Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 1995 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 1995 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 21891-2018 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE;
– ricorrente –
contro
REGIONE CALABRIA, in persona del Presidente legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMAINDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
Oggetto
Altre ipotesi pubblico impiego
R.G.N. 21891/2018
COGNOME.
Rep.
Ud. 20/12/2023
CC
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1913/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 30/12/2017 R.G.N. 403/2014; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/12/2023 dal AVV_NOTAIO.
Rilevato che:
NOME COGNOME, dipendente della Regione Calabria, si è avvalso della facoltà di risolvere il rapporto di lavoro usufruendo del cosiddetto esodo anticipato, previsto e disciplinato dall’art. 7, della L. Regione Calabria 2 marzo 2005, n. 8, con diritto a percepire le indennità previste dalla medesima legge. La Regione Calabria non ha corrisposto al COGNOME le indennità sostenendo la violazione da parte del dipendente dell’obbligo assunto con la sottoscrizione del contratto di risoluzione consensuale di non instaurare rapporti di lavoro con la Regione o con RAGIONE_SOCIALE strumentali da essa dipendRAGIONE_SOCIALE nei cinque anni successivi, in forza del comma 8 dell’art. 7 legge reg. cit.
Il dipendente ha quindi adito il Tribunale di Catanzaro e la sua domanda è stata accolta sul presupposto di fatto che la RAGIONE_SOCIALE non fosse ‘ente strumentale’ della Regione; la Corte di appello di Catanzaro, adita dalla Regione Calabria, ha tuttavia riformato la sentenza del Tribunale, affermando (con esplicito richiamo a Cass. n. 14322/2016) la natura di ente strumentale della RAGIONE_SOCIALE e sostenendo che la violazione, da parte del ricorrente, dell’obbligo di non instaurare rapporti di lavoro aveva impedito il sorgere del diritto all’indennità e reso perciò legittimo il rifiuto della Regione di erogarle,
in mancanza di un elemento costitutivo del diritto stesso; nella stessa pronuncia ha ordinato al lavoratore di restituire le somme percepite (€. 62.306,16) a seguito dell’esecuzione forzata della sentenza impugnata.
Contro la detta sentenza NOME COGNOME propone ricorso per cassazione fondato su sette motivi illustrati con memoria, ai quali resiste con controricorso la Regione Calabria.
Considerato che:
con il primo motivo si denuncia, con riferimento all’art. 360, comma 1, n° 4, cod. proc. civ. e «in relazione all’art. 115 cod. proc. civ.», la nullità della sentenza e del procedimento», sul presupposto che la decisione della controversia sia stata pronunciata «sulla scorta dello statuto della RAGIONE_SOCIALE, non allegato dalle parti agli atti di causa».
Il secondo motivo è così rubricato: «art. 360, n. 3, cod. proc. civ. violazione e falsa applicazione dell’art. 7 L.R. n. 8 del 2005 -La ‘nozione di ente strumentale’ contemplata nell’art. 7 L.R. n. 8 del 2005».
Il terzo motivo denuncia, con riferimento all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., «violazione degli artt. 421 e 437 cod. proc. civ. -Inesistenza di motivazione», per la «mancata ammissione, senza alcun motivo, delle richieste istruttorie formulate dal con la comparsa di costituzione in grado d’appello ».
Il quarto motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. , «violazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., violazione dell’art. 1460 cod. civ.», supponendo «l’irrilevanza della qualificazione quale ente strumentale della RAGIONE_SOCIALE per insussistenza di alcuna corrispettività tra le prestazioni».
Il quinto motivo, anch’esso proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. , denuncia «violazione e/o falsa applicazione dell’art.
1460 cod. civ.», evidenziando «la mancata richiesta di risoluzione del contratto da parte della Regione Calabria».
Il sesto motivo denuncia, questa volta con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. , «l’omesso esame dei documRAGIONE_SOCIALE prodotti dal in grado d’appello proveniRAGIONE_SOCIALE dalla Regione Calabria ed attestanti la mancata ricomprensione della RAGIONE_SOCIALE fra gli RAGIONE_SOCIALE strumentali o vigilati».
Infine, il settimo motivo censura il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., di nuovo per la «violazione e falsa applicazione dell’art. 7 L.R. n. 8 del 2005», sempre con riguardo alla «’nozione di ente strumentale’ contemplata nell’art. 7 L.R. n. 8 del 2005».
Il ricorso è infondato, intendendosi qui dare continuità -con le dovute integrazioni di motivazione, per dare compiuta risposta agli argomRAGIONE_SOCIALE spesi nel ricorso -all’orientamento già espresso in due precedRAGIONE_SOCIALE riguardanti la medesima vicenda degli inc RAGIONE_SOCIALEvi all’esodo pretesi dai dipendRAGIONE_SOCIALE della Regione Calabria che vennero assunti dalla partecipata RAGIONE_SOCIALE subito dopo avere concluso il «contratto di risoluzione consensuale» del rapporto di lavoro ai sensi dell’art. 7 della legge regionale n. 8 del 2005 (Cass. nn. 14322/2016 e 14147/2018).
I sette motivi di ricorso possono essere divisi in due gruppi. I motivi 1, 2, 3, 6 e 7 sono volti a contestare la qualificazione di RAGIONE_SOCIALE come ente strumentale della Regione Calabria, qualificazione che ha indotto la Corte d’Appello a ritenere v iolato, da parte del ricorrente, il «divieto assoluto di instaurare rapporti professionali, a qualunque titolo, con la Regione e con gli Enti strumentali da essa dipendRAGIONE_SOCIALE per i cinque anni successivi alla cessazione del servizio».
9 .1. Il primo motivo paventa l’utilizzazione al fine di decidere, da parte della Corte territoriale, di materiale probatorio non introdotto nel processo dalle parti, con riguardo allo statuto della società RAGIONE_SOCIALE
Il motivo è infondato, perché la sentenza impugnata non menziona lo statuto della società, ma si limita a richiamare un proprio precedente sulla medesima vicenda a conforto della ribadita valutazione sulla natura di ente strumentale di RAGIONE_SOCIALE Si potrebbe in astratto discutere sulla qualità di una motivazione incentrata sul richiamo di un proprio precedente (ma, a tutto concedere, in termini di insufficienza e non certo di assenza della motivazione, con quel che ne consegue ai fini della inammissibilità del ricorso per cassazione ai sensi del novellato art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.: v. Cass. S.U. n. 8053/2014), ma certo non può desumersi dal semplice richiamo di un precedente l’implicito e indiretto l’ utilizzo del materiale probatorio acquisito in quel diverso processo.
Tanto più che la valutazione sulla natura di ente strumentale della Regione Calabria di RAGIONE_SOCIALE, come si vedrà poco oltre, dipende essenzialmente dal vaglio di fatti del tutto pacifici, anche nel presente processo, o comunque notori, da confrontare con il contenuto di disposizioni normative.
Non sussiste, pertanto, la denunciata violazione dell’art. 115 cod. proc. civ.
9.2. Il secondo e il settimo motivo devono essere valutati congiuntamente, in quanto entrambi volti a censurare l’asserita violazione dell’art. 7 della legge regionale n. 8 del 2005, laddove la sentenza impugnata ha interpretato la nozione di «ente strumentale» rilevante ai fini del «divieto assoluto» imposto al ricorrente di instaurare qualsiasi rapporto professionale con quegli RAGIONE_SOCIALE.
Su tale fondamentale aspetto i citati precedRAGIONE_SOCIALE di questa Corte non sono utili, in quanto la relativa questione è stata in entrambi i casi dichiarata inammissibile per mancanza di sufficiente specificità del motivo di impugnazione. È quindi proprio questa l’occasione per affermare che, come ritenuto correttamente dalla Corte d’Appello di Catanzaro, RAGIONE_SOCIALE deve essere qualificata «ente strumentale» della Regione Calabria, ai sensi e per gli effetti di cui al citato art. 7.
Innanzitutto, in senso contrario, non possono essere considerate decisive né la forma privatistica dell’ente (società per azioni), né la partecipazione non totalitaria della Regione al capitale della società. Infatti, il concetto di «ente strumentale» della Regione (o degli altri RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE) non esclude che la forma dell’ente possa essere quella privata delle società di capitali; inoltre, piuttosto che la partecipazione totalitaria al capitale, è rilevante il dato normativo che la partecipazione deve essere necessariamente a maggioranza assoluta, il che vuol dire che alla Regione viene garantito il pieno (e inalienabile) governo della società, potendo essa esprimere gli organi di amministrazione e di controllo già sulla base delle comuni norme di diritto societario, senza nemmeno bisogno di una disciplina ad hoc che attribuisca al socio pubblico poteri speciali.
Ma ancor più importante è il dato, assolutamente pacifico e risultante da norme di diritto, relativo ai compiti affidati dalla a RAGIONE_SOCIALE dalla Giunta regionale che, in forza di legge, la costituì e ne approvò lo statuto (v. art. 40, comma 1, della legge regionale Calabria n. 10 del 1997). La società è sorta per «garantire su tutto il territorio regionale un equilibrio del bilancio idrico e la priorità negli usi», per gestire «tutte le opere idriche di captazione, accumulo, potabilizzazione ed add uzione, trasferite alla Regione ai sensi dell’art.
6 della legge 2 maggio 1976, n. 183, nonché le ulteriori opere idriche di integrazione e completamento coerRAGIONE_SOCIALE con la programmazione avviata dall’ ex Casmez» e per realizzare e gestire le «ulteriori opere idriche di integrazione e le necessarie riconversioni» (artt. 40, comma 2, e 38, comma 1, lett. b , della legge regionale Calabria n. 10 del 1997).
Si tratta, all’evidenza, di un servizio pubblico essenziale e da svolgere in regime di monopolio, non certo sul libero mercato e in concorrenza con le imprese commerciali. Per lo svolgimento di tale servizio, una legge speciale ha previsto la costituzione di un apposito soggetto di diritto che, al di là della forma privatistica, rimane strettamente e necessariamente vincolato al suo rapporto con la pubblica amministrazione.
Per delineare i connotati degli «RAGIONE_SOCIALE strumentali», nell’ambito della legislazione nazionale, utili indicazioni possono essere tratte dal d. lgs. n. 118 del 2011 (recante «Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni, degli RAGIONE_SOCIALE e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42»), che infatti è invocato anche da parte ricorrente, quantunque entrato in vigore successivamente alla legge regionale la cui interpretazione rileva nel presente processo.
Ebbene, l’art. 11 -ter del d.lgs. n. 118 del 2011 precisa che può essere «ente strumentale controllato di una regione o di un ente locale l’azienda o l’ente, pubblico o privato nei cui confronti ». Con ciò resta escluso che abbia rilevanza la forma privatistica di società per azioni di RAGIONE_SOCIALE, potendo essere ente strumentale anche un ente privato. Inoltre, la medesima disposizione di legge distingue «RAGIONE_SOCIALE strumentali controllati» ed «RAGIONE_SOCIALE strumentali partecipati», inserendo senz’altro tra i pr imi quelli in cui l’ente pubblico ha «il possesso, diretto o indiretto, della maggioranza dei voti esercitabili nell’ente o nell’azienda» (comma 1, lett.
a ). Con ciò resta escluso, altresì, che costituisca un impedimento al riconoscimento di RAGIONE_SOCIALE quale ente strumentale il fatto che la Regione Calabria non aveva, all’epoca dei fatti, una partecipazione totalitaria nella società, avendo comunque la maggioranza assoluta del capitale (e dovendola mantenere per espressa previsione di legge). Addirittura, nel caso dell’«ente strumentale partecipato», il rapporto di strumentalità con l’ente pubblico si può ravvisare anche per RAGIONE_SOCIALE privati in cui la partecipazione della pubblica amministrazione non è nemmeno maggioritaria (comma 2).
Non ha quindi alcuna sostanza l’affermazione di parte ricorrente secondo cui «RAGIONE_SOCIALE non è un ente strumentale, ma una società mista» (pag. 30 del ricorso), perché una cosa non esclude l’altra: una società mista può ben essere un ente strumentale.
Piuttosto è decisivo che l’«ente strumentale» sia deputato all’esercizio di un servizio pubblico rientrante nelle ampie tipologie menzionate nel successivo comma 3 dell’art. 11 -ter , tra i quali i «servizi istituzionali, generali e di gestione» e quelli relativi a «sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell’ambiente». La realizzazione e la gestione delle opere e delle risorse idriche di un certo ambito territoriale costituiscono appunto un servizio pubblico essenziale, la cui gestione, secondo principi di efficienza ed economicità, deve essere svolta, o quantomeno direttamente controllata, dagli RAGIONE_SOCIALE pubblici o dai loro RAGIONE_SOCIALE strumentali (v. gli artt. 141 e ss. del d.lgs. n. 152 del 2006, e, prima di allora, la legge n. 36 del 1994, contenente «Disposizioni in materia di risorse idriche»).
La legislazione nazionale in materia di contabilità delle regioni e degli RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE fornisce dunque una definizione di «RAGIONE_SOCIALE strumentali» ampia e perfettamente coerente con l’ipotesi che in tale categoria
debba rientrare anche RAGIONE_SOCIALE, società costituita per legge dalla Regione Calabria per lo svolgimento di un servizio pubblico essenziale e di cui la Regione deve detenere la maggioranza del capitale.
È tuttavia il caso di aggiungere che, ai sensi del citato decreto legislativo n. 118 del 2011, anche le «società controllate» (art. 11 -quater ) e le «società partecipate» (art. 11 -quinquies ), a prescindere che siano o meno «RAGIONE_SOCIALE strumentali» (ai sensi dell’art. 11 -ter ), vanno inserite nel bilancio consolidato dell’ente pubblico (art. 11 -bis ), il che significa che anche le loro vicende patrimoniali ed economiche sono rilevanti ai fini della corretta rappresentazione contabile della situazione della finanza pubblica.
Ma, allora, poiché non è in discussione che la ratio legis dello stretto collegamento posto dalla norma di legge regionale tra l’incRAGIONE_SOCIALEvo all’esodo e il divieto di instaurare rapporti professionali con gli RAGIONE_SOCIALE strumentali della Regione Calabria (e non solo con la Regione stessa) è l’intento di evitare che il costo del personale dipendente -nonostante la risoluzione del rapporto di pubblico impiego e il pagamento degli onerosi incRAGIONE_SOCIALEvi -continui indirettamente a gravare sulla spesa pubblica (allargata alla partecipazione e alla gestione di tali RAGIONE_SOCIALE), ne consegue che la nozione di «ente strumentale» utilizzata nella legge regionale deve essere in linea con quella delineata ai fini della rilevanza dell’ente nell’ambito della contabilità della Regione.
In definitiva, la legge della Regione Calabria n. 8 del 2005, laddove usa la nozione di «ente strumentale», deve essere interpretata in modo perlomeno coerente con la nozione desumibile dalla legislazione nazionale, eventualmente in senso più ampio, ma non certo in senso più restrittivo, come pretenderebbe parte ricorrente, in stridente contrasto
con il fine (risparmio di spesa pubblica) che il legislatore regionale si era prefisso.
9.3 Anche il terzo e il sesto motivo possono essere esaminati congiuntamente, riguardando entrambi pretesi vizi nella gestione del materiale probatorio che secondo il ricorrente sarebbe servito a dimostrare che RAGIONE_SOCIALE non è un ente strumentale della Regione Calabria.
I motivi sono inammissibili.
Il terzo motivo lamenta la mancata ammissione di un ordine di esibizione «della documentazione comprovante l’estensione ai dipendRAGIONE_SOCIALE della società mista dei benefici di cui alla legge n. 7 L.R. n. 8 del 2005». Anche a prescindere dalla discrezionalità del giudice di merito nell’ammettere o meno un mezzo di prova come l’ordine di esibizione (v. Cass. n. 31251/2021), in questo caso la richiesta aveva ad oggetto un mezzo di prova doppiamente inammissibile, sia perché generico («documentazione»), sia perché riferito a un fatto non decisivo e di cui la parte richiedente la prova intendeva non affermare, ma al contrario negare, l’esistenza (l’estensione degli incRAGIONE_SOCIALEvi all’esodo anche ai dipendRAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE).
Il sesto motivo lamenta la mancata valorizzazione, come prova, della documentata assenza di RAGIONE_SOCIALE in un elenco di RAGIONE_SOCIALE strumentali rinvenibile sul sito internet della Regione Calabria. E, fermo restando che il giudice, nel motivare la sentenza sul fatto non ha bisogno di menzionare e vagliare tutti i mezzi di prova disponibili ( ex multis , Cass. n. 16056/2016), per il vizio di omesso esame si può denunciare il mancato esame un fatto decisivo, non la mancata valutazione (ovverosia l’implicita svaluta zione) di una prova, in questo caso, documentale ( ex multis , Cass. n. 3960/2018). Ad ogni modo,
davvero non si capisce quale potrebbe essere la rilevanza di quella prova, una volta ribadito che l’attribuzione a RAGIONE_SOCIALE della qualifica di ente strumentale consiste in una valutazione giuridica e non nell’accertamento di un fatto, mentre la richiesta valorizzazione del documento sembrerebbe sottintendere l’intenzione di attribuire, in modo del tutto improprio, al citato elenco, in quanto contenuto sul sito internet della Regione, una sorta di valore confessorio della natura non strumentale di RAGIONE_SOCIALE
Il quarto e il quinto motivo pongono una diversa questione. Secondo il ricorrente, anche ammettendo che egli avesse violato il divieto di instaurare un rapporto di lavoro con un ente strumentale della Regione, quest’ultima non avrebbe potuto eccepire l’i nadempimento di quell’obbligo per negare il pagamento dell’indennità aggiuntiva, in quanto non ci sarebbe un rapporto sinallagmatico tra le due obbligazioni e, in ogni caso, l’eccezione di inadempimento non potrebbe mai comportare un definitivo rifiuto di adempiere, ma soltanto un rifiuto temporaneo e strumentale ad una domanda di adempimento o di risoluzione che, nel caso di specie, la Regione non ha proposto.
10.1. Anche questi motivi sono infondati.
10.1.1. Infatti, da un lato, si deve ribadire quanto già affermato nella citata sentenza n. 14322/2016, ovverosia che «L’apprezzamento della sussistenza nella fattispecie di un inadempimento suscettibile di legittimare il rifiuto della controprestazione attiene ad una non sindacabile valutazione di fatto, alla quale la sentenza ha fornito una sufficiente e logica motivazione, coerente con la ratio della norma che prevedeva l’erogazione dell’incRAGIONE_SOCIALEvo all’esodo».
Dall’altro, si deve aggiungere che, con l’instaurazione del rapporto con RAGIONE_SOCIALE, il lavoratore non si è soltanto reso inadempiente all’obbligazione negativa esplicitamente indicata nel contratto di
risoluzione consensuale, ma, prima ancora, ha violato un preciso obbligo di legge, posto che l’art. 7, comma 8, della legge regionale n. 8 del 2005 sancisce che «Ai soggetti che si sono avvalsi del beneficio di cui al presente articolo è fatto divieto assoluto di instaurare rapporti professionali, a qualunque titolo, con la Regione e con gli Enti strumentali da essa dipendRAGIONE_SOCIALE per i cinque anni successivi alla cessazione del servizio». È proprio il ricorrente a rilevare che, nel contratto di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, il divieto di instaurare rapporti con la Regione o con i suoi RAGIONE_SOCIALE strumentali è formulato nei termini di una mera presa d’atto e non di una volontà di assumere un’obbligazione («… dichiara altresì di essere a conoscenza ch e non potrà instaurare con l’Amministrazione Regionale e con gli Enti strumentali da essa dipendRAGIONE_SOCIALE, incarichi professionali a qualunque titolo …»). Ma tale formula, lungi dall’escludere una stretta relazione tra il diritto all’indennità aggiuntiva e il d ivieto di instaurare rapporti, sottolinea che quest’ultimo origina dalla stessa legge, prima ancora di essere sancito e ribadito nel contratto.
In altri termini, al divieto posto a carico del lavoratore corrisponde, in capo alla Regione, tanto il diritto contrattuale di rifiutare il pagamento dell’indennità, opponendo l’eccezione di inadempimento, quanto un obbligo legale di non versare al lavoratore un incRAGIONE_SOCIALEvo che verrebbe percepito in violazione di legge.
10.1.2. Con ciò perde rilevanza anche la questione, sollevata in particolare con il quinto motivo, della ritenuta impossibilità di utilizzare l’eccezione inadimpleti non est adimplendum per paralizzare definitivamente la domanda di adempimento della controprestazione, invece che per sospenderla in via provvisoria e in funzione accessoria rispetto a una principale domanda di risoluzione o di adempimento del
contratto. La questione è, comunque, di per sé infondata, perché l’art. 1460 cod. civ. richiede soltanto, quale presupposto dell’eccezione, che si tratti di «contratti con prestazioni corrispettive», non anche che l’eccezione sia necessariamente abbinata e funzionale a una domanda di adempimento o di risoluzione del contratto da cui originano gli obblighi con «prestazioni corrispettive». Il contratto può produrre effetti ulteriori, rispetto alle contrapposte obbligazioni considerate nell’eccezione, che le p arti (e, in particolare, la parte che solleva l’eccezione di inadempimento) possono avere interesse a conservare, il che non esclude che restino definitivamente non dovute le prestazioni con riferimento alle quali non viene adempiuta (e non può essere più adempiuta) la controprestazione. Nel caso di specie, l’effetto risolutivo del rapporto di pubblico impiego con la Regione Calabria è stato voluto dalle parti e nessuna di loro ha inteso rimetterlo in discussione. Si tratta di un effetto che prescinde sia d all’obbligo di pagare l’indennità sostitutiva sia dal divieto di instaurare nuovi rapporti con la Regione o i suoi RAGIONE_SOCIALE strumentali e che non intacca la corrispettività tra queste prestazioni.
Respinto il ricorso, le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
12 . Si dà atto che, in base all’esito del giudizio, sussiste il presupposto per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 5.000,00 per compensi, oltre ad € 200,00 per esborsi, al rimborso delle spese generali nella misura del 15% e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 20.12.2023.