Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 21 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 21 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7947/2020 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
FALLIMENTO N. 492/2019 ASSOCIAZIONE RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 331/2020 depositata il 17/01/2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/12/2023
dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 331/2020, depositata il 17.1.2020, la Corte d’Appello di Roma ha rigettato il reclamo proposto da ll’Associazione Italiana RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza n. 516/2019 con cui il Tribunale di Roma ne ha dichiarato il fallimento.
Il giudice di secondo grado ha condiviso l’impostazione del giudice di primo grado in ordine al difetto di qualità di ente pubblico in capo all ‘ associazione, non risultando che le fosse stata conferita da alcuna norma di legge mentre secondo l’art. 4 L. n. 70/1975 nessun nuovo ente pubblico può essere riconosciuto o istituito se non per legge -e non era nemmeno desumibile da un quadro normativo di riferimento chiaro ed inequivoco. Anzi, il richiamo ad un disegno di legge, che porterebbe ad includerla tra gli Enti preposti alle attività sportive, turistiche e del tempo libero, comprovava che non si trattava di ente pubblico.
La Corte, nel riportarsi integralmente alla sentenza di fallimento, ha fatto proprie, altresì, le argomentazioni con cui la prima pronuncia ha evidenziato che la Associazione appellante svolgeva attività d’impresa con metodo economico (tanto è vero che aveva presentato anche domanda di concordato preventivo con esito, tuttavia, infausto), anche verso non soci, né avendo i soggetti pubblici partecipanti poteri di ingerenza nella gestione complessiva dell’ente o di verifica del bilancio, anche con riguardo alle decisioni di maggior rilievo e così per un vaglio preventivo dei Ministeri asseritamente esercitanti la vigilanza.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE, affidandolo a tre motivi.
Il Fallimento RAGIONE_SOCIALE ha resistito in giudizio con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è stata dedotta la violazione degli artt. 132 cod. proc. civ. e 118 comma 1° in relazione all’art. 360 comma 1° n. 4 cod. proc. civ.: nullità della sentenza per difetto assoluto di motivazione ed omessa esposizione delle ragioni di diritto.
Lamenta la ricorrente la natura meramente apparente della sentenza impugnata, che si è limitata ad un’acritica condivisione della sentenza di primo grado, omettendo di prendere in esame gli specifici motivi di reclamo e non indicando gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento.
Ad avviso della ricorrente, la Corte d’Appello non ha esplicitato le ragioni per cui ha ritenuto corretta la sentenza di primo grado, né quelle che l’hanno indotta a disattendere i motivi di reclamo.
Il motivo è inammissibile, in un primo profilo, per difetto di autosufficienza e specificità.
L’associazione ricorrente deduce che la Corte d’Appello di Roma, nel riportarsi integralmente alle argomentazioni e conclusioni della sentenza di primo grado, avrebbe omesso di prendere in esame gli specifici motivi di reclamo, ma non ha avuto cura di indicare il contenuto di questi motivi, per cui tale affermazione si appalesa del tutto generica.
Inoltre, la ricorrente, nell’affermare che la Corte d’Appello non avrebbe indicato gli elementi da cui ha tratto il convincimento, non ha minimamente colto la ratio decidendi, imperniata sullo svolgimento di attività commerciale con metodo economico, sulla
non incidenza dei modi di finanziamento della PA, sul l’assenza di poteri di determinazione gestoria diretta dei Ministeri partecipanti, sulla non deducibilità della natura di ente pubblico in via inequivoca dalla legge.
Inoltre, è stato evidenziato che l’associazione ricorrente non aveva mai contestato la propria assoggettabilità alla procedura fallimentare, tanto è vero che aveva persino presentato domanda di concordato preventivo. Infine, la Corte d’Appello ha messo in luce, quale elemento comprovante il difetto della qualità di ente pubblico, l’esistenza di un disegno di legge che porterebbe ad includere la predetta associazione tra gli Enti preposti alle attività sportive, turistiche e del tempo libero.
Con tali precise affermazioni, la ricorrente non ha ritenuto minimamente di confrontarsi.
Con il secondo motivo è stato dedotto l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra parti ex art. 360 cod. comma 1° n. 5 cod. proc. civ.: gli elementi di valutazione della natura giuridica dell’Associazione ; violazione e falsa applicazione degli artt. 1 legge fall. e 4 L. n. 70/1975; infine, violazione dell’art. 360 cod. comma 1° n. 5 cod. proc. civ. in relazione all’art. 115 cod. proc. civ.
Lamenta l’associazione ricorrente che la Corte d’Appello ha omesso di valutare la circostanza decisiva che la decisione del giudice di primo grado si è fondata su una norma (art. 4 L. n. 70/1975) successiva alla costituzione della medesima, avvenuta in data 19.12.1945, ed al suo riconoscimento (con attribuzione di personalità giuridica) quale Ente morale (con d .P.R. dell’1.6.1948) e quale Ente Assistenziale (con D.M. del Ministero dell’Interno del 6.11.1959).
Inoltre, la Corte d’Appello ha omesso qualsivoglia esame dei documenti probatori prodotti in giudizio dall’Associazione, a sostegno della qualifica di ‘ente pubblico non economico’, da cui
emerge che la stessa ha ricevuto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dalle Regioni, contributi economici.
Il motivo presenta concomitanti profili di inammissibilità ed infondatezza, anche se la motivazione deve essere integrata a norma dell’art. 384 ult. comma cod. proc. civ.
In primo luogo, non è vero che la Corte d’Appello abbia omesso di prendere in considerazione che l’Associazione riceveva contributi e finanziamenti pubblici, essendosi espressamente riportata a quella parte della sentenza di primo grado in cui tale elemento era stato ritenuto del tutto irrilevante. Sul punto, la ricorrente non ha avuto cura di indicare quali repliche avesse svolto a tale precisa affermazione del giudice di primo grado.
In ogni caso, che la concessione all’Associazione ricorrente di contributi e finanziamenti non costituisca elemento rilevante ai fini dell’attribuzione della qualità pubblica emerge anche dall’art. 12 L. n. 241/1990, che contempla la possibilità che sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari e l’attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere possano essere attribuiti indifferentemente a persone, enti pubblici e privati, purché siano predeterminati, da parte delle amministrazioni procedenti, i criteri e le modalità cui esse devono attenersi.
Palesemente infondata è la censura secondo cui la decisione del giudice d’appello si sarebbe fondata su una norma l’art. 4 L. n. 70/1975 -successiva alla costituzione dell’Associazione, alla quale, invece, secondo la prospettazione della stessa ricorrente, sarebbe stata attribuita la personalità giuridica in epoca assai risalente in virtù del suo riconoscimento come Ente assistenziale e morale.
La ricorrente ha omesso di considerare che l’art. 2 comma 1° L n. 70/1975 recita che ‘ Tutti gli enti pubblici, con esclusione di quelli indicati nel secondo e terzo comma dell’articolo 1, che siano costituiti od ordinati da leggi o da atti aventi valore di legge, sono soppressi di diritto e conseguentemente cessano dalle loro funzioni
alla scadenza del termine di 3 anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, qualora entro il termine stesso non siano dichiarati necessari con i decreti di cui al successivo articolo 3′.
La L. n. 75/1975 ha, dunque, disposto la soppressione di diritto di tutti gli enti pubblici esistenti al momento della sua entrata in vigore, ad eccezione di quelli indicati nel secondo e terzo comma dell’art. 1, che così recita:’ Sono esclusi dall’applicazione della presente legge gli enti pubblici economici, gli enti locali e territoriali e loro consorzi, le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, gli enti ospedalieri e gli enti ecclesiastici, le università e gli istituti di istruzione, gli istituti di educazione, le opere universitarie, le scuole di ostetricia autonome, gli osservatori astronomici e vulcanologici, gli istituti geologici, le deputazioni di storia patria e in genere le accademie e gli istituti culturali di cui al decreto legislativo 27 marzo 1948, n. 472, e successive modificazioni, salvo quelli compresi nella parte VII della tabella allegata alla presente legge, gli ordini e i collegi professionali, le camere di commercio e gli enti di patronato per l’assistenza dei lavoratori, la Cassa per il Mezzogiorno.
La tabella allegata alla presente legge contiene l ‘ elenco degli enti individuati e classificati, sulla base delle funzioni esercitate, in categorie omogenee, senza pregiudizio per le soppressioni o fusioni di enti che dovessero intervenire per effetto di successive leggi di riforma ‘ .
Atteso che l’Associazione ricorrente non rientra né tra gli enti analiticamente indicati al comma 2° dell’art. 1 legge cit ., né è stata inserita nella tabella allegata alla L. n. 70/1975, anche ammettendo che le fosse stata attribuita precedentemente la qualità di ente pubblico, in ogni caso, tale ‘ ente ‘ sarebbe stato comunque soppresso di diritto con l’entrata in vigore della predetta legge, cessando così le proprie funzioni (come ente pubblico) nel triennio successivo. Non risulta, infatti, che la Associazione di cui è
causa sia stata inserita nei decreti delegati, aventi valore di legge, da emanare, a norma dell’art. 3 legge cit., contenenti l’elenco degli enti ritenuti necessari ai fini dello sviluppo economico, civile, culturale e democratico del Paese, integrativo della tabella allegata alla Legge n. 70/1975.
Infine, tenuto conto che la legge n. 70/1975 ha soppresso di diritto tutti gli enti pubblici ad eccezione di quelli sopra indicati al comma 2° e 3° dell’art. 1, anche l’associazione ricorrente è soggetta all’applicazione dell’art. 4 Legge cit.
Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 37 cod. proc. civ.
Espone la ricorrente che la Corte d’Appello, in ordine alla questione del difetto di giurisdizione del giudice ordinario, si è limitata a rappresentare che è pendente regolamento di giurisdizione e che il motivo è manifestamente infondato, ma senza espressamente motivare sulle ragioni di manifesta infondatezza della questione di giurisdizione, né sulla persistenza del proprio potere specifico di decidere la controversia.
6. Il motivo è infondato.
Le Sezioni Unite di questa Corte, con sentenza n. 7007/2020, hanno dichiarato inammissibile il regolamento di giurisdizione proposto dall’Associazione ricorrente.
In ogni caso, sia la circostanza della presentazione da parte della ricorrente della domanda di concordato preventivo, sia il criterio della prevenzione temporale (trattandosi di stabilire quale giudice si occupi dell’insolvenza e superato il problema dell’ente pubblico) escludono la pertinenza dirimente della questione di giurisdizione per come posta solo in sede di reclamo.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in € 10.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1° bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma il 5.12.2023