Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 34202 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 34202 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5331/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, domiciliati presso il loro recapito digitale con indirizzo pec: info@pec.studiolegaleliguori.com; -ricorrenti-
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO
-controricorrente e ricorrente incidentale- per la cassazione del decreto della Corte di appello di Napoli n. 697/2022, depositato il 15 settembre 2022.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 9 luglio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. -Con ricorso ex art. 3 l. 24 marzo 2001 n. 89, depositato il 17 febbraio 2022 innanzi alla Corte di appello di Napoli, NOME COGNOME ha lamentato l’eccessiva durata del giudizio presupposto di cognizione che, svoltosi nella fase monitoria innanzi alla Corte di appello di Napoli, è iniziato il 21 febbraio 2017, data di deposito del ricorso ex art. 3 l. 24 marzo 2001 n. 89 ed è terminato il 18 agosto 2017, data di deposito del decreto e, pertanto, è durato 5 mesi e 28 giorni; l’eccessiva durata del giudizio presupposto di ottemperanza che, svoltosi innanzi al TRAGIONE_SOCIALE, sede di Napoli, è iniziato il 7 giugno 2018, data della notifica del ricorso per l’ottemperanza a giudicato ed è terminato il 31 maggio 2021, data di deposito della sentenza e, pertanto, è durato 2 anni, 11 mesi e 24 giorni; l’eccessiva durata del giudizio presupposto di merito unitariamente inteso (di cognizione e di ottemperanza) che è durato complessivi 3 anni, 5 mesi e 22 giorni, che è una durata irragionevole e superiore a quella massima prevista dalla Legge, dalla giurisprudenza comunitaria, costituzionale e di legittimità che è di 5 mesi ovvero, quantomeno, di 1 anno per il giudizio di merito in esso compreso sia quello di cognizione ex art. 3 l. 24 marzo 2001 n. 89, sia quello successivo di ottemperanza; l’esasperante lentezza del giudizio presupposto di merito unitariamente inteso che gli ha cagionato, con esclusiva efficienza causale, sofferenze morali e psico-fisiche, un turbamento del suo stato d’animo , la lesione della sua dignità, un perdurante stato di angoscia, ansia, paura, forte stress, patema d’animo, disagio psichico e un repentino cambiamento in peius delle sue abitudini di vita privata, familiare e sociale, con conseguente lesione della sua personalità; la violazione, in proprio danno, del diritto riconosciuto dagli artt. 111 Cost., 6, paragrafo 1, Convenzione EDU, 47, comma 2, Carta dei diritti fonda mentali dell’Unione Europea e 2, comma 2-bis, l. 24 marzo 2001 n. 89 a un processo celebrato in tempi ragionevoli. Il Sig. COGNOME Lorenzo AlfredoCOGNOME pertanto, con detto
ricorso ha chiesto la condanna in via principale del Ministero della Giustizia o, in via gradata, del Ministero della Giustizia e del Ministero dell’Economia e delle Finanze, in via solidale o alternativa e ciascuno per quanto di ragione, al pagamento in suo favore: del danno non patrimoniale per la violazione del termine ragionevole del giudizio presupposto di merito unitariamente inteso nella misura base annua pari al valore minimo o, quantomeno, molto prossimo a quello minimo previsto dalla Corte EDU già da circa tre lustri o, in via gradata, nella misura base annua pari al valore massimo legislativo o, quantomeno, molto prossimo al massimo legislativo o, in via ulteriormente gradata, nella diversa misura da determinarsi secondo giustizia; degli interessi al tasso legale dalla data di deposito del ricorso al soddisfo; delle spese e compensi del procedimento con distrazione, ex art. 93 cod. proc. civ. in favore del difensore avv. NOME COGNOME.
La Corte di appello di Napoli, con decreto monocratico 1° marzo 2022 n. 699/2022, ha accolto il ricorso, ingiungendo al Ministero della Giustizia di pagare in favore del Di Lorenzo l’importo di euro 400,00 a titolo di indennizzo per equa riparazione oltre interessi legali dalla domanda (17/2/2022) al soddisfo; l’importo di euro 28,00 per esborsi ed euro 350,00 per compensi, oltre le maggiorazioni di legge per spese generali, C.A. e I.V.A., con distrazione, ex art. 93 cod. proc. civ., in favore dei difensori avv. NOME COGNOME e avv. NOME COGNOME.
2. -Con ricorso ex art. 5 ter l. 24 marzo 2001 n. 89, NOME COGNOME ha proposto opposizione avverso il detto decreto affidato a quattro motivi. Il COGNOME, in particolare, con il primo motivo ha lamentato l’errata rilevazione del termine ragionevole del giudizio presupposto di merito (di cognizione e di ottemperanza) di 2 anni anziché, in via principale, di 5 mesi; in via gradata, di 1 anno; l’errata rilevazione del periodo di irragionevole durata del giudizio presupposto di merito (di cognizione e di ottemperanza) di 1 anno
anziché, in via principale, di 3 anni e 22 giorni; in via gradata, di 2 anni, 5 mesi e 22 giorni; l’errata e incongrua liquidazione del danno non patrimoniale sulla scorta di 1 anno di eccedenza rispetto al termine ragionevole anziché, in via principale, di 3 anni; in via gradata, di 2 anni; con il secondo motivo ha lamentato l’errata e incongrua liquidazione del danno non patrimoniale sulla scorta dell’importo base di euro 400,00 per l’unico anno di ritardo del giudizio presupposto accertato; con il terzo motivo ha lamentato l’incongrua liquidazione dei compensi; con il quarto e ultimo motivo ha lamentato l’errata distrazione dei compensi del procedimento monitorio anche in favore dell’avv. NOME COGNOME che non ne aveva fatto richiesta; la mancata distrazione della totalità dei compensi del procedimento monitorio in favore dell’avv. NOME COGNOME.
Radicatasi la lite, si è costituito il Ministero della Giustizia che ha chiesto il rigetto dell’opposizione.
La Corte di appello di Napoli, con decreto collegiale 15/9/2022 n. 2458/2022, ha rigettato i primi tre motivi di opposizione, accogliendo parzialmente il quarto; ha condannato il Ministero della Giustizia al pagamento in favore del Di NOME delle spese di lite del procedimento monitorio nella misura di euro 378,00, di cui euro 28,00 per esborsi ed euro 350,00 per compensi, oltre le maggiorazioni di legge per spese generali, C.A. e I.V.A., con distrazione, ex art. 93 cod. proc. civ., in favore del difensore avv. NOME COGNOME della totalità degli esborsi e della metà dei compensi; ha confermato per il resto il decreto monocratico.
–NOME COGNOME e l’avv. NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi.
Il Ministero della giustizia ha resistito in giudizio presentando altresì un ricorso incidentale.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
I ricorrenti principali hanno depositato una memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Esigenze di priorità logica impongono di esaminare dapprima il ricorso incidentale, nella parte in cui il Ministero lamenta la mancanza di legittimazione passiva in relazione al giudizio di ottemperanza.
Con il primo motivo del ricorso incidentale si deduce la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 3, comma 2, della legge numero 89 del 2001, nonché articolo 75 cod. proc. civ. in relazione all’articolo 360, comma 1, numero 4 cod. proc. civ. Si evidenzia il difetto di legittimazione passiva del Ministero della Giustizia, essendo questa riferibile in via esclusiva al Ministero dell’economia e delle finanze, poiché, nella sostanza, la richiesta indennitaria ha ad oggetto il solo giudizio di ottemperanza in quanto protrattosi per circa tre anni, a fronte del termine di durata ragionevole di un anno.
1.1. -La censura è inammissibile.
In tema di equa riparazione ex l. n. 89 del 2001, la legittimazione passiva rispetto alla domanda diretta a far valere un pregiudizio derivante dalla irragionevole durata di giudizi svoltisi, in relazione alla medesima vicenda, dinanzi a giudici ordinari e a giudici amministrativi, compete congiuntamente al Ministero della Giustizia e al Ministero dell’Economia e delle Finanze (Cass., Sez. II, 3 maggio 2023, n. 11533).
L’erronea evocazione in giudizio di un Ministero al posto di un altro comporta che il giudice – a pena di nullità della sentenza di primo grado e conseguente rimessione della causa al primo giudice -fissi un termine per il rinnovo della notifica e la corretta instaurazione del contraddittorio, ai sensi dell’art. 4 della l. n. 260 del 1958, purché l’Avvocatura dello Stato sollevi la relativa eccezione nella prima udienza, indicando, altresì, il soggetto cui l’atto avrebbe dovuto essere notificato (Cass., Sez. II, 4 agosto 2023, n. 23853;
Cass., Sez. II, 2 gennaio 2023, n. 2; Cass., Sez. II, 21 settembre 2021, n. 25499).
Nel caso di specie, tuttavia, l’Avvocatura dello Stato nulla ha eccepito nel costituirsi in sede di giudizio di opposizione, formulando, dunque, tardivamente l’eccezione dinanzi alla Corte di cassazione.
-Con il primo motivo del ricorso principale si deduce la violazione e/o falsa applicazione – in relazione al rigetto del primo motivo di opposizione, alla rilevazione della durata ragionevole (e irragionevole) del giudizio presupposto di merito (di cognizione e di ottemperanza) e alla conseguente liquidazione del danno non patrimoniale – delle norme ex artt. 2, commi 2 e 2 bis, 3, comma 4, 5 ter, comma 5, l. 24 marzo 2001 n. 89, 46, comma 1, 75, comma 1, 87, commi 2 lett. d) e 3, 114, comma 3, d.lgs. 2 luglio 2010 n. 104, 111, 117 Cost., 6 Convenzione EDU e 47, comma 2, Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.).
Si evidenzia, al riguardo, che il giudizio presupposto di cognizione relativo all’accertamento del diritto (che si è articolato nella sola fase monitoria) è iniziato il 21 febbraio 2017, data di deposito del ricorso ex art. 3 l. 24 marzo 2001 n. 89 ed è terminato il 18 agosto 2017, data di deposito del decreto monocratico e, quindi, è durato 5 mesi e 28 giorni. Il giudizio presupposto di ottemperanza relativo alla riscossione del credito è iniziato il 7 giugno 2018, data della notifica del ricorso per l’ottemperanza a l giudicato ed è terminato il 31 maggio 2021, data di deposito della sentenza e, quindi, è durato 2 anni, 11 mesi e 24 giorni.
Il giudizio presupposto di merito va considerato unitariamente nella sua complessiva articolazione (per tutte: Sez. Un. 23 luglio 2019 n. 19883) ed essendo durato complessivi 3 anni, 5 mesi e 22 ha avuto una durata irragionevole e superiore a quella massima di 3 mesi ovvero di 5 mesi ovvero di 1 anno prevista dalla Legge, dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimità – ha avuto, pertanto,
una durata irragionevole: in via principale di 3 anni in quanto ai fini dell’indennizzo soltanto ogni frazione di anno superiore a 6 mesi è pari a 1 anno, ex art. 2 bis, comma 1, l. 24 marzo 2001 n. 89; in via gradata di 2 anni in quanto, come innanzi esposto, ai fini dell’indennizzo soltanto ogni frazione di anno superiore a 6 mesi è pari a 1 anno, ex art. 2 bis, comma 1, l. 24 marzo 2001 n. 89.
Con il secondo motivo del ricorso incidentale si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 2 della legge numero 89 del 2001 in relazione all’articolo 360, comma 1, numero 3 cod. proc. civ. Allorquando si ritenga sussistente la legittimazione passiva dell’amministrazione della giustizia, non potrebbe non eccepirsi l’infondatezza della richiesta indennitaria dal momento che alcun ritardo riparabile sembra evidenziabile con riguardo al procedimento monitorio, essendosi lo stesso svolto in un arco temporale di sei mesi circa, ben al di sotto del termine di durata ragionevole semestrale. Conseguentemente, appare erroneo il decreto impugnato dove non ha rigettato la richiesta indennitaria azionata nei confronti del Ministero della giustizia.
2.1. -Il primo motivo del ricorso principale è fondato, mentre va respinto il secondo motivo del ricorso incidentale.
Secondo la costante giurisprudenza di questa S.C., la durata del giudizio promosso per ottenere l’indennizzo da irragionevole durata di un processo di equa riparazione non può eccedere il termine di un anno per il grado di merito e di un anno per quello di legittimità (Cass. Sez. II, 5 ottobre 2017, n. 23249).
Va data continuità al condivisibile indirizzo sezionale (Cass. 26 gennaio 2023, n. 2469, in connessione con Cass. 30 marzo 2022, n. 10182; in termini, Cass. n. 18577/2022) per il quale «l giudizio presupposto, articolato in una fase di cognizione ed una successiva fase esecutiva, dev’essere considerato nella sua unitarietà (Cass. Sez. Un., 23 luglio 2019, n. 19883), con una durata ragionevole complessiva pari ad un anno, per effetto della dichiarazione di
incostituzionalità dell’art. 2, comma 2 -bis, della legge n. 89 del 2001, pronunciata con sentenza della Corte Costituzionale n. 36/2016».
Inoltre, ai fini del computo della ragionevole durata di un processo instaurato ai sensi della l. n. 89 del 2001, in relazione al termine di un anno per grado di cui alla sentenza n. 36 del 2016 della Corte costituzionale, devono considerarsi unitariamente il giudizio che ha accolto la domanda di equa riparazione e il giudizio di ottemperanza promosso all’esito della decisione di condanna dello Stato al pagamento dell’indennizzo, senza tener conto del tempo intercorso fra la definizione del processo di cognizione e la proposizione del ricorso per l’ottemperanza, comunque imposto nel termine minimo di cui ai commi 5 e 7 dell’art. 5-sexies della l. cit. e con riferimento al quale è eventualmente configurabile un ritardo attribuibile allo Stato amministrazione (Cass. Sez. II, 22 febbraio 2024, n. 4749).
I termini di durata ragionevole, riferiti, comunque, alle sole procedure giudiziarie, e non anche ai tempi occorrenti allo Statodebitore per adempiere, ovvero ai periodi correnti tra la conclusione della fase di cognizione e l’inizio di quella esecutiva, nella specie sono stati indicati dalla ricorrente, ove si specifica che il giudizio di cognizione, articolatosi nella prima fase monitoria è iniziato il 21 febbraio 2017, data di deposito del ricorso ex art. 3 l. 24 marzo 2001 n. 89 ed è terminato il 18 agosto 2017, data di deposito del decreto e, quindi, è durato 5 mesi e 28 giorni. Il giudizio di ottemperanza relativo alla riscossione del credito è iniziato il 7 giugno 2018, data della notifica del ricorso per l’ottemperanza a giudicato ed è terminato il 31 maggio 2021, data di deposito della sentenza e, quindi, è durato 2 anni, 11 mesi e 24 giorni.
La somma dei due periodi ammonta a 3 anni, 5 mesi e 22 giorni. Da tale durata va detratta la durata ragionevole di un anno, riferita all’intero giudizio (fase di cognizione e fase di ottemperanza). Non devono invece essere detratti i periodi di sospensione a seguito
dell’emergenza epidemiologica da RAGIONE_SOCIALE poiché essi risultano relativi al procedimento di ottemperanza dinanzi al Tribunale amministrativo regionale. La normativa sulla sospensione del processo amministrativo (art. 84 d.l. 17 marzo 2020, n. 18 convertito dalla L. 24 aprile 2020, n. 27 e art. 36, comma 3, d.l. n. 23 del 2020, conv. dalla l. n. 40 del 2020) è diversa da quella del giudizio civile (prevista dall’art. 83, comma 2, d.l. n. 18 del 2020 e, successivamente, dall’art. 36, comma 1, d.l. n. 23 del 2 020, conv. dalla l. n. 40 del 2020), non solo perché si prevede un periodo più ristretto (dall’8 marzo 2020 fino al 3 maggio 2020) ma anche perché tale sospensione è stata espressamente equiparata a quella del periodo feriale («Tutti i termini relativi al processo amministrativo sono sospesi, secondo quanto previsto dalle disposizioni di cui all’articolo 54, commi 2 e 3, del codice del processo amministrativo») e il Consiglio di Stato, in sede consultiva, ha affermato che la sospensione non si applica ai termini endoprocessuali (Cons. St., comm. spec., 10 marzo 2020, n. 571). Si perviene, pertanto, a un’eccedenza rispetto alla ragionevole durata del giudizio indennitario – di cognizione e di esecuzione, unitariamente intesi – di 2 anni, 5 mesi e 22 giorni.
3. -Con il secondo motivo il COGNOME lamenta la nullità del decreto collegiale e del procedimento; anomalia motivazionale – in relazione al rigetto del secondo motivo di opposizione e alla liquidazione del danno non patrimoniale per la violazione del termine ragionevole del giudizio presupposto -per: a) mancanza di motivazione sotto l’aspetto materiale e grafico; b) motivazione tautologica; c) motivazione apparente; d) motivazione perplessa; violazione e/o falsa applicazione delle norme ex artt. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ. e 111 Cost. (art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ.). Parte ricorrente contesta la pronuncia della Corte di appello di Napoli che ha genericamente preso in esame due profili quali l’ammontare dell’indennizzo
riconosciuto nel giudizio presupposto (euro 3.425,03) che ha ritenuto erroneamente e apoditticamente esiguo nonostante sia circa nove volte superiore all ‘ importo annuo minimo (euro 400,00) e circa cinque volte superiore all ‘ importo annuo massimo (euro 800,00) previsto dal legislatore per la liquidazione dell ‘ equa riparazione e non lo ha comunque valutato ‘ in relazione alle condizioni personali della parte ‘ . Si contesta inoltre il fatto che la Corte ha considerato l’entità dello sforamento rispetto alla durata ragionevole del procedimento (1 anno) che non rientra tra i parametri previsti dalla legge e nel ‘ comportamento del giudice ‘ ed è comunque ancora sub iudice in virtù del primo motivo del ricorso. Si deduce altresì che la motivazione ha richiamato gli altri parametri legislativi e gli altri criteri (‘I criteri cui bisogna tenere conto sulla base dell’art 2 bis comma 2 l. n° 89/01 sono: esito del processo; comportamento del giudice e delle parti; natura degli interessi coinvolti; valore e rilevanza della causa, valutati anche in relazione alle condizioni personali della parte’) solo tautologicamente, senza alcun ancoraggio al caso concreto e senza, di fatto, prendere in esame, neanche in forma sintetica, i profili relativi al comportamento del giudice (a parte l’entità dell’eccedenza della durata del procedimento rispetto a quella che è da considerarsi come durata ragionevole che ha ritenuto, erroneamente e apoditticamente, fatto rientrare nel ‘comportamento del giudice’), al comportamento delle parti, alla natura degli interessi coinvolti e al valore e rilevanza della causa, valutati anche in relazione alle condizioni personali della parte. Infine, non ha indicato espressamente il criterio di liquidazione adottato in riferimento al caso concreto e non ha motivato la sua decisione al riguardo.
Lo scarno apparato argomentativo non consente di comprendere le effettive ragioni che l’hanno portata a rigettare il secondo motivo di opposizione con cui il COGNOME aveva lamentato l’incongrua liquidazione del danno non patrimoniale per la violazione
del termine ragionevole del giudizio presupposto nella misura base minima di soli euro 400,00 per ciascun anno e frazione di anno superiore ai 6 mesi di durata irragionevole e a confermare, sul punto, la liquidazione del primo giudice nella parte in cui questi aveva ritenuto congruo ancorare il moltiplicatore annuo al minimo della forbice prevista dal legislatore, senza, tra l’altro, riportare o richiamare la sua motivazione.
Con il terzo motivo del ricorso principale è lamentato l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti; omesso esame dei fatti storici – rilevanti in relazione al rigetto del secondo motivo di opposizione e alla liquidazione del danno non patrimoniale per la violazione del termine ragionevole del giudizio presupposto – relativi: a) al comportamento del giudice e delle parti; b) alla natura degli interessi coinvolti; c) al valore e alla rilevanza della causa, valutati anche in relazione alle condizioni personali della parte (art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ.). In particolare, si deduce di aver provato il suo assunto mediante la produzione della seguente documentazione: ricorso ex art. 3 l. 24 marzo 2001 n. 89 depositato il 21/2/2017 (v. ricorso ex art. 3 l. 24 marzo 2001 n. 89 depositato nel primo procedimento con modalità telematiche il 17/2/2022, contenuto nel relativo fascicolo di parte informatico e indicato al n. 2 del foliario); decreto monocratico del 18 agosto 2017 (v. decreto depositato nel primo procedimento con modalità telematiche il 17/2/2022, contenuto nel relativo fascicolo di parte informatico e indicato al n. 3 del foliario); storico del fascicolo (v. storico del fascicolo depositato nel primo procedimento con modalità telematiche il 17/2/2022, contenuto nel relativo fascicolo di parte informatico e indicato al n. 4 del foliario); decreto in forma informatica in uno al ricorso ex art. 3 l. 24.3.2001 n. 89 notificato al Ministero della Giustizia in data 21 agosto 2017 (v. decreto in forma informatica in uno al ricorso ex art. 3 l. 24.3.2001 n. 89 depositato nel primo procedimento con modalità
telematiche il 17/2/2022, contenuto nel relativo fascicolo di parte informatico e indicato al n. 5 del foliario); decreto in forma esecutiva in uno al ricorso ex art. 3 l. 24.3.2001 n. 89 notificato al Ministero della Giustizia in data 28/9/2017 (v. decreto in forma esecutiva in uno al ricorso ex art. 3 l. 24 marzo 2001 n. 89 depositato nel primo procedimento con modalità telematiche il 17/2/2022, contenuto nel relativo fascicolo di parte informatico e indicato al n. 6 del foliario); lettera pec del 31.8.2017 di invio al Ministero della Giustizia della dichiarazione ai sensi degli artt. 46 e 47 del T.U. di cui al D.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445 (v. lettera pec depositata nel primo procedimento con modalità telematiche il 17/2/2022, contenuta nel relativo fascicolo di parte informatico e indicata al n. 7 del foliario); ricorso per l’ottemperanza a giudicato (v. ricorso per l’ottemperanza a giudicato depositato nel primo procedimento con modalità telematiche il 17/2/2022, contenuto nel relativo fascicolo di parte informatico e indicato al n. 8 del foliario); istanza con cui ha chiesto al giudice dell’ottemperanza volersi ‘disporre la sollecita fissazione dell’udienza di discussione del ricorso in oggetto’ (v. istanza depositata nel primo procedimento con modalità telematiche il 17/2/2022, contenuta nel relativo fascicolo di parte informatico e indicata al n. 9 del foliario); decreto del 26.4.2021 con cui il giudice dell’ottemperanza ha fissato l’udienza di trattazione (v. decreto del 26/4/2021 depositato nel primo procedimento con modalità telematiche il 17/2/2022, contenuto nel relativo fascicolo di parte informatico e indicato al n. 10 del foliario); sentenza del 31 maggio 2021 (v. sentenza depositata nel primo procedimento con modalità telematiche il 17/2/2022, contenuta nel relativo fascicolo di parte informatico e indicata al n. 11 del foliario); dettaglio del fascicolo del tar campania (v. dettaglio del fascicolo del TAR Campania depositato nel primo procedimento con modalità telematiche il 17/2/2022, contenuto nel relativo fascicolo di parte informatico e indicato al n. 12 del foliario). I fatti storici ignorati –
relativi al comportamento del giudice e delle parti, alla natura degli interessi coinvolti e al valore e alla rilevanza della causa, valutati anche in relazione alle condizioni personali della parte – sono rilevanti in quanto espressamente previsti dal richiamato art. 2 bis, comma 2, l. 24 marzo 2001 n. 89 al fine di determinare l’importo da liquidare a titolo di equa riparazione. Se il giudice dell’opposizione li avesse esaminati: da un lato, avrebbe certamente o quantomeno molto probabilmente liquidato un importo base annuo pari a quello massimo – o quantomeno molto prossimo a quello massimo previsto dall’art. 2 bis, comma 1, l. 24 marzo 2001 n. 89 e, cioè, euro 800,00 per ciascun anno di ritardo del giudizio presupposto e, comunque, giammai un importo inferiore a quello medio e, cioè, euro 600,00 per ciascun anno di ritardo del giudizio presupposto; dall’altro lato, certamente non avrebbe liquidato l’importo base annuo pari a quello minimo previsto dall’art. 2 bis, comma 1, l. 24 marzo 2001 n. 89 e, cioè, euro 400,00 per ciascun anno di ritardo del giudizio presupposto, come erroneamente ha fatto, in considerazione soprattutto (ma non solo) della natura degli interessi coinvolti (il diritto all’equo processo che deve svolgersi in tempi ragionevoli) che è di rango costituzionale (artt. 111 Cost., 6, paragrafo 1, Convenzione EDU e 47, comma 2, Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea).
Con il quarto motivo sempre del ricorso principale si lamenta la violazione e/o falsa applicazione – in relazione al rigetto del secondo motivo di opposizione e alla liquidazione del danno non patrimoniale per la violazione del termine ragionevole del giudizio presupposto delle norme ex artt. 6, paragrafo 1, 13, 34, 41 Convenzione EDU, 41, comma 1, 47, commi 1 e 2, Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, 111, commi 1 e 2, 117 Cost. e 2 bis, comma 1, l. 24 marzo 2001 n. 89 (art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.). Sul punto si contesta che il giudice dell’opposizione del tutto ingiustamente e irragionevolmente ha liquidato a titolo di equa
riparazione l’importo base annuo pari a quello mimino previsto dal legislatore italiano (liquidazione che, tra l’altro, è divenuta sostanzialmente, ma ingiustamente, una regola generale); non ha adeguatamente motivato la sua scelta (ma questo ha formato oggetto del secondo motivo del presente ricorso); non ha preso in esame i fatti storici decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti relativi al comportamento del giudice e delle parti, alla natura degli interessi coinvolti e al valore e alla rilevanza della causa, valutati anche in relazione alle condizioni personali della parte.
3.1. -Il secondo, il terzo e il quarto motivo del ricorso principale, da trattarsi congiuntamente stante la loro stretta connessione, sono infondati.
In tema di equa riparazione, l’art. 2 bis della l. n. 89 del 2001, relativo alla misura e ai criteri di determinazione dell’indennizzo per l’irragionevole durata del processo, rimette al prudente apprezzamento del giudice di merito – sindacabile in sede di legittimità nei soli limiti ammessi dall’art. 360, n. 5, cod. proc. civ. la scelta del moltiplicatore annuo, compreso tra il minimo ed il massimo ivi indicati, da applicare al ritardo nella definizione del processo presupposto, orientando il “quantum” della liquidazione equitativa sulla base dei parametri di valutazione, tra quelli elencati nel comma 2 dell’art. 2 bis citato, che appaiano maggiormente significativi nel caso specifico (Cass., Sez. VI-2, 1° febbraio 2019, n. 3157; Cass., Sez. VI-2, 16 luglio 2015, n. 14974).
Al di fuori del sindacato di cui all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ. è precluso alla Corte di cassazione sindacare la concreta determinazione del “quantum” dell’indennizzo operata dal giudice di merito, trattandosi di valutazione di fatto, ovvero l’applicazione della riduzione di cui al richiamato art.2-bis comma 1-ter, in quanto esplicazione di potere discrezionale il cui esercizio è rimesso al giudice di merito (Cass., Sez. II, 28 maggio 2019, n. 14521).
Nella specie, la Corte di appello, alla luce della documentazione prodotta, ha fornito una specifica motivazione in merito alle ragioni per i quali ha ritenuto di considerare il valore minimo quale moltiplicatore per la liquidazione dell’indennizzo, per cui la relativa determinazione non è sindacabile in questa sede.
In ordine alla prospettata questione di legittimità costituzionale, questa Corte ha più volte ritenuto manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale, per contrasto con l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 6, par. 1, della CEDU, riguardanti l’art. 2 bis della legge 24 marzo 2001, n. 89, nella parte in cui limita la misura dell’indennizzo in una somma di denaro, atteso che la derogabilità dei criteri ordinari di liquidazione, la ragionevolezza del criterio indicato per anno di ritardo e i parametri di durata così stabiliti recepiscono le indicazioni provenienti dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo e della Corte di cassazione (Cass., Sez. VI-2, 24 settembre 2021, n. 25964; Cass., Sez. II, 27 ottobre 2014, n. 22772).
4. -L’avv. NOME COGNOME con il quinto motivo lamenta la nullità del decreto collegiale e del procedimento; violazione e/o falsa applicazione – in relazione alla distrazione di solo la metà dei compensi del procedimento monitorio in favore dell’avv. NOME COGNOME – delle norme ex artt. 83, 93, 112 cod. proc. civ. 1716, 2697, 2727 e 2729 c.c. (art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ.). Tale motivo viene proposto anche dal Di COGNOME solo in via gradata e subordinata all’eventuale declaratoria di inammissibilità dello stesso motivo proposto dall’avv. NOME COGNOME Si evidenzia, al riguardo, che il mandato difensivo rilasciato dal COGNOME in favore di entrambi i difensori era certamente disgiunto e, comunque, in mancanza di inequivoca diversa manifestazione di volontà contenuta nel mandato, doveva presumersi disgiunto alla luce dei principi generali in tema di procura alle liti (artt. 83 cod. proc. civ.) e di mandato (art. 1716 c.c., disciplinante l’ipotesi di pluralità di
mandatari). L’art. 93, comma 1, cod. proc. civ. a sua volta dispone: ‘Il difensore con procura può chiedere che il giudice, nella stessa sentenza in cui condanna alle spese, distragga in favore suo e degli altri difensori gli onorari non riscossi e le spese che dichiara di avere anticipate’. Tale norma , pertanto, prevede che il difensore con procura può chiedere che il giudice distragga in favore suo – ed eventualmente degli altri difensori – gli onorari non riscossi e le spese che dichiara di avere anticipate. La Corte di appello di Napoli ha fatto malgoverno di tali principi in quanto a fronte delle dichiarazioni da parte di entrambi i difensori che hanno sottoscritto il ricorso introduttivo secondo cui: il difensore avv. NOME COGNOMEha anticipato le spese e…non ha riscosso i compens i’; il difensore avv. NOME COGNOME ‘non si oppone alla distrazione delle spese di lite del procedimento monitorio in favore del solo avv. NOME COGNOME rinuncia alla distrazione delle spese di lite del procedimento monitorio in favore dell’avv. NOME COGNOME dichiara – solo ad abundantiam ed al fine della concessione di detta distrazione in favore dell’altro difensore -che non ha riscosso i compensi’; avrebbe dovuto accogliere il quarto e ultimo motivo di opposizione e concedere la distrazione. In caso di parte assistita da più difensori, infatti, ciascun difensore, in caso di richiesta ha diritto: alla totalità degli esborsi se anticipati e del compenso; alla distrazione della totalità delle spese di lite. A nulla rileva, sul punto, che entrambi i difensori non sono eventualmente creditori in solido, in quanto: il mandato difensivo è (e, comunque, deve presumersi) disgiunto; ciascun difensore ha diritto nei confronti del cliente alla totalità (degli esborsi anti cipati e) dei compensi per l’opera prestata, ex art. 8 D.M. 10 marzo 2014 n. 55; ciascun difensore ha diritto di richiedere e ottenere nei confronti del soccombente – in presenza dei relativi presupposti innanzi indicati – la distrazione della totalità (degli esborsi anticipati e) dei compensi per l’opera prestata, ex art. 93 cod. proc. civ. , seppur ‘nella liquidazione a carico del soccombente
sono computati i compensi per un solo avvocato”, ex art. 8 D.M. 10 marzo 2014 n. 55 (che, quindi, costituisce il limite massimo di esposizione per il soccombente).
4.1. -Il motivo è fondato.
In tema di spese giudiziali, il difensore munito di procura, il quale chieda la distrazione, a proprio favore, delle spese di giudizio e degli onorari, dichiarando di avere anticipato le prime e di non avere ricevuto i secondi, deve ottenere il relativo provvedimento sulla base della sua semplice dichiarazione, la quale non può essere sindacata dal giudice (Cass., Sez. VI-2, n. 8436 del 26/03/2019; Cass., Sez. III, 1° ottobre 2009, n. 21070). Egli agisce per un diritto proprio ed autonomo verso il soccombente, con la conseguenza che quest’ultimo non può opporgli, in compensazione, l’eventuale credito vantato nei confronti della parte vittoriosa.
Va disposta la distrazione per intero in favore dell’avvocato antistatario che l’ha richiesta .
-Il decreto della Corte d’appello va dunque cassato limitatamente al primo e al quinto motivo del ricorso principale, respinti tutti gli altri. Il ricorso incidentale deve essere invece integralmente respinto.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, il ricorso può essere deciso nel merito con la liquidazione di euro 400,00 in favore del ricorrente, a titolo di ulteriore indennizzo per equa riparazione rispetto all’importo già riconosciuto in fase monitoria (euro 400,00) -tenuto conto di un’eccedenza rispetto alla ragionevole durata del giudizio di cognizione e di esecuzione, unitariamente intesi -di 2 anni, 5 mesi e 22 giorni, del comportamento del giudice e delle parti, della natura degli interessi coinvolti, del valore e della rilevanza della causa, valutati anche in relazione alle condizioni personali della parte – oltre interessi legali dalla domanda.
6. -Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano – applicando la tabella 12 del D.M. 10 marzo 2014 n. 55 giudizi innanzi alla Corte di appello, con riferimento al procedimento di liquidazione dell’equo indennizzo per l’irragionevole del giudizio, scaglione di valore fino a euro 1.100,00 – in euro 400,00 per compensi riguardanti il giudizio di appello, per la fase monitoria e di opposizione, euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge, e – applicando la Tabella n. 13 D.M. 10 marzo 2014 n. 55, giudizi innanzi alla Corte di cassazione, scaglione di valore fino a euro 1.100,00 – per il giudizio di legittimità, euro 300,00 per compensi, euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge. Tutti gli importi per le spese sono da distrarsi in favore dell’avv. NOME COGNOME dichiaratosi antistatario.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e il quinto motivo del ricorso principale, rigetta gli altri; rigetta il ricorso incidentale; cassa il decreto impugnato in relazione ai motivi accolti del ricorso principale e, decidendo nel merito, condanna il controricorrente al pagamento di euro 400,00 in favore del ricorrente a titolo di indennizzo per equa riparazione, oltre interessi legali dalla domanda; condanna il controricorrente al pagamento delle spese legali che liquida in euro 400,00 per compensi riguardanti il giudizio di appello, comprensivi della fase monitoria e di opposizione, euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge, ed euro 300,00 per compensi riguardanti il giudizio di legittimità, euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge, importi da distrarsi in favore dell’avv. NOME COGNOME dichiaratosi antistatario.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, il 9 luglio 2024.
Il Presidente
NOME COGNOME