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Equa Riparazione: 4.000€ per 14 anni di fallimento

La Corte di Appello di Firenze ha riconosciuto un’equa riparazione di 4.000 euro a una società creditrice per la durata eccessiva di una procedura fallimentare. Il procedimento, durato 14 anni, ha superato di 8 anni il termine ragionevole di 6 anni previsto dalla legge. La Corte ha liquidato il danno non patrimoniale calcolando 500 euro per ogni anno di ritardo ingiustificato.

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Equa Riparazione: Quando la Giustizia Lenta Paga il Conto

Una recente decisione della Corte di Appello di Firenze ha riaffermato un principio fondamentale: la giustizia lenta è una giustizia negata. Il caso in esame offre un chiaro esempio di come ottenere un’equa riparazione quando i tempi di un procedimento giudiziario superano ogni limite di ragionevolezza, in particolare nell’ambito complesso delle procedure fallimentari.

Una società, creditrice in un fallimento dichiarato nel lontano 2011, si è vista costretta ad attendere oltre 14 anni senza vedere la conclusione della procedura. Di fronte a questo ritardo, ha deciso di agire ai sensi della Legge Pinto (L. 89/01) per ottenere un indennizzo per il danno subito, ottenendo un risarcimento di 4.000 euro.

I Fatti del Caso: Un’Attesa Lunga 14 Anni

La vicenda ha origine con la sentenza di fallimento di una società a responsabilità limitata, emessa dal Tribunale di Lucca il 27 maggio 2011. Una società creditrice presentava domanda di insinuazione al passivo, che veniva accolta nell’ottobre dello stesso anno per un importo significativo, in parte privilegiato e in parte chirografario.

Nonostante l’ammissione del credito, la procedura fallimentare si è protratta per anni. Solo a fine 2021 veniva depositato il rendiconto di gestione, approvato nel marzo 2022. Al momento della presentazione del ricorso per equa riparazione, la procedura concorsuale non era ancora conclusa, portando la durata complessiva, per il momento, a ben 14 anni.

La società ricorrente ha lamentato che tale ritardo, addebitabile unicamente all’apparato giudiziario, le avesse causato un notevole danno morale a causa dell’irragionevole attesa.

La Decisione della Corte sull’Equa Riparazione

La Corte di Appello di Firenze ha accolto il ricorso, riconoscendo la fondatezza della richiesta di equa riparazione. I giudici hanno seguito un percorso logico e normativo ben definito per quantificare il ritardo e il conseguente indennizzo.

Calcolo della Durata Irragionevole

Il punto di partenza è stato l’articolo 2-bis della Legge Pinto, che stabilisce la durata ragionevole di una procedura concorsuale in sei anni. Poiché nel caso di specie la procedura durava da 14 anni, la Corte ha calcolato un ritardo ingiustificato di otto anni (14 anni di durata effettiva – 6 anni di durata ragionevole).

Quantificazione del Danno

Una volta stabilito il ritardo, la Corte ha proceduto a liquidare il danno non patrimoniale. Utilizzando un criterio equitativo, consolidato in giurisprudenza, ha riconosciuto un importo di 500,00 euro per ogni anno di ritardo. Il calcolo è stato quindi semplice: 8 anni di ritardo x 500 euro/anno = 4.000,00 euro.

La Corte ha inoltre condannato l’amministrazione a pagare le spese legali del procedimento, liquidate in circa 643 euro (compresi esborsi), oltre accessori di legge, disponendone la distrazione in favore dell’avvocato difensore dichiaratosi antistatario.

Le Motivazioni della Decisione

Il decreto si fonda su principi solidi. In primo luogo, la Corte ha ribadito che il diritto a un processo di durata ragionevole, sancito dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, si applica pienamente anche alle procedure fallimentari. L’eccessiva durata è considerata un’inadempienza dello Stato, che ha l’obbligo di fornire un’organizzazione giudiziaria efficiente.

Un aspetto tecnico di grande rilevanza riguarda l’inapplicabilità della riduzione del 40% dell’indennizzo, prevista in altri contesti processuali. La Corte, richiamando una specifica sentenza della Cassazione (n. 25181/2021), ha chiarito che tale decurtazione non si applica alle procedure concorsuali. Questa precisazione è cruciale perché garantisce un indennizzo più congruo a chi subisce i ritardi in questo specifico tipo di procedimento.

Inoltre, i giudici hanno sottolineato che l’eventuale colpa del singolo giudice o collaboratore è irrilevante. La responsabilità ricade sullo Stato nel suo complesso, che deve garantire una giustizia tempestiva.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa decisione conferma che i creditori intrappolati in procedure fallimentari interminabili non sono privi di tutela. La Legge Pinto offre uno strumento efficace per ottenere un ristoro per il danno non patrimoniale derivante dall’attesa snervante. L’equa riparazione non restituisce il tempo perduto, ma rappresenta un riconoscimento concreto del pregiudizio subito e un incentivo per lo Stato a migliorare l’efficienza del sistema giudiziario. Per le imprese e i cittadini coinvolti in lungaggini processuali, questo precedente rafforza la consapevolezza di poter far valere i propri diritti e ottenere un indennizzo quando i tempi della giustizia diventano irragionevoli.

Qual è la durata ragionevole di una procedura fallimentare ai fini dell’equa riparazione?
Secondo l’art. 2-bis della Legge 89/01, richiamato nel provvedimento, si considera rispettato il termine ragionevole se la procedura concorsuale non eccede la durata di sei anni.

Come viene calcolato l’importo dell’indennizzo per l’eccessiva durata del processo?
La Corte ha determinato l’indennizzo in via equitativa, riconoscendo un importo di 500,00 euro per ogni anno di ritardo. Essendo il ritardo di 8 anni (14 anni totali meno i 6 ragionevoli), l’indennizzo totale è stato fissato in 4.000,00 euro.

La riduzione del 40% dell’indennizzo, prevista in alcuni casi, si applica anche alle procedure fallimentari?
No. La Corte, citando la giurisprudenza della Cassazione (sentenza n. 25181/2021), ha specificato che la riduzione del 40% dell’indennizzo non è applicabile alle procedure concorsuali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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