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Ente non commerciale: quando prevale l’impresa

Un ente non commerciale ecclesiastico, in amministrazione straordinaria, si opponeva all’ammissione di crediti tributari sostenendo la propria natura non imprenditoriale. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che l’ammissione a una procedura concorsuale per grandi imprese presuppone l’accertamento dello status di impresa commerciale. La Corte ha ribadito che è l’attività prevalente a qualificare un ente, indipendentemente dai suoi scopi altruistici, consolidando un principio chiave per ogni ente non commerciale che svolge attività economiche.

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Ente non commerciale: la Cassazione definisce i confini con l’impresa

Può un ente non commerciale, come un’organizzazione religiosa con finalità solidaristiche, essere trattato come una vera e propria impresa commerciale ai fini delle procedure di insolvenza? Questa è la domanda cruciale a cui la Corte di Cassazione ha dato una risposta netta con l’ordinanza in esame. La pronuncia chiarisce che la qualifica giuridica non dipende solo dallo statuto o dalle finalità dichiarate, ma dall’attività concretamente ed effettivamente svolta.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dal ricorso di una Congregazione religiosa, operante come ONLUS nel settore socio-sanitario e posta in Amministrazione Straordinaria. L’ente si opponeva alla decisione del Tribunale di ammettere allo stato passivo della procedura alcuni crediti vantati dall’Agenzia di Riscossione per sanzioni e oneri accessori. La tesi della Congregazione era semplice: in qualità di ente non commerciale ecclesiastico, avrebbe avuto diritto alla sospensione del pagamento di tali debiti, come previsto da specifiche normative.

Il Tribunale, tuttavia, aveva respinto questa tesi, ritenendo che la stessa ammissione dell’ente alla procedura di Amministrazione Straordinaria – una procedura riservata per legge alle grandi imprese commerciali – ne presupponesse implicitamente la natura imprenditoriale. Contro questa decisione, l’ente ha proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, confermando la decisione del giudice di merito. Gli Ermellini hanno stabilito che, una volta che un’entità è stata ammessa a una procedura concorsuale che presuppone la qualità di impresa commerciale, tale status si considera accertato e non può essere rimesso in discussione in fasi successive della stessa procedura, come quella relativa all’ammissione di un singolo credito.

Le Motivazioni: l’attività prevalente è il criterio decisivo per un ente non commerciale

Il cuore della motivazione della Corte risiede in un principio consolidato della giurisprudenza: per determinare la natura di un ente, non si guarda alla sua forma giuridica o al suo scopo altruistico, ma all’attività che svolge in via esclusiva o prevalente.

I giudici hanno spiegato che:

1. Presunzione di commercialità: La sentenza che dichiara lo stato di insolvenza e apre l’Amministrazione Straordinaria accerta lo status di impresa commerciale dell’ente. Questa decisione, se non impugnata, passa in giudicato e fissa un punto fermo per tutta la durata della procedura.
2. Irrilevanza dello scopo di lucro: Il fine altruistico (come reinvestire i proventi in attività benefiche) non esclude la natura commerciale dell’attività. Se i servizi (in questo caso sanitari) sono forniti con criteri di economicità e organizzazione imprenditoriale, l’attività è commerciale. Il movente soggettivo che spinge l’imprenditore ad agire è irrilevante ai fini della qualificazione giuridica.
3. L’attività concreta prevale sullo statuto: Anche un ente non commerciale per statuto può, di fatto, operare come un’impresa. Se l’attività commerciale diventa prevalente rispetto a quella istituzionale o religiosa, l’ente sarà soggetto alla disciplina dell’imprenditore commerciale, compresa la normativa fallimentare.

Conclusioni

Questa ordinanza offre un importante monito per tutto il terzo settore. Le organizzazioni non-profit, le fondazioni e gli enti religiosi che svolgono attività economiche strutturate, come la gestione di ospedali, scuole o servizi assistenziali, devono essere consapevoli che la loro natura di ente non commerciale non costituisce uno scudo assoluto contro le procedure concorsuali. La giurisprudenza è chiara nel dare prevalenza alla sostanza sulla forma: se l’operatività di un ente ricalca quella di un’impresa, sarà trattato come tale dalla legge, con tutte le conseguenze che ne derivano in caso di crisi finanziaria. La qualifica dipende, in ultima analisi, da un’analisi fattuale dell’attività svolta in concreto, rendendo fondamentale una gestione attenta che mantenga un equilibrio tra la missione istituzionale e le eventuali attività commerciali esercitate.

Un ente religioso non-profit può essere considerato un’impresa commerciale ai fini di una procedura di insolvenza?
Sì. Secondo la Corte, ciò che rileva è l’attività concretamente svolta. Se l’attività di impresa commerciale è esclusiva o prevalente, l’ente viene qualificato come tale ai fini dell’applicabilità dello statuto dell’imprenditore commerciale e delle procedure concorsuali, indipendentemente dai suoi scopi altruistici o religiosi.

L’ammissione a una procedura di amministrazione straordinaria che effetto ha sulla qualifica di un ente?
L’ammissione a tale procedura, riservata a imprese commerciali di grandi dimensioni, comporta l’accertamento dello status di impresa commerciale. Tale accertamento, una volta divenuto definitivo, non può essere rimesso in discussione in altri giudizi che si innestano nella medesima procedura, come quello di ammissione di un credito.

Il fine altruistico di un’attività (come la sanità) esclude la sua natura commerciale?
No. La Corte ha chiarito che il fine altruistico, inteso come la destinazione dei proventi a iniziative connesse agli scopi istituzionali dell’ente, non pregiudica il carattere imprenditoriale dei servizi resi. Il movente soggettivo dell’imprenditore è giuridicamente irrilevante per qualificare l’attività come commerciale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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