, stato superato, a suo avviso, il termine ragionevole (Cass., Sez. II, 28 febbraio 2018, n. 4693; Cass., Sez. VI-2, 4 marzo 2015, n. 4437).
Benché il comma 2bis RAGIONE_SOCIALE‘art. 2, l. n. 89 del 2001 abbia individuato “standard” di durata media ragionevole per ogni fase del processo, quando quest’ultimo sia stato articolato in vari gradi e fasi occorre avere riguardo a tutto il suo svolgimento, effettuandosene una valutazione sintetica e complessiva, altrimenti rivelandosi inutile la previsione di un termine massimo di durata ragionevole RAGIONE_SOCIALE‘intero giudizio sancita dall’art. 2, comma 2-ter, RAGIONE_SOCIALEa citata l. n. 89 del 2001 (Cass., Sez. VI-2, 5 ottobre 2016, n. 19938).
Il motivo va pertanto respinto, avendo correttamente la Corte di appello calcolato in 5 anni il giudizio presupposto (sommando il primo e secondo grado) e procedendo alla conseguente di guida azione RAGIONE_SOCIALE‘indennizzo per la durata irragionevole.
2. -Con il secondo motivo di ricorso si prospetta la violazione e/o falsa applicazione di legge -art. 91, cod. proc. civ.; art. 2233, ii comma, cod. civ.; d.m. n. 55/2014, d.m. n. 37/2018 e d.m. n. 147/2022; art. 4, punto 5, d.m. n. 55/2014; mancata liquidazione compensi distinti per fasi, in relazione ad ogni grado e stato di giudizio. I ricorrenti evidenziano che il decreto impugnato ha liquidato le spese di lite in maniera globale e onnicomprensiva, limitandosi ad indicare l’importo finale, e senza mai provvedere ad individuarne ed a distinguerne le voci afferenti alle singole e rispettive fasi. In realtà, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 4, punto 5, del d.m. n. 55/2014, ‘il compenso è liquidato per fasi’, ciò anche al fine di consentire alle parti la verifica del rispetto dei ‘minimi’ tariffari, in
relazione alle singole fasi di imputazione dei compensi. Ne consegue, già sotto questo primo ed assorbente profilo, l’ingiustizia e l’illegittimità RAGIONE_SOCIALEa liquidazione RAGIONE_SOCIALEe spese di lite disposta, per tutti i due gradi, dal decreto impugnato, essendosi lo stesso limitato ad una ‘ determinazione globale dei compensi ‘, senza operarne alcuna distinzione RAGIONE_SOCIALEe relative voci per singole e rispettive fasi.
2.1. -Il motivo è inammissibile.
In tema di ricorso per cassazione, è inammissibile il motivo con cui si lamenti che il giudice abbia liquidato, in maniera onnicomprensiva, il compenso per onorari – ove, ratione temporis , non sia più in vigore la categoria dei diritti -, senza dolersi né RAGIONE_SOCIALEa violazione RAGIONE_SOCIALEa tariffa, nel massimo o nel minimo, spiegandone le ragioni, né RAGIONE_SOCIALEa mancata distinzione fra compensi ed esborsi (Cass., Sez. II, 30 aprile 2024, n. 11657; Cass., Sez. I, 2 ottobre 2014, n. 20808).
Nella specie viene genericamente dedotta la doglianza di una valutazione globale non distinta per fasi.
-Con il terzo motivo di ricorso si denuncia la e/o falsa applicazione di legge -artt. 10 e 91, cod. proc. civ.; art. 2233, ii comma, cod. civ.; liquidazione compensi ex d.m. n. 55/2014, d.m. n. 37/2018 e d.m. n. 147/2022 -determinazione RAGIONE_SOCIALEe spese di giudizio al di sotto dei minimi tariffari dei parametri forensi in vigore. In aggiunta a quanto dedotto, i ricorrenti rilevano che il decreto impugnato determina le spese RAGIONE_SOCIALEe due fasi (monitoria e di opposizione) partendo da una base di euro 300,00 per entrambe. Tali determinazioni risultano entrambe inferiori, in realtà, ai rispettivi ‘minimi’ tariffari, così come stabiliti dalla Tabella n. 12 (‘giudizi innanzi alla Corte di Appello’), del d.m. n. 55/2014, con le modifiche apportatevi dal d.m. n. 147/2022, applicabile a tutti i due gradi e stati del giudizio stesso. Nella presente fattispecie, quindi, vanno applicati i parametri stabiliti dalla Tabella n. 12 del d.m. n. 55/2014 (scaglione di valore fino ad € 1.100,00, in virtù RAGIONE_SOCIALEa somma liquidata
in favore di ogni istante), con le modifiche apportatevi dal d.m. n. 147/2022, considerando che il decreto impugnato è stato pubblicato il 30 gennaio 2023.
Inoltre, il relativo scaglione di valore fino ad € 1.100,00 va correttamente utilizzato per entrambi i gradi e stati di merito predetti.
Sul punto, pur disponendo il massimo di abbattimento per ciascuna fase e per ciascuno stato -ed utilizzando il relativo scaglione di valore fino ad € 1.100,00 RAGIONE_SOCIALEa Tabella n. 12 del d.m. n. 55/2014, modificata dal d.m. n. 147/2022 , i compensi ‘ minimi ‘, per i due gradi di merito predetti, sono rispettivamente di : € 71,00 per la fase di studio; € 71,00 per la fase introduttiva ; € 90,00 per la fase di istruttoria / trattazione; € 105,00 per la fase decisionale, per un totale di € 337,00 per ogni grado e /o fase. Pertanto, la base di € 300,00 stabilita dalla Corte d’Appello di Roma violerebbe i parametri minimi stabiliti dalla legge.
3.1. -Il motivo è infondato.
In tema di spese legali, in assenza di diversa convenzione tra le parti, il giudice, ove la liquidazione dei compensi professionali e RAGIONE_SOCIALEe spese di lite avvenga in base ai parametri di cui al d.m. n. 55/2014, come modificato dal d.m. n. 37/2018, non può scendere al di sotto dei valori minimi, in quanto aventi carattere inderogabile (Cass., Sez. II, 13 aprile 2023, n. 9815).
Procedendo al calcolo RAGIONE_SOCIALEa liquidazione giudiziale dei compensi professionali per avvocati in ambito civile, basato sui parametri ministeriali, disciplinati dal DM 55/2014 recante: “Determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 13 comma 6 RAGIONE_SOCIALEa legge 31 dicembre 2012 n. 247″, aggiornati al d.m. n. 147 del 13/08/2022, si perviene all’individuazione di un valore minimo per la fase monitoria di € 237,00 (punto 8 RAGIONE_SOCIALE‘allegato alla tabella, comprens ivo di fase di studio, istruttoria, conclusiva), per cui risulta superiore ai minimi
l’importo considerato dalla Corte d’appello nel decreto impugnato quale valore base per la liquidazione (euro 300,00).
Risulta inoltre superiore ai minimi tabellari l’importo complessivo liquidato di € 1020,00 per la fase di opposizione, considerando un compenso di base pari a € 337,00, stante il rilievo del giudizio alla luce RAGIONE_SOCIALEe questioni trattate, che dà luogo a un compenso totale di € 872,83 (Valore RAGIONE_SOCIALEa causa: fino a € 1.100; Fase di studio RAGIONE_SOCIALEa controversia, valore minimo: € 71,00; Fase introduttiva del giudizio, valore minimo: € 71,00; Fase istruttoria e/o di trattazione, valore minimo: € 90,00; Fase decisionale, valore minimo: € 105,00; Compenso tabellare (valori minimi) € 337,00; Aumento del 240% per presenza di più parti aventi stessa posizione processuale (art. 4, comma 2) € 808,80 ; Aumento del 30% per utilizzo di tecniche informatiche che agevolano la consultazione o la fruizione di atti e allegati nell’ambito del PCT (art. 4, comma 1 bis) € 101,10 ; Compenso maggiorato comprensivo degli aumenti € 1.246,90 ; Riduzione del 30% su € € 1.246,90 per assenza di specifiche e distinte questioni di fatto e diritto (art. 4, comma 4) € -374,07 ; Compenso al netto RAGIONE_SOCIALEe riduzioni € 872,83). Diversamente da quanto disposto dalla Corte d’appello, le variazioni in aumento vanno effettuate di seguito e dal compenso maggiorato vanno disposte le riduzioni. Pertanto, la Corte d’appello, pur partendo da un importo base inferiore ai minimi, è giunta a liquidare un importo superiore ai minimi tabellari.
-Il ricorso va dunque respinto senza provvedere sulle spese, essendosi l’Avvocatura RAGIONE_SOCIALEo Stato costituita al di fuori dei termini di legge.
-Non sussistono le condizioni per dichiarare la ricorrente tenuta al versamento di un importo di cui all’art. 13, comma 1 -quater, d.P.R. 115 del 2002, perché il presente giudizio è esente.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; nulla per le spese.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALEa Seconda Sezione